CORDUBA, Alonso (de)
Probabilmente di origine spagnola, risiedette a Bitonto (Bari) dove tenne bottega di pittore; si sposò due volte e dalla seconda moglie ebbe il figlio Francesco, incisore. Le tappe cronologiche della sua vita sono segnate dai pochi dipinti superstiti e da quelli di cui è notizia nei documenti che vengono man mano alla luce (notizie dal 1594 al 1619). Così, da una carta rintracciata dal Milillo (1975) si apprende che il 25 maggio 1594 il C. ricevette un compenso di 15 ducati "per le fatture dell'arme" nella sala del palazzo vescovile di Bitonto. Due anni dopo, nel 1596, il pittore si impegnò con il nobile Bernardino Regna di Bitonto a fare un dipinto "ad oglio, de colori fini, alto dieci palmi e largo sette, conforme al disegno mostrato" (Castellano, 1971, n. 6): il soggetto, l'Annunciazione, era in relazione all'edificio cui il dipinto era destinato, la chiesa dell'Annunziata di Bitonto. Non sappiamo però se la commissione venne portata a termine. Di un altro pagamento (7 ducati) è notizia in un documento del 25 apr. 1597, relativo ad un Battesimo di Cristo, nella cattedrale di Bitonto, di cui si è persa ogni traccia (Milillo, 1975).
A questo stesso anno risale la prima opera tuttora esistente del C., una Vergine in gloria tra s. Giov. Battista e s. Antonio abate, nella chiesa ex conventuale del Carmine di Bitonto, firmata e datata, commissionata dal nobile genovese Giovanni Maria Della Cella, che aveva sposato la bitontina Antonia Ildaris. Poco più tardi, nel 1602, il C. dipinse in Bitonto., per la chiesa del Carmine di Giovinazzo, un Martirio di S. Lorenzo, anch'esso firmato e datato. All'anno seguente (1603) risale la Vergine Immacolata tra s. Francesco e s. Leonardo, già nella sagrestia della chiesa di S. Teresa a Bitonto, ora nella Pinacoteca A. Marena della stessa città, riconosciuta solo di recente come opera del Corduba. Quarta ed ultima opera superstite è, infine, una Madonna del Rosario nella chiesa di S. Domenico a Ruvo, dipinta a Bitonto nel 1604 e donata ai frati domenicani dal chierico ruvese Fabrizio De Amato. La fama del pittore dové essere ben solida in Terra di Bari, e procurargli una certa agiatezza, se un - altro documento, del 16 apr. 1615, ci presenta il "magistro pittore Alonso de Corduba" che, ancora dimorante in Bitonto, locava case nella stessa città (Castellano, 1970). L'attività dell'artista continuò almeno sino all'anno 1619: l'ultima notizia che lo riguarda è infatti in un foglio del registro d'amministrazione della Confraternita del Carmine di Altamura, in cui si attesta un anticipo al pittore di 6 ducati per il quadro sull'altar maggior della chiesa del Carmine, una Madonna del Carmelo con santi e profeti, mai eseguita (Berloco, 1971). Forse del C. è, infine, una Madonna della rete nell'episcopio di Bitonto, ma soltanto un attento restauro permetterà di giungere a conclusioni sicure.
La scarna trama di dipinti e di notizie, se fornisce pochi elementi per ricostruire la biografia del C., rivela però la cultura figurativa del pittore e la qualità della committenza. Nel panorama della pittura pugliese del tardo Cinquecento e primo Seicento, ancora tributaria degli stilemi bizantini, talvolta aggiornati sulla linea del goticismo vivarinesco o sull'opulento manierismo del giovane Palma, la pittura del C., pur se di mediocre qualità e di respiro provinciale, rappresenta senza dubbio una apertura al linguaggio moderno: al manierismo tardo napoletano importato in Puglia dal fiammingo Gaspare Hovic e dal suo allievo romano, Andrea Bordoni. Appunto con questi pittori si allinea il C., anche se un gradino più in basso: il suo linguaggio, che interpreta le esigenze devozionali controriformistiche di una classe di nobili di provincia e di zelanti ecclesiastici, parte da Silvestro Buono e da Giovan Bernardo Lama, per aggiornarsi poi sul Borghese, sull'Imperato, sul Santafede, senza riuscire a liberarsi degli umori provinciali. La sua tavolozza, stridente nei primi dipinti, trova accordi più caldi e riposanti nella Madonna di Ruvo (che pare accostarsi, per il piacevole tono decorativo, a Teodoro Fiammingo), ove si attenua anche quel senso di disorganicità e di assemblaggio di modelli dato dalle opere precedenti, esemplate su schemi compositivi tardo manieristici conosciuti attraverso stampe e cartoni. Storicamente la funzione del C. e della colonia di pittori fiammingheggianti, immigrati o autoctoni, attivi in Terra di Bari, se fu importante a svecchiare il clima di perdurante tradizionalismo diffuso in Puglia tra Cinque e Seicento, contribuì anche a creare i precedenti per una massiccia importazione di cultura napoletana, destinata col passare del tempo a soppiantare completamente le importazioni da Venezia e ad inserire culturalmente la Puglia nel più vasto e articolato ambito della pittura del Vicereame.
Fonti e Bibl.: C. Lojodice, Una passeggiata storica. Monografia di Ruvo di Puglia, Bari 1915, pp. 25 s.; M. S. Calò, L'attività pugliese di Gaspar Hovic (o Heuvick), in Bull. de l'Institut histor. belge de Rome, XXXIV (1962), p. 478; M. D'Elia, Mostra dell'arte in Puglia dal tardoantico al Rococò, Roma 1964, p. 141; V. Pellegrini, Guida alle chiese di Ruvo, Molfetta 1967, p. 27; A. Gambacorta, Pittori inediti, in Tempi nostri, XIII (1967), 46, p. 6; M. S. Calò, La pittura del Cinquecento e del primo Seicento in Terra di Bari, Bari 1969, pp. 189-191; V. Pellegrini, La chiesa di S. Domenico in Ruvo, Molfetta 1970, p. 26; Id., Ruvo sacra, Molfetta 1970, pp. 127-129; A. Castellano, Noterelle d'arte pugliese, in La Rassegna pugliese, V (1970), p. 386; Id., Cat. d'opere d'arte mobili. Chiesa ex conventuale del Carmine: note artistiche, in Studi bitontini, 1971, n. 5, p. 35; T. Berloco-A. Castellano, Note sull'attiv. del pittore A. de C. di Bitonto, ibid, n. 6, pp. 47-50; A. Gambacorta, Un materano con i fiamminghi, in Tempi nostri, XVII (1971), 35, p. 11; Catal. delle opere d'arte mobili. Chiesa di S. Teresa, in Studi bitontini, 1972, n. 7. p. 4; A. Castellano, Francesco Corduba, pittore e incisore a Roma, ibid., 1974, n. 12, p. 34; S. Milillo, Docum. ined. per la storia dell'arte in Puglia, ibid., 1975, nn. 16-17, pp. 44 s.; G. Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli e nel Vicereame, Torino 1978, p. 88, nota 53; M. D'Elia, Per la pittura del '600 in Puglia. Considerazioni su Carlo Rosa, in Cultura e società a Bitonto nel sec. XVII..., Bitonto 1980, p. 181; Dizionario encicl. Bolaffi...,III, Torino 1972, p. 434.