ALTAVILLA
. La casa degli Altavilla dovette alla sua povertà la sua fama, la sua grandezza, la sua potenza. Il nome (Hauteville-leGuichard, ora nel cantone di Saint-Sauveur Lendelin, circ. di Coutances, dip. della Manche) apparteneva a un feudo di Normandia di dieci cavalieri. Era signore, al principio del sec. XI, un Tancredi che, oltre alla non scarsa prole femminile, da Muriella, sua prima consorte, ebbe Guglielmo (che fu poi soprannominato Braccio di ferro), Drogone, Umfredo, Goffredo e Serlone; e, da una seconda consorte, Fresenda, Roberto (detto poi Guiscardo), Maugero, un altro Guglielmo, Alveredo, Tancredi, Umberto e Ruggero. Insufficiente a tanti cavalieri il patrimonio nel paese natio, quelli che non lo abbandonarono rimasero nell'ombra; gli altri, che emigrarono alla ventura, raggiunsero, chi più chi meno, importanza di personalità storiche; e due di essi, Roberto e Ruggero, importanza superiore a quella dello stesso Guglielmo il Conquistatore, loro compatriota. Perché questi, principe a capo d'un esercito suo, s'insignorì del regno, già costituito, d'Inghilterra; quelli, poveri in canna, iniziata la loro carriera col servire da mercenarî e saliti a divenire dominatori, crearono coi loro figliuoli un formidabile stato, che parve più d'una volta potere ingoiare l'impero d'oriente; che in Asia fondò uno splendido principato a difesa della cristianità contro i Turchi: che in Italia, distrutte le varie vecchie signorie nemiche fra loro e logoranti il paese, ne raccolse e compose e ordinò le rovine in una monarchia, per ricchezza, per potenza, per grado di civiltà superiore a tutti gli altri stati del sec. XII.
La fortuna anteriormente incontrata da altri normanni, divenuti possessori di terre e signori in Terra di Lavoro, additò la prima meta ai figli di Tancredi. I primi due fra loro, Guglielmo e Drogone, se non anche Umfredo, che, ad ogni modo, li raggiunse poco dopo, con altri cavalieri e gregarî, apparvero verso il 1033 al servizio del principe di Capua in guerra contro il principe di Salerno. Servirono poi Salerno contro Capua; poi in Sicilia i Greci contro i Musulmani. Poi si offrirono liberatori ai popoli della Puglia malcontenti del dominio greco. In lega con gl'indigeni combatterono e vinsero i Greci. Il territorio a questi tolto si divisero fra loro, tenendosi Ascoli Guglielmo, Venosa Drogone; e, costituitolo in una contea di Puglia, Guglielmo prima (1042-1051) ne fu riconosciuto capo, sempre continuando la guerra ed estendendo il proprio dominio a danno dei Greci, mentre Drogone assurgeva all'onore di genero del principe di Salerno.
Già venuto Umfredo, sopraggiunse poi Roberto. Questi, poco favorevolmente accolto dai fratellastri, inviato a guerreggiare contro i Greci in Calabria, iniziò colà la sua carriera da vero capo-brigante. Né molto più umani altrove si mostravano i suoi compatrioti, da liberatori mutati in oppressori, mentre il papa, divenuto signore di Benevento, li sentiva troppo molesti vicini. In una esplosione d'odio generale Drogone morì assassinato. Lasciava, con due femmine, un figlio Riccardo che divenne signore di Mottola e Castellaneta, dalla moglie Altrude ebbe beni a Massafra, e si segnalò poi nell'impresa contro l'imperatore Alessio Comneno. Ma a capo della contea fu eletto suo zio Umfredo, che a Civitate vinse Leone IX (17 giugno 1053) e continuò la conquista.
La diffusa notizia dei trionfi ottenuti fu esca a nuove immigrazioni; Umfredo fu raggiunto dal germano Goffredo, a cui diede poi fama l'importanza del figlio Roberto di Loritello, e dai fratellastri Maugero e Guglielmo. Morto Umfredo (1057) e rimasti di lui due figli, Abelardo ed Ermanno, lo zio Roberto ne usurpò il retaggio, si fece eleggere conte, investire dal papa duca di Puglia e Calabria (1059); compì la conquista di queste due regioni, vi aggiunse quella della Sicilia, ceduta in contea al minor fratello Ruggero, e l'altra del principato longobardo di Salerno, sul cui territorio costituì una contea per l'altro fratello Guglielmo, e tentò due volte d'impadronirsi dell'impero d'oriente (v. roberto). Morendo (1085), lasciò suo erede nel ducato di Puglia e Calabria e nel principato salernitano il minore figlio Ruggero (detto Borsa), nato dalla seconda moglie. Il maggiore, Boemondo, generatogli dalla prima consorte, ricevuta non altro che la signoria di Taranto, partì poi per la crociata, e si costituì un principato ereditario in Antiochia.
