ALGERIA (II, p. 451; App. I, p: 86; II, 1, p. 128; III, 1, p. 64)
L'A. ha acquisito l'indipendenza dalla Francia il 3 luglio 1962, dopo una sanguinosa guerriglia durata otto anni. Dal 1963 è repubblica di tipo presidenziale: il potere legislativo è esercitato da un'assemblea di 138 membri, che durano in carica cinque anni, e vengono eletti a suffragio universale. Il territorio, vasto 2.293.190 km2, è diviso in 15 dipartimenti nei quali sono distribuiti 16.280.000. ab. (stima giugno 1974). L'A. è membro dell'ONU, dell'OUA e della Lega araba. A indipendenza raggiunta alcune importanti città hanno cambiato denominazione: Bougie in Bejaïa, Philippeville in Skikda, Bône in Annaba, Orléansville in el-Asnam. Gli europei, numerosi in passato (1.095.000 nel 1960), sono ora soltanto un'esigua minoranza, della quale la comunità francese (52.400 unità nel 1973) costituisce il gruppo più compatto. Malgrado la situazione sanitaria non sia ancora soddisfacente, il tasso di aumento annuo della popolazione resta molto elevato (32,7‰). Almeno un terzo degli abitanti vive nelle città. Algeri, che ha superato da tempo il milione di abitanti, oltre che capitale è l'indiscusso polo degl'interessi del paese.
Condizioni economiche. - L'economia, uscita dall'esperienza coloniale, è risultata condizionata da due fattori, e cioè: dall'orientamento socialista della nuova politica economica e dalla scoperta di idrocarburi nel Sahara.
L'agricoltura era in passato articolata su due forme di conduzione nettamente diverse: da un lato i poderi dei coloni europei (2.700.000 ha) resi fertili, irrigati e coltivati secondo moderne tecnologie meccanizzate, dall'altro una grande estensione di terre povere sfruttate dai fellahs in modo molto sommario. Il lungo periodo di sanguinosa guerriglia di liberazione portò alla decimazione di raccolti e greggi, sia per il desiderio dei proprietari di disinvestire, sia per l'impossibilità di dedicarsi con profitto alle attività rurali. La socializzazione dei poderi appartenenti un tempo agli europei, attuata negli anni 1962-63, portò al loro conferimento in autogestione a un quarto circa della popolazione rurale; la quota restante continuò a coltivare le terre secondo le teniche tradizionali. L'agricoltura rappresentò in periodo coloniale la maggior fonte di ricchezza del paese ed ora l'Ente nazionale della riforma agraria, che vigila sul settore, cerca di mantenere le posizioni acquisite. Nel 1970 occupava il 56% della popolazione attiva, ma le terre meno produttive risultavano sempre più minacciate di abbandono da parte degli agricoltori allettati dalle nuove attività industriali connesse con l'estrazione degl'idrocarburi.
I cereali sono estesi su 3.200.000 ha, ma il rendimento è molto variabile in rapporto all'andamento del clima. La produzione di frumento ha raggiunto nel 1974 i risultati degli anni migliori toccando i 17.000.000 di quintali. L'orzo, invece, è rimasto sui 5.000.000 di q, quantità inferiore ai valori medi degli ultimi anni (6-7.000.000 di q). Le colture dell'olivo, del fico, della palma da datteri e il frutteto alimentano in misura notevole l'esportazione. Il venir meno del supporto francese al mercato algerino ha causato gravi squilibri dell'attività viti-vinicola, in passato tanto importante da occupare il terzo posto nella graduatoria mondiale del settore. Malgrado massicce importazioni sovietiche il ritmo produttivo è egualmente diminuito passando dai 18.000.000 di hl del 1959 ai 7.400.000 del 1974. La trascurabile domanda interna di vino, il cui consumo è vietato ai mussulmani, rende i produttori locali interamente dipendenti dal mercato estero. Le foreste occupano l'1% della superficie del paese. Nel 1974 hanno fornito 1.424.000 m3 di legname. Il sughero (10.924 t nel 1970) viene avviato in parte all'esportazione. L'allevamento ha segnato un netto miglioramento soltanto per gli ovini passando dal valore medio di 5.732.000 capi del periodo 1958-61 a quello di 8.100.000 del periodo 1970-74. Per il resto non si sono registrate particolari variazioni rispetto al passato: nel 1974 i caprini erano 2.400.000; i bovini 950.000, gli equidi 675.000, i cammelli 190.000. Con la partenza francese è stato poi quasi abbandonato l'allevamento dei suini, delle cui carni il Corano vieta il consumo. La pesca ha inizialmente sofferto per l'esodo di Spagnoli e Italiani, in passato particolarmente attivi nel settore, ma nell'ultimo decennio è da registrare una notevole ripresa; infatti nel 1974 ha raggiunto le 35.758 t di pescato.
