Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Pittore, disegnatore, incisore e architetto, Altdorfer è uno dei principali artisti del Rinascimento tedesco. Già le sue prime opere manifestano quei caratteri che faranno di lui il più importante esponente della scuola danubiana, e in particolare il principale artefice della pittura di paesaggio che con il suo contributo conquista una piena autonomia. Insieme a Dürer, Daniel Hopfer il Vecchio e lo svizzero Urs Graf è fra i primi a sperimentare la tecnica dell’acquaforte, realizzando le prime incisioni di paesaggio con valore autonomo.
La scuola danubiana
Con l’espressione "scuola danubiana" si definisce un eterogeneo gruppo di artisti, pittori, scultori e architetti attivi nei primi tre decenni del XVI secolo, nelle cui opere sono rintracciabili elementi comuni.
Questi artisti provengono e operano prevalentemente nelle città austro-bavaresi situate lungo il Danubio, quali Vienna, Ratisbona e Passau. La definizione di scuola danubiana o stile danubiano è in realtà piuttosto impropria perché non si tratta di una vera scuola regionale e perché gli artisti, accomunati sotto questa etichetta, non fanno parte di un’unica bottega. Il merito di avere posto le basi per le prime manifestazioni artistiche della scuola danubiana spetta a Lucas Cranach il Vecchio (1472-1533), attivo agli inizi del secolo nella Vienna umanistica, dove si diffonde una nuova sensibilità verso la natura e le sue mutevoli manifestazioni.
L’artista giunge a Vienna nel 1500 circa, probabilmente su invito del poeta umanista Johannes Cuspinian, e vi rimane fino al 1504, anno in cui parte per Wittenberg. Durante questo soggiorno Cranach, stimolato anche dalle xilografie dell’Apocalisse di Dürer, introduce nelle sue opere una nuova visione del paesaggio, aprendo la strada alle future esperienze della scuola danubiana. Fondamentale per le origini dello stile danubiano è anche l’apporto di altri artisti attivi a cavallo del secolo, fra i quali spiccano i nomi di Michael Pacher e del suo allievo Max Reichlich, di Jorg Breu e Rueland Frueauf. Nelle opere di questi artisti, oltre alla conoscenza delle nuove tendenze prospettiche e figurative provenienti dall’Italia, si fa evidente la necessità di conferire al paesaggio un valore figurativo autonomo, e di descriverne i fenomeni naturali filtrandoli attraverso la propria personalità e il proprio stato d’animo. La figura umana assume spesso un’importanza subordinata rispetto al paesaggio, cui è tuttavia intimamente legata da comuni forze cosmiche. Anche dal punto di vista tecnico e stilistico molte sono le novità della scuola: la personalità e lo stato d’animo dell’artista emergono prepotentemente nell’uso di una linea dal valore fortemente espressivo che si evidenzia soprattutto nei disegni e nelle incisioni, in cui il tratteggio a penna, accompagnato da forti lumeggiature bianche, esprime forza e sensibilità soggettive. Le tradizionali tecniche di stesura pittorica vengono così volutamente trascurate in nome di una pennellata dal segno più personale e immediato. Sono soprattutto Albrecht Altdorfer e Wolfang Huber, rispettivamente a Ratisbona e a Passau, a cogliere l’insegnamento degli artisti attivi a cavallo del secolo e a diffondere questa nuova sensibilità artistica.
La vita e le opere di Altdorfer
La vita di Albrecht Altdorfer è ancor oggi oscura per molti aspetti, soprattutto per quanto riguarda la sua provenienza e il suo apprendistato. Nato a Ratisbona nel 1480, probabilmente segue un primo apprendistato presso la bottega del padre Ulrich, anche se parte della critica cita ripetutamente una possibile formazione presso una bottega di Ratisbona facente capo al miniatore Berthold Furtmeyer.
Alcune delle tredici xilografie risalenti alla prima attività di Altdorfer sono firmate con un monogramma chiaramente derivato da quello di Dürer, a testimoniare una conoscenza precoce delle opere grafiche del maestro di Norimberga; certe difficoltà stilistiche lasciano tuttavia pensare a un atteggiamento da autodidatta, cui manca una solida formazione di base. Fondamentale, per il giovane Altdorfer, è il viaggio intrapreso lungo le rive del Danubio che lo porta a conoscere, a Sankt Wolfgang sul Mond See e a Salisburgo, gli altari di Michael Pacher, artista formatosi a Padova a contatto col Mantegna.
Sulle novità di Pacher e dei suoi allievi il giovane Altdorfer medita a lungo, ricavandone spunti fondamentali che riemergono lungo tutto l’arco della sua attività artistica.
Fra le prime opere di Altdorfer vi è La decapitazione di santa Caterina: l’acceso colorismo, derivato da Cranach, la difficoltà nella resa prospettica del paesaggio, troppo ripido e scosceso, oltre alla debolezza delle proporzioni e dell’anatomia dei personaggi, inducono la critica a collocare l’esecuzione dell’opera poco prima del 1506.
