SABATINI, Alma
– Figlia unica di Carlo Alberto e di Gilda Biondi, nacque a Roma il 6 settembre 1922.
Il padre, ex magistrato, fu responsabile del segretariato del Consiglio nazionale delle corporazioni e collaboratore di Giuseppe Bottai. Crebbe in una famiglia agiata, di diplomatici e professionisti, risiedendo quasi tutta la vita nella casa romana di via Giuseppe Ferrari, nel quartiere Prati. La prematura e improvvisa morte del padre, nel 1930, segnò profondamente la sua infanzia e giovinezza, attraversata anche dalle sofferenze causate da alcuni disturbi alimentari. Ebbe con la madre un legame particolarmente stretto e, sotto la sua guida attenta, si dedicò agli studi con diligenza e ottimi risultati, diplomandosi al liceo Mamiani nel 1940 e continuando per tutti gli anni della scuola a coltivare poche e selezionate amicizie (cfr.Roma, Archivio della Casa internazionale delle donne, Fondo Alma Sabatini, FAS, Diari e appunti, f. 2).
Iscritta al corso di laurea in lettere moderne all’Università degli studi di Roma La Sapienza, dal 1941 al 1943 prestò servizio volontario presso la Biblioteca Alessandrina, dove fu sorpresa dai bombardamenti alleati che colpirono il quartiere San Lorenzo (luglio 1943), una delle rare occasioni in cui i ‘grandi eventi’ di quegli anni (il fascismo, la guerra) deviarono il normale corso della sua vita, per il resto trascorsa in un ambiente protetto e ovattato.
Laureatasi con lode, discutendo una tesi su La musica nel pensiero di Diverot nel gennaio del 1945, si dedicò all’insegnamento della lingua inglese, che aveva approfondito durante gli anni precedenti anche grazie a una borsa di studio che l’aveva portata a Liverpool nel 1943. Insegnò dapprima alla scuola media Visconti (1945-52) e poi, avendo vinto la cattedra per l’insegnamento della lingua negli istituti tecnici e commerciali, presso l’istituto Cola di Rienzo (fino al 1954), il Galileo Galilei (fino al 1973) e il Pantaleoni, dove rimase fino al 1979. Si distinse, ben prima del 1968, per un approccio inconsueto, in polemica con le insufficienze della scuola e inguaribile ottimista verso le possibilità degli studenti, per lei mai irrecuperabili (cfr. il necrologio di M. Sanfilippo, in Il Messaggero, 14 aprile 1988).
A metà degli anni Cinquanta iniziò a interessarsi di linguistica e nel 1956 frequentò un corso di metodologia e linguistica alla Cornell University (Ithaca, NY). Dal 1958, ritornata in Italia, iniziò a collaborare con il Centro studi americani.
Con il nuovo decennio, se per un verso si impegnò come assistente volontaria presso la facoltà di scienze politiche dell’Università di Roma (1960-63), per l’altro iniziò a insegnare lingua italiana agli anglofoni: nel 1961 fu lettrice di italiano presso l’English Language Institute all’Università del Michigan e, dal 1960 al 1964, lavorò all’Università per stranieri di Perugia.
Frutto di tale impegno furono i manuali e le antologie pubblicate nel giro di pochi anni: Così si parla inglese: grammatica, conversazioni, esercizi (Firenze 1965); Civiltà anglosassone. Antologia di letture inglesi e americane (Firenze 1966); Corso d’inglese per la scuola media (Firenze 1969, con F.A. Hall).
Nel 1967 partecipò alla fondazione della Società di linguistica italiana, del cui comitato redazionale fece parte fino al 1970. Intanto, a partire dal 1963 si avvicinò al Partito radicale, sposando la causa antirazzista, anticolonialista, libertaria: a lei si devono la traduzione e la diffusione in Italia di numerosi documenti della New left, del movimento studentesco e di quello dei neri statunitensi. Membro della direzione nazionale del partito, fu dal suo interno che si avvicinò ai temi legati alla ‘repressione sessuale’, inizialmente attraverso i dibattiti e le discussioni che fiorirono intorno alla battaglia per il divorzio, allora al centro dell’agenda politica radicale. Fu tra le promotrici di una serie di appuntamenti di discussione sulla sessualità e il nascente movimento femminista nordamericano (sui suoi testi, e in particolare su quello di Anne Koedt, The myth of the vaginal orgasm del 1968, che additò in segui-to come l’occasione del suo «risveglio femminista», cfr. FAS, Diari e appunti, f. 3) che culminarono nell’autunno del 1970 nella creazione del Movimento di liberazione della donna (MLD), di cui Sabatini fu anche prima presidente, federato al Partito radicale.
Sempre a far tempo dal 1970 avvertì la necessità di formare dei gruppi di presa di coscienza riservati alle donne, all’interno dei quali discutere di sessualità lontane dallo sguardo e dalla parola maschile. Di fronte al rifiuto espresso dall’assemblea nazionale del partito di legittimare tale pratica, si dimise con altre 6-7 donne. Nacque così un gruppo di autocoscienza che si riunì con regolarità per tutto l’inverno e fino alla primavera del 1972, cui partecipò anche la giornalista-scrittrice Gabriella Parca che, da questa esperienza, maturò l’idea di lanciare il primo rotocalco femminista italiano, Effe, che vide anche Sabatini coinvolta come redattrice per qualche anno.
