allotropi
Il termine allotropi indica due o più parole che, pur essendo diverse sul piano formale e semantico, hanno il medesimo etimo, come per es. vizio e vezzo, riconducibili entrambe al lat. vĭtium.
Il termine, mutuato dal linguaggio della chimica, fu introdotto nella linguistica italiana da Ugo Angelo Canello, che lo preferì al preesistente doppioni (franc. doublets; ted. Doppelformen) sulla base del fatto che «da un’unica forma originale possono muovere fin dieci e più voci» (Canello 1878: 285, nota 2). Nella definizione si pone l’accento sulla differenza semantica tra gli esiti, considerando allotropi anche voci appartenenti a categorie morfologiche diverse ed escludendo invece «gli allotropi di pura forma, quali giudicio e giudizio e simili» (ivi: 298).
Per questi ultimi, di cui la tradizione scritta italiana offre ancora fino al primo Novecento numerosissimi esempi (gioco / giuoco, maraviglia / meraviglia, sacrificio / sagrifizio, ecc.), si parla piuttosto di polimorfia o polimorfismo (altro termine del linguaggio scientifico, citato dallo stesso Canello). Va precisato però, da un lato, che c’è chi ricorre anche in questi casi al termine allotropi, da un altro che alcune distinzioni di significato (che possono anche essere parziali, relative cioè a specifiche accezioni, oppure di registro) sono nate proprio da polimorfia (è quanto è avvenuto, nel corso del Novecento, per cultura rispetto a coltura e per inscrivere rispetto a iscrivere), da un altro ancora che il termine polimorfia può avere un significato più vasto, avvicinandosi a quello di allomorfia (cfr. D’Achille 2004; ➔ allomorfi).
Lo studio di Canello (1878), con oltre duecento allotropi raccolti, suddivisi in gruppi omogenei e commentati, resta tuttora il repertorio di riferimento sul tema, anche se le ricerche etimologiche posteriori hanno talvolta ricondotto a basi diverse parole considerate dallo studioso (a volte dubitativamente) corradicali. Inoltre, varie voci prese in esame da Canello sono di fatto uscite dall’uso, mentre si sono formati nuovi allotropi in seguito a fenomeni di prestito (➔ prestiti), da lingue straniere (il francesismo chef si è aggiunto alla coppia capo / ceffo; a solaio si è affiancato l’anglolatinismo solarium, ecc.) o da dialetti (si pensi al romanesco bono/a «fisicamente attraente» rispetto a buono/a).
Sebbene il fenomeno non sia esclusivo di voci derivate dal latino, gli allotropi sono segnalati soprattutto con riferimento a queste (Zolli 1989: 22-37), per distinguere i ➔ latinismi, cioè i termini recuperati per via dotta (che risultano in genere più vicini sia formalmente sia semanticamente agli etimi), dalle parole di tradizione diretta, passate dal latino volgare all’italiano, che si sono discostate di più dalle basi in seguito all’evoluzione fonetica e spesso anche sul piano semantico (così, dal lat. exēmplum, scempio rispetto a esempio). Non mancano peraltro casi di specializzazione semantica, sia di voci dotte (come platèa, in cui è stata recuperata l’accentazione della originaria voce greca, rispetto a piazza, dal lat. platĕam), sia di voci popolari (come giustezza rispetto a giustizia, in cui l’allotropia si rileva nel suffisso).
La distinzione tra i due livelli è spesso confermata dall’anteriorità delle attestazioni delle parole del fondo ereditario, per es. nelle coppie cosa (XII secolo) e causa (prima del 1322), macina (1282) e macchina (prima del 1497), ristorare (XIII secolo) e restaurare (1550). Già Canello, però, metteva in guardia da rigide contrapposizioni tra voci di origine dotta e voci di origine popolare, per gli interscambi tra il mondo dei colti e quello del popolo: in effetti anche i latinismi sono stati almeno in parte adattati sul piano morfofonologico (➔ adattamento). Inoltre, si hanno allotropi anche all’interno delle voci del fondo ereditario latino (così, dal lat. spicŭlum si sono avuti spigolo e spicchio; dal lat. radium raggio e razzo, a cui si è poi aggiunto radio come elemento chimico).
In molti casi l’allotropia è riconducibile alle varietà dialettali: dal lat. prētium si è avuto pregio accanto a prezzo in seguito a «uno sviluppo fonetico settentrionale» (Castellani 2000: 136); rione è l’esito romano e meridionale di regiōnem. Ancora più spesso è nata o si è arricchita per contatti con le lingue straniere: dall’aggettivo lat. hospitalem all’esito popolare (o)spedale e a quello dotto ospitale si sono aggiunti i francesismi ostello e hôtel. Tra le voci popolari, si possono inoltre considerare allotropi «sviluppi differenziati secondo il contesto prosodico», con «una forma forte […] sotto accento principale di frase» e «una debole ricorrente invece in protonia sintattica» (Loporcaro 2004: 44): è il caso di ivi e vi, dal lat. ībi (Canello 1878: 396).
Beccaria, Gian Luigi (dir.) (20042), Dizionario di linguistica e di filologia, metrica e retorica, Torino, Einaudi (1a ed. 1994).
Canello, Ugo Angelo (1878), Gli allótropi italiani, «Archivio Glottologico Italiano» 3, pp. 285-419.
Castellani, Arrigo (2000), Grammatica storica della lingua italiana, Bologna, il Mulino, vol. 1° (Introduzione).
D’Achille, Paolo (2004), Polimorfia, in Dizionario di linguistica e di filologia, metrica e retorica, diretto da G.L. Beccaria, cit., p. 591.
Loporcaro, Michele (2004), Allotropo, in Dizionario di linguistica e di filologia, metrica e retorica, diretto da G.L. Beccaria, cit., p. 44.
Zolli, Paolo (1989), Come nascono le parole italiane, Milano, Rizzoli.