ALLATTAMENTO (fr. allaitement; sp. lactancia; ted. Säugen; ingl. infant feeding)
Nutrizione lattea del bambino o dell'animale giovane.
Allattamento umano.
I modi di allattamento coi quali può venire alimentato il bambino sono:
a) naturali o umani: 1° materno puro; 2° materno, più nutrice aiuto; 3° mercenario, in casa dell'allevo; 4° mercenario, in casa della nutrice.
b) innaturali o animali: 1° diretto, cioè del capezzolo dell'animale; 2° indiretto o artificiale.
c) misto: 1° materno misto; 2° mercenario misto.
L'allattamento naturale è indubbiamente il migliore e in special modo il materno, in considerazione che ogni specie animale ha un latte di composizione chimica speciale, e che, per legge naturale, la composizione di quello materno deve ritenersi la più conveniente per la nutrizione del bambino.
Generalità. - Il latte, prodotto di secrezione della ghiandola mammaria, contiene tutti gli elementi necessarî alla vita dell'organismo in via di accrescimento. Noi distinguiamo in esso:
a) caratteri fisici, rappresentati dal colore (bianco-cinereo), odore (sui generis), sapore (leggermente dolciastro), reazione (alcalina nel latte di donna), peso specifico (1027 circa nel latte di donna e 1032 in quello di vacca), ebollizione (a 101°);
b) caratteri chimici: acqua (oltre gli 8/10), gas (CO2, N, O2) e residuo fisso rappresentato dalle sostanze proteiche (lattocaseina in grande prevalenza, lattoalbumina e lattoglobulina), dai grassi (tristearina, prevalente nel latte di vacca; tripalmitina, trioleina, prevalente nel latte di donna), dagl'idrati di carbonio (lattosio), dai lipoidi (lecitina), dai sali (carbonati, cloruri);
c) caratteri microscopici, normalmente rappresentati da sfere e goccioline splendenti piccole, medie e grandi formate di grasso senza speciale struttura, con forte prevalenza di quelle di proporzione media nel latte normale;
d) caratteri biologici, risultanti dalla presenza in esso dei varî fermenti (nel latte di donna si trovano in genere quasi tutti), delle cosiddette trofozimasi (principî attivi che facilitano il fenomeno dell'assimilazione), degli anticorpi (sostanze protettrici di talune forme morbose), delle vitamine; per cui il latte è considerato un liquido nutritivo vivo e dotato di speciali proprietà attive, le quali in gran parte vengono alterate o distrutte dal calore;
e) caratteri calorifici: la quantità di calorie contenute nel latte (rappresentate dal valore energetico dei singoli componenti) è di 650 calorie per litro nel latte di donna, 760 in quello di vacca, 460 in quello di asina. Siccome il fabbisogno di calorie in un neonato è di 350, gli è sufficiente una dose alimentare giornaliera di solo mezzo litro di latte di donna.
Tutti questi caratteri vanno soggetti a notevoli oscillazioni in relazione, oltre che alla specie dell'animale lattifero, anche al genere di alimentazione e di vita.
In relazione al rapporto quantitativo dei varî componenti chimici del latte degli animali più usati per l'alimentazione infantile, noi distinguiamo il latte in leggiero (donna, asina) e greve (vacca, capra). Le cifre di concentrazione media delle sostanze componenti il latte variano alquanto secondo i varî ricercatori. Dati medî molto attendibili, per litro, sono riportati nella seguente tabella:
Gli organi digestivi del lattante, ancora imperfetti, non ammettono che un unico alimento fisiologico veramente adatto al loro normale funzionamento, e questo è rappresentato appunto dal latte, con indicazioni e risultati diversi a seconda della qualità del latte adoperato.
Allattamento naturale.
1. Materno. - La madre deve, per regola generale, allattare il proprio figlio, salvo alcune particolari controindicazioni (tubercolosi, neuro e psicopatie, neoplasmi, forme infettive acute a lungo decorso, capezzolo piatto o ombelicato, agalassia, malformazioni congenite della bocca del bambino); e, in via generale, l'allattamento materno deve essere continuato nonostante l'insorgenza di una nuova gravidanza, la comparsa precoce della mestruazione, di una affezione febbrile acuta di breve durata, o di uno stato anemico, o di ragadi al capezzolo, comunque, sempre, nei casi di infezione sifilitica. Pertanto il numero delle madri che possono iniziare regolarmente l'allattamento è altissimo, essendo per fortuna anche l'agalassia o agalattia (cioè l'assenza pressoché assoluta di secrezione lattea da parte della ghiandola mammaria) estremamente rara, appena nel 2% dei casi. Invece la ipogalassia, o diminuita quantità della secrezione lattea, sia primaria che secondaria, pure verificandosi con una certa frequenza, non impedisce l'allattamento materno; ma può essere causa di un precoce ed errato allattamento misto, o, peggio, di uno artificiale, spesso completamente ingiustificati e talora sommamente dannosi al bambino.
