Allestimento
Per la storia e le esperienze che ne contraddistinguono l'evoluzione, e insieme per la sua etimologia, il termine allestimento si presta a una notevole ambiguità e confusione d'uso soprattutto in epoca contemporanea.
Come ha sottolineato S. Polano (1988), il senso della parola è "incerto tra processo e prodotto, confuso dalla eco del destino di lestamente apparecchiare una mostra [...] e sospeso tra mille accezioni: si allestiscono festeggiamenti e parate, pranzi e banchetti, opere teatrali liriche e cinematografiche, scenografie e coreografie, navigli e aeromobili, interni automobilistici e domestici, nonché vetrine, stand e musei" (p. 39). Continuando con Polano in una lettura del termine attraverso le altre lingue, non si può far altro che constatare un aumento della confusione: "Nella lingua francese ci si arrangia facendo dell'allestimento di una exposition affare di arrangement, se non lo si riduce ad accrochage [...]; per l'idioma germanico, invece la mostra è Ausstellung (da aus-stellen quale ex-ponere, atto che implica il rischio), e il mostrare ne esce nobilitato [...]; quanto agli anglosassoni - per i quali la mostra è exhibition ma può essere anche show, specialmente nel caso del trade o display, quando è generica, con tutte le implicazioni dell'aprirsi e dispiegarsi delle cose, [...] da un lato devono ricorrere alla perifrasi dell'exhibition design accentuando la componente design nell'allestimento, dall'altro dimostrano concreta concisione identificando come exhibits i nostri oggetti, pezzi e cose da mettere in mostra" (pp. 39-40).
L'assenza quasi totale di riflessione critica sull'argomento tranne che per poche, limitate pubblicazioni, sembra bene esprimere il carattere di provvisorietà, aleatorietà e rapidità che da sempre contraddistingue la vita e la caratterizzazione di un allestimento.
Nell'a. l'architetto, l'artista o l'autore in generale entrano nella condizione privilegiata di un contesto unico, apparentemente libero da vincoli, in cui le possibilità di sperimentare e progettare vanno spesso oltre i limiti imposti da convenzioni sociali, simboliche, culturali e stilistiche. La storia artistica e architettonica del 20° sec. è segnata da una serie di importanti a.: nelle esposizioni pubbliche, l'arte e l'architettura moderna videro il mezzo più immediato per arrivare al grande pubblico, consapevoli del potenziale comunicativo che questo evento effimero e popolare andava acquisendo.
Sin dalle mostre delle avanguardie artistiche l'a. costituì l'occasione migliore per costruire un dialogo concreto tra discipline diverse, grazie alla possibilità di organizzare una messa in scena unitaria che coinvolgesse architettura, arte e grafica. La grafica, in modo particolare, divenne ben presto un elemento inscindibile nella sua costruzione, rivelandosi mediatrice dell'inevitabile rapporto dell'a. con la pubblicità e i suoi strumenti, in quanto possibilità di arrivare subito al grande pubblico. I primi decenni del 20° sec. videro così definirsi i caratteri principali dell'a. contemporaneo, consistenti in primo luogo nella possibilità di mettere in mostra velocemente e per un breve periodo e nella necessità di comunicare a un pubblico sempre più vasto contenuti commerciali e culturali. L'incontro moderno tra arte e industria amplificò ulteriormente questa condizione, rendendo l'a. uno dei settori più fertili della sperimentazione contemporanea. Dalla sezione tedesca dell'Esposizione internazionale di Torino curata nel 1902 da P. Behrens, al padiglione dell'esposizione dell'industria vetraria al Werkbund di Colonia del 1914 disegnato da B. Taut, dai padiglioni di G. Asplund per l'Esposizione internazionale di Stoccolma del 1930, agli a. per l'industria moderna tedesca disegnati negli anni Trenta da W. Gropius, si assistette a un dialogo molto attivo tra industria e architettura, mediato dagli allestimenti.
Lo stesso si può dire relativamente al panorama italiano. A Milano, in particolare, a partire dalla nascita dell'Esposizione internazionale nel 1906 e quindi con la creazione della Fiera nel 1920 e soprattutto con la fondazione nel 1923 della Mostra internazionale delle arti decorative a Monza (divenuta Triennale di Milano a partire dal 1933), vennero definiti gli ambiti dove, lungo tutto il secolo, la migliore architettura moderna italiana produsse alcuni degli a. più significativi della sua storia. Soprattutto la Fiera di Milano e la Triennale divennero un laboratorio permanente di sperimentazione sugli spazi e sulle tecnologie in cui vennero realizzati a. da G. Ponti, P. Portaluppi, BBPR, Figini e Pollini, I. Gardella, F. Albini, L. Baldessari, L. Fontana, T. Buzzi, M. Sironi, M. Pagano, E. Persico, P. Bottoni, fino ad arrivare in epoca più recente ai fratelli A. e P.G. Castiglioni, A. Steiner, B. Munari, U. Riva, E. Sottsass, A. Mendini, M. Bellini, P. Cerri e I. Lupi.
