Allergia
Il termine allergia indica una condizione acquisita in cui il soggetto reagisce con produzione di anticorpi IgE a sostanze (allergeni) che normalmente non provocano nessuna risposta. Tra le manifestazioni morbose riferibili a modalità allergiche vanno menzionate le diverse forme di asma bronchiale, rinite, orticaria, i cui sintomi sono dovuti principalmente alla liberazione massiva di mediatori chimici (per es. istamina) in risposta alla reazione immunitaria scatenata dall'incontro allergene-anticorpo (v. immunità).
È soltanto nei primi anni del 20° secolo che inizia a farsi strada il concetto di allergia. Nel 1902, in Francia, P. Portier e C. Richet introdussero il termine di 'anafilassi'. Il termine di 'allergia' fu proposto, nel 1904, dal viennese C. von Pirquet, per indicare una modificazione della 'capacità di reagire' dell'organismo. Fu merito di due medici tedeschi, K. Praustnitz e H. Kustner, la dimostrazione che una sensibilizzazione poteva essere trasferita passivamente da un soggetto allergico a uno sano. Con il termine di 'atopia', A.F. Coca e R.A. Cooke designarono, nel 1923, quel gruppo di affezioni a incidenza familiare caratterizzate da sensibilizzazione nei confronti di sostanze (allergeni) comunemente presenti nell'ambiente. Infatti, il termine 'atopia', secondo il significato greco, sta a indicare manifestazioni con caratteristiche insolite. Negli anni successivi, in numerosi laboratori di ricerca si cercò di identificare e caratterizzare gli anticorpi 'reaginici' responsabili delle manifestazioni allergiche o atopiche. Solo negli anni 1966-67, grazie agli studi di un gruppo di ricerca di Denver diretto dai coniugi giapponesi K. e T. Hishizaka, fu possibile definire le caratteristiche fisico-chimiche, biologiche e immunologiche delle reagine. Questi studiosi dimostrarono l'esistenza di una nuova classe di anticorpi (immunoglobuline), responsabile delle manifestazioni allergiche nell'uomo; ciò in accordo con la caratterizzazione, da parte degli svedesi S.G.O. Johansson e H. Bennich, di una proteina mielomatosa atipica. Questa nuova classe di immunoglobuline fu denominata IgE. Nel 1986, i ricercatori americani R.L. Coffman e T. Mosmann, e W.E. Paul e F.D. Finkelman scoprirono l'importanza di alcune citochine, e, in particolare, dell'interleuchina-4 (IL-4) e dell'interferone-γ (IFN-γ), dotate di effetti rispettivamente favorenti e inibenti nella regolazione della sintesi delle IgE nel topo. Successivamente, grazie anche agli studi eseguiti dal gruppo di ricerca di S. Romagnani, è stato dimostrato il ruolo fondamentale di queste citochine nella regolazione della sintesi di IgE nell'uomo. La scoperta che la produzione di queste citochine era sostenuta da sottoclassi diverse di linfociti T, e, in particolare, quella della IL-4 da parte dei linfociti cosiddetti Th2, ha consentito di attribuire a questi ultimi un ruolo centrale non solo nella regolazione della sintesi degli anticorpi IgE, ma anche nei fenomeni responsabili della flogosi allergica.
Le malattie allergiche rappresentano da tempo uno dei più importanti problemi di ordine medico-sociale per la maggioranza dei paesi del mondo. È infatti noto che le malattie allergiche più comuni, quali l'asma bronchiale, la rinite, la dermatite atopica, l'orticaria, l'angioedema e le dermatiti da contatto, costituiscono cause assai frequenti di morbosità, e nel loro complesso si collocano ai primi posti tra le condizioni morbose, causa di prestazioni mediche e di inabilità al lavoro. Secondo valutazioni statistiche eseguite in Italia e in altri paesi europei ed extraeuropei, l'incidenza di queste malattie appare in continuo aumento, e la loro prevalenza è certamente superiore al 10%. Lo shock anafilattico e l'edema di Quincke delle mucose con interessamento della laringe sono affezioni piuttosto rare, dovute per lo più alla somministrazione di farmaci o a punture di insetti. La mortalità annuale per shock anafilattico da penicillina è di 1 su 50.000-200.000 pazienti trattati con questo antibiotico, mentre quella per shock o edema della glottide causati da veleno di vespe o api è di 1 su 200.000-500.000 soggetti che vengono punti.