Così la casa Altavilla, emigrata dalla Normandia, risultò composta di tre rami principali: pugliese, siciliano e antiocheno. Rappresentante del primo fu il duca Ruggero Borsa, le cui numerose sorelle - oltre la prima, Elena, promessa a Costantino Comneno - aveano sposato Ebles conte di Roncy, Ugo d'Este, Raimondo Berengario II di Barcellona, morto poi e sostituito nel talamo da Aimerico I di Narbona, e altri meno illustri. Maritato ad Alaina, Ruggero, morendo (1111), lasciò lo stato al figlio Guglielmo sotto la reggenza della vedova. Il duca Guglielmo non ebbe prole dalla moglie Gaitelgrima. Sicché alla sua morte lasciò contrastata la successione (1127). Boemondo I, sposatosi a Costanza di Francia, morto egli pure nel 1111, lasciò il principato di Antiochia al figlio Boemondo II (morto nel 1131); e questi alla figlia Costanza, che, maritata al conte Raimondo di Poitou, lo trasmise al figlio Boemondo III.
Più duraturo e più glorioso fu il ramo di Sicilia, cominciato con Ruggero, che s'intitolò gran conte di Sicilia, ed ebbe tre mogli - Giuditta, figlia di Guglielmo d'Evreux, Eremburga, figlia di Guglielmo di Mortain, e Adelaide, figlia del marchese Manfredi di Savoia - e premorti più figli. Dei maschi, a lui, morto nel 1101, sopravvissero Simone, che gli successe nella contea sotto la reggenza della madre Adelaide e morì nel 1105; e Ruggero II, che successe al fratello.
Questo terzo gran conte di Sicilia armata mano si conquistò il retaggio di Guglielmo, e con bolla del 27 settembre 1130 si fece riconoscere dall'antipapa Anacleto II re di Sicilia, duca di Puglia, nonché principe di Capua e signore del ducato di Napoli, appartenenti in quel tempo ad altri signori (v. ruggero II). E conquistò infatti l'una e l'altro, e congiunse al regno di Sicilia tutto quello che fu poi regno di Napoli, e forzò il pontefice Innocenzo II a confermare l'investitura fattagli da Anacleto II (1139). Tornò poi a minacciare l'Impero d'oriente; e prese piede nell'Africa settentrionale. Della abbondante prole generatagli dalla prima moglie, Elvira di Castiglia, non gli sopravvisse che Guglielmo, già da Ruggero associato al trono. La seconda, Sibilla di Borgogna, morì di parto nel 1181; la terza, Beatrice di Rethel, partorì postuma Costanza.
Gli successe quindi Guglielmo (1154-1166), soprannominato il Malo, che, vivente il padre, s'era unito in matrimonio con Margherita di García VI Ramirez, re di Navarra. Da costei nacquero Guglielmo, tredicenne quando rimase orfano del padre e gli successe sul trono, ed Enrico, principe di Capua, che venne a morte nel 1172. Dopo cinque anni di reggenza, tenuta virilmente da Margherita, Guglielmo II il Buono assunse il governo dello stato (1171). Nel 1177 sposò Giovanna, figlia del re Enrico II d'Inghilterra, dalla quale non ebbe prole. Onde sua erede divenne la zia Costanza, che Federico Barbarossa chiese e ottenne in sposa pel figlio Enrico (1186). Morto Guglielmo II (18 novembre 1189), si palesò il contrasto fra i due partiti derivati da quelle nozze, con l'elezione del conte Tancredi di Lecce a successore di Guglielmo (1190). Il nuovo re, sposatosi a Sibilla dei conti d'Acerra, ne amava avuto cinque figli: Ruggero, Sibilla, Elvira, Costanza e Guglielmo. E, poiché il primo cessò di vivere poco dopo le sue nozze con Irene figlia d'Isacco l'Angelo nel 1193, alla morte di Tancredi (20 febbraio 1194), la regina vedova assunse la reggenza per Guglielmo III. Ma non poté salvarlo contro Enrico VI, che, conquistatore del regno, le promise di lasciare al piccolo re spodestato la contea di Lecce col principato di Taranto. Quella promessa non fu mantenuta; e, inviata prigioniera in Germania tutta la famiglia reale, colà sparve nell'ombra l'ultimo degli Altavilla (1198?).
Bibl.: F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, Parigi 1907. Ivi, ogni altra indicazione bibliografica.