Preparazione all'allattamento. - Durante la gravidanza la ghiandola mammaria entra in attività, e, a partire dal quarto mese, s'inizia la secrezione del colostro (liquido piuttosto denso, bianco giallastro, di densità più elevata del latte, perché più ricco di sostanze azotate e sali e più povero di grassi e zucchero; contenente inoltre i cosiddetti corpuscoli di colostro) il quale precede la vera secrezione lattea e accompagna quest'ultima pei primi 7-8 giorni dopo il parto. Durante la gravidanza è bene tenere i capezzoli salvaguardati dallo schiacciamento (paracapezzoli), e conservarli puliti senza per altro ricorrere ai lavaggi coll'alcool, disgraziatamente troppo usati nell'intento di renderli più resistenti alle possibili ragadi, le quali invece, con tale metodo, sono facilitate a causa della perdita di elasticità da parte del tessuto cutaneo. Non esistono mezzi sicuri e diretti per favorire lo sviluppo del parenchima della ghiandola mammaria. Nel secondo e terzo giorno dopo il parto si verifica in genere la discesa del latte; le mammelle si fanno più dure, più pesanti, e in qualche caso compare la febbre (la cosiddetta febbre del latte), la quale per altro, in via ordinaria, è in relazione ad un'infezione puerperale più o meno manifesta.
Tecnica. - L'opinione degli autori non è invero concorde né sulla quantità di latte da somministrare al bambino, né sul numero delle poppate nelle 24 ore. Difatti, lasciando da parte il principio che i bisogni in calorie dell'organismo del lattante aumentano con l'età e col peso senza essere in ragione proporzionale, e inoltre che in relazione all'unità di misura (i kg. di peso del corpo) sono meno grandi quanto più il bambino è sviluppato, la razione alimentare viene per regola calcolata in base o al peso o all'età o anche all'altezza del bambino. Il principio migliore per altro è di tenere conto dei primi due fattori contemporaneamente. Del resto non è possibile dare una regola generale stretta e precisa, non esistendo in natura né un bambino tipo, né un latte tipo; riesce per altro utile nella pratica, senza bisogno di ricorrere a calcoli più o meno complicati o difficilmente attuabili, basarsi sui due principî seguenti per ciò che si riferisce alla quantità di latte:
a) per rapporto all'età: mettere la cifra 1 avanti e quella zero appresso al numero del mese che ha il bambino; per esempio:
b) per rapporto al peso: partendo da 18 gr. di latte per ogni 100 gr. di peso in un bambino di 3 kg., diminuire poi la proporzione di 1 gr. per % per ogni kg. di aumento; per esempio:
Nel neonato (cioè durante i primi 8-10 giorni di vita) la razione alimentare dev'essere calcolata tenendo presente in modo speciale la sua superficie corporea. In via ordinaria è bene somministrargli poca quantità di latte nel primo momento, aumentando progressivamente nei giorni seguenti fino al decimo, per riprendere poi la regola generale anzidetta: ciò è facile a praticarsi con l'allattamento materno, in cui la secrezione lattea aumenta anch'essa progressivamente, difficile nel caso di allattamento per nutrice senza incorrere nella sovralimentazione. Comunque si può usufruire della nota formula: tante volte 80 gr. di latte per quanti giorni ha il neonato; per esempio:
considerato che nelle prime 24 ore, specialmente se il parto è stato laborioso e il bambino è robusto, il neonato non ha bisogno di cibo alcuno e dev'esscre lasciato tranquillo senza somministrazione di alcuna bevanda e molto meno di sciroppi più o meno purgativi. Il numero dei pasti (poppate) è assai discusso dai diversi autori; in Italia generalmente si adotta il sistema di dare latte ogni 2 ore e mezzo durante il primo mese, ogni 3-3 1/2 ore dal 2° al 7° mese (in media 5-7 poppate nelle 24 ore), ogni 4 ore dall'8° mese in poi (5-6 poppate giornaliere) con un minimo d'intervallo di 5 ore di riposo durante la notte. Del resto a tale riguardo conviene tener presente la durata della digestione gastrica, e quindi del vuotamento dello stomaco, diversa a seconda della qualità del latte usato (60-80 minuti per il latte di donna, 90-100 per il latte vaccino). Il metodo delle 5 poppate quotidiane, in specie nei bambini robusti, presenta dei notevoli vantaggi anche per la madre. La quantità di latte che deve inghiottire il bimbo ad ogni poppata, deve evidentemente stare in relazione con la capacità del suo stomaco, che varia a seconda dell'età: 40-50 cmc. alla nascita, 80 cmc. al 1° mese, 110-120 cmc. al 2° mese, ecc. Essa dovrebbe, almeno durante il 1° mese, venire regolata mediante la doppia pesata (pesare il bimbo vestito prima e dopo la poppata), non essendo necessario farlo nel periodo ulteriore, se lo sviluppo e l'accrescimento procede regolare. Comunque, la prima poppata si fa in media dopo 12-18, al massimo 24 ore (se il parto è stato laborioso) dalla nascita, anche a mammelle apparentemente asciutte; e la tecnica dell'allattamento è più difficile nei primi giorni, sia perché la madre è spesso inesperta e costretta in letto in posizione incomoda, sia perché il neonato non si attacca al capezzolo facilmente, non succhia regolarmente, si addormenta troppo presto, ecc. A tale proposito, speciale attenzione occorre fare pei bambini prematuri, i quali, pure avendo bisogno di alimento in quantità proporzionalmente superiore a quelli normali, il più delle volte non riescono a succhiare il latte indispensabile per mantenersi in vita, e talora nemmeno a deglutirlo, se somministrato col cucchiaino, al punto da dover ricorrere all'instillazione per la via nasale e talora