Di poco posteriore è la Famiglia di Satiri monogrammata e datata 1507. La scena, di difficile interpretazione, risente delle contemporanee concezioni di origine italiana, i cui echi giungono oltralpe attraverso la diffusa circolazione di incisioni. Nel San Giorgio e il drago, monogrammato e datato 1510, Altdorfer rivela già uno stile personale che racchiude in nuce tutti quegli elementi che caratterizzano la sua futura attività e ne faranno il principale esponente della scuola danubiana. L’uomo non è più il soggetto principale della rappresentazione: la leggenda di san Giorgio è, infatti, un puro pretesto per descrivere la rigogliosa foresta nordica nella quale il santo sembra quasi scomparire, e persino il suo pennacchio sembra subire una metamorfosi vegetale ad opera delle stesse forze che animano la natura.
Del viaggio intrapreso da Altdorfer nel 1511 lungo il corso del Danubio – a seguito della commissione per l’altare di san Sebastiano nella chiesa di Sankt Florian, in alta Austria – ci restano due disegni a penna: Il Danubio presso Sarmingstein e il Paesaggio alpino con salici.
Del complesso altare di san Sebastiano a elementi mobili – simile a quelli realizzati da Michael Pacher a Sankt Wolfgang e da Mathias Grünewald a Isenheim – purtroppo sono andati perduti i lavori di intaglio e altri elementi, e si conservano soltanto le tavole di Altdorfer con le scene del Martirio di san Sebastiano e della Passione, Deposizione e Resurrezione di Cristo. L’altare è caratterizzato da scene affollate e movimentate, assai lontane dalla tradizionale staticità della pittura più antica, che si svolgono tra l’altro in ambienti quotidiani, volutamente vicini e comprensibili al popolo. La rappresentazione spaziale delle architetture, formate in egual misura da elementi gotici e rinascimentali, è indicativa del carattere di Altdorfer, per il quale l’applicazione della prospettiva rinascimentale oltre ad essere ancora problematica non è indispensabile, e viene volutamente fusa con una spazialità più istintiva e personale. La fama di Altdorfer deve essere ormai considerevole se, verso la metà del secondo decennio del Cinquecento, l’imperatore Massimiliano I gli affida – insieme agli artisti più famosi dell’epoca – la realizzazione di una serie di miniature per il Corteo trionfale che assieme all’arco di trionfo deve celebrare, quale grandioso monumento artistico, il monarca e la casa degli Asburgo. Dei 109 fogli in pergamena realizzati dall’artista soltanto 57 sono giunti fino a noi. Nel 1515, a conferma dell’aprezzamento raggiunto, Altdorfer riceve un ulteriore incarico da Massimiliano I: la decorazione del Libro delle ore, commissione che lo mette a diretto contatto con artisti del calibro di Dürer e Cranach. Questa esperienza risulta fondamentale per Altdorfer che lavora sotto la direzione artistica di Dürer, cui è affidata l’organizzazione generale del lavoro; i suoi 28 disegni mostrano con quale maturità egli recepisce e assimila, pur sempre in maniera libera e autonoma, la tecnica disegnativa del maestro di Norimberga.
La serie di San Floriano (tavole conservate in vari musei europei), collocabile nel secondo decennio del secolo, evidenzia un’ulteriore trasformazione stilistica nell’attività di Altdorfer.
Rispetto all’altare di san Sebastiano, caratterizzato da movimentate scene di massa e colori accesi, e rispetto alle opere degli anni mediani, che presentano un numero inferiore di figure con forme allungate secondo i dettami della Maniera e si organizzano in composizioni chiaramente costruite, Altdorfer torna alla descrizione di grandi folle e assembramenti. Nella serie di San Floriano vige un ordine maggiore, in cui le dimensioni dei personaggi si riducono a vantaggio di un più calibrato rapporto tra l’uomo, l’architettura e il paesaggio che assume un valore meno drammatico e fantastico.
Il terzo decennio segna l’ultima fase dell’attività artistica di Altdorfer, interamente dedicata ai lavori per il duca Guglielmo IV di Baviera. La battaglia di Alessandro fa parte di una serie di raffigurazioni affidate dal duca agli artisti più rinomati dell’epoca, per decorare la propria residenza di Monaco. La visione prospettica a volo d’uccello consente allo sguardo di spaziare liberamente; domina un’atmosfera densa e tesa che sottolinea l’importanza della battaglia, vista allora come simbolo delle dispute tra il mondo occidentale e quello orientale.
Pur nell’estrema accuratezza descrittiva dei particolari, il quadro emana una forza corale e cosmica, cui concorrono tutti gli elementi della natura terrena e celeste.
È probabile che l’interesse di Altdorfer per l’incisione ad acquaforte nasca dai contatti con Dürer, durante i lavori per l’imperatore Massimiliano I negli anni attorno al 1515-1516. Certo è che questa tecnica incisoria, che permette maggiori variazioni nel tratteggio della linea, deve averlo subito conquistato per le enormi possibilità che offre alla traduzione grafica dei suoi paesaggi. Altdorfer viene incoraggiato in tal senso anche dalla conoscenza della tecnica paesistica di Wolfang Huber, caratterizzata da un’attenta resa prospettica oggettiva del paesaggio, come dimostrano incisioni quali il Paesaggio con grande abete rosso e il Paesaggio con parete rocciosa.