Alto Medioevo
Si definisce A. il periodo compreso tra la fine della Tarda Antichità romana e la formazione di un insieme di organismi statali a base etnica nei territori dell'Europa centrale nel corso dell'11° secolo. Una più precisa definizione cronologica dell'A. e soprattutto del suo inizio è soggetta a maggiori variazioni rispetto alle altre delimitazioni storiche dello schema, risalente all'Umanesimo, suddiviso nei tre periodi: Antichità, Medioevo ed Età Moderna.
Ogni periodizzazione della storia ha la funzione di scinderla in unità significative, all'interno delle quali si possano inserire, il più chiaramente possibile, fenomeni e forze decisive, sincronie e diversità di un'epoca, al fine d'interpretarli a scopo didattico. La periodizzazione proposta dall'Umanesimo si basa sull'idea di una rinascita della cultura antica dopo un'epoca di decadenza. A essa si avvicina la teoria c.d. 'della catastrofe' (Katastrophentheorie), che vede nell'irruzione di popoli migranti, specie di quelli germanici, nel mondo antico romano l'elemento determinante della sua distruzione per opera dei 'barbari'. La difficoltà di stabilire storicamente una data precisa per questo fenomeno dipende dalla diversa importanza attribuita agli eventi e dall'angolo visuale con i quali sono stati valutati a seconda delle regioni coinvolte. I punti di riferimento cronologico variano: da Costantino il Grande, considerato da alcuni storici il 'sovrano della svolta' (Herr der Wende) - per la libertà concessa al cristianesimo (Hübinger, 1952), che tuttavia assurse a religione di stato soltanto sotto Teodosio I - fino all'incoronazione di Carlo Magno (800). Altri considerano l'invasione degli Unni nel 375 e il successivo migrare dei popoli germanici come il vero elemento generatore dei cambiamenti nel quadro europeo-mediterraneo e ne fissano la data al sacco di Roma da parte di Alarico, nel 410. La deposizione dell'ultimo imperatore romano d'Occidente nel 476 è stata ritenuta da altri una data significativa, quantunque all'epoca non abbia comportato conseguenze troppo importanti. Per il territorio italico sono altamente significative la fondazione del regno ostrogoto sotto Teodorico il Grande (m. 526) e, più tardi, la discesa dei Longobardi e la costituzione del loro stato (568). A N delle Alpi, la conversione al cattolicesimo romano dei Franchi sotto Clodoveo (497-498) assume valore decisivo come data di passaggio da un'epoca all'altra. Per la storia della Chiesa, ma anche dal punto di vista politico, è decisamente significativa la personalità di papa Gregorio Magno (m. 604), tra l'altro perché, con lungimiranza, inserì i popoli anglosassoni, e quindi l'Inghilterra, in seno alla Chiesa e alla cultura latina. Infine, le invasioni degli Arabi dopo la morte di Maometto (632), con la conseguente distruzione dell'unitarietà degli ambiti economico-culturali del Mediterraneo, sono state considerate per l'intera Europa elemento decisivo di suddivisione fra due epoche (Pirenne, 1936). Lo stabilirsi di stretti rapporti fra papato romano e dinastia franco-carolingia (754) segnò inoltre un reale spostamento del peso politico. In definitiva, la tradizione dell'Impero romano, rinnovata in Chiesa e Stato sotto Carlo Magno, giunse a una giustificazione politica e costituì la base per una coscienza comune dell'Occidente (abendländisches Gemeinschaftsbewusstsein; Löwe, 1956). L'elevazione del re dei Franchi a Imperator Romanorum è ritenuta dagli storici e soprattutto dagli storici d'arte come un segno evidentissimo degli inizi del mondo medievale. Tuttavia si può difficilmente fare riferimento a date precise per circoscrivere l'A., in quanto tutte quelle proponibili possono soltanto definire di volta in volta momenti parziali di un processo articolato di lunga durata. Ciò nonostante nell'insieme delle caratteristiche di quest'epoca, detta 'della testa di Giano' (Kornemann, 1943), fra Antichità e Medioevo, si possono rilevare alcuni elementi comuni: i presupposti politici e sociali determinati da Roma nei territori mediterranei; l'ingresso dei popoli germanici in questi territori, la loro costituzione in stati e l'assimilazione culturale; l'accettazione della religione cristiana nella sua variante cattolico-latina. In realtà, il periodo precarolingio si può ordinare sostanzialmente secondo le componenti etnico-politiche dei regni germanici succedutisi sul territorio dell'Imperium Romanum. Allo studio specifico dei regni dei Franchi, Visigoti, Longobardi e Anglosassoni si aggiungono questioni generali circa traffici e commerci, artigianato, arte e culto nella cornice dell'eredità duratura del mondo romano e dell'Oriente bizantino, riassunte nell'espressione, sovente eccessiva, della c.d. 'teoria della continuità' (Kontinuitätstheorie) sostenuta da Dopsch (1926) e altri studiosi. Un ruolo predominante nell'ambito di questo processo spettò alla Chiesa e al monachesimo.