perfino all'uso della sonda gastrica, oltre, bene inteso, la necessità assoluta di mantenerli bene caldi e in ambiente con temperatura intorno ai 28-30 gradi centigradi. La durata delle poppate varia a seconda della quantità del latte e della forza del bambino: in media 15 minuti tra i due seni (cominciare dal più piccolo), con un massimo di 20′ nei bimbi deboli, o a lattazione difficile, e invece di soli 10′ in quelli voraci o con lattazione facile e abbondante (galattorrea). Di solito nei primi 5 minuti il bimbo succhia la maggior parte del latte. Occorre evitare che mangi troppo in fretta (altrimenti si hanno rigurgiti) e che si addormenti mentre succhia; e garantirsi che effettivamente la suzione si compia a pieno e non a vuoto, come sovente accade; del resto, a prescindere dalla doppia pesata, il rumore stesso di deglutizione è il segno migliore che il bambino ingoia realmente il latte. Talora è sufficiente la somministrazione di un solo seno. Dopo la poppata e durante gl'intervalli, il bambino deve stare costantemente in culla; l'alimentazione dev'essere iniziata fino dal primo momento in modo regolare per numero, orario, durata delle poppate e quantità di latte, con costanza e disciplina, senza badare alle grida, e tenendo ben presente che l'educazione del bimbo (alla quale esso si abitua facilmente) comincia dal primo giorno di vita. Soltanto a questa condizione fondamentale si può essere certi di ottenere uno sviluppo e un accrescimento regolare, evitando sia la sovralimentazione, sia la ipoalimentazione. Anche l'allattamento materno va costantemente sorvegliato tenendo conto di due principali indici che permettono di apprezzarne i risultati; vale a dire della curva del peso e dei caratteri delle deiezioni. Il bambino deve crescere regolarmente secondo dati abbastanza precisi; per la pratica abituale è sufficiente rammentare che nel primo trimestre di vita cresce in media gr. 30 al giorno, nel secondo 20 gr., e nel terzo da 10 a 15 gr., in maniera che al 5° mese ha raddoppiato il suo peso iniziale, e ad un anno lo ha triplicato. Evitare con ogni cura tanto l'accrescimento eccessivo (sintomo di iperalimentazione), quanto quello scarso (sintomo di ipoalimentazione). In via generale il lattante normale ha una o due evacuazioni giornaliere gialle, omogenee, inodori.
Da ultimo occorre non trascurare né il regime di vita né l'igiene della madre allattante. Questa deve in genere condurre la vita regolare e abituale, senza eccessiva fatica o soverchie limitazioni; la sua razione alimentare deve necessariamente essere un poco più abbondante, dovendosi soltanto evitare sostanze aromatiche, e bevande alcooliche, e in genere i medicamenti (in specie i purganti) non autorizzati dal medico, in considerazione che molte di queste sostanze passano pel latte; al riguardo fare attenzione anche ai comuni galattogeni. Deve inoltre essere bene curata l'igiene generale (bagni, moto, aria, sole, ecc.) e la locale (pulizia, con semplice acqua bollita, dei capezzoli per evitare ragadi e infezioni).
2. Materno, più nutrice aiuto. - Nei casi di scarsità di latte da parte della madre allattante, o d'impedimenti professionali, o di età troppo avanzata, o di deperimento notevole o di esaurimento nervoso e contemporanea debolezza congenita o prematuranza a carico del bambino, o poca tolleranza del latte animale, si rende necessario ricorrere all'aiuto di un'altra donna allattante, la quale dia il complemento di latte indispensabile per garantire il regolare accrescimento del bambino; seguendo le identiche regole dell'allattamento materno esclusivo.
3. Allattamento per nutrice in casa dell'allevo. - Allorché l'allattamento materno è veramente impossibile sia a causa di gravi malattie da parte della madre - in prima linea la tubercolosi - sia per fatti patologici a danno delle mammelle, sia per notevole deficienza (meno della metà) della secrezione lattea, è consigliabile, piuttosto che tentare l'allattamento artificiale, ricorrere a una nutrice mercenaria, con la quale il bambino viene ad avere quasi le stesse probabilità di vita e di regolare accrescimento che se fosse allattato al seno materno. La scelta della nutrice è però tutt'altro che facile e scevra di pericoli. Essa deve essere riservata esclusivamente al medico, il quale ricercherà se è sana e se ha la capacità di fare un buon allevo. Lasciando da parte le norme legislative al riguardo, i requisiti di una buona nutrice si possono così riassumere: età: tra i 20-30 anni; provenienza: dalla campagna; numero d'ordine del parto: non primipare, in genere secondipare e terzipare; stato civile: maritata; epoca del parto: 2-3 mesi; stato di salute: perfetta e controllata con le ricerche biologiche; stato delle mammelle: regolare; esame del latte, necessario più che altro per garantirsi della quantità, considerato che la qualità subisce poi notevoli modificazioni; stato del bambino della nutrice: fisiologico. La tecnica dell'allattamento per nutrice è identica a quella dell'allattamento materno; soltanto è assolutamente indispensabile che la sorveglianza sia continua e rigorosa, in specie a causa dell'ignoranza e dei pregiudizî da cui le nutrici sono dominate; necessario è anche il controllo delle frequenti pesate. Una vigilanza particolare va inoltre praticata sul regime di vita della nutrice, sulla sua alimentazione, sulla pulizia della sua persona. È sempre consigliabile che il bambino non viva a contatto continuo della nutrice, ma piuttosto nella camera della madre e sotto il suo immediato e costante controllo.
