Allattamento
L'allattamento, cioè l'alimentazione dei neonati per mezzo del latte, si distingue in 'naturale', in cui il neonato succhia il latte direttamente dal seno della madre o, in tempi passati, della balia; 'artificiale', quando è ottenuto con prodotti derivati dal latte vaccino; 'misto', con poppate al seno integrate da allattamento artificiale. Nel corso degli ultimi decenni la cultura pediatrica ha posto in evidenza l'alta valenza nutritiva e immunizzante del latte materno, sottolineando al tempo stesso le implicazioni emotive dell'esperienza dell'allattamento al seno per la coppia madre-bambino.
1.
Le caratteristiche intrinseche del latte materno sono tali che si può parlare di esso in termini di 'sistema biologico' più che di alimento vero e proprio. La composizione in nutrienti riflette i fabbisogni energetici, metabolici e strutturali dell'organismo in evoluzione ed è nettamente differente da quella del latte vaccino, pur presentando quest'ultimo un bilancio energetico simile. Il contenuto proteico del latte umano (0,9%) è circa un quarto rispetto a quello del latte vaccino (3,5%) ed è rappresentato da due gruppi di proteine, caseine e sieroproteine, in rapporto rispettivamente di 2 a 3; nel latte vaccino tale rapporto è di 4 a 1. Inoltre, la frazione sieroproteica del latte vaccino, pur essendo bassa, contiene una proteina, la beta-lattoglobulina, implicata in reazioni allergiche, che è praticamente assente nel latte materno. Il contenuto in grassi è simile, ma nel latte umano sono rappresentati maggiormente il colesterolo e i grassi insaturi, e fra questi in particolare i polinsaturi a catena lunga, che svolgono funzioni essenziali per lo sviluppo delle strutture nervose nei primi tre mesi di vita. Nel latte umano è il lattosio il glucide principale, rispetto al latte vaccino presente in quantitativi superiori di oltre il 30%, ma sono presenti in percentuali variabili anche altre componenti glucidiche implicate nella difesa delle superfici mucose dalle infezioni e nello sviluppo dei tessuti; sali e minerali compaiono in quantità inferiori rispetto al latte vaccino, diminuendo il carico renale dei soluti, ma hanno caratteristiche intrinseche (per es. rapporti reciproci più favorevoli, come tra calcio e fosforo) e relazioni con altri nutrienti (per es. il lattosio nei confronti del calcio o la vitamina C del ferro) che li rendono meglio utilizzabili o ne favoriscono un maggiore assorbimento. Infine, le vitamine idrosolubili e liposolubili sono presenti in concentrazioni adeguate (con l'eventuale eccezione della vitamina D). Il latte materno si definisce, a seconda dei tre stadi successivi di produzione, come colostro, latte di transizione, latte maturo. Va tenuto conto che all'interno di ogni stadio la composizione del latte cambia durante il giorno e nel corso della poppata stessa. In generale, durante le prime due settimane di allattamento (colostro e fase transizionale) la concentrazione delle proteine totali, delle immunoglobuline e delle vitamine liposolubili diminuisce, mentre quella del lattosio, dei grassi e delle vitamine idrosolubili aumenta. Si ritiene che questi cambiamenti riflettano l'evoluzione dei fabbisogni nutrizionali del lattante.
Le notevoli differenze qualitative del latte vaccino rispetto a quello materno hanno portato allo sviluppo di formule (cosiddette 'adattate') derivate dal latte vaccino con modifiche - in particolare della quota proteica, di quella lipidica e dei minerali - atte a correggerne gli squilibri principali e ad assicurare un prodotto adeguato per quei neonati che non possono essere allattati al seno (per scelta o per sopravvenuta agalattia materna). Queste formule rappresentano l'unica alternativa al latte materno in caso di sua insufficienza nel primo anno di vita: è da notare, tuttavia, che alcune caratteristiche nutrizionali particolari - per es., il contenuto di fattori proteici di difesa e a funzione ormonale, la biodisponibilità di alcuni minerali, la variabilità nel corso del tempo - non sono, almeno al momento, riproducibili.
