ALPI (II, p. 591; App. I, p. 99)
L'interessamento scientifico allo studio dell'ambiente alpino è continuato in questi ultimi anni; si è accentuata l'attività di taluni istituti e stazioni scientifiche che hanno per campo di indagine la catena alpina: l'Institut de Géographie alpine dell'università di Grenoble (che pubblica ormai da oltre 30 anni la Revue de Géographie alpine) e la Station scientifique de la Jungfrau, istituto di ricerca scientifica svizzera, a notevole altezza (3600 m. circa), magnificamente organizzato e attrezzato per indagini in varî campi (studio dei raggi cosmici, neve e valanghe, fisiologia, geologia, biologia, ecc.).
Nel 1946, in Italia, a seguito di una iniziativa presa dal Consiglio nazionale delle ricerche è stato possibile costituire a Trento il Centro di studî alpini il quale, in collaborazione con gli istituti scientifici delle università italiane e di alcune straniere e col Comitato scientifico del Club alpino italiano, ha predisposto vasti programmi di indagine su tutta la catena delle Alpi e ha già iniziato la pubblicazione di una serie di Memorie intorno a varî problemi di geografia fisica e di fitogeografia. Infine l'Istituto di fisica dell'università di Roma e il CNR (Consiglio nazionale delle ricerche) hanno nel 1947 costituito a Plateau Rosà (Cervinia) uno speciale laboratorio per lo studio dei raggi cosmici, che è il più elevato d'Europa per tali ricerche.
Le indagini intorno alla costituzione geologica e soprattutto alla struttura tettonica del sistema alpino sono intensamente continuate in questo ultimo decennio da parte di studiosi di varî paesi e sono state riassunte in un interessante articolo del prof. G.B. Dalpiaz, dell'università di Padova, che a queste indagini ha largamente contribuito (cfr. Atti dell'Istituto veneto di scienze e lettere, vol. CIII, parte I, 1945).
Larga messe di dati è stata anche pubblicata intorno a problemi particolari nel campo della geologia e della tettonica alpina e numerose ricerche sono in corso di esecuzione, specialmente a cura della scuola geomineralogica di Padova, ove sono stati affrontati problemi di interesse locale (studio del gruppo dell'Adamello-Presanella), ma che si ricollegano a questioni generali. Sono continuate con particolare sistematicità le ricerche relative ai movimenti e alla consistenza dei ghiacciai alpini, specialmente ad opera delle associazioni alpinistiche svizzere, tedesche e italiane in collaborazione con enti speciali, come in Italia il Comitato glaciologico italiano. Dalle relazioni generali intorno a questo problema, si avverte che quasi ovunque, salvo condizioni e casi locali, i ghiacciai da oltre un ventennio sono in fase di ritiro più o meno accentuato, fatto che presenta particolare interesse sia di fronte al problema delle variazioni del clima e suoi riflessi sul livello medio dei mari, sia di fronte al problema delle riserve idroelettriche. A questo problema hanno portato un certo contributo anche gli studî intorno al numero, consistenza e tipo dei laghi di alta quota, il cui rilevamento si è andato intensificando, oltre che in Italia, anche in Austria e in Francia.
Lo sfruttamento delle forze idriche della catena alpina è continuato su larga scala con la progettazione e costruzione di nuovi impianti, che portano ad una disponibilità di energia sempre più elevata. Si deve tuttavia ritenere che ormai lo sfruttamento abbia raggiunto, attraverso gli impianti già in esercizio, il suo massimo. Circa l'insediamento umano e i fenomeni dello spopolamento, il problema sul versante italiano non presenta aspetti negativi. Ulteriormente sviluppata è stata l'attrezzatura turistica, soprattutto per alcuni centri francesi, svizzeri, austriaci e italiani, dovuta più che ad altro alla diffusione, negli ultimi anni, della pratica dello sci, sia come sport, sia come mezzo di escursione. I centri di Chamonix, Cervinia, St. Moritz, Garmisch-Partenkirchen e Cortina d'Ampezzo, per citare solo i più noti, hanno perfezionato gli impianti fissi per stadî dello sci e del ghiaccio e predisposto la costruzione di teleferiche, sciovie, slittovie, seggiovie, ecc., opportunamente disposte per il servizio di piste di discesa fisse. In relazione a tali impianti si è anche avuto un ulteriore incremento dell'attrezzatura alberghiera di questi centri. In particolare, connesso con lo sviluppo di Courmayeur e di Chamonix è l'allacciamento, a mezzo di teleferica, di Courmayeur col rifugio Torino (M. Bianco) e di questo con Chamonix. Altrettanto dicasi degli impianti di teleferiche che da Cervinia portano verso il Colle del Teodulo (collegamento con Zermatt).
La conoscenza regionale delle Alpi si è arricchita di un'opera monografica sulle Alpi occidentali di R. Blanchard, dalla quale risultano ampiamente i caratteri del versante esterno (francese) delle Alpi.