4. Allattamento mercenario in casa della nutrice. - I genitori per lo più vi ricorrono per motivi economici, ma pur troppo nella maggior parte dei casi i risultati sono disastrosi, sia per la morbilità che per la mortalità dei bambini così affidati. È consigliabile solo nei casi specialissimi in cui sia facile, possibile e frequente la sorveglianza per cura dei parenti o di un medico di fiducia; altrimenti l'empirismo, i pregiudizî, gli errori anche grossolani con cui sono condotti l'allattamento, lo svezzamento e il governo del bimbo, finiscono col far preferire l'allattamento innaturale a quello per nutrice a distanza.
Allattamento innaturale o animale.
L'inferiorità di esso, a confronto di quello naturale o misto, è così evidente e le dannose conseguenze a danno del lattante tanto gravi, che a questo si deve ricorrere come a un male inevitabile e soltanto in caso di comprovata e assoluta necessità. Tutto ciò è chiaramente dimostrato dallo studio della digestione e dell'assorbimento, dell'aspetto delle feci, della curva del peso e dell'altezza, della ossificazione e dentizione, della sanguificazione, della deambulazione, ecc.; funzioni tutte che sono sensibilmente ritardate, senza tener conto della maggiore predisposizione ai disturbi della nutrizione, al rachitismo, alla spasmofilia, eclampsia, ecc. Del resto le ragioni di questa inferiorità sono numerose e abbastanza chiare: alcune inerenti all'uso del latte animale, altre individuali, insite cioè al soggetto sottoposto a tal genere di alimentazione. Rispetto all'allattamento innaturale, il primo problema da risolvere è quello della scelta dell'animale da adoperare, e poi della garanzia che esso sia sano, tenuto igienicamente e razionalmente nutrito, e inoltre che il latte sia raccolto con ogni pulizia, salvaguardato da ogni inquinamento e bene conservato; in una parola, che la materia prima da adoperare sia buona e perfetta sotto ogni riguardo. Il latte che in pratica viene adoperato è costituito, nella massima parte dei casi, da quello di vacca, talora (in specie in certi piccoli centri) da quello di capra e raramente da quello di asina. Come risulta dalla tabella esposta in principio, ognuno di questi latti ha una composizione chimica differente e comunque notevolmente diversa da quello di donna, avendo la natura provveduto in modo che ciascuna specie animale abbia un latte specifico adatto per il lattante cui è destinato. Ne consegue che, p. es., col latte di vacca o di capra, assai ricco di sostanze albuminoidi - differenti anche qualitativamente da quelle del latte umano - la digestione e l'assimilazione delle albumine è meno perfetta e richiede un eccesso di lavoro per la sua trasformazione in albumine umane; così la maggiore quantità di acidi grassi solubili contenuti nel burro di questi animali irrita il tubo digestivo, allo stesso modo che l'eccesso dei sali ostacola il regolare metabolismo organico in specie dei grassi. A tutto ciò bisogna aggiungere le differenze qualitative (fermenti, trofozimasi, alessine, vitamine, ecc.) ben più forte tra il latte di donna e quello dei varî animali.
Ad ogni modo, per ciò che si riferisce alla scelta dell'animale lattifero, si deve ritenere: a) che il latte di asina, nonostante la sua facile digestione, a causa del suo scarso valore nutritivo, della difficoltà di procurarselo e di mantenerlo puro (non potendo essere bollito) e del suo alto costo di produzione deve essere riservato a casi speciali e limitatamente ai primi due mesi di vita; b) che quello di capra, è indicato in genere per ragioni di opportunità e di economia, in quanto per la sua utilità e digeribilità non presenta vantaggi su quello di vacca, mentre d'altro canto occorre prendere tutte le identiche precauzioni per usarlo; c) che quello di vacca è quello praticamente e comunemente adottato.
L'attenzione degli scienziati si è rivolta ad eliminare il più possibile, o, per lo meno, a neutralizzare le cause più palesi d'inferiorità dell'allattamento animale inerenti all'alimento (essendo oltremodo difficile, per non dire impossibile, eliminare quelle inerenti alla costituzione del bambino), e quindi allo studio dei metodi di conservazione e di correzione del latte animale.
