Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il Medioevo è caratterizzato da una visione simbolico-allegorica dell’universo. La natura è vista come un insieme di simboli che rimandano a una dimensione trascendente e gli elementi che la costituiscono (gli animali, le piante, le pietre) hanno il compito di dare forma, attraverso le loro peculiarità, a questi richiami ultraterreni. A un tipo di “allegorismo scritturale” che interpreta i simboli contenuti nel testo biblico si affianca un “allegorismo enciclopedico” che spiega il significato morale o spirituale delle realtà naturali, di cui sono espressione i bestiari, i lapidari e gli erbari medievali.
L’unicorno; L’agata e la perla
Il Fisiologo
Il salmo dice: “E sarà innalzato come quello dell’unicorno il mio corpo” [Salmi, 91.11].
Il Fisiologo ha detto dell’unicorno che ha questa natura: è un piccolo animale, simile al capretto, ma ferocissimo. Non può avvicinarglisi il cacciatore a causa della sua forza straordinaria; ha un solo corno in mezzo alla testa. E allora come gli si dà la caccia? Espongono davanti ad esso una vergine immacolata, e l’animale balza nel seno della vergine, ed essa lo allatta, e lo conduce al palazzo del re.
L’unicorno è un’immagine del Salvatore: infatti “ha suscitato un corno nella casa di Davide padre nostro” [Luca, 1.69], ed è divenuto per noi corno di salvezza. Non hanno potuto aver dominio su di Lui gli angeli e le potenze, ma ha preso dimora nel ventre della vera e immacolata Vergine Maria, “e il Verbo si è fatto carne, e ha preso dimora fra di noi” [Giov., 1.14].
(cap. 22, pp. 60-61)
Quando i pescatori vanno in cerca della perla, la trovano con l’aiuto dell’agata. Legano infatti l’agata ad una solida cordicella e la fanno scendere nel mare: l’agata allora va dov’è la perla e vi si ferma e non si muove di lì, e subito i palombari individuano il luogo ove si trova l’agata e lasciandosi guidare dalla fune trovano la perla. E come si genera la perla? Ascolta: nel mare esiste una conchiglia detta ostrica; essa emerge dal mare nelle prime ore del mattino e la conchiglia apre la bocca, assorbe la rugiada celeste e il raggio di sole e della luna e delle stelle, e con la luce degli astri superiori produce la perla. La conchiglia ha due valve, ove si trova la perla.
L’agata è una figura di Giovanni: egli ci ha mostrato infatti la perla spirituale, dicendo: “Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo” [Giov., 1.29]. Il mare rappresenta il mondo e i palombari la schiera dei profeti; le due valve della conchiglia, invece, rappresentano il Vecchio e il Nuovo Testamento. Allo stesso modo, il sole e la luna e le stelle e la rugiada rappresentano lo Spirito Santo, che penetra nei due Testamenti, e la perla il Salvatore nostro Gesù Cristo: l’uomo che lo accoglie e vende tutti i propri averi, si procura la pietra preziosa.
(cap. 44, pp. 80-81)
Il Fisiologo, a cura di F. Zambon, Milano, Adelphi, 1975
Il termine greco “allegoria” è composto di due parole állos (altro) e agoréuein (parlare pubblicamente nell’agorà, la piazza del mercato) e significa “dire altro”. Si tratta di una figura retorica per cui un concetto astratto non immediatamente intelligibile e diverso dal significato letterale viene espresso attraverso un’immagine concreta. Spesso tale immagine è attinta dalla natura così che una persona, un essere animato o inanimato, un’azione sono segno di un’altra cosa. Allegoria significa dunque “un altro modo di dire” per mezzo di un’immagine figurativa o figurata.
Per i medievali, a differenza della tradizione occidentale moderna, allegoria e simbolo sono sinonimi (U. Eco, Arte e bellezza nell’estetica medievale, 1987). Il Medioevo eredita dalla tradizione patristica, intrisa di metafisica neoplatonica, una visione dell’universo inteso come sistema di simboli, come linguaggio figurato di Dio che indica agli uomini le verità di ordine etico e religioso. Le tracce del divino sono ricercate nella dimensione della realtà naturale: animali, vegetali e minerali non sono descritti e analizzati solo per conoscere la loro natura, ma anche perché in questa si ritrovano significati divini. Questa “pansemiosi metafisica” è ben espressa dalla celebre affermazione di Giovanni Scoto Eriugena, nel De divisione naturae, secondo cui “non c’è alcuna cosa visibile e corporea che non significhi qualcosa di incorporeo e intelligibile”.
