ALGHERO (A. T., 27-28-29)
Città della provincia di Sassari in Sardegna. Superficie del territorio 220 kmq. Popolazione (cens. 1921) 12.280 quasi tutta (11.800) accentrata. Dal sito in cui sorse, s'Alighera, che in sardo logudorese significa luogo d'alghe, venne il nome della città, che si latinizzò in Algarium e in catalano si disse Alguer. È costruita su un piccolo promontorio che domina un'ampia rada, formata dalle coste occidentali della Sardegna, che in quel punto ripiegano dalla direzione generale N.-S. verso O. e sulle alture chiudenti l'ampio Porto Conte. Era cinta di potenti mura, di bastioni sul mare e di torri, ora in parte improvvidamente abbattute per congiungere all'antica la parte nuova della città: sussistono le torri dello Sperone, di S. Giovanni, di S. Giacomo, del Molo, della Maddalena e di Porta Terra. La vecchia città ha strade piuttosto strette e case alte, la nuova strade larghe, ed in parte consta di graziosi villini sul mare. Pochi sono gli edifizî notevoli; la cattedrale, ricordata fin dal sec. XIV, conserva dell'antica costruzione solo la grande porta dell'elegante campanile gotico, e nell'interno resti di caratteristiche gotiche; qualche finestra di stile gotico aragonese è in qualche antica casa. Il piccolo porto non era ben protetto da ponente, da maestrale e neanche da tramontana: recentemente è stato migliorato, ma il suo movimento non supera di molto le 10.000 tonnellate annue, anche per il fatto che le grandi navi non vi accedono facilmente. Gli Algheresi sono tuttavia fra le popolazioni della Sardegna che si dedicano più volentieri al mare. La popolazione di Alghero è venuta crescendo lentamente dal sec. XVII in poi; il censimento del 1688 vi noverava 3155 ab., saliti a 4800 nel 1698, e a 5117 nel 1751. Nel 1824 Alghero aveva 6924 ab., nel 1848 8636, nel 1871 9839, nel 1881 10.117, nel 1901 10.779. Il territorio produce cereali, vini squisiti (moscato, girò, mònica, malvagìa, torbato), ma in scarsa quantità per alimentare un'esportazione continuata; produce inoltre olio, per la cui produzione Alghero viene subito dopo Sassari. V'è uno stabilimento modello nella tenuta "i Piani" della ditta Sella e Mosca, un altro detto Milanello o Surigheddu, condotto dalla Cooperativa agricola milanese, una colonia penale agricola a Cuguttu. Tuttavia la massima parte del territorio è messa a pascoli. A N. della città trovasi lo stagno di Calich, ora in via di bonifica, ricco di pesci; specialmente d'estate, con le sue esalazioni, esso nuoce al clima. Questo è caratterizzato dalle miti temperature invernali (media del gennaio intorno a 10°) e dall'estate notevolmente calda (media del luglio 24°), per il che cresce copiosa e spontanea nei dintorni la palma nana, adoperata per fabbricare il crine vegetale e le scope. La pioggia annua non supera i 600 mm.; vi sono due mesi (luglio-agosto) di siccità estiva quasi assoluta.
Dalle miniere di Salondra e di Calabona si estraggono minerali di rame, la cui produzione è in continuo aumento. È largamente esercitata la pesca, specialmente delle aragoste che vengono spedite vive a Genova, Marsiglia, Barcellona. Il territorio ha parecchie sorgenti, ma nessuna è tale da soddisfare i bisogni della cittadina, sì che l'acqua fu dovuta condurre dal territorio di Ossi con un acquedotto lungo 36 chilometri.
Nelle vicinanze di Alghero sono due grotte assai belle, dette di Nettuno e dell'Altare, che si aprono nel territorio di Capo Caccia. La città è sede di diocesi; possiede un ginnasio, un seminario, un ospedale, un educandato, un asilo infantile, un teatro. Da ricordare la Biblioteca Guillot, con alcuni pregiati manoscritti e stampe rare, e la Biblioteca civica, con documenti relativi alla città. Questa fu edificata verso il principio del sec. XII, e la famiglia genovese dei Doria, che aveva conseguito ampi dominî nel giudicato del Logudoro (v. Sardegna: Giudicati), ne fece una delle basi della propria potenza, e la possedette per due secoli e mezzo; sinché, sorte discordie fra i membri della famiglia, gli Aragonesi alleati con i Veneziani, disfatta nelle acque di Porto Conte la flotta genovese (1353), assediarono la città, costringendo i difensori alla resa. Presto si ribellarono, e furono di nuovo assediati da re Pietro IV, ma essendo stati soccorsi dal giudice d'Arborea, il re fu obbligato a levare l'assedio; questi tuttavia, nei patti della pace seguita, otteneva la consegna della città, ed espelleva tutta la popolazione mista di Sardi e di Liguri, per sostituirla con Catalani, ai quali furono concessi gli stessi diritti dei cittadini di Barcellona. La città diveniva così uno dei più sicuri baluardi della dominazione aragonese e spagnola nell'isola.
Espulsi nuovamente nel 1391 gli elememi sardi che vi si erano introdotti, la popolazione conservò a lungo, quasi puri, costumi, caratteri e lingua di origine, con qualche nota anzi di arcaicità: ma, cessati i rapporti politici con la Spagna, ridottisi a ben poca cosa quelli commerciali e intellettuali, aumentato l'afflusso degli abitanti dei paesi vicini, questo nucleo etnico estraneo si avvia alla fusione con la massa della popolazione sarda. Alghero ha dato i natali a Carlo Buragna (v.), e a Giuseppe Manno (v.), onorato di un bel monumento di Pietro Canonica, nel pubblico giardino.
Bibl.: F. Arcais, Una città catalana in Sardegna, in Nuova Antologia, V (1880), pp. 535-548; E. Toda, L'Alguer: un poble català d'Italia, Barcellona 1888; E. Costa, Alla grotta di Alghero, Milano 1889; T. Taramelli, Alcune osservazioni geo-idrologiche sui dintorni di Alghero, in Rend. dell'Ist. lomb., s. 2ª, XXXIX, p. 423 segg.; A. Ciampi, Note geologiche minerali e sui giacimenti cupriferi della regione d'Alghero; V. Giglio, Una città catalana in Sardegna, in Illustrazione italiana, XXX (1926). Sul dialetto di Alghero, v. italia; Lingua e dialetti; cfr. P. E. Guarnerio, in Arch. glott. ital., IX, pp. 261-364; G. Serra, in Italia dial., III (1927), pp. 197-216.