La conservazione ha più che altro lo scopo di evitare che i comuni germi saprofiti dell'ambiente (i quali inevitabilmente vengono a cadere nel latte durante la mungitura e le varie manipolazioni che esso subisce prima del consumo) si sviluppino e si moltiplichino alla temperatura ordinaria, alterando il lattosio e provocando la fermentazione lattica (la più frequente e la meno dannosa), o le sostanze albuminoidi, e producendo la fermentazione proteolitica. Dall'altro lato essa tende anche ad uccidere i possibili germi patogeni (produttori di vere malattie infettive), provenienti o dagli animali malati o dalle persone, anch'esse malate, che manipolano il latte. A questo scopo molteplici metodi sono stati proposti, taluni chimici (aggiunta di antisettici, di alcalini, di acido carbonico, di ossigeno) non consentiti dai regolamenti di igiene, perché, oltre ad alterare i componenti del latte, danneggiano l'organismo del bambino; altri, meccanici (centrifugazione e filtrazione), che non raggiungono in pratica lo scopo; altri infine fisici (freddo e calore), veramente utili nella pratica. Il freddo teoricamente rappresenterebbe il metodo ideale, in quanto non danneggia in alcun modo né i componenti chimici né quelli biologici del latte, ma non raggiunge perfettamente lo scopo, dal momento che, pur impedendo lo sviluppo dei germi, non riesce a distruggerli. Esso pertanto è da preferirsi solo in quei casi in cui è possibile avere la sicurezza che il latte è stato prodotto e raccolto secondo le regole igieniche, in quanto, potendosi somministrare crudo, è meglio tollerato e utilizzato dal bambino lattante. Per altro è un metodo costoso e che richiede un'attenzione e una vigilanza tutta particolare. Comunque il raffreddamento del latte subito dopo la mungitura è un provvedimento che dovrebbe sempre essere adottato anche nei casi di successiva sterilizzazione. Il calore costituisce il processo di scelta per la conservazione del latte; con esso, uccidendo i germi, si riesce a sterilizzarlo, ma d'altro canto si distruggono anche quasi tutte le proprietà biologiche e vitali del latte, e insieme si provocano delle alterazioni - più o meno sensibili a seconda del grado di calore adoperato - sullo stato colloidale dei varî componenti di esso. Con esso si ottiene la sterilizzazione, sia assoluta (cioè che permette di avere a disposizione un latte che può conservarsi indefinitamente), sia relativa. La prima ha lo scopo di fornire del buon latte anche a distanza dal centro di produzione, nelle grandi città e durante viaggi più o meno lunghi: viene eseguita dalle speciali case industriali, richiedendo apposito macchinario. I metodi più comuni per ottenere la sterilizzazione assoluta sono: il riscaldamento discontinuo o tindalizzazione (raramente adoperata), o il sovrariscaldamento, che abitualmente si pratica coll'autoclave, o stufa a vapore di acqua sotto pressione, nella quale la temperatura per la durata di 15 minuti raggiunge i 110 gradi centigradi necessarî per uccidere i germi sporigeni. Il latte, diviso in bottiglie da 100-150 gr., perfettamente chiuse, oltre a subire notevoli modificazioni nei suoi componenti, acquista anche un colore e un sapore particolare. Si ricorre ad esso per l'allattamento nei casi speciali sopra accennati, mentre, in via ordinaria, si esegue la sterilizzazione relativa, che ha lo scopo di garantire un latte perfettamente adatto, dal punto di vista batterico, alla nutrizione del bambino (a condizione che venga consumato entro le 24 ore), senz'avervi contemporaneamente provocato gravi alterazioni nelle sue proprietà biologiche e ne' suoi componenti chimici. I metodi più in uso sono: la pasteurizzazione (frazionamento del latte e riscaldamento a 70 gradi per 25-30 minuti, seguito da rapido raffreddamento e così mantenuto), che permette di conservare al latte quasi tutti i suoi caratteri originarî; l'ebollizione a fuoco diretto (alla temperatura di 100-101 grado per 5 minuti), che è il processo di sterilizzazione domestica più in uso (il latte dopo bollito deve essere tenuto bene coperto, in acqua corrente, specie nella stagione calda); il riscaldamento a bagno-maria (100 gradi per 20′ minuti in inverno e 30′ in estate), che è frequentemente praticato coll'apparecchio di Soxhlet (una pentola con coperchio ripiena a metà d'acqua e contenente un porta-boccette asportabile e capace di 8-10 bottiglie graduate, munite di un tappo speciale, sostituibile da semplice cotone idrofilo). Fare sempre attenzione alla pulizia delle bottiglie.
La correzione del latte animale per adoperarlo nell'allattamento si rende necessaria, data la diversa composizione chimica tra il latte di donna e quello di vacca presi come tipo, e culminante specialmente nel fatto dell'eccessiva quantità in quest' ultimo di sostanze proteiche e di sali. Molteplici ricerche sono state fatte per cercare di renderlo il più possibile uguale a quello umano, almeno dal punto di vista quantitativo, ma con risultati tutt'altro che soddisfacenti. Dei varî metodi oggidì in uso alcuni sono chiamati impropriamente fisiologici, altri industriali. Tra i primi, i più semplici, sono compresi quelli d'uso comune, aventi lo scopo di diminuire la forte concetrazione dell'albumina e dei sali mediante l'annacquamento e di supplire alla conseguente riduzione del grasso e dello zucchero (contenuti invece originariamente in limiti pressoché normali) con l'aggiunta di tali sostanze. Le diluizioni abituali praticate nel latte vaccino sono tre: latte al terzo (cioè contenente 2/3 d'acqua) pei primi 8 giorni di vita, nei casi in cui disgraziatamente si è costretti a ricorrervi fino dalla nascita; latte a 2/3 (acqua 1/3) pei bambini fino al 3° mese; latte a 3/4 (acqua 1/4) fino a 5 mesi, dopo di che si può somministrare latte intero. Seguendosi però tale semplice metodo, il bambino andrebbe incontro all'ipoalimentazione, per scarsezza eccessiva di grasso e di zucchero; e siccome non si può pensare di supplire con una quantità maggiore ad una deficiente qualità perché la capacità dello stomaco lo impedisce, si è provveduto a diluire il latte con acqua a cui sia stato aggiunto dello zucchero (saccarosio) nella proporzione del 3-4% ovvero anche del lattosio al 6%, non essendo consigliabile raggiungere gradi più elevati (10-12%) indicati da taluni autori per compensare le calorie mancanti per la deficienza di grasso. Non è consigliabile del resto, anche perché poco pratica - e da noi in Italia non è entrata nell'abitudine - l'aggiunta di panna. Accade sovente che taluni lattanti, dopo un primo periodo di accrescimento con latte così zuccherato, rallentino lo sviluppo somatico; allora è utile arricchire il latte con altro idrato di carbonio, ad es. il maltosio (tipo Mellin) o altra farina, sia del gruppo delle cosiddette amido-diastasate, sia del gruppo delle farine semplici naturali, le quali (secondo ricerche fatte particolarmente in Italia) sono bene tollerate, se convenientemente confezionate e dosate, anche fino dai primi mesi di vita, e talora con vantaggio per la digestione e l'utilizzazione dello stesso latte.
