ALGHE (II, p. 465; App. II, 1, p. 130; III, 1, p. 67)
Negli ultimi anni le ricerche algologiche hanno avuto notevole impulso, specie nello studio dei cicli biologici, della formazione degli organi sporangiferi e gametiferi, dei problemi citologici, fisiologici, ecologici. Non poco delle recenti acquisizioni sul meccanismo della fotosintesi e sulla formazione delle sostanze di riserva, sulla composizione e il comportamento del protoplasma, sulla permeabilità cellulare, sui potenziali di membrana e le relazioni ioniche della cellula, sulla funzione delle vitamine, ecc., deriva da studi svolti su a., le quali, per i vantaggi che offrono in coltura pura e per la relativa facilità con cui tali colture possono talvolta effettuarsi, costituiscono materiali eccellenti. Oltre che per questi importanti aspetti direttamente correlati con la ricerca biologica fondamentale, lo studio delle a. ha riflessi e rapporti con la limnologia e l'oceanografia, e interessa inoltre svariati settori della scienza applicata, dell'industria e del commercio.
Le a. sono un elemento basilare della catena alimentare naturale, nella quale occupano il primo posto, come si può chiaramente desumere dallo schema della fig. 1.
La loro presenza in grandissime quantità nelle acque oceaniche e continentali con migliaia di forme soprattutto fitoplanctoniche, ha rilevante influenza nella formazione e nella costituzione dei sedimenti, nella penetrazione della luce in profondità, nella chimica delle acque: questioni che sono divenute ora di vivissima attualità in connessione con i problemi, di drammatica evidenza soprattutto nei paesi industrializzati, degl'inquinamenti e della protezione della natura.
Le a. sono state recentemente studiate anche come fonti di materiali alimentari per l'uomo e gli animali; gli esperimenti di colture massive, effettuati in gran parte con Chlorella e Scenedesmus, pur avendo dato risultati promettenti, lasciano ancora irrisolto un aspetto non secondario: quello della competitività rispetto alle fonti convenzionali di carboidrati, proteine e grassi. Perciò, gli ulteriori sviluppi di queste ricerche tendono, fra l'altro, a ottenere rendimenti migliori e a ridurre i costi di produzione. Circa l'utilizzazione delle a., occorre ricordare che nelle Hawai, in Giappone, in Cina e in altri paesi orientali sono comunemente impiegate per usi commestibili varie decine di specie, alcune delle quali, come Laminaria saccharina, Rhodymenia palmata, Porphyra tenera, Undaria pennatifida, Eisenia bicyclis, Hijikia fusiforme, diversi Codium, ecc., vengono coltivate a tale scopo.
La biologia marina considera le a. anche in rapporto alla nutrizione dei pesci e al loro parassitamento. I fenomeni delle "maree rosse" e altre manifestazioni dell'attività riproduttiva talora eccezionale delle a. fitoplanctoniche possono avere localmente conseguenze assai gravi sulla vita di altri organismi, perché questi possono essere sopraffatti dalla massa vegetale, specie quando cominciano i processi di decomposizione. A volte alcune a. (molti Dinoflagellati) emettono sostanze tossiche (endotossine simili alla stricnina, esotossine, tossine paralitiche) che causano morie di pesci e di altri animali e possono essere dannose (o mortali) anche per l'uomo, direttamente o attraverso l'ingestione di pesci avvelenati. Nei laghi e nei bacini idrici, diverse alghe planctoniche (Microcystis, Aphanizomenon, Synura; diatomee; alghe azzurre) possono conferire alle acque sapori sgradevoli e, quando i talli muoiono, le gelatine e gli olii che contengono concorrono a formare delle masse collose e con odore fetido di pesce guasto.
La ricerca medica si giova delle a. negli studi sul cancro e sulle allergie.
Sul piano botanico, la classificazione delle a. è tuttora in fluttuazione per la difficoltà di costruire un sistema naturale, che risolva le incertezze derivanti dalla complessità di questo vasto e multiforme insieme di organismi, la cui filogenesi e le cui affinità hanno molti lati oscuri. Benché ci si riferisca generalmente alle a. come a organismi semplici, la loro organizzazione e specializzazione denotano una profonda diversificazione e attestano una storia filetica lunghissima, che ha proceduto per filoni paralleli, in cui non è agevole riconoscere sicure parentele (fig. 2); perciò interi gruppi hanno una posizione sistematica incerta, o contestata, come le Charophyta, le Cryptophyta, le Chloromonadophyta.
