FABA (Fava), Aliprando
Figlio di Bonapace, importante uomo politico bresciano, intraprese, certamente giovanissimo, la carriera di podestà. Nel 1193, mentre suo padre era podestà a Milano, il F. fu in carica ad Alessandria, all'epoca alleata della metropoli lombarda e sua protetta. Questa città, di recente fondazione, era in piena espansione e aveva conquistato il dominio su numerosi signori del circondario. In compenso dovette fronteggiare l'ostilità di Bonifacio, marchese del Monferrato, e dello stesso imperatore Enrico VI: il 1193 fu appunto segnato da un nuovo deterioramento dei rapporti fra Alessandria da una parte, e Bonifacio ed Enrico VI dall'altra. I rapporti peggiorarono anche con Tortona, che si legò a quest'ultimo (privilegio del 26 febbr. 1193). La tregua conclusa con il marchese del Monferrato (il aprile) non si rivelò duratura. Una spedizione degli Alessandrini contro il borgo di Casal Sant'Evasio, nel Monferrato, si concluse con un fallimento. Il 4 dicembre Enrico VI concesse Alessandria in feudo a Bonifacio, subito attaccato dagli Alessandrini, i quali devastarono il suo territorio. La pace fu conclusa il 12 genn. 1194.
Ignoriamo l'attività del F. nei trent'anni successivi, che coprono tutto il periodo della sua maturità. Allo stato attuale della documentazione, possiamo soltanto affermare che non esercitò podestariati in città importanti, né ebbe un ruolo di primo piano nelle lotte dei partiti che dilaniavano Brescia, dove i suoi parenti Bonapace e Giovanni facevano parte della fazione della nobiltà.
Nel 1222 il F. fu podestà di Torino e, di concerto col vescovo Giacomo di Carisio, svolse un'intensa attività diplomatica. Torino, alleata con diverse città piemontesi, era in effetti in lotta contro Tommaso I di Savoia. Il vescovo, che aveva ancora molta influenza sulla città, aveva scelto il campo di Federico II e frequentava assiduamente la sua corte (aprile 1222, febbraio 1223), mentre Tommaso aveva parteggiato per Ottone IV. Non sembra che il conflitto abbia comportato episodi militari nel 1222, poiché Tommaso era trattenuto in Savoia. In compenso, Torino ottenne rilevanti successi diplomatici: il vescovo ricevette un importante privilegio da Federico II, che lo nominò vicario imperiale. Il 5 luglio 1222 il vescovo e il F. concessero la cittadinanza torinese al marchese Manfredo III di Saluzzo, con un atto che segnò il cambiamento di campo del marchese; in novembre furono invece i signori di Rivalta a sottomettersi a Torino, offrendo in pegno il proprio castello. Quando il conflitto con la Savoia diventò violento, probabilmente il F. non era più podestà. Nei primi mesi del 1223 Tommaso batté gli alleati e concluse con essi trattati di pace a lui favorevoli.
La carriera podestarile del F. raggiunse il suo apogeo nel 1228-1229, quando governò successivamente le due più grandi città dell'Italia padana, Milano e Bologna, che erano anche le due capitali della seconda Lega lombarda, riformatasi nel 1226, la quale si trovò in pieno conflitto diplomatico - e ben presto militare - con Federico II. Il podestariato del F. a Milano fu contrassegnato da una notevole attività diplomatica, ma non comportò - all'infuori di un aiuto concesso ai Bolognesi nella loro guerra contro Modena - alcuna azione militare. Buona parte dell'anno fu dedicata ai tentativi di mantenere la pace fra Alessandria, Alba e Tortona da una parte, e Genova e Asti dall'altra: queste città, in lotta per motivi economici, si erano rimesse all'arbitrato milanese. Il F. concluse anche un trattato commerciale con Ferrara che era molto favorevole ai mercanti milanesi. Infine, la Lega ottenne l'adesione di Tortona e proibì ai suoi membri di inviare podestà a Cremona e ai suoi alleati (31 ottobre).
