Allucinazione
L'allucinazione (dal latino alucinatio, derivato da alucinari, "vaneggiare, delirare") indica lo stato psichico in cui un individuo percepisce come reale ciò che è immaginario. Nell'allucinazione l'Io non è in grado di controllare le delimitazioni di quanto appartiene al corpo, oppure colloca le sue percezioni al di fuori di esso: questo processo induce a vivere il corpo come staccato da sé, oppure a sentire la realtà esterna come interna al proprio corpo. Il carattere 'proiettivo' delle allucinazioni, che fa pensare ai simbolismi e agli archetipi, agli affetti primitivi e alla potenza evocatrice dei desideri e delle paure, fa apparire le attività allucinatorie come pulsioni arcaiche che oltrepassano l'esercizio usuale degli organi di senso. Attualmente, però, specialmente nell'ambito della psicopatologia antropologica più recente, si tende a collocare la persona allucinata non più soltanto in rapporto a sé stessa, ma piuttosto in rapporto all'altro e al mondo; si parla così di 'campo spaziale allucinatorio', nell'universo aperto nelle relazioni che si cerca di stabilire con il proprio ambiente, vicino e lontano. In questa prospettiva, il dialogo allucinatorio assume anche una dimensione sociale, in quanto l'allucinato crede sempre di essere in relazione con altri. Ma l'esperienza allucinatoria esige anche spazi diversi da quelli in cui essa appare, cosicché il soggetto allucinato sembra liberarsi dai limiti del mondo sensibile, slanciandosi verso un al di là spaziale, un 'oltre' le frontiere sensoriali, in una fallace moltiplicazione di specchi.
L'allucinazione è un fenomeno psichico che si riscontra in vari stati di alterazione mentale, causati da malattia o da sostanze dette appunto allucinogene. Essa è definibile come 'percezione senza oggetto', cioè come una percezione che insorge senza che stimoli sensoriali oggettivi vadano a interagire con i corrispondenti organi di senso, pur presentando tutte le caratteristiche di sensorialità e di spazialità che connotano le normali percezioni. Disturbi allucinatori furono sommariamente descritti fin dall'età classica, ma solo nel 1574 J.-F. Fernel usò il termine allucinazione, sia pure in riferimento ad affezioni oculari, e più tardi, nel 1817, J.-É.-D. Esquirol ne fissò la definizione tuttora corrente, secondo la quale può dirsi in stato di allucinazione colui che ha "la convinzione intima di una sensazione attualmente percepita mentre nessun oggetto esteriore adeguato a eccitare questa sensazione è alla portata dei suoi sensi" (Ey 1939). Caratteristica peculiare dell'allucinazione è infatti la convinzione, da parte del soggetto, della realtà della sua percezione, tanto che alcuni autori distinguono tra allucinazione vera e propria e pseudoallucinazione (Kandinski 1885), una rappresentazione molto viva che il soggetto può criticare, cogliendone, però, non facilmente la differenza con le percezioni sensoriali.
Una distinzione ulteriore deve essere fatta fra l'allucinazione e l'illusione, che è la deformazione di una percezione reale, ossia l'interpretazione errata di una sensazione oggettiva (per es., un rumore interpretato come un coro di voci, o un'ombra vista come un animale), per lo più a causa di uno stato affettivo molto intenso.Le allucinazioni sono spesso sintomo di malattia psichica e di stato mentale alterato, ma possono talora prodursi in soggetti psichicamente normali in situazioni di particolare tensione emotiva: un tipico esempio è fornito dalle allucinazioni collettive che possono coinvolgere intere folle. In realtà i processi patogenetici dell'allucinazione sono tuttora oggetto di discussione, nonostante i progressi della psichiatria sperimentale.
Un contributo decisivo allo studio dell'allucinazione è stato fornito dall'impiego di droghe particolari (mescalina, LSD o dietilammide dell'acido lisergico, psilocibina) in grado di indurre disturbi psicosensoriali di varia entità, soprattutto a carico della sfera visiva: le proprietà di alcune di queste sostanze erano conosciute presso culture tradizionali e impiegate a scopi magico-religiosi (per es. la mescalina presso gli indiani d'America).