I metodi industriali per la correzione del latte si sono proposti di eliminare l'inconveniente della soverchia diminuzione del grasso in seguito alla diluizione, così da poter avere un latte con la stessa percentuale di componenti di quello di donna. Questi latti, ottenuti con procedimenti diversi a seconda dei varî autori, nonostante l'appellativo assai improprio di umanizzati o maternizzati, ben presto sono stati abbandonati, avendo l'osservazione clinica dimostrato la nessuna effettiva loro superiorità a scopo di allattamento. Eguale sorte è toccata ai latti predigeriti. Invece sono riusciti utili nella pratica tanto il latte condensato quanto quello disseccato.
Il latte condensato e concentrato è un liquido sciropposo, a cui è stato tolto, mediante il calore nel vuoto, una gran parte di acqua, in maggiore quantità in quello condensato zuccherato, in confronto con il concentrato semplice; l'aggiunta del 12% di saccarosio assicura meglio la sua conservazione, anche dopo aperta la scatola. Il latte disseccato, o in polvere, è il residuo secco, ottenuto con procedimenti diversi, di un latte per lo più semiscremato, o addirittura magro, per evitare che s'irrancidisca dopo breve tempo, facilitandone quindi la conservazione per 3-4 mesi almeno. Con ambedue queste preparazioni si può ricostituire un latte normale, aggiungendovi dell'acqua. Indubbiamente esse riescono utili e sono in genere sempre consigliabili in tutti quei casi in cui non è possibile disporre di un buon latte fresco. Conviene però tener presente che l'uso di latte del commercio, comunque sia conservato, o sterilizzato in senso assoluto, provoca a lungo andare le cosiddette malattie da carenza (tra cui lo scorbuto e l'anemia), quante volte non si provveda a somministrare contemporaneamente succo di frutta fresche o brodi vegetali.
Tecnica. - Scelto il latte, corretto a seconda delle qualità, sterilizzato e approntato in apposite boccette, le norme migliori da seguire per la sua somministrazione sono quelle di avvicinarsi in via generale il più possibile alle stesse già dette per l'allattamento naturale, sia per ciò che si riferisce alla razione totale giornaliera e di ogni singolo pasto, sia pel numero dei pasti nelle 24 ore; soltanto devesi interporre un intervallo di almeno 3 ore anche pei bambini di tenera età. Ciò come principio fondamentale, giacché, specie per l'allattamento innaturale, non esistono regole assolute, rappresentando ogni bambino un caso particolare che va regolato in base ad assaggi, tenendo presente che all'inizio è preferibile una nutrizione un poco insufficiente, piuttosto che correre il rischio di cadere nella sovralimentazione e provocare disturbi digestivi, pericolosissimi in tale genere di allattamento, tanto più che i bambini nei primi giorni di vita tollerano il latte animale con estrema difficoltà. La somministrazione del latte può essere:
1. diretta cioè dal capezzolo dell'animale lattifero al bambino. Offre il vantaggio di eliminare l'inquinamento del latte e quindi la necessità della sua sterilizzazione, permettendo di somministrarlo allo stato naturale, previa lavatura e pulizia delle mammelle. È per altro un genere di allattamento praticato in via eccezionalissima e solo possibile o con l'asina, limitatamente al primo bimestre, o con la capra;
2. indiretta o artificiale, vale a dire o col cucchiaino (sempre preferibile) o col poppatoio (metodo abituale). Quest'ultimo deve essere economico, della massima semplicità, e di facile pulizia. In genere è consigliabile una bottiglia che abbia segnata la graduazione sul vetro, facilmente lavabile, sormontata da una comune tettarella di gomma a dito di guanto senza strozzatura, facilmente rovesciabile per essere bene pulita dopo l'uso, munita di 2-3 fori al massimo e piuttosto piccoli, che non permettano la fuoruscita del latte, salvo che in seguito al succhiamento; e ciò, sia per mantenere al bambino la funzione normale della suzione, sia per evitare il rigurgito a causa di troppo rapida deglutizione. Va eliminato con ogni cura il poppatoio contenente tubi di gomma. Il poppatoio durante l'uso dev'essere tenuto leggermente inclinato e non in posizione quasi orizzontale, per evitare al bambino l'areofagia. L'allattamento innaturale richiede una sorveglianza massima, rigorosissima e continua di tutte le regole avanti esposte, nonostante la quale molto spesso, anche in bambini robusti, si devono notare deplorevoli conseguenze. In via generale conviene vigilare la digestione, la comparsa dei fenomeni d'intolleranza, lo stato generale e l'accrescimento del bambino. Gl'inconvenienti e i pericoli di tale genere di allattamento sono sempre possibili e occorre mettervi subito riparo; i risultati ultimi, anche nei casi di esito felice, sono di regola assai inferiori a quelli con allattamento naturale. È da augurarsi che, mercé l'uso di alimenti (specialmente latte) preventivamente e convenientemente esposti alle irradiazioni ultraviolette, si riesca a ridurre una buona parte dei disturbi provocati dall'uso di latte animale sterilizzato.
