Vedi ALTAI dell'anno: 1958 - 1994
ALTAI
Grande sistema montuoso dell'Asia centrale che si eleva fra il bassopiano siberiano a N e le depressioni dello Zaisan e della Zungaria a S, la steppa dei Chirghisi ad O e ad E l'altipiano mongolo con la Valle dei Laghi e le catene del Tannu-ola e dei Saiani (v. Asia, Civiltà antiche dell').
La più antica denominazione turca per l'A. meridionale è Altyn-Yish (montagne d'oro), in cinese Kin Shang. Se il nome attuale deve la sua origine a una parola che significa "oro", non vi è che la parola mongola altan, o alta, che possa essere considerata. Questo nome A. sembra essere comparso sotto la dominazione dei Calmucchi.
Marco Polo (il Milione, cap. LVII) riportava che "tutti li Gran Cani sono sotterrati ad una montagna grande, la quale è chiamata Altay" e che in quelle tombe venivano posti anche i loro cavalli.
Il carattere morfologico dominante dell'A. è dato dal prevalere di forme d'altopiano su cui si elevano cime isolate e sottili catene - la cima più alta (Belucha) raggiunge i 4550 m - tra cui si incidono valli d'erosione e si deprimono bacini di affossamento. Il limite delle nevi sale in media, nell'A. russo, da 2500 m sul lato N a 3000 sul lato S, e nell'A. mongolo, da 3500 nella parte occidentale a 4000 m nella centrale e orientale. I ghiacciai attuali coprono, in tutto, poco più di 400 kmq. Le precipitazioni atmosferiche sono generalmente scarse; nelle zone montane cadono abbondanti le nevi, a cui attingono i fiumi, l'Ob, il Tomsk, il Jennisei, l'Irtish e i loro affluenti; verso O sono piccoli laghi senza emissario. Tutte le acque superficiali sono gelate dall'ottobre all'aprile.
Intorno alla metà del I millennio a. C., quando nella penisola Balcanica e sulla costa occidentale dell'Asia Minore fiorivano le repubbliche greche costituitesi nell'epoca classica (V-IV sec. a C.) e nell'Asia Anteriore si era formata la potente monarchia persiana degli Achemènidi, a N di questi stati, sull'enorme distesa delle steppe europee ed asiatiche, dei semideserti e delle regioni montuose vivevano numerose tribù nomadi presso cui ancora non si era affermato l'uso della scrittura. Queste tribù erano note ai Greci con l'unico nome di Sciti e ai Persiani col nome di Shaka. Le tribù che si erano fissate sulla striscia di steppe e nella zona pedemontana dell'Europa orientale e dell'Asia occidentale nei secoli IX-VIII a. C., passarono gradualmente a un'economia pastorale divenendo allevatori, nomadi o seminomadi, principalmente di cavalli. Caccia e agricoltura non scomparvero presso queste tribù, ma rimasero come occupazioni secondarie. La possibilità di mantenere durante tutto l'anno i cavalli e, in alcuni luoghi, le pecore, col pascolo, ne assicurò l'allevamento in massa e concentrò nelle mani di alcune persone grandi ricchezze sotto forma di mandrie. Quali proporzioni raggiungesse nel VI sec. a. C. l'allevamento dei cavalli presso queste tribù si può giudicare dal fatto che, in un solo kurgan (tumulo), sono state trovate alcune decine di cavalli sepolti, appartenuti ad un unico proprietario e uccisi nel rito funerario.
Quando in seno a queste tribù cominciarono ad emergere le famiglie più potenti e più ricche, si giunse ad un'organizzazione sociale in base alla quale si formarono potenti coalizioni guerriere, che non si limitavano a difendere il proprio territorio e le proprie ricchezze, ma intraprendevano spedizioni brigantesche. Tale fu, ad esempio, la marcia trionfale degli Sciti nel VII sec. a. C. verso l'Asia Anteriore, di cui rimasero padroni per quasi 30 anni.