Per quanto riguarda l'asma bronchiale, la sua prevalenza in Italia è del 4-5% nella popolazione generale; questa forma di allergia rappresenta circa il 60% di tutti i casi. La mortalità per asma varia da paese a paese, e in Italia si calcola che questa sindrome provochi ogni anno 600-1000 decessi. Sempre in Italia, la prevalenza della rinite allergica è 2-3 volte superiore a quelle dell'asma bronchiale. Le malattie allergiche che interessano la cute sono in netto incremento: la dermatite atopica è piuttosto frequente nell'infanzia (colpisce il 2-10% dei bambini), e le dermatiti da contatto, che nella maggior parte dei casi sono in stretto rapporto con l'ambiente di lavoro, rappresentano da sole il 20-40% di tutte le malattie della pelle. L'orticaria e l'edema di Quincke costituiscono circa il 5% di tutte le malattie allergiche.
Come è noto, le malattie allergiche interessano comunemente l'apparato respiratorio (asma bronchiale, rinite), l'occhio (congiuntivite), la cute (dermatite atopica, orticaria, angioedema); più raramente può essere presente un coinvolgimento contemporaneo di più organi e apparati, come avviene, per es., in corso di shock anafilattico.Nella concezione tradizionale, le malattie atopiche sono state sempre considerate come manifestazioni cliniche che insorgono a breve distanza di tempo dall'introduzione di un determinato antigene, denominato allergene, in quanto responsabile della risposta allergica; per tale motivo, esse sono state anche definite 'reazioni di ipersensibilità immediata'. In realtà, le sindromi allergiche non sono caratterizzate solo dagli eventi fisiopatologici delle 'reazioni immediate' legate all'intervento degli anticorpi IgE, ma hanno, quale comune denominatore, la flogosi tessutale, più o meno evidente a seconda della fase di malattia e apparentemente dovuta a una cascata di eventi cellulari cui prendono parte le citochine e le chemochine.
Gli elementi del sistema immunitario coinvolti nella reazione allergica sono fondamentalmente gli anticorpi IgE e due classi cellulari, i mastociti e i basofili.
a) Anticorpi IgE. Al pari delle immunoglobuline delle altre classi, la molecola di IgE presenta (fig. 1) la classica struttura a quattro catene polipeptidiche (due leggere e due pesanti). Nella struttura delle IgE si distinguono un frammento Fc e il frammento F(ab)₂. La più importante proprietà biologica delle IgE è la capacità di sensibilizzare tessuti della stessa specie o di specie strettamente affini. È stato dimostrato che le strutture essenziali per la 'sensibilizzazione' dei mastociti, dei basofili e di altre cellule, e quindi responsabili del legame tra le IgE e i recettori posti sulle membrane cellulari di questi elementi, si trovano nel frammento Fc della molecola delle IgE. I frammenti F(ab) reagiscono con gli allergeni, ma non sono assolutamente capaci di legarsi alle cellule. Negli ultimi anni sono stati messi in evidenza due differenti tipi di recettori per le IgE, che permettono il legame di questi anticorpi con le membrane cellulari: i recettori ad alta affinità di tipo I (FcεRI), presenti sulla membrana dei mastociti e dei leucociti basofili, e i recettori a bassa affinità o di tipo II (FcεRII o CD23, dalla denominazione dell'anticorpo monoclonale in grado di reagire con essi), presenti su macrofagi, monociti, linfociti, eosinofili e piastrine. Il ruolo fisiologico delle IgE non è stato ancora definito con esattezza. Si ammette un loro ruolo protettivo nei confronti dei parassiti.