Allattamento misto.
Occupa un posto importante tra i due generi di allattamento avanti descritti, essendo assai diffuso perché molto utile. Può essere usato durante l'allattamento materno (la forma più comune) o anche, più raramente, durante quello mercenario. Comunque, prima d'iniziarlo, conviene accertarsi con precisione (doppia pesata) della sua reale necessità, per evitare un danno al bambino, col somministrargli latte animale non necessario, e alla madre, col procurarle una diminuzione immancabile di secrezione lattea. Un tale genere di allattamento va pertanto messo in pratica soltanto per ragioni di necessità e non di scelta, come spesso avviene, e precisamente nei casi d'ipogalattia manifesta e prolungata, di deperimento grave, o di malattia della madre, o per allattamento di gemelli.
La tecnica di esso è basata su due diversi metodi: a) quello del complemento, consistente nel concedere al bimbo il seno materno in tutte le poppate, e completare subito dopo la razione con la necessaria quantità di latte animale, convenientemente preparato; b) quello dell'alternamento, per cui le poppate al seno sono alternate con quelle al poppatoio, somministrando quest'ultimo specialmente nelle ore in cui la madre deve riposarsi o si trova fuori al lavoro.
Nell'interesse del bambino è preferibile il primo metodo, col quale si ottengono risultati più sicuri, e che è del resto il più razionale per la conservazione della regolare secrezione lattea alla madre, I risultati che si ottengono coll'allattamento misto sono ottimi, e in tutto simili a quello naturale, se bene condotto, specialmente allo scopo di evitare che prenda un sopravvento l'artificiale sul naturale dal punto di vista della quantità.
Svezzamento.
È la sostituzione dell'alimentazione lattea esclusiva, non più sufficiente, con altra variata, ma adatta pel bambino, a seconda della sua differente età e dei suoi nuovi bisogni. È sempre preferibile procedere gradualmente, giacché il metodo repentino (gravi malattie della madre o partenza improvvisa della nutrice) è in genere pericoloso. S'inizia di regola verso il 7°-8° mese dell'allattamento naturale e diviene completo tra il 10°-12° mese, a condizione che il bambino stia in buona salute, non faccia troppo caldo (estate), non siano presenti malattie epidemiche. I diversi alimenti utilizzabili provengono o dal regno vegetale o da quello animale. È consigliabile cominciare coi primi, rappresentati dalle varie farine di cereali e delle leguminose e loro derivati da somministrarsi ad epoche differenti e seguendo per lo più quest'ordine: farine cereali (riso, orzo, grano, avena, granturco), farina di patate, tapioca - cotte in acqua o in brodo vegetale, condite con sale e olio d'oliva, o con poco burro, talora con aggiunta anche di zucchero, ovvero cotte in acqua e latte vaccino, in seguito anche in brodo leggiero di carne - farine lattee, poi farine di leguminose (fagioli, ceci, fave, piselli), marmellate di frutta, indi giallo d'uovo, fino a giungere, in un secondo tempo, (16-20 mesi) all'uovo intiero, pesce, carni bianche e passate, cervello, pane abbrustolito. La nuova razione alimentare deve avere lo stesso valore, oltre che energetico, anche quantitativo di quello del pasto col latte.
La tecnica migliore dello svezzamento consiste nel cominciare col sostituire ogni giorno una poppata di latte di donna con una zuppa preparata nel modo avanti accennato, somministrandola di regola col cucchiaino. Al 9° mese si può procedere alla somministrazione di un secondo pasto preferibilmente diverso dal primo, e al 10° mese ad un terzo, in modo che il bimbo succhi il seno materno due sole volte nelle 24 ore. Dopo di che è facile procedere allo svezzamento completo, dovendo il bambino a questo momento fare 4 pasti al giorno (uno ogni 4 ore) consistenti in due zuppe preparate con latte, anche mescolato con caffè d' orzo, e in altre due a base di farine con aggiunta di rosso d'uova e gelatina di frutta. Lo svezzamento dev'essere attentamente sorvegliato per evitare i facili, ma pericolosi disturbi intestinali.
Bibl.: B.-J. Marfan, Traité de l'allaittement, Parigi 1920. V. anche la bibliografia s. v. latte.
II. Allattamento negli animali.
Negli animali della classe dei Mammiferi, l'allattamento può essere naturale, artificiale e misto, a seconda che i piccoli si fanno poppare direttamente alle mammelle, o si nutrono mediante altri mezzi, o si tengono alla mammella per un certo periodo, nutrendoli artificialmente per un altro.
In ogni forma di allattamento è necessario fornire al neonato, nei primi giorni dopo la nascita, il colostro, vale a dire quel liquido vischioso di colore giallo rossigno prodotto dalle mammelle della madre poco tempo prima e nei primi giorni dopo il parto, e le cui proprietà si modificano a poco a poco per divenire, al termine di qualche giorno, quelle del latte normale. Il colostro è un liquido di densità elevata - da 1,046 a 1,080 - ricco d'albumina, di globulina e grasso, sali e lecitine, povero di lattosio (2% circa) e di caseina, ad acidità elevata e con sapore leggermente salato. Esso è fisiologicamente utile al neonato, perché, date le sue proprietà purgative, ha il compito di sbarazzare il tubo gastro-enterico del poppante dai prodotti che vi si sono andati accumulando durante la vita intrauterina (meconio).