L’allegorismo prodotto dall’esegesi patristica dell’Antico Testamento (allegorismo scritturale) – che elabora la teoria dei quattro sensi della scrittura: quello letterale, o storico, dell’avvenimento descritto; quello allegorico che mostra i contenuti metaforici della storia sacra; quello morale che trae dalla scrittura insegnamenti per questa vita; quello anagogico che esplicita ciò che il Testo Sacro afferma circa il fine ultimo dell’uomo – viene arricchito nel Medioevo, seguendo l’insegnamento di Agostino nel De doctrina christiana, dalla tendenza a considerare la scrittura non solo nel suo significato “retorico” (in verbis) ma anche nel suo significato “storico” (in factis). Per svelare l’allegoria historiae della scrittura si ricorre alle conoscenze enciclopediche dell’epoca (allegorismo enciclopedico) che forniscono la descrizione e il significato spirituale degli oggetti, dei prodigi di natura, degli eventi narrati nella scrittura. I due tipi di allegorismo convivono nel Medioevo e si esprimono l’uno nella letteratura esamerale e l’altro nella tradizione enciclopedica medievale, di cui i bestiari, gli erbari e i lapidari costituiscono la massima espressione simbolica.
La letteratura esamerale è la letteratura cristiana medievale basata sulla storia della creazione narrata nella Genesi che commenta allegoricamente le implicazioni cosmologiche e teologiche del mondo e dell’universo creato in sei giorni. Questo genere letterario prende avvio con l’Hexaemeron di Basilio di Cesarea e trova altri esempi nella letteratura cristiana tardoantica nell’Hexaemeron di Ambrogio e nel De Genesi ad litteram di Agostino.
L’Hexaemeron di Anastasio Sinaita, monaco greco e abate del monastero di Santa Caterina sul monte Sinai, è una delle più estese allegorie mistiche conservate dell’epoca bizantina. Anastasio offre un’esegesi anagogica dei primi tre capitoli del libro della Genesi: citando passi della Bibbia, dei profeti e delle lettere di san Paolo, egli mette in guardia dalla lettura esclusivamente letterale del Testo Sacro, invitando ad aprirsi allo Spirito mediante le parole per riceverne il vero significato spirituale. Secondo Anastasio, il profeta Mosè, autore della Genesi, è stato istruito dallo Spirito Santo non solo circa la creazione del mondo terreno, ma anche circa la “nuova creazione” realizzata dalla venuta di Cristo. Così Adamo rappresenta il Salvatore ed Eva rappresenta la Chiesa, la sua eterna sposa. Grazie a questa allegoria Anastasio ha meritato lo pseudonimo di “Nuovo Mosè”. Il suo Hexaemeron, a differenza della famosa esegesi De vita Mosis di Gregorio di Nissa, non considera l’anima individuale misticamente unita a Dio, bensì descrive l’intera Chiesa, sposa di Cristo, nel suo processo di ascesi mistica verso il divino.
La tradizione enciclopedica medievale trova il suo punto di partenza nelle Etymologiae di Isidoro di Siviglia in cui le molteplici sfere del conoscere sono affrontate in modo didascalico e senza approfondimenti, in quanto lo scopo dell’opera è di offrire una sintesi del sapere antico e cristiano per restituire, mediante il metodo dell’analisi dell’etimologia delle parole, una visione unitaria del mondo. Ispirandosi a Isidoro, ma anche alla Naturalis historia di Plinio, Beda il Venerabile redige il De rerum natura in cui descrive la composizione del creato servendosi di una vasta erudizione di orientamento biblico. Secondo Beda, la sistematizzazione del sapere ha l’unico scopo di orientare il credente nella comprensione del racconto sacro, denso di simboli da interpretare allegoricamente. Il De naturis rerum di Rabano Mauro è la prima enciclopedia a offrire un’approfondita visione allegorica della realtà. Rabano si basa sull’opera isidoriana ma nello stesso tempo se ne allontana, utilizzando materiale patristico attinto alla letteratura esegetica, per perseguire l’aspirazione a interpretare la realtà al di là delle apparenze naturali mediante la lettura allegorica del valore simbolico di animali, piante e oggetti.
Il presupposto della cultura enciclopedica consiste, quindi, nel considerare la natura come specchio della rivelazione divina cosicché il compito del sapiente consiste nel cogliere i rapporti fra le cose e Dio: voler conoscere la natura in se stessa sarebbe soltanto una pericolosa curiositas.
