allettare [allette, in rima, II singol. pres. indic.]
Dal latino allectare (frequantativo di allicere); il verbo ne conserva il significato di " attirare con lusinga ", " chiamare ", come in Rime CVI 109.
D. usa il verbo figuratamente per " accogliere ", " ricevere con compiacimento ": Dunque: che è? perché, perché restai, perché tanta viltà nel core allette... ? (If II 122). Alcuni commentatori riferiscono il significato dantesco all'etimo di a.; così il Boccaccio, che spiega: " per qual cagione, tanta viltà, quanta tu medesimo nelle tue parole dimostri, nel cuor t'allette ?, cioè chiami colla falsa estimazione, la qual fai delle cose esteriori ". Questo stesso significato del verbo è anche in Chiaro A San Giovanni 49 " Pensa, gli di', che no alletti doglienza, / ché tanto lungiamente l'ha chiamata ". Lo Scartazzini accetta tale significato di " chiamare ", citando il Boccaccio. Non così il Vellutello che intende allette figuratamente per " ricevere ", " accogliere ": D. " non ha franchezza e ardire da resistere a tanta viltà, che egli alletta, e riceve nel cuore ". A. è spiegato anche dai moderni nel significato di " accogliere " (Casini, Sapegno,).
Per quanto riguarda a. in If IX 93 " O cacciati del ciel, gente dispetta ", / cominciò elli in su l'orribil soglia, / " ond'esta oltracotanza in voi s'alletta ?... ", esiste uguale divergenza di opinione fra il Boccaccio e il Vellutello. Il primo dice: " Onde, cioè da qual autorità, esta oltracotanza, di non aver riguardo a quello che voi fate, in voi s'alletta?, cioè si chiama e si ritiene ". Il Vellutello diversamente commenta: " Onde s'alletta, cioè da qual vostra autorità si ricovera e riposa esta oltracutanza, questa temeraria audacia e presunzione in voi? ". Qui invece i moderni (cfr. per es. Scartazzini) interpretano alletta come " alberga ", " Si annida ".