2.
Uno tra i contributi più importanti del latte materno alla salute del lattante, rispetto non solo al latte vaccino, ma anche ai vari tipi di latte adattato, è costituito dai fattori immunologici. Questi comprendono fattori umorali e cellulari, in grado di potenziarsi reciprocamente nell'azione antibatterica e antivirale. Tra i principali fattori umorali si segnalano: a) le immunoglobuline di tipo A (IgA), che conferiscono alla mucosa del tratto gastrointestinale una protezione passiva contro la penetrazione di microrganismi e di sostanze in grado di produrre allergia; b) il cosiddetto 'fattore bifidogeno' (probabilmente uno zucchero) che, favorendo la crescita a livello intestinale del Lactobacillus bifidus, inibisce la colonizzazione da parte di germi patogeni; c) il lisozima, un enzima batteriolitico che agisce contro gli enterobatteri e i germi Gram-positivi; d) la lattoferrina, una proteina che, legando il ferro, lo sottrae all'utilizzazione da parte di microrganismi, bloccandone la crescita; e) l'interferone, proteina dotata di proprietà antivirali. Tra i fattori di difesa cellulari vanno ricordati: a) i macrofagi, in grado di sintetizzare lisozima e lattoferrina; b) i linfociti, sia T, capaci di trasferire al lattante alcune delle difese acquisite dalla madre nei confronti delle infezioni, sia B, responsabili della produzione di IgA direttamente nel latte materno. Nonostante questi fattori di difesa, malattie come l'epatite B e l'AIDS possono essere trasmesse da madri portatrici attraverso il latte. Mentre nel primo caso (a meno di positività materna ai marker di elevato potenziale infettivo) l'allattamento può essere effettuato previa immunoprofilassi attiva e passiva del lattante, nel secondo si tende attualmente a sconsigliare l'allattamento. Va infine ricordato che le proteine del latte umano, essendo specie-specifiche, comportano il minor rischio possibile nei confronti dello sviluppo di allergie alimentari nel corso dell'allattamento. Nel caso (raro) di manifestazioni di probabile natura allergica durante l'allattamento al seno, la causa è da ricercare in alimenti ingeriti dalla madre, e in questo senso andrà impostato l'intervento del medico. Nel caso di accertata allergia al latte adattato, ci si orienterà invece verso formule a base di proteine della soia o contenenti proteine del latte pretrattate enzimaticamente per ridurne l'allergenicità (i cosiddetti 'idrolisati spinti').
3.
L'impostazione di tecniche corrette è importante per il buon esito dell'allattamento e dovrebbe essere discussa precocemente già durante la gravidanza. Al momento del parto e subito dopo si dovrebbero seguire alcuni accorgimenti, tra i quali la moderazione nella somministrazione di anestetici e sedativi alla madre, il precoce contatto madre-neonato con disponibilità di degenza del neonato vicino al letto della madre nelle strutture ospedaliere, e l'allattamento 'a richiesta' (v. oltre). La buona riuscita dell'allattamento al seno presuppone innanzitutto la discesa del latte dagli alveoli ai dotti e il completo svuotamento della mammella, che si ottiene più facilmente attraverso pasti frequenti e un corretto posizionamento del lattante. Inizialmente i bambini allattati al seno possono essere attaccati ogni due-tre ore e fino a quando la lattazione non è ben stabilita possono necessitare anche del pasto notturno. Il meccanismo di suzione del bambino allattato al seno è notevolmente differente da quello del bambino allattato artificialmente: va raccomandata una posizione delle labbra e della bocca tale da ricoprire l'intera areola mammaria, per assicurare un adeguato svuotamento della mammella e il riflesso di produzione conseguente al passaggio del latte dagli alveoli ai dotti. Le principali cause di insuccesso dell'allattamento al seno sono in genere dovute a tecniche non corrette (favorite anche da particolari conformazioni del capezzolo) e ad ansia e preoccupazioni insorgenti nella madre. L'inadeguatezza dell'allattamento si manifesta con arresto o decrementi della curva di crescita su base settimanale. Si tende comunque a sconsigliare la tecnica della cosiddetta 'doppia pesata' (prima e dopo la poppata), per la sua possibile inaccuratezza e per il potenziale ansiogeno che tale pratica esercita nei confronti della madre. L'ittero prolungato, infine, osservato in alcuni bambini allattati al seno, non rappresenta una controindicazione alla prosecuzione dell'allattamento stesso.
