ALLITTERAZIONE (franc. allitération; spagn. aliteración; ted. Alliteration, Stabreim; ingl. alliteration)
Si chiama allitterazione la ripetizione spontanea o ricercata della lettera o della sillaba iniziale di vocaboli più o meno contigui, in generale collegati dal senso. Il termine è stato foggiato dal Pontano (v. il dialogo Actius, in Opera, II, Basilea 1556, p. 1372).
Da altri il nome di allitterazione fu esteso anche alla ripetizione della medesima vocale o consonante nell'interno di parola, particolarmente in sillabe accentate. Ma, in questo articolo, s'intenderà allitterazione soltanto nel senso tradizionale.
Nell'epos omerico si trova allitterazione solo in pochi gruppi di parole, che da caratteristiche esterne appaiono eoliche, cioè riprese dalla tradizione di poemi epici più antichi. L'allitterazione arcaica è nella più antica poesia greca già in punto di morte.
Uso conscio dell'allitterazione si ritrova in greco in età relativamente tarda, nelle sentenze di Eraclito e nella prosa di Gorgia (v.) e dei suoi seguaci, insieme con omeoteleuto, antitesi, anafora, chiasmo e altrettali figure, sentite già appunto come figure, ornamenti. Platone nel Simposio, parodiando i sofisti, compone discorsi pieni di tali ornamenti, non esclusa l'allitterazione.
Sul suolo italico l'allitterazione ha uso molto maggiore e non soltanto in latino. Nelle tavole di Gubbio (umbre), nell'iscrizione di Corfinio (peligna) gruppi di parole allitteranti sono frequenti, e gruppi allitteranti sono evidenti anche nella mummia etrusca di Agram, tranne che questo testo è così recente che non pare escluso influsso italico, latino. In latino gruppi allitteranti si trovano specialmente in quelle forme che la lingua latina comprende sotto il nome di carmen, e che per la loro natura devono risalire ad età antichissime. Di tali possediamo parecchie, se pure modernizzate nella fonetica: la preghiera che il padre di famiglia profferisce per purificare il podere; l'incanto che deve tirar fuori (evocare) gli dei dalla città assediata; le parole pronunziate dagli auguri nel delimitare il tempio; la preghiera di Decio Mure nel sacrificare sé stesso; la preghiera di Scipione durante la traversata dalla Sicilia in Africa. Tutti questi carmina sono composti in una prosa ritmica, divisa in unità minori (commata), nella quale le parole dei singoli gruppi sono ancora congiunte da allitterazione.
Ancora Plauto si serve dell'allitterazione con maestria. Ma l'uso conscio di essa scompare dopo il periodo arcaico della letteratura latina, e rinasce artificialmente solo nella letteratura arcaicizzante (Apuleio); dell'allitterazione nell'età classica rimangono tracce soltanto in gruppi di parole tradizionalmente uniti.
Uso diffuso e popolare dell'allitterazione (le figure gorgiane non hanno nulla che fare con il popolo) non si trova che in lingue nelle quali un forte accento espiratorio posa sulla prima sillaba. Tali erano l'antico germanico e l'antico celtico; tale anche il latino arcaico (cfr. J. Vendryes, Recherches sur l'intensité initiale en latin, Parigi 1902, specie p. 89); e appunto l'allitterazione muore anche in latino insieme con l'accento espiratorio protosillabico. Quanto al greco, è notevole che, mentre l'accento era fino a tutto il periodo classico di natura musicale, l'eolico aveva accento almeno ritratto sulle prime sillabe (se espiratorio, non possiamo dire). Ed è quindi assai notevole che, mentre, p. es., la poesia religiosa sviluppa largamente omoteleuto (rime) e anafora, l'allitterazione non rimanga se non in tracce prettamente eoliche.
Quanto alle presunte allitterazioni nel proemio delle Opere e Giorni di Esiodo, esse dipendono dall'antitesi e dall'anafora; dipendono dall'anafora nel canto popolare "delle rondini" dei ragazzi rodî (Athen., VIII, 360 C.).
Fonti di carmina allitteranti latini arcaici sono, p. es., Catone, De agr., 141, Varrone, De lingua lat., VII, 8; Macrobio, Saturn. III, 9; Livio, VIII, 9, XXIX, 27.
Nell'antica poesia germanica l'allitterazione è elemento indispensabile del verso, ed è probabilmente anche qui di origine sacrale. La troviamo nel Hildebrandslied, nelle formule magiche di Merseburg, nel Muspilli, nel Heliand, ecc. Solo nel sec. X l'allitterazione cede alla rima; nella poesia più recente (Klopstock, Bürger) è adoperata come ornamento. R. Wagner riprese l'allitterazione con l'antico valore di legame interno del verso. Nelle lingue germaniche si hanno poi numerose frasi fatte allitteranti: Kinder und Kegel, thick and thin.