Secondo alcuni studiosi l'allucinazione nasce da un'intensificazione dell'immagine rappresentativa, unitamente a un'eccitazione degli organi sensoriali, il cui meccanismo fisiologico rimane però oscuro. Altri pongono l'accento sul delirio che accompagna lo stato di allucinazione e che sarebbe fondamentale nel determinare forma e tipo dell'allucinazione: così il paranoide tende ad avere allucinazioni uditive nelle quali viene minacciato, il mistico crede di udire voci profetiche o ha visioni del paradiso e dell'inferno.
Psichiatri e neurologi, come A. Tamburini, E. Tanzi ed E. Lugaro, prospettarono che alla base dell'allucinazione vi fosse una patologia organica consistente nell'irritazione o nella lesione di distretti del sistema nervoso, capace di risvegliare immagini in essi immagazzinate (Tamburini 1880; Tanzi-Lugaro 1923); questi studiosi teorizzarono un'influenza retrograda delle immagini mnemoniche passate sulle immagini percettive attuali. Una sintesi fra l'indirizzo fisiogenetico, considerato comunque di maggior rilievo, e quello psicogenetico delle allucinazioni è stata tentata dal neurobiologo R. Mourgue (1932). Nella sua trattazione egli fa riferimento alla cosiddetta 'neurobiologia delle percezioni' e alla concezione della via istintuale elaborata da C. von Monakow. Esisterebbe in origine uno squilibrio patogenetico primordiale nel sistema organovegetativo (rappresentante della via istintiva), e l'allucinazione rappresenterebbe un 'modo di espressione della sfera istintiva' che si serve degli apparati psicosensoriali. L'azione di elementi rudimentali dell'istinto provocherebbe allucinazioni stereotipate (animali minacciosi), mentre istinti più complessi, elaborati dalla sfera dell'orientamento e della causalità, darebbero vita ad allucinazioni polimorfe, con significato di creazione incessante.Le principali forme di allucinazione si distinguono a seconda dell'apparato psicosensoriale interessato.
a) Allucinazioni visive. Possono presentarsi sotto forma di fenomeni elementari (fotopsie o fosfeni) o complessi, con caratteristiche di spazialità e di chiarezza sovrapponibili a quelle che si riscontrano nelle normali percezioni visive; in questo ambito rientrano le micropsie, le macropsie, le zoopsie del delirium tremens, le allucinazioni extracampali (che si realizzano al di fuori del campo visivo, per es. alle spalle del soggetto) e di fenomeni autoscopici (il soggetto vede il proprio corpo davanti a sé).
b) Allucinazioni uditive o acustiche. Sono le più frequenti, e possono anch'esse essere distinte in elementari (ronzii, fischi ecc.) e complesse (voci); queste ultime, spesso a contenuto imperativo o minaccioso o denigratorio, sotto forma di frasi o di interi discorsi, costituiscono il più frequente disturbo psicosensoriale e possono essere presenti in vari disturbi mentali a decorso cronico. Tipiche della schizofrenia, le 'voci' possono rientrare in una tematica delirante che le utilizza in funzione di una particolare interpretazione della realtà. Si parla ancora oggi di 'psicosi allucinatoria cronica' e di 'parafrenia fantastica'. L'eco del pensiero e la ripetizione sonora dello stesso vanno invece considerati nell'ambito dei disturbi primari del pensiero (Schneider 1950).
c) Allucinazioni olfattive e gustative. Di solito si presentano associate e hanno contenuto generalmente sgradevole.
d) Allucinazioni cenestesiche. Si presentano con sensazioni di alterazione della normale consistenza dei visceri e della loro funzione o della loro invasione da parte di corpi estranei o animali.
Un altro fenomeno che rientra nell'ambito delle allucinazioni è rappresentato dalle cosiddette allucinazioni negative, consistenti nel non percepire la presenza di persone, oggetti o suoni, in assenza di lesioni dell'apparato visivo o uditivo.