4.
La composizione del latte materno è in grado di influire sulle attività digestive, conferendo al bambino allattato al seno considerevoli vantaggi rispetto a quello allattato artificialmente: tali vantaggi riguardano in particolare la digestione dei grassi (i principali apportatori di energia) e l'assorbimento dei minerali. La struttura dei trigliceridi (costituenti principali dei grassi) presenti nel latte materno è tale da permetterne un maggiore assorbimento, favorendo l'azione stereospecifica degli enzimi; inoltre, nel latte materno si trova un enzima lipasi aggiuntivo che innalza al 90-95% l'efficienza di assorbimento dei grassi, anche se le concentrazioni della lipasi pancreatica e dei sali biliari nel neonato non sono ancora a livello ottimale. Il colesterolo contenuto nel latte materno sembra a sua volta favorire il trasporto degli acidi grassi polinsaturi al sistema nervoso centrale attraverso la formazione di esteri del colesterolo. Le reciproche relazioni di zuccheri, minerali, oligoelementi e vitamine riguardo all'assorbimento sono già state ricordate; il migliore assorbimento dei grassi diminuisce la precipitazione di sali di calcio, incrementandone a sua volta la biodisponibilità. Da tenere presente, infine, che la stessa variabilità compositiva del latte materno (latte più ricco di proteine e di grassi al termine della poppata) può generare nel lattante un segnale di sazietà, che favorisce una 'autoregolazione' nella assunzione del latte. I bambini allattati al seno mostrano fabbisogni effettivi che sembrano inferiori rispetto a quelli dei bambini allattati artificialmente.
5.
Quando i fabbisogni nutrizionali non sono più soddisfatti dal latte materno, si rende necessario lo svezzamento sotto forma di aggiunta 'complementare' di altri alimenti. In genere questo avviene tra il quarto e il sesto mese compiuto. Si ritiene che in questo periodo l'assunzione di zinco e ferro (e secondo alcuni anche di energia e proteine) del bambino allattato al seno non sia più adeguata agli accresciuti fabbisogni. L'aggiunta di cereali e carne risponde bene a queste esigenze e, pur introducendo una o due pappe al giorno, il bambino può continuare l'allattamento al seno per i rimanenti pasti, secondo schemi a orario. In ogni caso, è bene posticipare l'introduzione del latte vaccino al compimento dell'anno e, in caso di perdita del latte materno, ricorrere a una delle cosiddette formule 'di seguito', opportunamente modificate e integrate per i fabbisogni del divezzo. Nei paesi in via di sviluppo spesso l'allattamento al seno continua anche nel corso del secondo anno di vita, in quanto il latte materno rappresenta l'unico alimento completo disponibile per far fronte alla malnutrizione calorico-proteica; dopo il primo anno di vita il latte materno, pur essendo subottimale rispetto ai fabbisogni, continua tuttavia a fornire fattori di difesa.
6.
Il latte rappresenta, per le sue caratteristiche di composizione, un possibile veicolo di xenobiotici, ossia di sostanze estranee al normale metabolismo dell'organismo, assunti dalla madre. In linea di massima, la concentrazione degli xenobiotici nel latte è inferiore alla concentrazione esistente nel plasma materno; le quantità che vi pervengono sono in genere molto basse, e lontane dalle dosi ritenute pericolose. Le molecole liposolubili, prive di carica elettrica e con basso peso molecolare, passano più facilmente nel latte. Erbicidi, pesticidi, elementi radioattivi e farmaci possono tutti essere trasferiti nel latte materno, ma per alcuni di questi elementi, come i farmaci, si è ristretta a una piccola cerchia (per es., antitiroidei e antimetaboliti) la controindicazione ad allattare. L'esposizione a materiali radioattivi è sconsigliata durante l'allattamento, a meno di indicazioni cliniche precise; in generale, l'allattamento può essere ripreso dopo 24-72 ore dalla somministrazione di una singola dose a scopo diagnostico. In caso di incidente nucleare con dispersione di iodio radioattivo nell'ambiente, le donne in allattamento devono evitare di ingerire quegli alimenti, quali il latte vaccino e i vegetali, che rappresentano i principali veicoli di radionuclidi.