La cultura delle tribù altaiche di quest'epoca era legata intimamente a quella delle altre tribù delle steppe con loro imparentate, sia degli Shaka che degli Sciti. Il fatto che la base economica fosse unica, essendo occupazioni principali la pastorizia e l'allevamento nomade, e la grande mobilità di queste popolazioni - che non trovavano ostacoli naturali nel territorio su cui vivevano - le portarono ad avere contatti continui fra loro e ad uniformare così gli aspetti della loro cultura.
Data la varia origine di queste tribù e la varietà dei loro rapporti culturali, a O col mondo greco e a S con i popoli dell'Asia Anteriore, era naturale che ognuna di esse avesse caratteri differenti, propri, che si manifestarono anche nell'arte. L'arte delle tribù dell'A., pur avendo molti tratti in comune con quella delle tribù degli Shaka e degli Sciti, se ne distingue per una serie di caratteristiche proprie.
La valle di Pazyryk, dove è stato scavato il maggior numero di kurgan, è corta, poco profonda, priva di corsi d'acqua perenni. Il clima presenta, oggi come in antico, inverni lunghi e freddi ed estati brevi ed asciutte; le piogge sono rare, la neve è spazzata via dal vento. La flora, di tipo steppico, è caratterizzata da erbe che si prestano ad un buon allevamento del bestiame; le montagne sono ricche di boschi.
I kurgan presentano una fossa scavata nel terreno: nella metà meridionale di essa è ricavata una cella, formata da travi lignee, riservata a sepolture umane; la parte settentrionale è destinata alle sepolture dei cavalli. Il tumulo è composto di terra e pietrame. Le inumazioni avvenivano al principio dell'estate o dell'autunno, il cadavere era imbalsamato dopo l'estrazione delle parti molli e dei muscoli, forse destinati a pasto rituale, e sepolto nella cella, spesso tappezzata di feltro, con il corredo funebre. Nei tumuli maggiori il defunto era sepolto in un sarcofago di legno intagliato e decorato. Il corredo funebre consta di piccoli tavoli di legno, lavorati a tornio, di armi, lucerne, borse di pelle che contengono semi di canapa usati come narcotici. Tra le vesti si notano camice di canapa, kaftan, pellicce, stivali, cuffie da donna. Uomini e donne usavano monili, tra i quali orecchini.
Le sepolture sono state tutte depredate in età antica e sono prive di oggetti di metallo, il corredo è disperso; le celle destinate ai cavalli sono state rispettate perchè più povere. Gli animali, dopo essere stati uccisi con un colpo di dava sulla testa, erano sepolti con le bardature e parti dei carri. Le selle, i finimenti, i morsi sono decorati con placche di metallo e di legno decorate ad intaglio; caratteristiche le cuffie di cuoio decorate da pennacchi di legno e cuoio.
Le sepolture destinate ai capi presentano un corredo più ricco. Oggetti importati dalla Mesopotamia e dalla Cina testimoniano vivaci rapporti commerciali delle popolazioni dell'A., sui quali deve aver influito l'uso dell'esogamia. Fonti cinesi descrivono i doni destinati alle principesse cinesi che andavano spose a capi unni. Il ritrovamento di oggetti importati (tappeti mesopotamici, stoffe cinesi) ha permesso di datare alcuni dei kurgan di Pazyryk al V sec. a. C., altri alla fine del V o inizio del IV sec. a. C.
La caratteristica dei grandi kurgan dell'A. esplorati sta nel fatto che l'acqua di infiltrazione, penetrata in essi poco tempo dopo la loro costruzione, rimase congelata, data l'altezza cui le tombe erano situate, al limite delle nevi eterne; in queste condizioni di gelo costante e millenario si sono conservati perfettamente, non solo il corredo funerario completo, ma spesso anche i corpi imbalsamati e i corpi dei cavalli. Ne consegue che l'arte delle stirpi dell'A. ci è apparsa in tutta la sua varietà, nelle creazioni più svariate, non solo in metallo (tanto più che questi kurgan furono saccheggiati già nell'antichità) o in pietra, ma anche in legno, corno, cuoio, pelliccia e feltro, lavorati con le tecniche più diverse. Abiti di pelliccia o di pelle, ricoperti da applicazioni artistiche in cuoio o da mosaici di pelliccia, ogni sorta di ornamenti personali o di finimenti dei cavalli, fusi in rame o intagliati nel legno, utensili casalinghi e tappeti per le pareti.