Funzione meno importante ha l'allitterazione nelle lingue romanze, dove si trova soprattutto in frasi fatte, che in parte risalgono al latino, in parte sono nuove formazioni (bello e buono, in fretta e furia, modo e maniera, tosto o tardi).
Un uso assai vasto ha nelle lingue moderne l'allitterazione in motti araldici, frasi simboliche, ecc.: come i tre F (feste, forche, farina) con cui si caratterizzò il regime borbonico; e in parte all'allitterazione dové la sua voga la fatidica formula Trento e Trieste.
Musica. - Per analogia si è rinvenuta un'allitterazione anche nei suoni, risultante dal ricorrere frequente d'un medesimo suono, o di gruppi di suoni.
Questo modo di espressione, in musica, fu additato e per la prima volta studiato dal Torrefranca (in Riv. mus. it., XIV, 1907, pp. 168 segg., 863 segg.). Egli intende l'allitterazione musicale come ripetizione rispondente a una tendenza psichica saliente e alla relativa tendenza attrattiva del più semplice elemento musicale; essa può essere costituita, sia da ripetizione di suoni, sia da ripetizione di accordi e di particelle ritmiche o di intervalli, anch'essi accentati metricamente o pateticamente. Queste il Torrefranca chiama allitterazioni forti, accanto alle quali distingue le deboli, che risulterebbero formate dalle ripetizioni, nel tema, dell'elementare melodico ritmico o armonico con accenti deboli.
L'allitterazione musicale può assumere aspetti varî e molteplici, interessanti anche la derivazione da artifici tecnici particolari, come il distendersi di accordi in arpeggi (il primo preludio in do maggiore del Clavicembalo ben temperato), ovvero può costituire il nucleo tematico di melodie sviluppate per spostamenti tonali, come in Spirto gentil della Favorita e in Una furtiva lagrima dell'Elisir d'amore.
L'allitterazione musicale è frequente nella musica delle canzoni popolari, specialmente nella sua forma più ingenua, il che induce il Torrefranca a pensare che l'uso dell'allitterazione melodica, di quella d'intervallo e forse anche di quella ritmica costituisca uno dei caratteri salienti della musica greca antica, nei cori e nelle odi. Il Garlanda aveva considerato l'allitterazione come "contrappunto poetico" ma il Torrefranca reputa inammissibile questo concetto, argomentando che tra il fatto allitterativo e quel fenomeno di stilistica musicale a cui fu dato il nome di contrappunto non esistano né rapporti né analogie. Gli sembra invece più opportuno trovare un nesso tra l'allitterazione e la tonalità; ma un tale ardito accostamento potrebbe anch'esso urtare contro la circostanza essenziale che la tonalità musicale suppone un'altezza del suono acusticamente definita, laddove l'intonazione del suono parlato sfugge a qualunque accertamento acustico.
Bibl.: Per l'allitterazione in greco e in latino, orienta E. Norden, Die antike Kunstprosa, 2ª ed., Lipsia-Berlino 1909, I, pp. 15, 59 segg., 156 segg.; più brevemente Römische Litteratur, 2ª ed., Lipsia 1923, p. 2; una concezione più profonda del problema spunta in Logos und Rhythmus, Berlino 1928. Per l'italico v. anche O. Altenburg, in Jahrb. für Philol., Supplemento XXIV (1898); C. Thulin, Italische sakrale Prosa und Poesie, Berlino 1906; W. E. Evans, Alliteratio latina, Londra 1921; E. Goldmann, Die Duenos-Inschrift, Heidelberg 1926, p. 155 segg. Per quanto riguarda le lingue germaniche, v. l'articolo Stabreim, nel Reallexikon der german. Altertumskunde del Hoops, IV, pp. 231-240; F. Garlanda, L'allitterazione nel dramma shakespeariano e nella poesia italiana, Roma 1906; per l'uso più recente O. Deppe, Die Alliteration im Sprachgebrauch der heutigen Prosa, Hildesheim 1912; M. Schwartz, Alliteration im engl. Kulturleben neuerer Zeit, Greifswald 1923. Per le lingue romanze v. O. DensuŞianu, Aliteraţiunea in limbile romanice, IaŞi 1895; B. L. Taylor, Alliteration in Italian, New Haven 1900 (cfr. Salvioni, in Giorn. storico della letter. ital., XXXIX, 1902, pp. 366-391); Scholz, in Zeitschr. für roman. Philologie, XXXVII (1913), p. 385 segg.; XXXVIII (1914), p. 76 segg.