L'a. paradossalmente appare la forma d'arte moderna più vicina alla cultura di massa: non è un caso che, oltre alla grande industria, abbiano fatto largo uso di questa arte 'minore' tutti i regimi totalitari per comunicare obiettivi e programmi ufficiali.
Ma è soprattutto nella cultura progettuale italiana che si è sviluppata nei decenni una pratica e un'arte dell'a. destinate ad avere grande influenza, e a rivelarsi fattore di continuità ed eccellenza unico nel panorama internazionale del 20° secolo. A partire dal secondo dopoguerra, attraverso l'opera di alcuni progettisti, nel campo dell'a. si affinò un'esperienza creativa irripetibile, radicata negli anni Trenta con le esposizioni temporanee per la Triennale, il disegno dei negozi e alcune mostre d'arte moderna. Fra i progettisti più famosi si deve ricordare Albini (1905-1977), uno dei padri dell'arte dell'a. italiano per la capacità di coniugare essenzialità astratta nel disegno degli spazi espositivi con un uso elementare, ma fortemente espressivo, dei materiali moderni come sfondo o supporto delle opere esposte. A partire dagli a. museali per Palazzo Rosso, Palazzo Bianco e per il Tesoro di San Lorenzo, tutti realizzati da Albini a Genova tra il 1949 e il 1962, ma anche con numerosi altri a. realizzati negli stessi anni dallo studio BBPR (Museo del Castello Sforzesco, 1948-1956), da G. Michelucci con C. Scarpa e Gardella (le sale dei Primitivi della Galleria degli Uffizi, 1953-1956), si aprì una stagione nuova per l'architettura italiana in cui l'a. fu caricato di valori espressivi e ideologici molto forti, poi riverberatasi in altre esperienze progettuali. Alcune opere fondamentali realizzate dallo stesso Scarpa (1906-1978) come la Gipsoteca Canoviana a Possagno (1955-57), il restauro di Castelvecchio a Verona (1957-64), la Fondazione Querini Stampalia (1961-63) e le sale delle Gallerie dell'Accademia a Venezia (1945-59), mostrano un atteggiamento progettuale che pone al centro l'esperienza del visitatore, la sua psicologia e le relazioni emotive ed estetiche con lo spazio e, allo stesso tempo, è in grado di esaltare la modernità dei materiali, spesso utilizzati in contrapposizione con l'oggetto esposto, con un atteggiamento comunque non mimetico rispetto al contesto.
È poi possibile individuare alcune personalità in grado di trasformare l'a. in un originalissimo campo di sperimentazione progettuale. Notevole fu, per es., la capacità visionaria rintracciabile nel filone radical, un atteggiamento creativo che dalle esperienze degli anni Cinquanta e Sessanta di A. e P. Smithson (House of the future. Ideal home exhibition, Londra, 1955 e This is tomorrow, Londra, 1956), B. Fuller (cupola geodetica, Expo di Montréal, 1967) e di Ch. e R. Eames (Glimpses of the USA, 1959) raccolse l'idea di a. come futuribile simulazione di un inedito confronto fra uomo e macchina: si pensi al lavoro di gruppi quali l'inglese Archigram e gli italiani Superstudio e Archizoom spesso operanti in maniera non convenzionale alla scala urbana e territoriale. Gli a. per la xiv Triennale del 1968, curata da G. De Carlo con interventi di Archigram, A. van Eyck, A. e P. Smithson, M. Zanuso e A. Steine e A. Isozaki, nonché la mostra New domestic landscape. Achievements and problems of Italian design del 1972 al MOMA (Museum of Modern Art) di New York, con a. di Sottsass, Archizoom, Superstudio e Strum, diedero un importante contributo verso il cambiamento delle prospettive progettuali. Da questa stagione, centrale per la storia e la definizione dell'a. come pratica operativa e concettuale, si sono sviluppate, negli ultimi quindici anni, diverse varianti in continuità o in totale autonomia, soprattutto in ambito internazionale a causa del moltiplicarsi degli attori istituzionali e dei progettisti impegnati.