L'immagine dell'arte figurativa degli Sciti o degli Shaka si identifica di solito col concetto di "stile animalistico", che deriva dall'eccezionale predominio che ha in quest'arte la raffigurazione degli animali e dalla tecnica particolare usata nel riprodurli. Tuttavia bisogna tener presente che nell'arte di dette tribù, e in particolare nell'arte dell'A., un posto importante era occupato dagli ornamenti geometrici e da quelli presi dal mondo vegetale (rosoni; rosette, palmette, fiori di loto, ecc.), non di rado molto complicati e di alto valore artistico (v. Animalistico, stile).
Per le tribù dell'A., come per le altre tribù allevatrici di cavalli in quell'epoca, è caratteristica la raffigurazione di animali appartenenti quasi esclusivamente alla fauna locale. Nell'A. venivano raffigurati: l'alce, il cervo, il montone e lo stambecco, il capriolo, un tipo d'antilope, il cinghiale, la tigre, la pantera, il lupo, la lepre, l'aquila, il cigno, l'oca, l'anitra, il gallo ed altri; degli animali domestici solo il cavallo. Oltre a questi animali reali, caratteristica per l'arte dell'A. è la raffigurazione di ogni sorta di animali fantastici, che riuniscono in sé i tratti salienti delle varie famiglie. Parte di queste raffigurazioni è propria dell'A., parte di origine esotica, dell'Asia Anteriore. Più di rado venivano rappresentate figure umane.
Gli atteggiamenti e le combinazioni in cui venivano rappresentati i vari animali sono differentissimi. Si hanno figure isolate in stato di riposo, sdraiate, con le zampe ripiegate, con la testa protesa in avanti o voltata da un lato, o indietro, sollevate sulle zampe anteriori, o striscianti; talvolta gli animali avanzano lentamente l'uno dietro l'altro in corsa o nel salto, a volte feriti o con la parte posteriore del corpo contorta in scene di lotta e di assalto di un animale contro un altro o avvinghiati in lotta mortale. Spesso si trovano sovrapposte, come in un blasone, figure di animali interi o solo le loro teste. La raffigurazione di teste isolate veniva eseguita non solo di profilo, ma anche di prospetto.
Anche la tecnica, nell'arte figurativa, era molto vana: intaglio in legno e in osso, raffigurazioni scolpite nel legno in basso o alto-rilievo, sculture a tutto tondo, sagome di figure ritagliate nel cuoio, mosaici di pelliccia o applicazioni di pezzetti variopinti di feltro sottile, ricami e oggetti fusi in metallo.
L'arte delle antiche popolazioni dell'A., come quella delle altre tribù di allevatori, affini a loro per cultura, era un'arte destinata ad ornare ogni sorta di oggetti. Di qui la tendenza generale a sottolineare le caratteristiche più tipiche dell'animale riprodotto, esagerandone perfino le dimensioni; così, per esempio, sono accentuate le corna del cervo, le zanne del lupo e della tigre, le fauci enormi e le rughe del labbro superiore del gatto selvatico, le orecchie e la potenza del becco del grifo. Là dove occorreva fare entrare una data raffigurazione nella forma determinata di un oggetto, gli artisti non esitavano a deformarne le proporzioni naturali. Così nella forma di un ciondolo da sella troviamo raffigurata la testa di un gatto che ne ricopriva tutta la superficie; nella forma della copertura dell'arcione della sella, un alce saltante con corna di cervo; nella forma rotonda di una placca frontale del finimento, venne inserita la raffigurazione di una coppia di grifi. Inoltre venivano ampiamente usati procedimenti artificiali e particolari segni convenzionali, coi quali si cercava di sottolineare le forme e i dettagli del corpo degli animali raffigurati. Tutti questi procedimenti, nel loro complesso, hanno dato origine a quelle proprietà stilistiche che sono così caratteristiche di quest'arte.
