Alpetragio
Astronomo arabo-ispano della seconda metà del sec. XII, nato a Siviglia, discepolo di Abu Bakr ibn Tufail; il nome arabo era al-Bitrūdjī Nūr al- Dīn Abū Ishak.
La sua teoria astronomica implica la nozione di impetus vagamente già formulata da Simplicio, la soppressione della dottrina tolemaica di epicicli ed eccentrici e la considerazione che le sfere celesti ruotano intorno a degli assi distinti che producono un movimento a spirale. Il suo Liber de motibus coelorum (Kitāb fī l-hay ' a) fu tradotto in latino da Michele Scoto nel 1217, in ebreo nel 1259 da Mosè Tibbon; da Calo Calonymos nel 1538 in latino dal testo ebreo. Il suo nome fu variamente latinizzato in Avenalpetras, Avempetras, Avenalpetranz, Avempetranus, Avempatricius.
Sosteneva inoltre A. che intorno ai quattro elementi si muovono nove sfere celesti e non otto, continue e concentriche al centro dell'universo. La necessità di ammettere una nona sfera era diretta conseguenza della scoperta della legge della precessione degli equinozi. Ma per A. più che importanza matematica la nona sfera ha una sua necessità filosofica, per il principio che pone il semplice prima del complesso, l'uno prima del molteplice. Il moto complesso delle sfere inferiori alla nona rivela la complessità e l'eterogeneità della loro natura, posta in rilievo anche da D. in Pd II 64-66.
Affermava ancora A. (come Ruggero Bacone, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino) il movimento circolare del fuoco, dell'aria e dell'acqua, elementi a cui anche D. attribuiva movimento circolare (Quaestio 84, Pg XXVIII 103-104, Pd XVI 82-83, e forse anche Pd XXVII 106-108). D. cita direttamente A. una sola volta, in Cv III II 5 Onde, con ciò sia cosa che ciascuno effetto ritegna de la natura de la sua cagion - sì come dice Alpetragio quando afferma che quello che è causato da corpo circulare ne ha in alcuno modo circulare essere -, ciascuna forma ha da essere de la divina natura in alcun modo. Ma la lettura ‛ A. ' in questo passo era messa in dubbio, come storpiatura di amanuense, da molti commentatori: Biscioni, Scolari, Fraticelli, Giuliani, Scartazzini, Della Torre, Parodi, Casella; ne sostenevano la legittimità il Moore e il Toynbee, infine il Nardi ha dimostrato in un più ampio contesto la validità della lettura Alpetragio in luogo del suggerito Alfarabio, chiarendo che la dottrina astronomica di A. era universalmente nota tra gli scolastici del tempo di D. e che anzi l'astronomo di Siviglia è richiamato e riaffermato con insistenza dallo stesso Dante.
Nel passo citato D. fa appello all'autorità di A. per convalidare la sua affermazione di principio che ciascuno effetto ritegna de la natura de la sua cagione, preposizione che era corollario dell'aristotelico " omne agens agit sibi simile " che egli mediava in questo caso attraverso l'anonimo Liber de causis, a sua volta sostanzialmente affine all'affermazione di A. che quello che è causato da corpo circulare ne ha in alcuno modo circulare essere. Le due citazioni del Liber de causis e di A. sono dunque per il Nardi esplicative di un legame associativo da D. stabilito tra due autori filosoficamente affini.
Bibl. - J. Vernet, in Encyclopédie de l'Islam, I (1960) 1288; B. Nardi, Saggi di filosofia dantesca, Firenze 19672, 139-166.