Il "Piano di Costantina" elaborato tardivamente (nel 1958) dai Francesi per fornire il necessario impulso all'industria algerina, non ha conseguito i risultati attesi a causa della sua coincidenza con il sanguinoso epilogo dell'avventura coloniale. A indipendenza acquisita, nuovi indirizzi di politica economica hanno portato alla nazionalizzazione di miniere (francesi e belghe nel 1966) e di imprese per la produzione di concimi chimici e di materiali da costruzione (1968). Nel 1970 è stato varato il primo piano quadriennale di sviluppo economico al quale collaborano anche imprese straniere. Nel 1971 si è prodotta una grave crisi nel settore petrolifero, controllato soprattutto da imprese francesi, per la decisione del governo algerino di assumerne la gestione diretta mediante drastiche nazionalizzazioni. L'acuta controversia si è conclusa nello stesso anno con il passaggio alla Sonatrach, impresa di stato, della maggioranza azionaria del settore. La produzione petrolifera, diminuita nel frattempo del 23%, ha così potuto riprendere il suo ritmo abituale, senza peraltro conseguire gli sperati progressi, malgrado lo stimolo esercitato dalla crisi energetica mondiale del 1973. Nel 1974 c'è stata addirittura una flessione nella produzione rispetto agli anni precedenti. Ingenti sono le disponibilità di minerale di ferro (3.132.000 t estratte nel 1973 contro 1.204.000 nel 1958). Di rilievo anche le produzioni (nel 1973) di zinco (14.400 t), piombo (3720 t), rame, antimonio e manganese. Il carbone è presente in misura modesta; nel 1964 è cessata l'estrazione dalle miniere di Colomb Béchar, divenuta troppo onerosa. Importanti i fosfati (608.000 t nel 1973) di Gebel Onk, attivamente coltivati dopo l'esaurimento di quelli di Kouif. Punti di forza dell'industria estrattiva sono però gl'idrocarburi, solo 20 anni fa sconosciuti in A.: il petrolio (giacimento di Hassi-Messaoud) con 48.096.000 t di greggio estratto nel 1974, e il gas naturale (giacimenti di Hassi R'Mel) con 4.740.000.000 di m3 estratti nel 1973. In aumento anche la produzione di energia elettrica (per l'83% di origine termica), che ha raggiunto i 2.376 milioni di kWh nel 1973, e del cemento (1.007.000 t nel 1973), entrambi elementi indicativi di promettente sviluppo. Dall'indipendenza in poi l'A. si è sforzata di allestire un apparato industriale al passo con i tempi. Grazie agl'incentivi del piano quadriennale sono sorti recentemente impianti metallurgici (el-Hadjar), di raffinazione (Algeri, Skikda, Hassi-Messaoud), di liquefazione (Arzew, Skikda), chimici (Arzew), e anche tessili, alimentari e farmaceutici. L'artigianato che vanta un'antica tradizione di notevole fattura artistica, è sempre attivo nella lavorazione di gioielli, ceramiche e tappeti (Tlemcen), e consente non trascurabili entrate di moneta pregiata.