Trascorsa una prima fase molto raccolta di confronto e identificazione tra le partecipanti, il gruppo si orientò verso la ricerca di collegamenti con altri collettivi e l’intervento politico ‘all’esterno’. Alma Sabatini curò in particolare i rapporti con Lotta femminista, scrivendo sul bollettino del gruppo e partecipando all’organizzazione di una delle prime manifestazioni pubbliche del femminismo italiano, il sit-in dell’8 marzo 1972 in piazza Campo de’ Fiori, duramente caricato dalle forze dell’ordine e durante il quale ‘l’insegnante Alma Sabatini’ venne ferita alla testa, finendo su tutti i principali quotidiani italiani. Di lì a qualche mese Lotta femminista, dopo aver accolto diverse donne provenienti dal MLD, dal Fronte italiano di liberazione femminile e singole, cambiò nome in Movimento femminista romano. Il gruppo, di cui Sabatini fu attiva esponente, mise in cantiere campagne sulla pubblicità oltraggiosa dell’immagine femminile, sulla prostituzione, sull’aborto. Di quest’ultima campagna la mobilitazione cresciuta intorno al processo a Gigliola Pierobon (accusata di aborto clandestino commesso da minorenne) determinò una grossa accelerazione. Alma Sabatini fu tra quante, pur non avendo mai abortito, si autodenunciò in Aula nel giugno 1973. In quegli anni continuò a viaggiare ripetutamente negli Stati Uniti, diventando elemento di collegamento tra il femminismo italiano e quello nordamericano, prendendo contatti con il Feminist Women’s Health Center e la National Organization of women, grazie alle quali favorì la diffusione in Italia delle pratiche e delle riflessioni del self-help (cfr. Self-help clinic. Riscopriamo il nostro corpo e contestiamo la medicina tradizionale, in Effe, dicembre 1973; http://efferivistafemminista. it/2014/07/self-help-clinic/, 2 marzo 2017).
Ormai totalmente immersa nel femminismo separatista, al principio del 1975 uscì con altre dal collettivo redazionale di Effe, da poco apertosi a esponenti del femminismo marxista e ormai vissuto da lei come troppo subalterno al calendario politico della sinistra e al riformismo. Riprese l’impegno in una testata femminista dal 1979, quando iniziò a scrivere regolarmente per il settimanale Quotidiano donna (nato nel 1978), nel quale dal 1981 curò una rubrica, Che ne pensi?, con cui propose riflessioni sul carattere sessista della lingua italiana.
Se dal 1978 aveva iniziato a insegnare inglese alla Camera dei deputati, abbandonando poco dopo l’insegnamento scolastico, nel 1979 si ammalò e venne operata per un tumore al colon, da cui uscì con un intervento di stomia definitiva. Visse con coraggio e a tratti leggerezza questa nuova condizione, non rinunciando alla militanza, al lavoro e ai viaggi (tra cui quello di poco successivo in Turchia).
Al principio degli anni Ottanta si spese nella campagna per la legge di iniziativa popolare contro la violenza sessuale, per la quale fu attiva raccoglitrice di firme e oratrice in assemblee pubbliche e incontri istituzionali, portando il suo contributo di analisi degli insulti e del linguaggio sessuale.
Nel 1984 venne chiamata a far parte della neoistituita Commissione per la parità tra uomo e donna della Presidenza del consiglio dei Ministri, che avviò una poderosa ricerca sulla parità tra i sessi nella lingua, nei mass media e nelle istituzioni scolastiche.
Oltre che in un seminario di tre giorni, a giugno del 1985, il lavoro svolto dalla Commissione confluì nella pubblicazione delle Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana per la scuola e la editoria scolastica (Roma 1986), curate da Sabatini, con le quali si proponevano indicazioni e suggerimenti per «dare visibilità linguistica alle donne e pari valore linguistico a termini riferiti alle donne», come recitavano le prime righe del fascicolo. Approdo di questo percorso fu, infine, il volume Il sessismo nella lingua italiana (Roma 1987), con cui Sabatini mise al centro l’intreccio tra pregiudizi e discriminazioni sociali delle donne e lingua, considerando questa strumento e agente al tempo stesso di pratiche di svalorizzazione e penalizzazione delle donne e della loro posizione sociale.
Soprannominata dalle sue compagne Tazio Nuvolari, morì in un incidente d’auto a Roma il 12 aprile 1988.
Nell’incidente perì, insieme con lei, Robert Braun, professore di inglese all’Università LUISS di Roma, che aveva sposato dopo una relazione ventennale. I funerali laici della coppia vennero celebrati presso la Casa internazionale delle donne, che lo stesso anno le intitolò il proprio centro di documentazione.
Alla vita di Alma Sabatini è dedicato il documentario Mi piace vestirmi di rosso (2012) diretto da Laura Valle.
Fonti e Bibl.: Roma, Università degli studi di Roma La Sapienza, Sez. storica studenti, Verbale delle sedute di laurea della facoltà di lettere, vol. 50, a.a. 1943-1945; Archivio della Casa internazionale delle donne, Fondo Alma Sabatini (FAS). Nel fondo sono conservati diari e appunti autografi di Sabatini, curriculum e materiali di lavoro, testi di interventi, relazioni, articoli, volantini; carte personali, fotografie e, naturalmente, ampia documentazione della sua vita politica, una ricca rassegna stampa relativa al suo impegno nella Commissione per la parità tra uomo e donna, nonché una raccolta dei necrologi pubblicati dopo la sua morte.