Proprio grazie all'appartenenza alla Chiesa romana che, quale forza di ordinamento giuridico e culturale, era presente in ogni settore della vita - "ecclesia vivit lege romana" (lex Ripuaria) - gli stati germanici dell'Europa centrale poterono diventare i portatori principali dell'unità culturale occidentale, la cui "impronta storica inconfondibile, vissuta come destino storico creato da forze di uguale formazione per circa due millenni" (Hübinger, 1952) si è largamente conservata fino a oggi. Il conseguente spostamento del baricentro geopolitico dal bacino mediterraneo all'Europa centrale lasciò ai territori iberici, scandinavi e britannici un ruolo piuttosto marginale, nonostante la loro importanza regionale. Attraverso le attività della Chiesa e del monachesimo nel processo di 'genesi dell'Occidente' (werdendes Abendland) si può leggere con particolare chiarezza la molteplicità dei processi storici. La penetrazione nelle Gallie, e ben presto nei paesi a E del Reno, della 'cultura del regno franco' si può desumere dal dinamismo delle fondazioni monastiche che, originatesi nell'ambito orientale, si diffusero lungo le antiche vie dei commerci, mentre già in precedenza un gran numero di monasteri era sorto in Borgogna e nelle regioni alpine. Gli studi prosopografici confermano del resto che "i nomi più importanti di questi tempi sono nomi di monaci" (Dawson, 1932). Alla componente franco-gallica si unì il movimento missionario irlandese e anglosassone, che culminò nell'operato di Willibrord (m. 739) e Bonifacio (m. 754), il cui merito principale fu la riorganizzazione della Chiesa del regno franco sotto il segno di Roma.
Sono quindi già evidenti i sintomi basilari della renovatio carolingia, nella quale un ruolo primario fu assunto ancora una volta da un personaggio di origine anglosassone come Alcuino. Guidato in definitiva "dalla coscienza, sbocciata nel suo tempo, della unità delle gentes theodiscae", e rifacendosi alla prima costituzione di uno stato germanico all'interno dell'Impero romano da parte di Teodorico, Carlo Magno "circoscrisse l'unitarietà dell'epoca, che noi [...] siamo soliti definire Alto Medioevo" (Löwe, 1956) e che già dai suoi contemporanei era stata considerata come una nuova fase della storia mondiale. Questo autentico 'tempo della fondazione' ebbe più tardi effetto nella translatio imperii presso la dinastia sassone, sempre con legami particolari con il modello carolingio. L'Imperium Romanum così improntato aveva assunto in Europa, alla fine dell'A., il ruolo dominante.Benché le date proposte per la ripartizione di questi periodi storici svolgano sempre meno un ruolo di cesura, in quanto inserite in un corso continuo di avvenimenti, di esse le scienze storiche non possono assolutamente fare a meno. Lo sforzo, dal punto di vista terminologico, circa un significativo ordinamento temporale delle forze che caratterizzano determinate fasi storiche, ha portato a formulazioni di significato che si avvicinano molto alla definizione di 'Alto Medioevo', sebbene di 'Tardo Medioevo' si parli già in epoca precedente (Huizinga, 1919). Il libro di Dawson (1932) The Making of Europe può essere citato come esempio di questa tendenza. Così dalla 'genesi dell'Occidente' è breve il passo verso il titolo Vom Absterben antiken Lebens im Frühmittelalter [L'estinguersi del mondo antico nell'A.] del saggio di Aubin (1948). Lo studio di Hübinger (1952), Spätantike und frühes Mittelalter [Tarda Antichità e A.], potrebbe quindi ricollegarsi sia ad Aubin sia a Dopsch, rappresentante più significativo della Kontinuitätstheorie, il quale già nel 1928 utilizzava il termine A. in un suo contributo di carattere storico-economico. In ultimo, anche le Forschungen zur politischen Ideenwelt des Frühmittelalters [Ricerche sul pensiero politico dell'A.] di Erdmann (1951) sono da ricondurre al medesimo ambito.