Uno dei procedimenti fondamentali usati nella raffigurazione degli animali e di altri motivi, soprattutto nell'intaglio in legno a rilievo - riflesso poi anche nella fusione in metallo - è quello di rendere le forme con piani inclinati, più o meno fortemente contrastanti, tangenti lungo linee determinate. Tipico era il modo di rappresentare le striature della tigre con linee a zig-zag intagliate profondamente.
Un posto importante nell'arte dell'A. era occupato da un particolare procedimento stilistico usato per segnalare e sottolineare le forme rilevanti del corpo dell'animale con alcuni segni convenzionali simili a "parentesi", "punti e virgole", ecc. In esso si vuole vedere un prestito dall'arte dell'Asia Anteriore, sebbene di ciò non vi siano prove decisive. Nel 1949, durante gli scavi del 5° kurgan di Pazyryk nell'A. orientale, sono state scoperte per la prima volta autentiche opere dell'Asia Anteriore nella regione dell'A.: il più antico tappeto del mondo a noi noto, di lana cardata, e alcuni tessuti di lana di finissima lavorazione. Il tappeto è di forma rettangolare (1,85 × 2 m). Ha un bordo complicato che incornicia la parte centrale, un campo su cui si ripete più volte lo stesso disegno: una combinazione di fiori e di sepali. Il campo centrale è incorniciato da una serie di raffigurazioni ripetute di grifoni aquilini. Poi vengono file di daini pascolanti uno dietro l'altro nella direzione delle lancette dell'orologio. Il bordo successivo è formato da disegni uguali a quello del centro.
Il penultimo è un largo bordo, formato dalla raffigurazione alternata di cavalieri appiedati e a cavallo, che vanno uno dietro l'altro in direzione opposta a quella dei daini; l'ultimo bordo consta di piccole immagini di grifoni aquilini.
Questo tappeto è multicolore, con prevalenza di tonalità delicate: rosso, verdastro, giallo chiaro, arancione, azzurro, bianco, nero. Sulla spalla dei daini vediamo ripetersi alcune convenzioni stilistiche della tradizione persiana antica, come elementi, a forma di "mela" o di "pera", sulle groppe un "punto tra parentesi". Identici segni si trovano sul corpo dei leoni che avanzano lentamente, uno dietro l'altro, su una piccola striscia di tessuto proveniente dallo stesso kurgan. L'epoca del tappeto viene stabilita in base alla raffigurazione dei cavalieri, che ricordano cosi distintamente quelli che si possono vedere nei bassorilievi di Persepoli, e dei leoni, analoghi a quelli riprodotti sull'abito di Serse a Persepoli o sul fregio delle famose mattonelle smaltate di Susa. Infine la stessa epoca - V sec. a. C. - ci è indicata dal tessuto su cui sono rappresentate donne incoronate, in atteggiamenti di preghiera davanti a un incensiere, seguite dalle inservienti.
A parte il loro eccezionale valore storico e artistico, queste antichissime opere persiane del tempo degli Achemènidi testimoniano rapporti diretti - chiaramente riflessi nell'arte delle tribù altaiche - tra le popolazioni dell'A. con l'Asia Anteriore. Questi rapporti si manifestano non solo in quei segni convenzionali di cui si è parlato prima, ma anche nei motivi dell'arte, nelle raffigurazioni dei grifi, della sfinge e dei grifoni aquilini e leonini.
Tra le raffigurazioni di animali fantastici gli artisti dell'A. hanno mostrato una particolare predilezione per gli uccelli-grifi, dalle orecchie lunghe con un ciuffo sulla testa, e cresta di penne. Si hanno decine delle più svariate raffigurazioni di questo mitico essere, simile, nelle linee, ai grifi di Persepoli, ma con il ciuffo particolarmente marcato. Teste di grifo coronano i finimenti e servono anche come ornamento isolato nella imbrigliatura dei cavalli. I grifi venivano rappresentati in atto di sbranare quadrupedi (generalmente cervi), come anche indipendentemente da tali scene. Originale è la raffigurazione in cui la cresta di penne del grifo è sostituita da corna di cervo.
