Algeria
di Fabio Amato
Stato dell’Africa settentrionale. L’andamento della popolazione (34.080.030 ab. al censimento del 2008, stimati in 39.928.947 nel 2014, secondo una stima UNDE SA, United Nations Department of Economic and Social Affairs) è stato in crescita nel corso degli ultimi anni, e ha fatto registrare un incremento del 15,4% rispetto al 2005, con un aumento medio annuo dell’1,8% negli ultimi anni. Nel profilo demografico del Paese si segnalano leggere inversioni di tendenza rispetto ai dati di inizio millennio: in particolare, il tasso di natalità di oltre tre punti superiore al 2005 (24,6‰ nel 2012), per un indice di fertilità di 2,8 figli per donna. Il tasso di mortalità, invece, si approssima sempredi più ai valori dei Paesi a industrializzazione matura. È proseguita la lenta ascesa dei valori relativi alla speranza di vita (71 anni nel 2013) iniziata negli anni Ottanta, mentre la mortalità infantile declina rapidamente (21,6‰ nel 2013, dieci punti in meno rispetto alla percentuale del 2003). Si tratta di un Paese giovane (età media 27,3 anni), in relazione al mondo europeo, benché non tra i più giovani nel contesto nordafricano. L’incidenza della popolazione di età minore di 14 anni, pur declinando lentamente, continua ad avere un peso significativo (27,7% nel 2013, a fronte del 30,6% di un decennio prima). Nella gerarchia dell’Indice di sviluppo umano (ISU), migliorando rispetto al 2008, l’A. è stabilmente nel raggruppamento ad alto sviluppo al 93° posto nel 2013, con il valore di 0,717.
La struttura della rete urbana, retaggio dell’organizzazione dello sfruttamento coloniale, conserva degli squilibri regionali, assicurando ancora un peso superiore ad Algeri e alle tre metropoli regionali (Orano, Costantina e Annaba) rispetto alle città di taglia inferiore. L’agglomerazione della capitale (2,3 milioni di abitanti nel 2008) continua a crescere attraverso processi di suburbanizzazione povera raggiungendo, secondo una stima del 2013, i quattro milioni di abitanti nella sua vasta area (le grand Alger). Le altre grandi città (con più di 100.000 ab.) sono 33 e, dopo una rapida crescita a partire dagli anni Ottanta, hanno continuato ad attrarre popolazione, in alcuni casi in maniera considerevole anche nel periodo tra i due censimenti (1998-2008): Bilda con 331.779 ab. (+33% in dieci anni) e Djelfa con 289.226 ab. (+82%). In generale si confermano, a scala nazionale, le maggiori densità nelle pianure costiere sempre più urbanizzate, cui si contrappongono le vaste aree desertiche praticamente disabitate, se si eccettuano le città-pioniere legate all’estrazione degli idrocarburi e gli isolati centri medi e piccoli in pieno Sahara.
Il Paese ha continuato un processo di stabilizzazione del quadro economico con un andamento positivo nel corso del primo decennio del 21° sec. del rimborso del debito pubblico, passato da 28,1 miliardi di dollari nel 1999 a 480 milioni nel 2010. L’economia algerina, ancora sottoposta a un rigido controllo statale, ha registrato nell’ultimo decennio un incremento medio annuo del PIL del 3% con una crescita stimata per il 2014 del 3,8%: PIL procapite a parità di poteri d’acquisto (PPA), 14.256 dollari (2014). L’economia vede sempre nello sfruttamento degli idrocarburi il settore trainante, benché in rapido declino: le risorse naturali hanno inciso sulla ricchezza del Paese per il 23% nel 2012, quando soltanto nel 2008 impattavano per il 41%. Secondo l’ILO (International Labour Organization), nel 2012 il tasso di disoccupazione totale è sceso al 9,8%, dimezzandosi rispetto al 2004, ma la disoccupazione giovanile alla stessa data è stata del 22%, con un peso significativo di quella femminile (38%), in risalita dal 2008; per il 2014, il tasso di disoccupazione era stimato in aumento al 10,8%. I principali assi su cui si è investito in questi anni sono stati: la realizzazione di grandi infrastrutture (autostrada Est-Ovest, miglioramento e modernizzazione della rete ferroviaria), la lotta alla povertà e all’esclusione, attraverso la realizzazione di un milione di alloggi, l’incremento delle strutture destinate al sistema educativo e sanitario. L’accesso all’elettricità ha coperto quasi tutta la popolazione (99,4% nel 2012), mentre il valore relativo all’accesso all’acqua potabile risulta stabile negli ultimi anni, sia per le zone urbane (86% nel 2012), sia per quelle rurali (80%).