Terminata la produzione del colostro, i piccoli vanno alimentati col latte normale, che - a seconda delle specie - presenta composizione media diversa, come risulta dalla seguente tabella (R. W. Raudnitz):
Nell'allattamento naturale si fanno poppare i piccoli alla mammella materna dalla nascita fino allo svezzamento. Nell'allevamento brado i piccoli poppano a volontà; nell'allevamento semibrado e stallino i piccoli si fanno per solito poppare a ore determinate, sia per regolar meglio la loro nutrizione ed evitare indigestioni e diarree, sia anche per poter mungere dalla madre la quantità di latte che sopravanza, o utilizzare la madre per il lavoro.
L'allattamento naturale si usa nella maggior parte delle specie domestiche ed ha il vantaggio di fornire ai piccoli il loro alimento naturale nella misura e per la durata richiesta dai loro organismi. Per certe specie (suina, ovina) l'allattamento artificiale si sostituisce a quello naturale solo in via eccezionale, quando la madre venga a mancare o non possa fornir latte a sufficienza. Nella specie bovina invece l'allattamento artificiale trova la sua più larga applicazione, per quanto tuttavia negli allevamenti in cui si vogliano ottenere soggetti da riproduzione di primissimo ordine si preferisca tornare - come in Inghilterra - all'allattamento naturale ben regolato.
Una forma dell'allattamento naturale è quella per adozione, che vien fatto da balie per lo più della stessa specie, ma anche di specie diversa (la capra si adatta bene a questa funzione), nei casi in cui la madre venga a morire, o non dia latte a sufficienza, o si rifiuti di allattare i piccoli, o questi siano troppo numerosi.
L'allattamento artificiale e l'allattamento misto si applicano con metodi diversi, per lo più nella specie bovina, distaccando i piccoli dalla mammella materna subito dopo la nascita o qualche tempo dopo, e alimentandoli al secchio o col poppatoio.
L'allattamento artificiale, nella specie bovina, presenta alcuni vantaggi che è utile enumerare. Emancipando l'allevatore dall'impiego della madre, gli consente di meglio utilizzare questa per il lavoro, di regolarsi nell'alimentazione del vitello fornendogli la razione giornaliera che più gli conviene (1/6 a 1/8 del peso vivo) a seconda che voglia indirizzarlo più specialmente verso la produzione della carne o quella del latte, di regolare più facilmente il trattamento dietetico, di procedere con facilità a un graduale slattamento, infine di sottoporre più agevolmente la madre alla ginnastica funzionale di una mungitura razionale e ripetuta, ottenendo un completo vuotamento della mammella e, insieme, un computo esatto della produzione.
Nell'allattamento artificiale si può somministrare al vitello latte intero, procedimento che è sempre da consigliarsi per gli animali destinati all'allevamento e alla riproduzione, oppure si può fornire latte scremato e opportunamente reintegrato con varie sostanze alimentari, specie quando il vitello sia destinato all'ingrasso e alla macellazione. Quest'ultimo metodo, che è consigliato da importanti ragioni economiche, s'impernia sull'uso di diverse farine alimentari (di cereali, di carne, di manioca, di panelli, di fecola) cotte o variamente preparate, di oleomargarina, ecc. Esistono in commercio alimenti composti che rispondono abbastanza bene allo scopo.
In ogni caso, nella reintegrazione del latte magro, occorre aggiungere quei principî nutritivi di cui esso manca, cercando di rendere il nuovo alimento - per la quantità e la proporzione delle diverse sostanze nutritive, per l'appetibilità e la digeribilità - molto simile al latte materno.
Questo tipo di allattamento artificiale dà sovente buoni risultati economici, ma esige molta attenzione, grande osservanza delle regole igieniche alimentari (puntualità ed esattezza dei pasti) ed estrema pulizia. Il passaggio dall'alimentazione a latte intero a quella con latte scremato e reintegrato dev'essere graduale e non avvenire mai prima dei 20 giorni di età.
In ogni caso, tanto nell'allattamento naturale quanto in quello artificiale, occorre procedere lentamente e gradatamente allo slattamento, in modo da consentire che l'apparecchio digerente dei giovani allievi si renda capace di assimilare i nuovi alimenti senza sbalzi bruschi di regime che gravemente compromettono la salute e il normale sviluppo dei piccoli. A questo scopo, già durante l'allattamento e verso la fine di questo, è bene somministrare agli allievi piccole quantità di alimenti assai nutrienti e di facile digestione (avena franta, farine, panelli, i migliori fieni, le migliori erbe dei prati) in quantità progressivamente crescente fino allo svezzamento.
I piccoli devono essere lasciati liberi entro appositi recinti nei ricoveri e all'aperto, non mai privati della loro libertà c0n la legatura alla greppia. È opportuno infatti che essi possano giovarsi, entro giusti limiti, dei benefici effetti dell'aria libera e trarre da un movimento igienico e moderato l'equilibrato esercizio che è utile allo sviluppo generale del corpo e particolare dell'apparecchio locomotore.
La durata dell'allattamento varia secondo le specie, le razze, le consuetudini e gli scopi dell'allevamento. Si calcola in generale in media:
Un allattamento abbondante e prolungato favorisce la precocità e lo sviluppo, rinforza la costituzione degli animali.