Le allucinazioni rappresentano nella pratica clinica un fenomeno molto frequente e importante: esse possono essere presenti in tutte le psicosi e possono essere definite sul piano psicopatologico. Cionondimeno va ricordato che fenomeni allucinatori possono riscontrarsi anche in persone non psicotiche: per es., le allucinazioni dell'addormentamento (ipnagogiche) e del risveglio (ipnopompiche) non sono indicative di psicopatologie di rilievo. Un campo particolare è costituito dalle allucinosi che, riconosciute come tali e criticate dal soggetto, caratterizzano delle sindromi particolari, quali l'allucinosi alcolica, l'allucinosi cronica tattile (nota anche come sindrome di Ekbom, costituita da disturbi percettivi cutanei, interpretati come causati da 'animaletti' che infestano la cute e che i pazienti vedono e da cui sentono di essere toccati) e l'allucinosi peduncolare (Lhermitte 1951).
Fenomeni di quest'ultimo tipo, i cosiddetti 'sogni senza sonno', consistono nella visione piacevole di forme e colori, che si presentano per lo più al crepuscolo: essi sono sintomatici di una lesione, per lo più bilaterale, del peduncolo cerebrale e si associano a segni neurologici a carico soprattutto dei movimenti oculari. Le alterazioni percettive, sintomatiche di lesioni nervose circoscritte a una precisa zona focale, sono di grande valore diagnostico e localizzatorio nei processi espansivi del sistema nervoso centrale e nell'epilessia.
Al contrario delle allucinazioni genuine, che sono vissute dal soggetto con una grande risonanza emotiva, determinandone spesso il comportamento, esse non si accompagnano a una vera partecipazione affettiva e non si integrano nella personalità del soggetto.Non è comunque sempre agevole operare una chiara distinzione, nella pratica clinica, tra allucinazioni e rappresentazioni mentali, cioè quelle immagini e quei suoni che normalmente vengono evocati, talora con notevole vivacità e nettezza, sul piano della memoria e dell'immaginario nello spazio interiore, o appunto rappresentativo, e non nello spazio fuori di noi, come accade nelle allucinazioni (Jaspers 1913). Bisogna ammettere che, in condizioni particolari, ancorché normali, le rappresentazioni mentali possono assumere un carattere di pseudo-spazialità esterna. In questo ambito di discorso le allucinazioni potrebbero essere interpretate come la proiezione all'esterno di pensieri e rappresentazioni mentali: si tratta di un processo molto comune nelle psicosi, nelle quali il soggetto non riesce a distinguere con chiarezza tra spazio esterno al proprio corpo, spazio corporeo e spazio dell'immaginario.
Nel pensiero psicoanalitico il fenomeno dell'allucinazione viene preso in esame facendo riferimento a due aspetti connessi, ma nello stesso tempo separati. Infatti, alcuni autori sembrano privilegiare lo studio dei punti di contatto con l'attività onirica, altri lo studio dei processi arcaici che sono alla base delle allucinazioni in quanto sintomi, manifestazioni di un processo psicotico in atto.
Nell'Interpretazione dei sogni (1900) S. Freud sostiene che le allucinazioni rappresentano delle regressioni, al punto che i pensieri sono trasformati in immagini, in suoni. Queste 'trasformazioni regressive del pensiero' sono sempre collegate a un ricordo della prima infanzia represso e rimasto inconscio.
Freud lega, poi, l'allucinazione a una prima attività psichica che mira a un''identità di percezione', nel senso che il soggetto tende alla ripetizione della percezione identica, presente nel momento della soddisfazione del bisogno nelle prime fasi di vita. L'analogia con i sogni è resa evidente dall'uso di meccanismi analoghi che nell'allucinazione avviene durante lo stato di veglia, mentre nei sogni durante il sonno.