La scuola italiana ha sviluppato una sua linea di ricerca che ha portato avanti fino agli inizi del 21° sec. con i numerosi a. disegnati da A. Castiglioni prima con il fratello Pier Giacomo e quindi con F. Cavaglià; da Bellini, di cui si ricordano le mostre I trionfi del Barocco a Torino presso il Casino di Caccia di Stupinigi (1999) e Christopher Dresser alla Triennale di Milano nel 2001; da Riva che, con grande originalità, ha lavorato scomponendo lo spazio tradizionale dell'a. all'italiana derivante dall'esperienza di Scarpa, come nel caso della mostra dedicata a Frederick Kiesler (Triennale di Milano, 1996) o delle mostre del Centro studi Andrea Palladio di Vicenza, a partire da Palladio nel Nord Europa (1999) e John Soane (2000).
Da questo filone sembra anche esser partito Lupi, che con la direzione della rivista Abitare ha dimostrato un sistematico interesse per l'a. come pratica progettuale nobile, e che, a partire dalle collaborazioni come grafico agli a. di Castiglioni-Cavaglia, di G. Canali e più recentemente dello studio Migliore + Servetto, ha sviluppato un percorso autonomo in cui disegno grafico del messaggio e progetto dello spazio si fondono con coerenza.
Questo approccio al progetto come sofisticata invenzione tematica e insieme affermazione di una modernità fresca e gioiosa, in cui l'uso della tecnologia diventa spesso risorsa per stupire, viene rinnovato di generazione in generazione come dimostrano i progetti più recenti di Migliore + Servetto con Architecture models (Milano, 2000), Moving shapes (Tokyo, 2001), Sensi divini (Triennale di Milano, 2004), P. Bottazzi con T. Solci per Bang & Olufsen a Milano (2003-2005), M. Romanelli (Gio Ponti, Milano, 1997, e il Design della gioia, Triennale di Milano, 2004) e dei più giovani A. Scandurra con la mostra Piero Portaluppi (Triennale di Milano, 2004), C. Gambardella con Casa di re (Caserta, 2005), lo studio maO con Play (Roma, 2002), Cliostraat e il gruppo A12.
Rispetto a questo corpo centrale si possono definire almeno due correnti complementari: da una parte, la corrente che presenta una forte componente neorazionalista, e dall'altra, quella caratterizzata da un atteggiamento contestuale, attento alle preesistenze ambientali nelle quali si colloca. L'approccio neorazionalista ebbe il suo battesimo nel 1964 con la xiii Triennale con gli a. di V. Gregotti, G. Stoppino e L. Meneghetti (Sezione introduttiva internazionale e il Caleidoscopio), di G. Aulenti (Sezione italiana) e A. Rossi con L. Meda (Ponte d'ingresso e Mura ciclopiche), nei quali si tende alla costruzione di uno spazio autonomo, atemporale, staccato dal contesto, con l'intento di affermare la propria forza e poetica formale. Atteggiamento che sarebbe cresciuto negli anni grazie soprattutto al lavoro di P. Cerri, prima come socio della Gregotti Associati (basti ricordare la mostra L'idea Ferrari, Firenze, 1989) e quindi autonomamente come Studio Cerri Associati (Il futuro dei Longobardi, Brescia, 2002; Lingotto 1915-2002, Torino, 2002; Entrez Lentement, Milano, 2005); di Aulenti, attraverso i suoi numerosi progetti per spazi museali, che vanno dal Museo d'Orsay a Parigi (1980-1986) a Palazzo Grassi a Venezia (1986) fino al Museo nazionale d'arte catalana di Barcellona (1985-2004) o agli a. come The Italian metamorph (Guggenheim Museum, New York, 1994), 1951-2001 Made in Italy (Triennale di Milano, 2001) e Arte e Architettura (Genova, 2005) e infine di F. Purini, in cui la dimensione astratta dello spazio prende il sopravvento creando spazi stranianti e di relazione inaspettata, come per la mostra Incontri al Museo Borghese (Roma, 2002). Di matrice razionalista ma con un approccio quasi 'industriale' e militante è l'esperienza di Steiner e F. Origoni, che hanno fatto della poetica del materiale povero, unito a un uso cartesiano della geometria, il centro di un'azione che si apre agli spazi pubblici della città. Da ricordare gli a. di Origoni in tubolari nella Galleria Vittorio Emanuele a Milano o per le mostre itineranti del Compasso d'oro (2000) e della Medaglia d'oro all'architettura italiana 2003-2005. Il secondo filone, che ha acquisito progressivamente autonomia come diretta filiazione dell'esperienza di Scarpa, riguarda tutti quegli interventi in cui il rapporto con l'edificio preesistente si è costruito per simbiosi, sovrascrittura e leggeri scarti. Si tratta di una pratica tesa a fondere museo, a. e opere esposte giocando sulla domesticità e sul calore degli spazi e delle luci; ne è risultato un atteggiamento vincente in relazione soprattutto agli edifici antichi in cui si localizzano i nuovi interventi. Tra i risultati più riusciti si ricordano i progetti di restauro di M. e G. Carmassi a Pisa e Firenze, il museo dell'Opera del Duomo (1987-1992) e il Museo del Fumetto (2002-2006) a Lucca di P.C. Pellegrini e alcuni a. disegnati da Gabetti e Isola (Da Leonardo a Rembrandt, Biblioteca Reale, Torino, 1990; Luigi Vanvitelli e la sua cerchia, Caserta 2000).