Gli individui allergici si caratterizzano per una accresciuta capacità di produrre anticorpi IgE (fig. 2). Tale facilità appare legata alla presenza, in questi soggetti, di un maggior numero di linfociti Th2, capaci di produrre una citochina, l'interleuchina-4 (IL-4), considerata necessaria per la produzione degli anticorpi IgE. Tuttavia, occorre considerare che nella produzione degli anticorpi IgE sono coinvolti meccanismi più complessi, consistenti in interazioni cellulari e molecolari molteplici. Certamente, il segnale rappresentato dal contatto di membrana tra i linfociti T e B è essenziale per la produzione degli anticorpi IgE, ed è stato dimostrato che questo segnale deve precedere quello fornito dall'azione della IL-4. Per quanto riguarda il meccanismo d'azione delle IgE, è opportuno rilevare che il legame dell'IgE ai recettori cellulari dei mastociti e dei leucociti basofili non è di per sé in grado di esercitare alcuno stimolo; tuttavia, queste cellule vengono attivate dall'azione combinata di allergeni, anticorpi anti-IgE, anticorpi anti-recettori e altri reagenti. Tale reazione provoca una serie di eventi biochimici che scatenano la liberazione dei mediatori dell'infiammazione.
b) Mastociti e basofili. Dei differenti tipi cellulari coinvolti nella reazione allergica i leucociti basofili e i mastociti sono ritenuti cellule effettrici di importanza primaria, in quanto esercitano il proprio ruolo attraverso la liberazione di mediatori proinfiammatori (fig. 3). I mastociti sono localizzati intorno ai piccoli vasi e alle terminazioni nervose, soprattutto a livello della cute e degli apparati respiratorio, gastroenterico e cardiovascolare. La loro concentrazione è di 7000-20.000 cellule per mm³ di tessuto. I leucociti basofili, che si trovano nel sangue in numero di 20-40 per mm³, sono presenti anche nella sede tissutale delle manifestazioni allergiche.
Mastociti e basofili liberano mediatori preformati contenuti nei loro granuli secretori e sintetizzano metaboliti che rappresentano i mediatori neoformati. I mediatori preformati, costituiti fondamentalmente dall'istamina, dalle proteasi, dalle idrolasi acide e dai proteoglicani, esercitano una potente azione proinfiammatoria. Per quanto riguarda i mediatori neoformati, essi vengono prodotti a partire dall'acido arachidonico, mediante due vie metaboliche, caratterizzate dai sistemi enzimatici della lipossigenasi e della ciclossigenasi. Tra i prodotti della via ciclossigenasica che vengono formati in corso di reazioni allergiche, il più importante è la prostaglandina D₂ (PGD₂); per contro, i leucotrieni sono i principali prodotti derivati dalla via metabolica della lipossigenasi. Il PAF (Platelet activating factor) è un mediatore di grande importanza, derivato anch'esso dal metabolismo dei fosfolipidi di membrana.
Secondo recenti ricerche, i mastociti, o cellule appartenenti alle linee dei mastociti-basofili, sono capaci di produrre e liberare citochine, quali le interleuchine IL-3, IL-4 e IL-5, il Granulocyte/macrophage-colony stimulating factor (GM-CSF) e il Tumor necrosis factor (TNFα). Le interleuchine IL-3, IL-5 e il GM-CSF stimolano la crescita, la differenziazione, la sopravvivenza e la migrazione di un'altra classe cellulare coinvolta nelle reazioni allergiche, i granulociti eosinofili.
Come già detto, oltre ai basofili e ai mastociti, anche i granulociti eosinofili risultano costantemente associati alle reazioni allergiche IgE-mediate, e una loro concentrazione ematica o tissutale superiore alla norma (eosinofilia) può rappresentare un elemento utile per la diagnosi di malattie allergiche o di infestazioni parassitarie. Certamente, le proteine derivate dai granuli degli eosinofili svolgono un ruolo importante nel causare le lesioni epiteliali in corso di flogosi allergica. Queste proteine sono: la proteina eosinofila cationica, la perossidasi eosinofila, la neurotossina e la proteina basica maggiore.