Rappresentante illustre del genere enciclopedico è un trattato denominato Fisiologo (Physiologos), scritto in greco da un autore sconosciuto probabilmente tra la fine del II secolo e i primi decenni del III secolo ad Alessandria d’Egitto, dal quale derivano bestiari, erbari e lapidari medievali. Quest’opera, la più copiata e la più usata “storia naturale” del Medioevo, è composta di 48 capitoli che presentano le caratteristiche di vari animali, reali o immaginari, descritti in chiave allegorica mediante citazioni scritturali tratte principalmente da due libri della Bibbia, il Deuteronomio e il Levitico. Sulla descrizione didattico-morale del Fisiologo si fonda una tipologia cristiana dell’animale, ripresa nei bestiari medievali, le cui reali o fiabesche caratteristiche diventano simboli religiosi del Cristo, del demonio, delle virtù e dei vizi. Il Fisiologo tratta anche di alcune pietre e piante di cui sottolinea le presunte proprietà terapeutiche più che le effettive caratteristiche reali. Questi capitoli vengono sviluppati nel Medioevo in raccolte dedicate specificamente alle piante (gli erbari) e alle pietre (i lapidari).
I bestiari medievali sono traduzioni o parafrasi del Fisiologo che, dal IV secolo, viene tradotto in latino – oltre che in etiopico, in armeno, in siriaco – e, dall’XI secolo, anche nelle lingue romanze e germaniche.
Alla prima traduzione in latino sono seguite varie revisioni successive fra cui i Dicta Chrysostomi de naturis bestiarum, un bestiario attribuito a Giovanni Crisostomo, ma invece probabilmente composto in Francia intorno all’anno Mille, e il Physiologus Theobaldi redatto in metrica latina forse da un abate attivo nell’Italia settentrionale o centrale nell’XI secolo. Un famoso bestiario del XII secolo è quello – a lungo attribuito a Ugo di San Vittore – intitolato De bestiis et aliis rebus, mentre verso il 1150 Ugo di Fouilloy redige il De avibus, un trattato allegorico sugli uccelli. Grande diffusione ha anche il Liber monstrorum de diversis generibus, scritto probabilmente tra il VII e l’VIII secolo da un irlandese, dedicato ai mostri e suddiviso in tre libri, riguardanti rispettivamente i mostri umani, le belve terrestri e marine e i serpenti. In area francese il più famoso Bestiaire è quello di Pierre de Beauvais redatto nella prima metà del XIII secolo, l’ultimo bestiario francese in cui si moralizza sulla natura degli animali: nello stesso periodo nascono i cosiddetti Bestiari d’amore – come quello di Richard de Fournival – dove però la materia fisiologica assume significati erotici. In Italia, le redazioni latine del Fisiologo arricchite dei materiali desunti dalle enciclopedie medievali – come il famoso De proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico – producono testi come il Bestiario moralizzato di Gubbio, noto da un unico manoscritto del XIV secolo. In area germanica, il Fisiologo ha una larga diffusione: viene tradotto in alto tedesco antico e in islandese antico; in particolare, la versione in antico inglese, il cosiddetto Fisiologo anglosassone, redatto forse nel IX secolo, sembra precedere qualsiasi altra versione volgare, sia in area romanza che germanica.
Il presupposto sul quale si fondano i bestiari è l’eterno confronto tra uomo e animale e il loro scopo è chiaramente morale e didascalico, poiché la realtà animale, anche quella immaginaria, è simbolo del divino e quindi in essa si deve cercare un significato profondo e nascosto. A questa “zoologia sacra” attinge il clero per la catechesi e l’educazione morale dei fedeli. Di un animale vengono dapprima descritte le proprietà fisiche e le caratteristiche comportamentali, poi da questi elementi si ricavano le “moralità”, cioè i tratti spirituali: ad esempio, il leone che, sentendo avvicinarsi i cacciatori, cancella le sue impronte, simboleggia il Cristo che ha nascosto la sua natura divina, e il cucciolo di leone nato morto che viene risvegliato il terzo giorno dal soffio del padre è ancora Gesù Cristo risuscitato da Dio per salvare il genere umano. Anche un animale fantastico come l’unicorno è simbolo del Cristo poiché come questo animale, dotato di una forza straordinaria e di un solo corno in mezzo alla fronte, non si fa cacciare da nessuno e si nutre al seno di una vergine, così Cristo, corno di salvezza, non è dominato da nessuno ed è nato dal ventre della Vergine Maria.
Prendendo spunto dai capitoli del Fisiologo dedicati alle piante (ad esempio “l’albero peridexion” o “albero della vita”) e alle pietre (ad esempio il diamante), arricchiti del materiale desunto dalle enciclopedie, il Medioevo ha redatto erbari e lapidari in cui, rispettivamente, le piante e le erbe sono interpretate e classificate secondo categorie magiche e delle pietre sono indicate le meravigliose proprietà curative e talismaniche. Non sempre alle piante e alle pietre è associata una presunta moralità, vale a dire l’interpretazione allegorica in senso religioso: spesso gli erbari sono considerati dei veri e propri ricettari medici e i lapidari manuali di mineralogia medica.