La ricerca dell'equilibrio della bilancia commerciale ha imposto una rigorosa austerità nel consumo di beni voluttuari di provenienza estera. Alternative al passato ristretto mercato coloniale si sono realizzate mediante accordi commerciali con i paesi del blocco orientale europeo. Il 54% delle importazioni e il 42% delle esportazioni hanno luogo, comunque, con la Francia. Rep. Fed. di Germania, SUA e URSS sono gli altri paesi più attivamente legati all'interscambio algerino. Le maggiori esportazioni riguardano petrolio (66%), frutta, gas naturale (contratti operanti con SUA, Regno Unito, Spagna, Belgio, Francia, Rep. Fed. di Germania), legumi, sughero e vino. Le importazioni sono rivolte soprattutto verso i prodotti finiti industriali, poi agricoli e alimentari. Nel 1973 hanno raggiunto un volume di spesa pari a 2.338.000.000 di dollari, contro esportazioni per complessivi 1.802.000.000 di dollari. Il turismo e le rimesse degli emigranti (solo in Francia 382.000 nel 1973) concorrono a sanare la bilancia dei pagamenti.
Accanto a un efficiente sistema stradale e ferroviario, che copre la sezione settentrionale del paese, è stata realizzata un'importante rete di metanodotti e oleodotti - molti dei quali costruiti ad opera di imprese italiane - per il trasporto degl'idrocarburi dai pozzi di estrazione del Sahara ai porti di imbarco o agl'impianti di raffinazione o di liquefazione. Sono così operanti oleodotti fra Hassi-Messaoud e Bejaïa (ex Bougie); fra i pozzi di Zarzaïtine, Edjeleh, Ouan Taredert, El-Abed Larache, Tin Fouyé, Tiguentourine e il porto tunisino di La Skhirra; fra In Amenas e Hassi-Messaoud; fra Hassi-Messaoud e Arzew; fra Haoud el Amra e Skikda (ex Philippeville). Gasdotti collegano Hassi R'Mel a Skikda. I porti più attivi sono quelli localizzati in corrispondenza dei due terminali degli oleodotti: Arzew (20.141.000 t di merci imbarcate nel 1970) e Bejaïa (16.683.000 t). Algeri rimane comunque il maggior scalo per il traffico passeggeri e merci varie (imbarcate 2.256.000 t e sbarcate 4.240.000 t nel 1970). Vedi tav. f. t.
Bibl.: J. Despois, R. Raynal, Géographie de l'Afrique du Nord-ouest, Parigi 1967.
Storia. - Fra governo francese e Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) furono intrapresi nel febbraio 1961 nuovi contatti che portarono a negoziati segreti a Évian. Il possibile compromesso preoccupò gli ambienti oltranzisti europei di Algeri, che reagirono con la formazione di una Organizzazione dell'Esercito Segreto (OAS): il 22 aprile 1961 vi fu in Algeria un tentativo di rivolta, che fallì perché le forze armate rimasero in maggioranza fedeli al governo; l'azione dell'OAS continuò con attentati in A. e in Francia. Più volte interrotti, i negoziati franco-algerini giunsero a una conclusione il 18 marzo 1962 con la firma, a Évian, di un accordo di tregua e di una dichiarazione sul futuro dell'A. che ne prevedeva l'indipendenza dopo un periodo di transizione. Altre dichiarazioni riguardarono i diritti dei Francesi in A. e la collaborazione fra i due paesi. Sulla loro base il 28 marzo fu formato ad Algeri un governo provvisorio presieduto da ‛Abd er-Raḥmān Fāris e composto da rappresentanti del FLN, algerini e francesi. La firma dell'accordo scatenò una violenta reazione dell'OAS, che organizzò attacchi contro la popolazione musulmana e la distruzione di pubblici edifici, ma il 20 aprile il suo capo, il gen. Salan, fu arrestato. Il 10 luglio 1962 un referendum, nel quale il 91% dei votanti si pronunciò per l'indipendenza, segnò il passo finale, e il 3 luglio de Gaulle proclamò l'indipendenza dell'Algeria.