Alla luce delle attuali conoscenze, sembra che la spiegazione sia dell'eccessiva produzione di IgE sia della flogosi si debba attribuire ai linfociti Th2 e alle citochine da essi prodotte (Romagnani 1992; Ricci et al. 1993).
Oltre all'IL-4, che regola la produzione di IgE, essi liberano anche IL-3 e IL-5, che inducono la proliferazione e la differenziazione degli eosinofili e, probabilmente, dei basofili. Inoltre, l'IL-3 e l'IL-4 inducono la proliferazione e la differenziazione dei mastociti.I linfociti T possiedono una memoria immunologica di lunga durata, possono proliferare rapidamente, ricircolare ed essere, infine, reclutati facilmente negli organi bersaglio. Del resto, un accumulo di linfociti Th2 è presente a livello dei tessuti sede della flogosi, dove tali cellule possono essere attivate da molecole allergeniche (Ricci et al. 1993).
Nei soggetti affetti da malattie allergiche, la caratteristica principale è la produzione aumentata, continua e persistente di anticorpi IgE verso i comuni allergeni, tra cui, prevalentemente, quelli derivati dai pollini, dagli acari delle polveri domestiche e dalle forfore animali. Gli allergeni sono sostanze, generalmente di natura glicoproteica, che hanno la caratteristica di determinare, in taluni individui, una risposta immunologica, con produzione di anticorpi IgE. Anche se tutti gli individui vengono in contatto con gli allergeni più comuni, solamente alcuni, i cosiddetti 'atopici', presentano nel corso della loro vita manifestazioni allergiche. Recentemente è stato dimostrato che la struttura molecolare degli antigeni, e quindi soprattutto degli allergeni, può favorire la proliferazione preferenziale dei linfociti di tipo Th2.
a) Allergeni da inalazione. Gli allergeni da inalazione vengono distinti in stagionali e perenni. I primi sono rappresentati dai pollini delle erbe e degli alberi. In Italia, i pollini più frequentemente responsabili delle manifestazioni respiratorie, e, in particolare, dell'asma bronchiale e della rinite, sono quelli delle Graminacee (fig. 4), della Parietaria officinalis e judaica e delle Composite. Più raramente svolgono un ruolo eziologico i pollini di Oleacee, meno ancora quelli di Betullacee, Fagacee, Cupressacee ecc. I pollini di Parietaria sono importanti agenti eziologici dell'asma bronchiale nell'Italia centro-meridionale, in particolare nelle zone costiere e nelle isole. Negli ultimi anni si è riscontrata un'aumentata frequenza di forme di asma bronchiale indotte da sensibilizzazione verso il polline di olivo, soprattutto in regioni italiane meridionali come la Puglia, la Calabria e la Campania.
L'asma bronchiale e le rinocongiuntiviti allergiche provocate da pollini di Graminacee, piante ubiquitarie in Italia, si manifestano principalmente nei mesi di aprile, maggio e giugno. I pazienti con allergia al polline presentano costantemente un'accentuazione dei disturbi nei giorni fortemente soleggiati e ventosi, con parziale miglioramento nelle giornate di pioggia.Il ruolo delle spore fungine nell'induzione di manifestazioni atopiche è meno conosciuto di quello dei pollini, in quanto il numero delle specie fungine esistenti è elevatissimo. I funghi più importanti dal punto di vista allergenico sono l'Alternaria, presente nell'atmosfera, soprattutto in primavera e il Cladosporium (o Hormodendrum), presente soprattutto in estate.
Gli acari delle polveri costituiscono, non solo in Europa, ma anche in molte altre parti del mondo, la principale sorgente di allergeni implicati nelle manifestazioni allergiche di tipo perenne. Nei pazienti asmatici è stata riportata una prevalenza di sensibilizzazione a questi allergeni compresa tra il 45 e l'85%. Gli acari della polvere domestica (fig. 5) sono distinguibili in maggiori (Dermatophagoides pteronyssinus e farinae) e minori (Acarus Siro, Euroglyphus mainaei ecc.). Poiché l'atmosfera caldo-umida (25°C, 75-80% di umidità relativa) favorisce la crescita degli acari, nei pazienti allergici si verifica un'accentuazione della sintomatologia durante il periodo tardoestivo-primoautunnale. Per contro, l'allergia agli acari è virtualmente inesistente alle altitudini superiori ai 1600 metri.