Tradizionalmente, le a. erano suddivise in pochi gruppi basati sul colore dominante dei sistemi pigmentari. Nelle classificazioni più recenti si riconoscono, con diverse varianti, almeno nove divisioni (phyla), che divengono undici se, come alcuni autori fanno, si separano le Charophyceae dalle Chlorophyta e le Xanthophyceae dalle Chrysophyta, elevandole al rango di divisioni autonome. I caratteri distintivi delle divisioni si fondano, oltre che sui pigmenti fotosintetici (composizione chimica e quantità relative), sul tipo di sostanze di riserva, sul tipo, numero e morfologia e modo d'inserzione dei flagelli, sui caratteri chimici, morfologici e ultrastrutturali delle pareti cellulari, sulla presenza o meno del nucleo e di altri organelli delimitati da membrana propria, sulle modalità della riproduzione e le peculiarità del ciclo biologico. I principali modelli di organizzazione somatica delle a., che ricorrono (quasi sempre) almeno nelle Crisoficee, Xantoficee e Clorofite sono: unicellulare a cellula mobile; unicellulare a cellula immobile; coccoide; coloniale semplice mobile; coloniale gelatinoso immobile; tricale ad accrescimento indefinito o definito; tricale ramificato; sifonale; sifonocladale; pseudoparenchimatico. I possibili rapporti e le derivazioni di questi tipi morfologici, per le Clorofite, sono illustrati nella fig. 3.
In rapporto alla lunghezza dei tempi geologici, le specie e l'abbondanza di a. fossili sono scarse, forse perché le a. spesso non si prestano alla fossilizzazione per la fragilità e la deperibilità del tallo. La scarsezza di fossili può dipendere anche dalla insufficienza delle esplorazioni. Tuttavia, le Diatomee, molti Dinoflagellati e Coccolitofotidi, le Rodofite e le Clorofite calcaree hanno partecipato alla formazione di potenti depositi rocciosi. Nelle rocce più antiche sono stati trovati resti probabilmente riferibili a Cianofite, procariotiche, le quali, pur essendo le a. più semplici e antiche, sembrano dovere essere correlate alle Rodofite, che hanno raggiunto forme di organizzazione molto complesse, uni- o pluriassiali. I due gruppi hanno in comune sia gli stessi pigmenti (blu e rossi) ficobilinici che accompagnano la clorofilla a, sia lo stesso tipo primitivo di lamelle (libere nelle Cianofite) di supporto dei sistemi pigmentari.
L'utilizzazione delle a. ha subito variazioni dovute alla possibilità di ottenere da altre fonti gli stessi prodotti forniti da esse, ovvero a cause belliche (per es., l'entrata in guerra del Giappone nel 1939 interruppe il commercio dell'agar, imponendo lo sfruttamento di a. di altri mari). Le a. sono, comunque, tuttora sfruttate per ottenere, oltre all'agar, iodio, algine (polimeri dell'acido d-mannuronico), carragheenina, ecc. L'a. verde unicellulare Chlorella, tanto usata nei laboratori di tutto il mondo, trova impiego, in diverse città, come mezzo per purificare le fognature, in quanto produce durante la fotosintesi l'ossigeno impiegato dai batteri che poi degradano i residui organici.
Bibl.: G. E. Fogg, Algal culture and phytoplancton ecology, Madison (Wisconsin) 1956; F. E. Round, The biology of the algae, Londra 1965; G. W. Prescott, The algae, a review, Londra 1969; P. Bourrelly, Les algues d'eau douce, Parigi 1966-70; V. J. Chapman, The algae, New York 1970; Properties and products of algae, a cura di J. E. Zajic, New York 1970; B. Fitt, Algenkunde, Jena 1971; Handbook of phycological methods, a cura di J. R. Stein, Cambridge 1973.