Nelle opere di storia dell'arte la connotazione terminologica del periodo in questione è, non da ultimo, influenzata da valutazioni differenziate e legate ai singoli paesi. In Francia, da una parte, la suddivisione è di carattere soprattutto dinastico come nel caso dell'opera di Michel (1905) L'art de l'époque mérovingienne et carolingienne en Occident; dall'altra esprime un deciso orientamento rivolto al fiorire della grande arte romanica francese. Una chiara svalutazione dell'arte altomedievale si manifesta in modo palese nello stesso titolo del volume di Hubert (1938) L'art pré-roman, dove sembra possibile ravvisare ancora un riflesso della Katastrophentheorie, là dove le invasioni barbariche sono poste all'origine della storia dell'arte francese (Bréhier, 1930). Secondo lo stesso criterio, lo sviluppo dell'arte preromanica dalla 'barbarie amorfa' (epoca precarolingia), attraverso la 'barbarie organizzata' (periodo carolingio), fino al sec. 11°, viene inteso come fondamento dell'autentica arte romanica (Focillon, 1938). Di recente pubblicazione, un'opera francese sull'arte dell'intero periodo altomedievale (Durliat, 1985) s'intitola ancora Des Barbares à l'an Mil.
I più vecchi testi tedeschi di storia dell'arte hanno riservato a lungo scarsa considerazione al periodo precarolingio, sebbene singoli capitoli siano stati dedicati all'arte dei popoli germanici (Springer, 1895-1896). Molte valide opere iniziano l'esposizione dello sviluppo artistico in Germania soltanto a partire da Carlo Magno (Dehio, 1919); altre, già per questo periodo, utilizzano il concetto di A. (Frankl, 1926), come appare pure dal titolo del volume corrispondente nella collana Propyläen Kunstgeschichte (Hauttmann, 1929). Se la delimitazione della storia dell'arte, consueta in Germania fino al termine della seconda guerra mondiale, è mutata a favore di un più ampio concetto dell'arte, lo si deve in massima parte a una serie di mostre e convegni di grande significato. Per le pubblicazioni relative si faccia riferimento a Werdendes Abendland (1956) come a Das erste Jahrtausend (1962-1964). La collana Il mondo della figura, edita su scala internazionale suddivide l'arte dell'A. nelle tre fasi: dei primordi e dei Carolingi (Hubert, Porcher, Volbach, 1967 e 1968) e degli Ottoni-imperatori salici (Grodecki, Mütherich, Taralon, Wormald, 1973). Infine, l'edizione tedesca della già citata opera di Durliat è stata intitolata addirittura Die Kunst des frühen Mittelalters [L'arte dell'A.] in senso moderno-onnicomprensivo.
In Inghilterra lo stato delle ricerche sull'A., dal punto di vista terminologico, è paragonabile a quello esistente in Germania, tanto più che i primordi celti e anglosassoni costituiscono un filone autonomo di indagini ben determinate in senso archeologico. Una prima pubblicazione, Early Medieval Art di Kitzinger (1940), fra l'arte tardoantica-paleocristiana e quella carolingia-protoromanica, ignora quasi completamente l'arte dell'età delle migrazioni dei popoli. Un testo con il medesimo titolo (Beckwith, 1964) si occupa sostanzialmente della sola arte del periodo carolingio-ottoniano; così anche l'opera Ars Sacra 800-1200 (Lasko, 1972) trascura il periodo precarolingio e quindi il suo rapporto con l'archeologia altomedievale.Nello schema d'interpretazione del significato storico così tracciato si inseriscono anche le opere di storici dell'arte italiani. In esse l'arco di tempo "dall'arte barbarica alla romanica" (Venturi, 1902) è interpretato in tutta conformità agli esempi francesi e tedeschi e talora si evita addirittura di penetrare il senso di "un'epoca oscura tra noi" (Toesca, 1927), come il periodo fra 8° e 11° secolo. La maggior parte degli studiosi si rifà all'impostazione di marca francese che ha come motivo conduttore il Romanico; oppure limita l'uso del termine A. all'arte di epoca precarolingia (Salmi, 1941). Con la generazione più giovane di storici dell'arte, al contrario, il concetto di A. viene allargato sino a indicare tutto il periodo compreso fra la Tarda Antichità e l'epoca del Romanico (Peroni, 1967). Per gli storici dell'arte spagnoli, più decisamente che altrove, permangono stabili, come elementi determinanti della periodizzazione di quest'epoca, le strutture politico-dinastiche: arte visigota, arte asturiana, arte mozarabica. Una vera e propria qualificazione differenziata dell'arte dell'A. comincia a manifestarsi intorno agli anni Sessanta, per es. in un simposio sulla cultura asturiana a Oviedo nel 1961 ("Symposium", 1964). Tuttavia, seguendo sempre la discutibile, vecchia definizione francese dell'arte di quest'epoca, essa viene chiamata 'arte preromanica'.