Nel 5° kurgan di Pazyryk sono state scoperte raffigurazioni di leoni con torso umano, eseguite come applicazioni di leggero feltro colorato. Queste specie di sfingi alate stanno ritte sulle zampe posteriori e tengono in mano degli uccelli; hanno volti umani, ma le orecchie animalesche. Sulla testa, oltre alle acconciature, hanno corna ramificate; anche la forma delle code è simile a quella delle corna; le ali, sollevate verso l'alto, sono eseguite con cura e sono di grande effetto. La raffigurazione di leoni alati con torso o testa umana, era nota nell'Asia Anteriore non più tardi del principio del II millennio a. C. Un motivo simile si trova anche sugli antichi sigilli babilonesi; più spesso che altrove in Assiria; manca invece negli edifici monumentali della Persia e in particolare in quelli di Persepoli. Se ne deduce che questo motivo poté comparire nell'A. non dopo il VII sec. a. C., solo come risultato di antichi rapporti con l'Asia Anteriore, precedenti l'epoca degli Achemènidi, sinché nel V sec. a. C. ha trovato una speciale trattazione locale.
Ci sono nell'A. non poche raffigurazioni di grifoni leonini alati, tutti stilisticamente molto vicini a quelli dell'Asia Anteriore e, particolarmente, a quelli persiani. Per esempio, il grifone leonino che assale lo stambecco viene raffigurato con le fauci aperte, grandi orecchi, una cresta e le corna, proprio come quelli del grifone leonino del fregio di mattonelle di Susa. Le ali fortemente arcuate sono rese con grazioso disegno convenzionale; sulla sua groppa, come su quella dello stambecco, si ritrovano i tradizionali e ben noti segni di "parentesi e punto". Particolare interesse offre la rappresentazione di una testina di uccello, invece di un ciuffo, alla fine della coda.
Teste di uccelli sulla punta della coda, in raffigurazioni di mostri fantastici, erano note, nell'Asia Anteriore, per lo meno dal II millennio a. C. Dalla Mesopotamia questo particolare, insieme ad altri motivi ornamentali, è passato agli Hittiti: si può vederlo nelle sculture e nei bassorilievi delle antiche città degli Hittiti del XIV sec. a. C. Questo motivo ornamentale, - in particolare la raffigurazione di una testina di grifo - ha avuto grande diffusione fra tutte le tribù nomadi dell'Europa orientale e dell'Asia occidentale, soprattutto nella raffigurazione di animali fantastici, e anche in quella dei leoni, delle tigri e dei lupi. Spesso queste testine di grifi venivano eseguite non solo sulla punta della coda, ma anche sul garrese, a volte lungo tutta la schiena e sui rami delle corna. Si veda, ad esempio, una delle numerose raffigurazioni di animali fantastici eseguite nel tatuaggio scoperto sul corpo di un capo tribù nel 2° kurgan di Pazyryk. Vi vediamo un cervo con becco di grifo e testine di grifi raffigurate schematicamente sulle punte delle corna, sul garrese e sulla punta della coda.
Non meno numerose sono nell'A. le raffigurazioni di grifoni aquilini, sia in scene di lotta con grifoni leonini, sia in assalti a quadrupedi zoccolati, sia anche isolati; in questo caso hanno il corpo di leone o di tigre, testa di grifo e l'ala disegnata nello stesso modo dei grifoni leonini.
In questa raffigurazione vediamo inoltre la parte posteriore del corpo rovesciata, procedimento caro agli artisti dell'A. quando volevano dare alla loro opera un equilibrio compositivo e sottolineare la flessuosità del corpo di un rapace, di un felino, oppure raffigurare un animale colpito.