Seguendo l'ottica psicodinamica possiamo avere una comprensione più profonda dell'importanza che l'allattamento riveste sul piano emotivo e affettivo sia per la madre sia per il bambino. Infatti, emergendo da una situazione biologica psicoaffettiva di stretta simbiosi, entrambi provano il bisogno di ricostituirla e la fusione tra i due esseri, interrotta dall'esperienza del parto, viene ricreata con l'allattamento al seno. Lo stretto contatto con la pelle, il calore, l'odore, le vibrazioni del corpo materno creano nel lattante l'idea che quanto ha perduto con la nascita può essere ricreato e ciò rende meno traumatica l'esperienza della nascita e l'ingresso nella vita come essere separato.
L'esperienza dell'allattamento al seno è talmente importante che è fondamentale che il neonato non solo non ne sia privato se non per gravi motivi, ma possa anche disporne secondo i propri bisogni e senza condizionamenti ambientali di alcun tipo. È il lattante che deve gestire il ritmo della poppata e la quantità di latte da ingerire (allattamento 'a richiesta'); l'imposizione di orari o di quantità diversi da quelli da lui desiderati si deve senz'altro considerare una grave intrusione che potrà pesare sul suo sviluppo psicoaffettivo.Le madri in buona sintonia affettiva con i loro piccoli si adattano totalmente nei primi mesi di vita ai bisogni dei loro bambini e normalmente la risposta che viene dai neonati sani è in sintonia con le prescrizioni date dalla pediatria: i neonati cioè richiedono il pasto all'incirca ogni tre ore, con un intervallo di sei ore durante la notte. La facile digeribilità del latte materno non rende comunque dannosa un'eventuale assunzione eccessiva.
L'allattamento al seno è anche un'esperienza erotica e affettiva estremamente importante per la madre, che nel facilitare lo sviluppo somatico e affettivo del figlio supera la perdita del bambino come parte del suo corpo (parto), derivandone una gioia profonda. Dal punto di vista fisico, inoltre, lo stimolo continuo della suzione facilita la regressione delle dimensioni dell'utero e il ritorno al suo stato di normalità.
Sempre più consapevoli di questa realtà e sostenuti dai contributi teorici della psicoanalisi infantile, i pediatri tendono a incoraggiare l'allattamento al seno, anche se spesso, di fronte a difficoltà delle madri dovute anche a resistenze psicologiche legate all'ansia, alla depressione, all'insicurezza o a disturbi narcisistici, ripiegano sull'allattamento artificiale. La riconosciuta importanza dell'allattamento al seno ha avuto peraltro conseguenze anche sul piano legislativo. In Italia, per es., la legge consente alle lavoratrici madri che allattano direttamente il proprio bambino di usufruire fino a un anno dal parto di due periodi di riposo durante la giornata lavorativa per provvedere all'allattamento. Anche il bambino allattato artificialmente può comunque avere un buon rapporto con la madre, se nella loro relazione si stabilisce quel circuito affettivo che rende capace la madre di comprendere e integrare la fragile psiche del lattante e il neonato di ricreare attraverso altri circuiti sensoriali (vista, odorato, tatto) l'unità prenatale perduta. Pur mancando la possibilità dello stretto legame tra bocca del neonato e capezzolo materno, è possibile sviluppare l'attaccamento con la conseguente 'fiducia di base' (Erikson 1950), che è il fondamento di un atteggiamento mentale verso la vita ottimistico e sereno.
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