Il più recente sviluppo di ricerche e di riflessioni sull'arte altomedievale è debitore di impulsi decisivi e di notevole seguito a una serie di mostre promosse dopo l'ultima guerra, soprattutto in Germania. Dal punto di vista scientifico rappresentò il punto d'avvio la mostra di Berna dal titolo Kunst des frühen Mittelalters (1949), comprendente codici, avori intagliati e lavori in metallo del periodo dalla Tarda Antichità fino al Romanico e costituita da oggetti provenienti da musei e tesori di chiese tedeschi. Per suo impulso, nel 1950, venne organizzata a Monaco un'altra mostra, con tematica più ampia: Ars Sacra. Kunst des frühen Mittelalters, in cui, per la prima volta, furono portati a conoscenza del vasto pubblico e con la massima risonanza i valori storici e soprattutto quelli estetici dell'Alto Medioevo. Analogamente, pur senza specifico fine scientifico, si svolse a Parigi (1954) un'esposizione di manoscritti dal 7° al 12° secolo. Di particolare significato per l'indagine storica fu nel 1956 la mostra di Essen Werdendes Abendland an Rhein und Ruhr, avvenimento di incredibile risonanza pubblica, in occasione del quale si cercò per la prima volta di presentare nel suo insieme lo sviluppo storico, culturale e artistico verificatosi nell'importante zona fra l'Elba e la Mosa, dall'epoca dell'Impero romano alla metà dell'11° secolo. Nella pubblicazione in tre volumi che ne è scaturita (Das erste Jahrtausend, 1962-1964) si sono potute approfondire alcune problematiche in gran parte riguardanti l'arte, che in sede di esposizione erano state solamente accennate. All'esempio esauriente della mostra di Essen, la cui estensione storica e completezza artistica sono rimaste ineguagliate, si ricollega in Germania una serie notevole di esposizioni significative, fra le quali sono particolarmente degne di essere ricordate: quella dedicata a Carlo Magno, Karl der Grosse, Werk und Wirkung, promossa ad Aquisgrana nel 1965 dal Consiglio d'Europa; Kunst und Kultur im Weserraum a Corvey nel 1966; Suevia Sacra. Frühe Kunst in Schwaben ad Augusta nel 1973. I cataloghi preparati per queste mostre, e nel caso di Aquisgrana anche accompagnati da pubblicazioni in più volumi, hanno avuto l'effetto di sensibilizzare largamente il pubblico sulla cultura e sull'arte dell'A., nonché di stimolare la nascita di numerose opere di carattere scientifico. Parallelamente a queste esposizioni, anche se non dipendenti da esse, va ricordata l'azione dei convegni riguardanti l'arte e la cultura dell'Alto Medioevo. Dopo il primo, promosso a Linz nel 1949 da Juraschek (Dreiländertagung, 1950), questo tipo di convegni si moltiplicò in rapida serie in vari paesi (Italia, Svizzera, Francia, Germania e Spagna) sotto l'egida del Comité International pour l'Etude du Haut Moyen-Age, fino alla scomparsa (1963) del suo segretario generale, Bognetti.
Limitati a precisi periodi storici e a particolari argomenti, a Heidelberg tra il 1968 e il 1972 (Kolloquium, 1969-1974) si tennero incontri di studio a carattere internazionale sulla cultura tardoantica e altomedievale, con successiva pubblicazione degli atti. In Italia, a seguito di un congresso di studi longobardi svoltosi a Spoleto nel 1951 ("Atti", 1952), emerse la necessità di ulteriori e più approfondite analisi sul mondo dell'Alto Medioevo. Ad assumersi al massimo livello questo compito è stato il Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo, con sede a Spoleto. Le Settimane di studio, indette annualmente fin dal 1953 e sovente affiancate da congressi promossi dallo stesso Centro, sono dedicate di volta in volta a un tema particolare, al fine di discutere specifiche questioni storiche, relative all'epoca compresa fra Antichità e Medioevo. Il ruolo dell'arte e della storia dell'arte può apparire spesso marginale nella cornice di questa tematica onnicomprensiva, ma resta comunque molto significativo. Uno dei meriti del Centro è l'edizione del Corpus della scultura altomedievale in Italia, che già consta di una serie di volumi.