Le azioni più importanti del F. non riguardarono, in realtà, la politica estera, ma gli affari interni di Milano. A partire dal 13 gennaio 1228 il F. mise in funzione un tribunale d'Inquisizione contro gli eretici, particolarmente numerosi in città, che fino a quel momento non erano stati perseguiti; ai suoi successori fu fatto obbligo di mantenere in funzione il tribunale, ma non sembra che esso abbia avuto una reale efficacia prima del 1233, quando furono bruciati sul rogo i primi eretici milanesi. L'instaurazione dell'Inquisizione faceva parte della politica di avvicinamento, in corso nel 1228, al nuovo papa Gregorio IX, il quale aveva scomunicato Federico II (29 sett. 1227) e infine respinse le pretese autonomistiche del vescovo di Cremona nei confronti del proprio metropolita (13 luglio). Durante il podestariato del F. venne inoltre creata una commissione incaricata di conservare gli statuti e le ordinanze del Comune, di assicurame l'osservanza da parte dei magistrati e di controllare i conti. Una serie di decisioni fissò poi i salari e le indennità di trasferta dei vari impiegati comunali; allo stesso modo furono regolamentati i pesi e le misure. Ma la grande realizzazione del podestariato del F. fu la costruzione del broletto nuovo, in sostituzione di quello, ormai troppo piccolo, che sorgeva nell'area attualmente occupata dal palazzo reale; l'acquisto di un gruppo di case e di un monastero permise di installare la nuova sede della Municipalità nel cuore della città; il broletto, terminato soltanto nel 1233, rimane il principale monumento di epoca comunale a Milano.
Nel 1229 il F. si trovò a capo dell'altra grande città della Lega lombarda, Bologna, dove dovette affrontare una difficile situazione. Era fallita una grande operazione militare dell'esercito bolognese contro Modena, la più importante piazzaforte ghibellina della regione; il popolo era allora sceso in piazza, ottenendo una modifica costituzionale a suo favore. I rovesci diplomatici si accumularono nel periodo iniziale del podestariato del F.: i Montecuccoli di Frignano si dichiararono neutrali (gennaio), i Fiorentini abbandonarono la Lega (aprile). In luglio Bologna mobilitò per far fronte a un attacco modenese; la Lega inviò dei rinforzi piuttosto limitati. A ferragosto gli alleati assediarono San Cesario sul Panaro, sulla frontiera; se ne impadronirono il 4 settembre, nonostante l'avanzata dell'esercito modenese, rinforzato da contingenti cremonesi, parmigiani e padovani. Il 5 i due eserciti si affrontarono in aperta campagna, in una battaglia confusa, una delle più sanguinose dell'epoca. I Bolognesi, prima sorpresi dall'attacco modenese, poi messi in difficoltà dal contrattacco prematuro della riserva, costituita dai loro alleati lombardi - che il F. non riuscì a trattenere -, finirono per ristabilire la situazione durante la notte. Si considerarono vincitori, ma la mattina ripiegarono in un certo disordine, abbandonando il campo di battaglia. Poiché Federico II, nel frattempo, aveva disperso l'esercito che difendeva il papa, i Bolognesì furono ben felici di ottenere da Modena una tregua di otto anni sulla base dello statu quo (novembre).
Ottavio Rossi racconta che dopo questa difficile podestaria bolognese il F., chiamato dal papa, sarebbe morto a Viterbo, ma questa informazione è contraddetta da documenti successivi. Nel 1230, rientrato a Brescia, il F. partecipò al Consiglio della città; nel 1237 e nel 1239 lo troviamo - coi suoi nipoti, figli del defunto fratello Berardo, di cui era tutore - tra i proprietari di terre suburbane, espropriate per la costruzione di nuove difese della città. Infine, un Aliprando Faba fu podestà di Pistoia nel secondo semestre del 1248. Pistoia era una fedele alleata di Federico Il che proteggeva la città contro le mire annessionistiche di Firenze, che, infatti, riuscirà ad impadronirsene solo dopo la morte dell'imperatore. È piuttosto sorprendente ritrovare il F. a capo di questa cittadina ghìbellina dopo le alte cariche esercitate in campo guelfo. Va però detto che la sua famiglia faceva chiaramente parte della fazione ghibellina di Brescia. L'ambiguità resta comunque difficile da risolvere allo stato attuale della documentazione. In fin dei conti le menzioni del 1237, del 1239 e del 1248 potrebbero riguardare un altro Aliprando, figlio o nipote del F., soprattutto se si considera che egli già nel 1193 era stato podestà di Alessandria. Nel 1248, infatti, il F. avrebbe avuto almeno 80 anni.
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