altezza
. E' usato in senso proprio, in Pg XXXII 42 La coma sua [della pianta che giganteggia nel Paradiso terrestre] ... / fora da l'Indi / ne' boschi lor per altezza ammirata (cfr. Dan. 4, 7 " ecce arbor in medio terrae, et altitudo eius nimia "); in If I 54 perdei la speranza de l'altezza, con riferimento alla cima del colle illuminato dal sole, ai cui piedi D. si trova: " Sommità del monte ", postilla Boccaccio, e Benvenuto parafrasa così l'intera frase: " desperavi posse ascendere per altitudinem montis "; in Pg XXVIII 106 in quest 'altezza ch 'è tutta disciolta / ne l'aere vivo, dove indica la parte più elevata del Purgatorio, il Paradiso terrestre, che senza impedimenti si slancia entro la sfera dell'aria. Altro esempio in Cv IV XIV 10. Nel caso di Pd XXX 118 La vista mia ne l'ampio e ne l'altezza / non si smarriva, il termine si riferisce alla dimensione verticale della mistica rosa, nella quale la vista di D. (così come nelle altre dimensioni) si muove sicura, spingendosi liberamente sino ai suoi limiti estremi. In senso estensivo significa " l'a. dei cieli " (cfr. l'espressione biblica " altitudo caeli ", Ps. 102, 11; Ecli. 1, 2), e quindi il " Paradiso ", come in Pd X 47 E se le fantasie nostre son basse / a tanta altezza, non è maraviglia; / ché sopra 'l sol non fu occhio ch 'andasse; XXV 31 fa risonar la spene in questa altezza. Entro il medesimo ambito semantico, in Pd XXXII 90, specifica più precisamente la parte sublime e perfetta del Paradiso, l'Empireo, e ancor meglio, nell'Empireo, la mistica rosa: le menti sante [gli angeli] / create a trasvolar per quella altezza, create da Dio a trapassare volando dal suo trono nella candida rosa e nelle sedi dei beati, e dalle sedi dei beati al suo trono, come è detto nel canto precedente, vv. 4 ss. A proposito della prima gerarchia angelica è detto in Cv II V 6 non prima quanto a nobilitade, non a creazione... ma prima quanto al nostro salire a loro altezza: qui il vocabolo si riferisce al posto che le schiere degli angeli occupano nella loro disposizione gerarchica dal basso verso l'alto: gli Angeli, gli Arcangeli e i Principati hanno un 'a. che si raggiunge, salendo, per prima, costituiscono quindi la meno elevata delle gerarchie angeliche.
Altre volte il vocabolo ha valore figurato. Sta per " elevatezza di condizione, grandezza di potere " (Lombardi), in If XXX 14 quando la fortuna volse in basso / l'altezza de' Troian, dove è presente tuttavia la connotazione di ‛ alterezza ', ‛ superbia ', altrove esplicitamente espressa: cfr. I 75 poi che 'l superbo Ilïón fu combusto (nello stesso senso a. è usato in Iacopone XX 24). Per " eccellenza ", " profondità ", riferito a ingegno, in If X 59; per " elevatezza di concetti ", riferito a parlare (meglio che per " elevatezza di stile ", pure autorizzato da l'alto stilo di Cv I IV 13), in Cv III VII 12 il suo parlare [della Donna gentile], per l'altezza e per la dolcezza sua, genera ne la mente di chi l'ode uno pensiero d'amore, lo quale io chiamo spirito celestiale. Significa " sublimità di condizione ", in III IV 1 doppiamente trascende l'altezza di costei (la sublime condizione della Donna gentile trascende sia l'intelletto di D., che deve lasciare... molto di quello che è vero di lei, sia il suo parlare, che non sa esprimere la parziale verità concepita dal pensiero); similmente in Rime LXV 4 cose ch'uom non pò ritrare / per loro altezza [perché superano le capacità umane] e per lor esser nove. Altre volte vale " culmine ", " grado supremo ", e in tal senso qualifica ora la gentilezza e nobiltà dell'Amore (Rime XC 49), ora l'imperiale autoritade (Cv IV VI 1), ora le divizie de la sapienza di Dio (IV XXI 6). È variante di artezza, in Pg XXV 9. V. anche ALTERO; ALTO.