I derivati epidermici degli animali (cani, gatti, cavalli, cavie, ratti, topi e altre specie) contengono proteine dotate di elevata attività sensibilizzante, che si ritrovano anche nel siero e nella saliva. L'allergia ai derivati epidermici di gran lunga più importante sul piano statistico è certamente quella nei confronti della forfora di gatto, probabilmente a causa della grande diffusione di questi animali nelle abitazioni.Tra i probabili allergeni inalanti 'professionali' vanno ricordati alcuni composti chimici organici (per es. i diisocianati) e inorganici utilizzati in certe attività lavorative, che sono spesso responsabili di forme allergiche o pseudoallergiche a carico dell'apparato respiratorio.
b) Allergeni alimentari. Gli alimenti che più frequentemente causano reazioni allergiche sono il latte e i suoi derivati, il frumento, l'uovo, il pesce, la cipolla, l'aglio, la carne di maiale, il pomodoro, le noci e i semi. Il gruppo delle noci e dei semi comprende alimenti che hanno allergeni in comune, per cui è possibile una reattività crociata. In questo gruppo si ritrovano alimenti quali cacao, piselli, fagioli, fave, fagiolini, noci, nocciole, mandorle, arachidi, olive, soia, semi di girasole, lamponi, more, uva, agrumi, ciliegie, pesche ecc. Inoltre, di grande interesse è la dimostrazione di reattività crociata tra pollini e alimenti (frutta e vegetali). Si ritiene comunemente che gli allergeni di origine vegetale siano sensibili alla temperatura, siano cioè termolabili, contrariamente a quelli di origine animale, che sono termostabili, in quanto la cottura non modifica l'allergenicità del pesce, delle uova o del latte; tuttavia esistono delle eccezioni, in quanto le albumine di diversi tipi di carne sono termolabili e, per converso, gli allergeni delle arachidi e dei pomodori sono termostabili. Bisogna infine ricordare che la maggior parte degli individui allergici alle uova sono più sensibili all'albume che al tuorlo.
c) Allergeni da iniezione. Tra gli allergeni da iniezione meglio caratterizzati vanno ricordati quelli presenti nel veleno degli imenotteri (vespe, api, calabroni ecc.). Negli ultimi anni è stato possibile identificare gli allergeni principali del veleno, tra cui alcune fosfolipasi e ialuronidasi.
La diagnosi delle malattie allergiche presenta alcune caratteristiche particolari. Il problema diagnostico non si esaurisce nell'accertamento, in genere non difficile, della forma clinica, ma consiste anche nella ricerca dei fattori specifici che determinano la malattia. L'individuazione dell'allergene (o degli allergeni) verso cui il soggetto è sensibile appare di estrema importanza, non soltanto quale convalida della diagnosi clinica, ma anche per i suoi riflessi terapeutici, poiché nel trattamento delle sindromi allergiche è essenziale l'allontanamento del paziente dall'esposizione all'allergene, nei casi in cui ciò è possibile. L'individuazione degli allergeni responsabili dei sintomi può essere operata agevolmente per mezzo delle prove allergologiche cutanee. In alcuni casi è necessario, per una diagnosi circostanziata, ricorrere anche ai moderni esami sieroimmunologici, quali, per es., il RAST (Radioallergosorbent test).