Con la presa del potere, si rivelarono discordie in seno al FLN. La liberazione (18 marzo) dei membri del governo provvisorio della Repubblica Algerina (GPRA) detenuti in Francia (Ben Bellā, Moḥammed Kiḍr, Moḥammed Bu Ḍiyāf, Ait Aḥmed, Rabāḥ Biṭāṭ) aveva indebolito la posizione del gruppo di centro guidato da Ben Kheddah (succeduto a Farḥāt ‛Abbās, estromesso nel 1961); nell'esercito di liberazione (ALN) i comandanti dei reparti di base in Tunisia e Marocco erano in urto con i politici, mentre i comandanti dei reparti della guerriglia interna sospettavano degli elementi che operavano dall'esterno. Nella riunione del Consiglio nazionale della rivoluzione, tenuta a Tripoli nel maggio 1962, malgrado l'opposizione del gruppo Ben Kheddah, fu approvato come politica ufficiale del FLN il programma proposto da una commissione presieduta da Ben Bellā, che prevedeva una riforma agraria con vaste espropriazioni e la creazione di cooperative agricole e fattorie di stato, il monopolio statale sul commercio estero e, in campo internazionale, neutralismo, anticolonialismo e unità maghrebina. Proclamata l'indipendenza, il governo provvisorio si trasferì ad Algeri, e Ben Kheddah tentò di affermare la propria autorità dimettendo il comandante in capo dell'esercito di liberazione nazionale Hawarī Bū Midyan (Boumedienne). Questi si rifugiò in Marocco, dove fu raggiunto da Ben Bellā; l'11 luglio i due tornarono in A. e crearono a Tlemsen un ufficio politico, organo esecutivo del ALN, che opposero al governo provvisorio. Evitata una guerra civile anche per l'intervento dell'Unione Generale dei Lavoratori Algerini (UGTA), il 20 settembre si ebbero le elezioni per l'Assemblea costituente, che assunse i poteri del governo provvisorio; il 25 settembre Farḥāt ‛Abbās ne fu eletto presidente, e il giorno seguente Ben Bellā formò il nuovo governo.
Il primo grave problema che questo dovette affrontare fu quello economico. Aggiungendosi alle distruzioni della guerra, la partenza del 90% degli europei aveva lasciato il paese quasi completamente privo di amministratori, tecnici, imprenditori, professionisti; fattorie, stabilimenti, negozi, imprese avevano cessato l'attività, e il 70% della popolazione era disoccupato. Nel marzo 1963 il governo emise decreti che legalizzarono la presa di possesso, già avvenuta con l'appoggio dell'UGTA (il cui esecutivo era dal gennaio controllato dal FLN) e compiuta da comitati di lavoratori, dei beni abbandonati; il sistema, indicato come "autogestione", fu assunto come base del socialismo algerino. Nel settembre un referendum approvò una costituzione che stabiliva un regime di repubblica presidenziale con un solo partito, il FLN. Ben Bellā (che nell'aprile aveva sostituito M. Khiḍr, fuggito in Svizzera, nella carica di segretario del Fronte) fu eletto presidente e assunse le cariche di capo dello stato e del governo oltre a quella di comandante in capo delle forze armate.
Tale concentrazione di poteri provocò reazioni: Farḥāt ‛Abbās, esponente delle tendenze liberaleggianti, si dimise dalla presidenza dell'Assemblea e fu espulso dal partito; in Cabilia si ribellarono, facendo leva sul particolarismo berbero, il capo del Fronte delle forze socialiste (FFS) Ait Aḥmed e il col. Mohand U el-Ḥaǧǧ che però si accordò presto con Ben Bellā. Questi, anche per guadagnare popolarità, nell'ottobre nazionalizzò e pose sotto autogestione le rimanenti proprietà di europei. La sua posizione andò comunque rafforzandosi: superato un conflitto di confine con il Marocco, ottenuti aiuti dall'Unione Sovietica e dalla Banca Mondiale, nell'aprile 1964 fece approvare dal 1° congresso del FLN la "Carta di Algeri" nella quale si ponevano le basi del socialismo algerino, fondato sull'autogestione. Ait Aḥmed fu catturato, come pure il col. Sha‛bānī rivoltatosi nel sud; molti capi storici della rivoluzione algerina furono eliminati dalla scena politica.