Una posizione autonoma è occupata invece da I. Rota, i cui recenti a., da Enterteniers alla Stazione Leopolda (Firenze, 2000) a La grande svolta. Anni Sessanta (Padova, 2003) passando per il casinò di Lugano (2002), hanno dimostrato un atteggiamento libero, e in grado di generare forme e contenuti unici.
Alcuni luoghi monumentali e museali italiani negli ultimi anni sono stati utilizzati per interessanti variazioni d'autore che hanno stabilito una relazione innovativa tra spazio e invenzione: basti pensare agli a. realizzati all'interno della Basilica palladiana di Vicenza in occasione delle mostre di architettura di T. Ando (1995), Gabetti e Isola (1996), S. Fehn (1997), A. Siza (1999), T. Ito (2001) e SANAA (2005), disegnati dagli autori per le loro stesse mostre. Diverse, ma affini nei caratteri, sono state le mostre prodotte da Pitti Immagine e ospitate a partire dal 2000 presso la Stazione Leopolda di Firenze, da Uniforme del gruppo A12 (2001) a Il Quarto sesso di Cliostraat (2003).
Come la Triennale di Milano, che annovera venti edizioni dal 1933 agli inizi del nuovo secolo, anche la Biennale di Venezia ha rappresentato, nel corso del tempo, un vero e proprio laboratorio di sperimentazione nell'ambito dell'allestimento. Basti pensare all'impatto culturale avuto dalla mostra Strada Novissima allestita da P. Portoghesi nel 1980 per la prima edizione della Biennale internazionale di architettura, dagli a. di M. Fuksas e D. Mandrelli per l'edizione del 2000 o da quelli del gruppo newyorkese Asymptote per quella del 2004.
Un atteggiamento culturale che è stato raccolto con molta attenzione da tutte le più importanti istituzioni museali internazionali, che si sono progressivamente spostate dall'a. come semplice messa in scena di materiali, all'a. come prova d'autore: si pensi, per fare un esempio, all'attività espositiva del Centre Pompidou a Parigi, del NAI (Nederlands Architectuure Instituut) di Rotterdam (con la mostra dedicata a J.J.P. Oud allestita da Ph. Johnson nel 2001), del Withney Museum (con mostre quali Bill Viola del 1999 e Diller + Scofidio del 2003) e del MOMA a New York o del CCA (Centre Canadien d'Architecture) a Montréal.
L'ultimo decennio ha visto moltiplicarsi le iniziative che hanno superato i luoghi tradizionali dell'a. per spostarsi nel vivo della metropoli o in edifici in via di dismissione, con operazioni in cui i confini tra a. e opera d'arte si sono ulteriormente affievoliti proprio per il coinvolgimento di artisti all'interno della stessa messa in scena. I contenuti delle mostre si sono caricati di prospettive ideologiche inedite dove la simulazione spaziale si è fatta contenuto e al tempo stesso messaggio, com'è avvenuto per il padiglione olandese H2O Expo di Nox (1997), la mostra The American lawn: surface of everyday life, allestita da Diller + Scofidio (Montréal, 1998), Mutations a cura e con a. di R. Koolhaas e Multiplicity (Bordeaux, 2000), USE del gruppo Multiplicity (Triennale di Milano, 2001) o da Massive change. The future of global design (Vancouver, 2004) di B. Mau dove a., messaggio e oggetto esposto sembrano farsi tutt'uno, arrivando a superare una logica che aveva segnato l'arte dell'a. per l'intero Novecento.
bibliografia
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Migliore & Servetto, S. San Pietro, New exhibits 2. Made in Italy, Milano 2000.
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Allestimenti museali, a cura di P.C. Pellegrini, Milano 2003.
Allestire, a cura di L. Altarelli, Roma 2005.
I musei e gli allestimenti di Franco Albini, a cura di F. Bucci, A. Rossari, Milano 2005.