La battaglia delle Alpi durante la seconda Guerra mondiale. - All'atto della dichiarazione di guerra dell'Italia alla Francia (10 giugno 1940) le opposte forze erano già attestate alla frontiera, in reciproco atteggiamento difensivo. Italiani: gruppo armate Ovest (gen. Umberto di Savoia; 4a armata, gen. A. Guzzoni, corpi I, IV, alpino;1a armata, gen. P. Pintor, corpi II, III e XV, complessivamente 22 divisioni e unità varie con circa 3000 pezzi). Francesi: armata delle Alpi (gen. Obry, 185-190.000 uomini distribuiti in 44 battaglioni di fanteria statica, Chasseurs de forteresse, rinforzati da 3 divisioni normali con oltre 1500 pezzi). Pochi giorni dopo (14 giugno) l'atteggiamento italiano subì una prima modifica: furono disposti attacchi a raggio limitato per attirare forze nemiche e assicurare il possesso di posizioni idonee a futuri sbocchi offensivi. In seguito al precipitare degli avvenimenti in Francia, fu ordinato di assumere atteggiamento offensivo su tutta la fronte per penetrare il più profondamente possibile nel territorio avversario; all'azione avrebbero concorso circa 300 aerei. L'improvviso mutamento degli intendimenti operativi creò di fatto una sorpresa e diede origine a crisi, per le difficoltà insite nello schieramento delle forze. Tuttavia l'attacco si iniziò il 21 giugno su tutta la fronte: per circa 4 giorni le nostre truppe si prodigarono contro posizioni saldamente organizzate e difese da un nemico che appariva ancora deciso a non retrocedere, e la battaglia infuriò fino al 24, quando fu firmato a Villa Incisa l'armistizio con la Francia, entrato in vigore alle ore 1,35 del 25 giugno. In quel momento le nostre truppe, penetrando anche profondamente nelle alte valli oltre confine, erano giunte a stretto contatto con la posizione di resistenza nemica, intaccandola in varî punti. Nostre perdite: 6029 uomini (uccisi, feriti, dispersi e congelati).
Importanza strategica attuale delle Alpi. - In passato le Alpi rappresentavano il baluardo, difficilmente sormontabile, posto a difesa naturale dell'Italia: chi s'accingeva ad attraversarle doveva subire tutte le difficoltà proprie di una zona montana profonda e impervia, generalmente accessibile solo in corrispondenza dei valichi e lungo rotabili aventi ampio sviluppo, spesso interrotte da bufere di neve o da valanghe; il loro attraversamento costituiva di per sé stesso un problema che esigeva tempo e predisposizioni accurate. Ciò consentiva alla difesa di accorrere, di arrestare ogni tentativo e comunque di rendere ancor più difficile il movimento; le predisposizioni per la mobilitazione e la radunata potevano compiersi indisturbate al coperto della fascia montana, mentre il dominio esercitato dalle creste sulle sottostanti valli facilitava l'assolvimento dei compiti di copertura con forze limitate. La strategia poteva perciò orientarsi allo sfruttamento integrale di un elemento che rappresentava serio ostacolo ad ogni invasione.
La strategia moderna, invece, è ormai in grado di superare nelle sue concezioni e nella organizzazione delle più grandi azioni offensive, sistemi montani anche continui e profondi come quello alpino. Si pensi che oggi è possibile, con la preordinata costituzione di grandi basi aeree, aviotrasportare interi corpi d'armata anche corazzati in territorio nemico, preceduti dal lancio divisioni di paracadutisti per la conquista preventiva degli aeroporti e per intercettare i grandi nodi rotabili e ferroviarî, cosicché è possibile l'improvvisa apertura di un fronte dovunque, valicando in breve tempo zone impervie, a quote di tangenza elevatissime e a velocità ormai normali di 600 e più chilometri orarî. Si pensi inoltre che oggi la bomba atomica consente di portare l'offesa su vaste zone anche lontane per annientarvi ogni traccia di vita, e che l'impiego dei proiettili razzo radiocomandati può recare la distruzione su intere regioni. L'ostacolo montano, che un tempo richiedeva mesi per essere attraversato, e che offriva le migliori condizioni per arrestare o ritardare qualsiasi azione offensiva, potrebbe dunque essere superato in brevissimo tempo.
Tutto ciò non esclude peraltro, in un ambito più ristretto, la funzione dei massicci montani, come le Alpi, che sono e restano il baluardo difensivo dell'Italia sotto alcuni aspetti concernenti lo sfruttamento successivo di una invasione operata per via aerea (alimentazione, che dovrà preferibilmente seguire le rotabili e le ferrovie per ragioni di economia e di sicurezza, in rapporto al peso considerevnle dei trasporti logistici) e sotto l'aspetto tattico, facilitato anche da nuove forme di guerra minuta (quali, ad esempio, quelle proprie della lotta partigiana). Costituiscono perciò elemento determinante per garantire una buona difesa locale contro provenienze da terra, specialmente in quei tratti in cui la percorribilità fuori strada è pressoché nulla e ogni movimento è esclusivamente legato alle grandi rotabili.
Pur restringendo la visione al solo quadro tattico, non si può dimenticare che il trattato di pace ha assegnato alla Francia alcune zone della fascia alpina occidentale che le consentono il dominio effettivo delle valli italiane, mentre ad oriente, alla frontiera iugoslava, ha arretrato il confine fino ad imporre una frattura nell'unitarietà dell'ostacolo montano tra il M. Tricorno e il mare: per quanto tale arretramento sia avvenuto nell'ambito di zone che sono sempre state propizie al movimento e quindi all'offesa, porta sempre aperta, attraverso i secoli, alle invasioni, l'attuale confine ad est, come ad ovest, anche in dipendenza della larga fascia di territorio demilitarizzata in base al trattato di pace, non può più offrire quella garanzia che offriva il corrispondente confine prima della seconda Guerra mondiale.
Bibl.: Ministero della difesa, La battaglia delle Alpi Occidentali, giugno 1940, Roma 1947.