A consacrazione della sua posizione di capo indiscusso della nuova A., Ben Bellā si fece promotore di una nuova conferenza dei paesi afro-asiatici da tenersi solennemente in Algeri nel ventennale di Bandung; alla vigilia dell'inaugurazione (19 giugno 1965) un colpo di stato guidato dal suo vecchio alleato Bū Midyan, vice primo ministro, lo depose. Il potere fu assunto, senza opposizione, da un consiglio della rivoluzione, che il 10 luglio nominò un governo di 20 membri con Bū Midyan primo ministro e ministro della Difesa. Il nuovo regime affermò il proposito di riportare la rivoluzione ai suoi principii originari, di porre rimedio ai guasti provocati dal regime personale di Ben Bellā e di creare una società autenticamente socialista. Nella sostanza, Bū Midyan si propose essenzialmente il rafforzamento dell'Algeria. In campo internazionale, superato l'iniziale isolamento, una politica prudente ma efficiente fondata sui principî di neutralismo e anti-imperialismo portò progressivamente il paese a una posizione di solido prestigio, consentendogli fra l'altro di sopportare con successo i contraccolpi dell'azione di assunzione da parte dello Stato, attraverso la nazionalizzazione, del controllo degl'interessi industriali e commerciali stranieri; la stessa posizione privilegiata della Francia, riconosciuta dagli accordi di Évian, ebbe termine con nuovi accordi firmati nel 1971.
In campo interno fu posta la massima cura allo sviluppo dell'economia (i nuovi codici del 1966 previdero la condanna a morte per reati economici), con il recupero delle ricchezze nazionali e l'estensione del controllo e della partecipazione dello stato in tutti i settori. Minore preoccupazione il regime mostrò nella ricerca di un mandato popolare: l'Assemblea nazionale rimase inattiva e sola iniziativa fu la composizione di consigli elettivi nei comuni (1967) e nelle province (1969); alle votazioni partecipò meno del 70% degli aventi diritto. In compenso fin dal 1966 ci si preoccupò dello sviluppo del partito unico, il FLN, quale organismo di animazione e direzione, ma senza troppo successo: agl'inizi del 1975 il problema dell'adesione popolare non era ancora risolto. Anche per questo motivo, la gestione del potere finì per essere accentrata nelle mani di Bū Midyan e del gruppo di giovani tecnocrati dei quali egli si circondò nell'amministrazione e nell'esercito, situazione che causò la rottura del gruppo che lo aveva portato al potere. La crisi sopraggiunse nel 1967, e culminò con il rifiuto di Bū Midyan, che non era certo di avere dalla sua la maggioranza, di riunire il Consiglio della rivoluzione.
Nel dicembre il capo di stato maggiore, col. Ṭahar Zbīrī, si ribellò, e a lui si unirono altri esponenti del regime passati all'opposizione. Il tentativo fu stroncato; ne seguì un'ondata di arresti e un'epurazione ai diversi livelli, ma la situazione non si calmò. Nel febbraio 1968 un tentativo del FLN d'intervenire nella rappresentanza degli studenti dell'università di Algeri provocò un lungo sciopero di studenti e professori, mentre si riaccendeva la guerriglia in Cabilia e nell'Aures ad opera di una Organizzazione per la Resistenza Popolare (ORP); il 25 aprile in Algeri fu compiuto un attentato alla vita di Bū Midyan. A partire dalla fine dello stesso 1968 la posizione del governo andò tuttavia rafforzandosi, e nel 1970 fu possibile adottare provvedimenti di clemenza nei confronti degli avversari del regime. Rimase comunque vivo lo scontento negli ambienti studenteschi, tanto che il governo dovette intervenire con lo scioglimento dell'Associazione Nazionale degli Studenti Algerini (UNEA) (1971), la proibizione di attività politiche e frequenti arresti; un notevole contributo alla distensione dette poi l'imposizione di un servizio civile che fece sentire agli studenti le loro responsabilità verso la comunità.
Bibl.: M. Laks, Autogestion ouvrière et pouvoir politique en Algérie, 1962-1965, Parigi 1970; D. and M. Ottaway, Algeria. The Politics of a Socialist Revolution, Berkeley Los Angeles 1970; J. C. Vatin, L'Algérie politique, ivi, 1974; G. Chaliaud-J. Minces, L'Algérie indépendente, Parigi 1972.