L'esame dei motivi artistici dell'arte figurativa delle tribù montanare dell'A. non sarebbe completo se non si ricordasse l'enorme tappeto murale di feltro bianco (misure: m 4,5 × 6,5) del 5° kurgan di Pazyryk. Il tappeto è notevole per il fatto che su di esso è ripetuta più volte, con la tecnica dell'applicazione, una scena policroma: una dea seduta in trono con un ramo fiorito in mano e davanti a lei, in piedi, un cavaliere con un gorit alla cintura.
L'arte delle antiche popolazioni dell'A. ha tratto origine dall'arte animalistica delle tribù neolitiche della Siberia occidentale verso la metà del I millennio a. C.; ha raggiunto il suo più alto sviluppo in seguito agli ininterrotti contatti con le tribù delle steppe e delle zone pedemontane euroasiatiche, e ai rapporti coi popoli più progrediti del vicino Oriente. Rimane da stabilire chi fossero gli autori di questi oggetti. Si tratta dell'opera di artisti specializzati che si trovavano presso gli accampamenti dei capi supremi e dei capi tribù, o si tratta di opera popolare? Quest'ultima ipotesi è sostenuta dal fatto che tutto l'ambiente familiare era saturo di oggetti dalla forma artistica: quasi tutti gli oggetti utili avevano forma artistica. Ciò era favorito dall'accessibilità del materiale in cui erano eseguiti i motivi artistici. L'accettazione generale dei motivi e dei metodi di riproduzione, lo stile stesso in cui erano eseguiti, tutto ciò ci dice che abbiamo a che fare con un' autentica arte popolare e non con l'opera di artisti specializzati stranieri al seguito dell'aristocrazia delle tribù. L'analisi di tutte le opere d'arte delle antiche popolazioni dell'A. ci mostra che, pure nell'alto livello generale, alcune di esse erano opere di artisti di talento e altre di artisti mediocri. Tuttavia essi erano tutti autentici creatori e non ciechi imitatori di modelli universalmente accettati. Tra le molte centinaia di opere d'arte degli antichi abitanti dell'A. che ci sono note oggi, è raro incontrare anche due soli oggetti uguali. Pertanto ogni grande kurgan che verrà messo in luce in avvenire promette di arricchire di nuove opere il già ricco tesoro dell'arte dell'antico Altai.
(S. I. Rudenko)
Nell'alto A. conosciamo l'arte dell'epoca scitica specialmente dalle fragili stoffe, dal legno, da lavori in osso e dai tessili. L'inestimabile complemento degli scavi russomeridionali indica che, effettivamente, i lavori in metallo del Ponto risalgono ad un'arte dell'intaglio di grande estensione.
Accanto alle numerose analogie con la Russia meridionale (giunture zoomorfe, contorsione del treno posteriore nei quadrupedi, accentuazione dell'apparato motorio), si osservano anche alcune differenze così forti, da non poter parlare in favore di una immediata dipendenza. Si tenga conto soprattutto delle seguenti osservazioni: 1. Prima di tutto vi sono altri animali che non hanno origine nell'ambito dell'Altai. 2. Gli animali vengono raffigurati simmetricamente e un poco come le maschere cinesi t'ao-t'ieh. 3. La speciale predilezione per la plastica a tutto tondo indica, presumibilmente, una eredità delle zone boscose. 4. Il traffico dell'oro e le migrazioni dei mercenari spiegano probabilmente la presenza di motivi puramente achemènidi.
Alcune proprietà dell'arte dell'A. rendono problematica l'espressione di "arte animalistica". Si nota specialmente sui tessili una accentuata predilezione per i viticci geometrici, per motivi a corna di ariete e disegni a vortici. Nell'arte dello stesso periodo, nella Russia meridionale, tali caratteri appaiono molto più deboli, e già conducono all'arte tessile delle popolazioni odierne dell'interno dell'Asia. È possibile che tali motivi siano stati portati da pellegrini di tipo mongolo provenienti dall'Oriente, ai quali apparteneva, per esempio, il condottiero sepolto nel 2° kurgan di Pazyryk.