a) Prove allergologiche cutanee. Le prove allergologiche cutanee, che risultano di facile esecuzione e consentono di testare in breve tempo un considerevole numero di allergeni sospetti, sono molto attendibili, a condizione che la loro esecuzione sia corretta e i risultati vengano valutati attentamente. Pertanto, le prove allergologiche dovrebbero costituire quasi in ogni caso il primo accertamento diagnostico, almeno nelle forme cliniche più comuni (per es. nelle manifestazioni allergiche a carico dell'apparato respiratorio). Tali prove sono in genere ben accettate dai pazienti; inoltre, sono di rapida esecuzione, sicure, sensibili ed economiche. I test cutanei vengono ormai eseguiti in tutto il mondo, prevalentemente con la metodica del Prick test. È necessario che le prove allergologiche mirate all'identificazione di allergeni come quelli derivati dal veleno degli imenotteri, da alcuni farmaci e dalla forfora di cavallo siano sempre eseguite in ambiente ospedaliero che disponga di un servizio di rianimazione, in quanto potenzialmente in grado di provocare gravi reazioni.
b) Esami sieroimmunologici. Gli esami sieroimmunologici vengono utilizzati per dosare la quantità degli anticorpi IgE presenti nel siero e in altri liquidi biologici. La determinazione dei valori degli anticorpi IgE totali con metodiche di radioimmunoassorbimento (RIST, Radioimmunosorbent test) o di radioassorbimento su carta (PRIST, Paper radioimmunosorbent test), in caso di risultato fortemente positivo è ritenuta probativa per uno stato allergico. Ciò, naturalmente, dopo avere escluso le altre cause di aumento delle IgE totali. Oltre che nelle malattie allergiche, infatti, un aumento delle IgE totali nel siero può essere riscontrato nella aspergillosi broncopolmonare e nelle infestazioni da parassiti, nonché in alcuni linfomi.
Per quanto riguarda la rilevazione della concentrazione degli anticorpi IgE specifici, da oltre venti anni viene utilizzato il metodo RAST. Il ricorso a questo metodo per la ricerca mirata di anticorpi IgE specifici verso un numero selezionato di allergeni è giustificato nelle seguenti condizioni: quando esista una discordanza tra storia clinica e prove allergologiche cutanee; nei casi di prove allergologiche dubbie; nei bambini molto piccoli, nei quali non è possibile effettuare le prove allergologiche; nei soggetti trattati con antistaminici, i quali sono in grado di diminuire la reattività cutanea agli allergeni utilizzati per le prove cutanee; infine, nei pazienti con gravi o estese manifestazioni dermatologiche, ove l'esecuzione dei test cutanei non è tecnicamente possibile.
Le reazioni anafilattiche, fortunatamente rare, meritano particolare attenzione a causa della loro potenziale letalità. Esse si verificano in individui precedentemente sensibilizzati. Tra le cause più frequenti di anafilassi sono da ricordare le proteine dei sieri eterologhi, gli ormoni, gli enzimi, il veleno di imenotteri, gli estratti allergenici utilizzati a scopo diagnostico e terapeutico, vari tipi di alimenti (noci, pesce, uova). Il quadro clinico esordisce entro pochi minuti, e talora secondi, dall'introduzione dell'antigene. Le manifestazioni possono essere localizzate a livello cutaneo, dando luogo a eritema, prurito, orticaria, edema, oppure mucoso (oculare, labiale, linguale). A carico dell'apparato respiratorio si osservano talora edema della laringe o dell'epiglottide (o di entrambe), con conseguente possibile morte per soffocamento, o broncocostrizione diffusa delle vie aeree. Tuttavia, le manifestazioni cliniche più gravi sono in genere quelle a carico dell'apparato circolatorio, consistenti in uno shock ipotensivo.
L'immunoterapia specifica, o iposensibilizzazione specifica, consiste nella somministrazione di estratti allergenici specifici in dosi scalari, progressivamente crescenti, al fine di ottenere una riduzione delle manifestazioni cliniche provocate al paziente da questi stessi allergeni. Indicazioni elettive dell'immunoterapia specifica sono la oculorinite allergica e l'asma bronchiale da allergeni da inalazione, sostenute da immunoreazioni di tipo I, IgE-mediate. Altra indicazione è costituita dalle sindromi da ipersensibilità a veleni di imenotteri, nei casi in cui la diagnosi sia stata accertata, oltre che su base anamnestica, per mezzo di test cutanei e sierologici.
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