di Silvia Moretti
In una situazione caratterizzata dallo stallo politico e istituzionale, l’A. vedeva riconfermato alla presidenza per il suo terzo (2009) e quarto (2014) mandato Abdelaziz Bouteflika (῾Abd al-῾Azīz Bū Taflīqa), al potere dal 1999. Forte del suo ruolo di pacificatore della nazione, capace di accompagnare il Paese fuori dalla sanguinosa guerra civile innescata dagli islamisti negli anni Novanta del 20° sec., Bouteflika, benché in precarie condizioni di salute dall’aprile 2013, appariva saldo al governo e il regime, con il forte appoggio dei militari, era anche uscito complessivamente indenne dal movimento di protesta della primavera araba scoppiato nei primi mesi del 2011. Infatti, nonostante lo svolgimento di alcune grandi manifestazioni di piazza ad Algeri (12 febbraio 2011), le proteste si erano arenate subito dopo l’annuncio della revoca dello stato di emergenza in vigore nel Paese dal 1992 e la promessa, non mantenuta dall’esecutivo di Bouteflika, di una maggiore democratizzazione della vita politica. Immutate anche le forze politiche al governo: nelle elezioni legislative del maggio 2012 si confermavano primo e secondo partito rispettivamente il Fronte di liberazione nazionale, il partito del presidente, e il Raggruppamento nazionale democratico. La sicurezza nel Paese, intanto, appariva minacciata dalle azioni terroriste delle or ganizzazioni islamiste che nel gennaio 2013 conobbero un’impennata con l’attacco al giacimento di gas di In Amenas, nel deserto del Sahara verso il confine con la Libia. Rivendicava l’attentato la più attiva tra le reti terroriste: al-Qā῾ida nel Maghreb islamico (AQMI). Nell’estate del 2013, mentre nel Paese destavano crescenti preoccupazioni le sempre più serie condizioni di salute del presidente, scoppiavano violenti scontri al confine meridionale con il Mali, nella cittadina di Bordj Badji Mokhtar, in una regione afflitta da povertà cronica e malessere sociale. La rivalità commerciale e tribale tra la comunità tuareg e quella araba, alimentata anche dai contraccolpi della vicina guerra in Mali, provocava per alcuni giorni violenti disordini e diversi morti, prima che la città fosse riportata alla calma dalle forze dell’ordine.
In politica estera, fedele alla sua alleanza con gli Stati Uniti in funzione di lotta al terrorismo islamista globale, l’A. si mostrava inizialmente riluttante a un coinvolgimento militare nel Mali in occasione della grave crisi scoppiata in quel Paese nel corso del 2012, pur scegliendo di aprire le sue frontiere alla popolazione maliana in fuga. Tra il 2012 e il 2013, tuttavia, la minaccia di possibili infiltrazioni islamiste radicali dal Nord del Mali spingeva l’A. ad assumere un ruolo di primo piano nei negoziati di pace per trovare una soluzione diplomatica alla guerra civile ai suoi confini, nella consapevolezza dei rischi di un’eventuale propagazione del conflitto nella regione esposta anche ai contraccolpi del collasso dello Stato libico. I negoziati di pace tra le delegazioni in conflitto, ospitati ad Algeri, conoscevano alcuni significativi passi avanti nel corso del 2014 (luglio e settembre). Nella seconda metà del 2014, mentre nelle regioni nordorientali permaneva un alto rischio di attentati, si palesava nel Paese la presenza di una cellula terrorista affiliata all’IS (v.), Djound al Khilafa, responsabile nel mese di settembre del rapimento e dell’assassinio di un cittadino francese.
A. Boukhars, The paranoid neighbor. Algeriaand the conflict in Mali, in Perilous desert. Insecurity in the Sahara, ed. F. Wehrey, A. Boukhars, Washington 2013, pp. 87-117. Si veda inoltre: A. L. Strachan, Conflict analysis of Algeria, 2014, http://www.gsdrc.org/docs/open/gsdrc_conflanal_algeria.pdf(2 febbraio 2015).