Già nel 1867 Wilhelm Radloff aprì due grandi tombe a tumulo (kurgan), nelle valli dell'alto A. (Berel e Katanda); il corredo di oggetti di legno e di metallo ivi rinvenuto ricorda molto, dal punto di vista artistico, le tombe scitiche della Russia meridionale. Altri oggetti erano stati inventariati in Europa, come appartenenti al periodo sarmatico. Ulteriori scavi, eseguiti dopo la prima guerra mondiale, hanno permesso di asserire che si tratta effettivamente di una nuova provincia dello stile animalistico scitico e di chiarire ampiamente la successione cronologica e l'ordine culturale dei nuovi monumenti.
Il culmine di questa attività di scavi è costituita dalla apertura del Sibe-kurgan e del io kurgan di Pazyryk (1927-29), e poi degli altri (specialmente importanti il 2° e il 5°; 1947-49). Si distinsero nei lavori di scavo S. I. Rudenko, M. P. Grjaznov e S. V. Kiselev.
(K. Jettmar)
Bibl: S. I. Rudenko e A. N. Gluchov, Mogil'nik Kudyrge na Altae ("La tomba di Kudyrge nell'A."), in Materialy po etnografii, III, 1927, 2; A. Zakharov, Materials on the Archeology of Siberia, in Eurasia Septentrion. Antiqua, III, Helsinki 1928, p. 132 ss.; M. P. Grjaznov e E.A. Golomshtok, The Parzyryk Burial of Altai, in Am. Journ. Arch., XXXVII, 1933, i, p. 30 ss.; S. I. Rudenko, Vtoroj Pazyryksskij kurgan ("Il secondo kurgan di Pazyryk"), Leningrado 1948 (di questo lavoro è stata pubblicata una traduzione tedesca, Berlino 1952); S.I. Rudenko e N.M. Rudenko, Iskustvo Skifov Altaja ("L'arte degli Sciti dell'A."), Mosca 1949; M. P. Grjaznov, Pervyi Pazyrykskij kurgan (Gos Ermitaž) ("Il primo kurgan di Pazyryk [Ermitage statale]"), Leningrado 1950; S.I. Rudenko, Raskopki Pazyrykskoj gruppy kurganov ("Gli scavi del gruppo di kurgan di Pazyryk"), in Kratk. Soobšč. Inst. Istor. Materialn. Kul'tury, XXXII, 1950, p. 11 ss.; dal 1951 sono comparsi importanti articoli nelle riviste Kratkie Soobšč. Inst. Ist. Materialn. Kul'tury e Sovetsk. Arch.; K. Jettmar, The A. before the Turks, in Bull. of the Museum of Far Eastern Antiquities, XXIII, 1951, p. 135 ss.; S. V. Kiselev, Drevnjaja istorija Južnoj Sibiri ("La storia antica della Siberia meridionale"), Mosca 1951; S. I. Rudenko, Der zweite Kurgan von Pazyryk (16° Supplemento alla Sowjetwissenschaft), Berlino 1951; id., Pjatyj Pazyrykskij kurgan ("Il quinto Kurgan di Pazyryk"), in Krat. Soobšč. Inst. Istor. Materialn. Kul'tury, XXXVII, 1951, p. 106 ss.; id., Po sledam drevnich kul'tur ("Sulle tracce della cultura antica"), Mosca 1951; F. Hancar, The Eurasian Animal Style and the A. Complex, in Artibus Asiae, XV, 1952, 1-2, p. 171 s.; S.I. Rudenko, Gornoaltajskie nachodki i Skifi ("I ritrovamenti dei monti A. e gli Sciti"), nella serie Itogi i problemy sovr. nauki ("Conclusioni e problemi della scienza moderna") dell'Accad. delle Scienze, Mosca-Leningrado 1952; S. I. Rudenko, Kultura naselenija Gornogo Altaja v skifskoe vremja ("La cultura della popolazione dei monti dell'A. al tempo degli Sciti"), Mosca-Leningrado 1953.
(K. Jettmar - S. I. Rudenko)