O. Fenichel (1951) riprende questa concettualizzazione e parla delle allucinazioni come di sostituti di percezione, che si attualizzano dopo la perdita o una lesione dell'esame di realtà. Anche secondo quest'autore il contenuto delle allucinazioni nelle psicosi sembra legato a contenuti spiacevoli, dolorosi del paziente che, dopo il ritiro dalla realtà, li proietta su oggetti esterni. Le allucinazioni sono, comunque, fenomeni complessi, in quanto formate da elementi di percezione, da pensieri trasformati in sensazioni, da ricordi, che ne rappresentano il 'nocciolo storico'. Le allucinazioni, d'altra parte, sempre secondo Fenichel, possono essere interpretate come i sogni.
P. Federn (1976) identifica nelle allucinazioni l'espressione di un'importante regressione patologica dell'Io, in cui i confini dell'Io precedentemente arcaici, in quanto arcaici, vengono reinvestiti narcisisticamente, cosicché percezioni antiche possono riacquistare un senso di realtà e ripresentarsi come appartenenti alla realtà esterna. Contrariamente a Freud, Federn ipotizza che la rottura psicotica abbia inizio proprio a partire dalla comparsa di questo tipo di percezioni allucinatorie.
Successivamente, un importante impulso allo studio e alla comprensione dell'allucinazione e dei meccanismi a essa sottostanti viene dato da studiosi che sono legati alla teorizzazione di M. Klein. In particolare, la focalizzazione su un meccanismo psichico come l'identificazione proiettiva appare particolarmente feconda e produttiva per la comprensione di questo fenomeno. L'identificazione proiettiva è una difesa arcaica usata per la gestione dell'aggressività primitiva e dell'angoscia da essa suscitata. Questa difesa viene usata nelle prime fasi di vita, quando risulta ancora attiva una posizione narcisistica di onnipotenza, e conduce all'instaurarsi di una relazione parassitaria. Secondo R. Bion (1970) il paziente psicotico fa ricorso a questa difesa al posto della rimozione.
H.A. Rosenfeld (1989), nei suoi studi sui pazienti psicotici, definisce l'identificazione proiettiva come una difesa che mira a controllare il corpo e la mente dell''oggetto', tanto da poter vivere 'dentro l'oggetto' in modo allucinatorio. Le allucinazioni diventano, quindi, manifestazioni cliniche di questo mondo irreale, delirante, in cui il paziente può proiettare sull'altro le parti folli del Sé, con conseguente produzione di angoscia per le eventuali ritorsioni che l'altro può mettere in atto. Vivere all'interno dell'oggetto significa non essere in rapporto con il mondo esterno e implica una dimensione fusionale con l'oggetto. Secondo Bion, l'allucinazione è un sintomo caratteristico dei processi psicotici, e consiste nell''evacuazione' all'esterno di elementi scissi della personalità, che avviene attraverso gli organi di senso. Questi elementi scissi o frammenti provengono da un livello mentale primitivo ed è come se cercassero una loro collocazione nella realtà esterna all'interno di un oggetto che possa accoglierli e proteggerli. Bion distingue queste produzioni dall'attività onirica (che sarebbe rappresentativa di un livello geneticamente più evoluto); il paziente psicotico vive in un mondo di oggetti bizzarri, in cui questi ultimi diventano coercitivamente sostituti dei pensieri.
S. Resnik (1986) riprende la teorizzazione di Bion integrandola con contributi provenienti dalla fenomenologia, e definisce l'allucinazione come un fenomeno senso-proiettivo. Invece di introiettare visivamente l'oggetto attraverso gli occhi, il paziente usa gli occhi per produrre l'oggetto, invece di utilizzare l'udito per ricevere acusticamente un oggetto sonoro, lo usa per produrre un rumore, un suono, una musica; allo stesso modo l'olfatto non serve per sentire un odore, bensì per produrlo. L'intero sistema senso-percettivo o delle vie afferenti può diventare a 'senso unico', vale a dire efferente. L'allucinazione viene quindi a essere una produzione interna che è riversata nella realtà esterna, non in modo casuale, bensì utile all'esperienza delirante del soggetto, e in modo 'patologicamente creativo'. Per quanto riguarda le correlazioni con il sognare, Resnik (1982) osserva che il problema per il paziente psicotico non è se può o non può sognare, ma piuttosto che non può risvegliarsi.
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