allucinazione
Esperienza percettiva in assenza di stimolazioni sensoriali esterne (percezione senza oggetto), che si presenta con i caratteri fisici della realtà, involontaria e non riconosciuta come errata. Nell’ambito dei disturbi della percezione le a. si distinguono dalle illusioni, nelle quali si ha l’interpretazione distorta di un oggetto reale, e dalle pseudoallucinazioni, vissute come appartenenti non al mondo esterno ma allo spazio interno soggettivo e di norma associate a un’adeguata capacità di critica. Il giudizio di realtà è conservato anche nell’allucinosi, termine che si riferisce a dispercezioni particolarmente vivide, o anche alla sindrome stessa quando sostenuta da un danno cerebrale (per es. allucinosi alcolica). Le a., elementari o complesse a seconda del grado di organizzazione dei fenomeni percepiti, possono interessare tutti gli organi di senso, talora in combinazione. In ordine di frequenza si suddividono in: a. uditive, visive, tattili e cenestesiche (a. somatiche con sensazioni abnormi del corpo o di parti di esso), olfattive e gustative. È detta a. negativa la mancata percezione di un oggetto reale. Le a. compaiono con caratteristiche differenti in molteplici quadri morbosi, ma fenomeni allucinatori appartengono anche alla normalità.
Sono considerate prive di significato patologico le alterazioni percettive che possono manifestarsi nelle fasi dell’addormentamento (a. ipnagogiche) o del risveglio (a. ipnopompiche), come pure, soprattutto nelle persone anziane, in seguito al decesso di congiunti (a. da lutto). D’interpretazione incerta sono le a. descritte in particolari rituali di carattere magico o religioso, per es. le visioni mistiche o gli stati estatici. In condizioni fisiologiche il più comune fenomeno analogo alle a. si verifica nel sogno (➔), che Sigmund Freud ha definito come il soddisfacimento allucinatorio del desiderio, reso possibile dalla scomparsa della realtà mentre si dorme. Nella teoria freudiana l’esperienza allucinatoria rappresenta una dimensione originaria del processo di sviluppo, alla base della formazione del desiderio stesso, ingenerata nel lattante dal tentativo di riprodurre lo stato di appagamento immediato e totale dei propri bisogni che si sperimenta nella condizione fetale. Nel pensiero psicoanalitico il concetto di a. negativa, ripreso e ampliato da André Green nel contesto del suo discorso sulla funzione fondamentale che il lavoro di negativizzazione, o cancellazione delle immagini, svolge sulla capacità di pensare, ripropone il tema della presenza di meccanismi allucinatori nel funzionamento normale dello psichismo.
Privazione di sonno, deprivazione sensoriale, assunzione di sostanze psicoattive, malattie del sistema nervoso centrale possono causare la comparsa di a., soprattutto visive. In psichiatria le a. costituiscono uno dei sintomi di maggiore rilievo nelle psicosi (➔), sia maniaco-depressive che acute e, soprattutto, schizofreniche. Nella schizofrenia le a., prevalentemente di tipo uditivo e complesse, sono presenti in oltre i due terzi dei casi. Pur potendosi manifestare sotto forma di eco del pensiero, le più caratteristiche sono le cosiddette voci, che hanno contenuti allusivi, minacciosi, di comando o di commento delle azioni del soggetto, che le vive con intensa partecipazione emotiva e tende in genere ad attribuirne l’appartenenza a persone note o a entità sovrannaturali. La stretta associazione delle a. con il delirio nei disturbi psicotici solleva la questione dei nessi fra la sfera della percezione e la sfera dell’ideazione. L’indagine psicopatologica in questa direzione è stata sviluppata in particolare da esponenti dell’indirizzo fenomenologico (Erwin Strauss, Ludwig Binswanger, Maurice Merleau-Ponty), con l’ipotesi che le a. non siano da considerarsi turbe della percezione ma piuttosto, in senso più esteso, forme di esperienza profondamente alterata di rapporto con il mondo.
Sul riconoscimento che il processo percettivo è in stretto rapporto con la globalità delle funzioni mentali convergono i diversi modelli interpretativi delle a., la cui spiegazione resta controversa. In psicoanalisi, la lettura di Wilfred Bion del fenomeno allucinatorio come prodotto di una evacuazione all’esterno di parti di sé, non elaborate per l’assenza della funzione contenitiva materna, si contrappone alla centralità della dinamica di appagamento del desiderio nella perdita del contatto con la realtà, postulata da Freud. La simmetria fra immagini oniriche e a. riconduce allo studio della neurofisiologia del sogno per il comune coinvolgimento nell’attività dei centri regolatori della coscienza e della elaborazione delle tracce mnesiche. A livello biochimico i fenomeni allucinatori sembrano associati a una iperattività dopamminergica. Dati sui correlati biologici delle a., ottenuti con le tecniche di visualizzazione cerebrale funzionale, evidenziano alterazioni delle aree implicate nel linguaggio e nella vista, del sistema limbico e delle connessioni intra- e interemisferiche fra tali regioni. Nel modello cognitivo del dialogo interiore (inner speech), le ‘voci’ derivano dall’erronea attribuzione all’esterno del linguaggio interiore, a causa di uno specifico difetto dei meccanismi neuronali di autocontrollo o di discriminazione dei segni verbali.