Archeologia (II, p. 459; App. II, 1, p. 129). - Archeologia punica. - Recenti scoperte hanno contribuito a precisare i tempi e i modi della presenza punica in A. e le connessioni con le tradizioni culturali libiche e numidiche. Sono state poste in luce e rilevate le mura di cinta puniche di Hippo Regius, l'attuale Bona, già nota come centro romano e cristiano. Più consistenti sono i resti di tradizione punica dell'antico centro di Cirta, l'odierna Costantina, da cui provengono stele databili dal 3° secolo a.C. in poi. All'incirca contemporanea è la necropoli di Chullu, mentre a Igilgili, l'odierna Gigelli, sono state individuate tombe suscettibili di una datazione fino al 6° secolo a. Cristo. Per Algeri l'irradiazione dell'abitato moderno non ha consentito di andare oltre l'attestazione del nome, Icosium, già noto da epigrafi monetali puniche. Cospicui sono invece gl'impianti e il materiale mobile delle necropoli di Tipasa, dove è possibile far risalire la presenza punica almeno alla fine del 6° secolo. Necropoli tardo-puniche sono state inoltre individuate a Iol (Cherchel) e Gunugu (Guraya).
Tra il 4° e il 2° secolo a.C. è databile l'insediamento di Les Andalouses, con resti di un abitato e di una necropoli. Rovine di strutture murarie e dati ceramici indicano a Mersa Madak uno stanziamento che risale almeno al 6° secolo a.Cristo. Da ultimo nell'isola di Rachgoun sono stati posti in luce i resti di un abitato e una necropoli con corredi di gioielli, amuleti, scarabei e ceramiche che possono datarsi tra la metà del 7° e la metà del 5° secolo a.Cristo. In questi ultimi anni è stato inoltre impostato un vasto piano di restauro monumentale e di ricerca archeologica teso a valorizzare alcune delle più significative realizzazioni architettoniche di tradizione punica quali il Medracen e la Soum'a du Khroub nell'est algerino, il mausoleo reale di Mauretania (la cosidetta "Tomba della Cristiana") al centro del paese, e il sito di Siga (Takembrit) e il mausoleo di Béni-Rhénane, nell'ovest algerino. Di particolare interesse sono i risultati che sembrano emergere da queste prime indagini, come la datazione col radiocarbonio del Medracen al regno di Gaia e la possibilità d'identificare nella Soum'a du Khroub la tomba di Massinissa.
Archeologia romana. - Le ricerche nel campo dell'archeologia romana hanno registrato i migliori risultati nel recupero e nello studio dei numerosi mosaici rinvenuti in diversi centri algerini. I mosaici, che provengono soprattutto dalla regione mauritana, assumono specialmente nel 3° e 4° secolo d.C., e anche oltre fino al 6° secolo, caratteri particolari sia stilistici sia tematici. Le composizioni musive, spesso legate alla struttura economica e sociale caratterizzata dai grandi latifondi agricoli privati e imperiali, riproducono scene di caccia e di campagna.
Archeologia tardo-antica. - Accanto al rinnovato interesse per il materiale museografico particolarmente significativo per la storia del periodo tardo-antico, quali il tesoro di oreficeria trovato a Ténès e le tavolette di legno di epoca vandala, note come "Tavolette Albertini", sono da registrare studi diversi sul periodo umayyade, almohade e ‛abbāside. In particolare recenti indagini condotte in base al rinvenimento di un tesoretto monetale a Ténès testimoniano la continuità economica e culturale fra la decadente dinastia almohade e la nuova dinastia ‛abbāside, nel momento in cui quest'ultima assumeva il controllo politico ed economico del Magreb centrale e della Spagna.
Bibl.: Per il periodo punico: G. Vuillemot, Reconnaissances aux échelles puniques d'Oranie, Autun 1965; M. Bouchenaki, in Ricerche puniche nel Mediterraneo centrale, Roma 1970, pp. 59-73; id., in L'espansione fenicia nel Mediterraneo, ivi 1971, pp. 47-62; id., in Rivista di studi fenici, i (1973), pp. 217-24, con la bibliografia ivi raccolta. Per il periodo romano: J. Lassus, in Lybica, 7 (1958), pp. 257-69; P. A. Février, Djemila, Algeri 1968; id., Art de l'Algérie antique, Parigi 1971. Per il periodo tardo-antico: Autori vari, Tablettes Albertini, Parigi 1952; J. Heurgon, Le trésor de Ténès, ivi 1958; R. Bourouiba, in Bulletin d'archéologie algérienne, 3 (1968), pp. 353-67; R. Dokali, ibid., pp. 369-91.