In Francia è stata avviata un'iniziativa analoga, promossa dal Comité des Travaux Historiques et Scientifiques parigino, il quale ha già pubblicato alcuni volumi del Recueil général des Monuments Sculptés en France pendant le Haut Moyen-Age, IVe-XIe siècles. Ricerche sulla storia e la cultura dell'A. condotte in maniera istituzionalizzata non sono prerogativa esclusiva dell'Italia e della Francia, anche in Germania si è operato in maniera analoga. A Münster, nell'ambito di un progetto di ricerca speciale all'interno dell'Università, venne fondato nel 1967 l'Institut für Frühmittelalterforschung, la cui pubblicazione annuale Frühmittelalterliche Studien, edita da venti anni, tratta naturalmente solo in maniera relativa questioni di carattere artistico. Presso l'istituto di Münster si sono svolti anche incontri di studio, assai fruttuosi specie per il settore dell'arte altomedievale. Sono particolarmente degne di essere ricordate le ricerche sui bratteati e quella sull'arcus Einhardi (Das Einhardkreuz, 1974) che costituisce un modello di indagine interdisciplinare su un oggetto artistico concreto. Accanto a mostre, congressi e ricerche promosse da specifici istituti, devono infine citarsi le attività dei musei specializzati nella ricerca relativa all'arte e alla cultura materiale. In prima linea va ricordato il Mus. dell'Alto Medioevo di Roma, mentre in Germania, presso il Römisch-Germanisches Zentralmus. di Magonza, è stato costituito un apposito settore per l'Alto Medioevo. In ambito più circoscritto, si può rammentare l'esistenza in Francia del Mus. des Antiquités Nat. di Saint-Germain en Laye.
Grazie ai cataloghi, agli atti dei congressi e alle serie di pubblicazioni, si dispone ora di ampio materiale di ricerca sull'arte altomedievale, al quale si aggiunge l'infinita serie di studi e singoli saggi, oltre ai libri specifici dedicati a questo tema. Molto presto ne è stato tracciato il panorama critico (Kunstgeschichtliche Anzeigen, n.s., 3, 1958; 4, 1959; 6, 1963-1964); le opere ivi commentate spaziano dalla ornamentazione dei popoli germanici e non germanici allo stile animalistico diffuso nel continente, dall'arte degli Irlandesi, degli Anglosassoni e dei Vichinghi fino a quella dei Carolingi: si tratta di studi compiuti a partire dagli anni Cinquanta fino al 1962. Negli ultimi decenni non è apparso più nulla di analogo. Come utili strumenti di lavoro figurano compendi bibliografici delle più recenti pubblicazioni; in proposito sono da rammentare le panoramiche di Macchiarella (1978) e di Durliat (1985).
Lo studio e la valutazione scientifica dell'arte dell'A., e ancor più dei suoi inizi, continuano a presentare notevoli difficoltà, determinate anche da una plurivalenza, anzi da una certa antinomia, insita nello stesso concetto di storia dell'arte. Ciò risalta chiaramente se viene posta la questione della unitarietà e, quindi, del carattere unitario dell'arte medievale. Troppo diverse appaiono le premesse, determinate ogni volta dalla situazione storica, dalle condizioni politico-geografiche e dalle specifiche tradizioni culturali. Nel giudizio storicoartistico gioca un ruolo importante il rapporto con l'Antichità, che in ogni ambito si presenta diverso, pur rimanendo sempre un punto di riferimento determinante. Numerosi tentativi sono stati fatti per indicare valide caratteristiche di connotazione del processo di sviluppo dell'arte altomedievale. Per la prima fase, quella precarolingia, esse si configurano nel decisivo abbandono della realtà terrena, nell'importanza crescente degli elementi popolari e nel contrasto fra elementi nordici e mediterranei (Schweitzer, 1949). Oltre a questo, si nota il passaggio in secondo piano delle opere a carattere monumentale, in particolare della scultura, nonché lo sviluppo di un'arte dedita agli oggetti portatili di piccolo formato. Altri hanno visto nella subordinazione dell'aspetto figurativo alle strutture il nuovo elemento caratterizzante della trasformazione formale, sottolineando come tipica una certa 'ambivalenza delle forme' (Pächt, 1963). A ciò si aggiunge, nel campo della rappresentazione di forme, la riduzione alla bidimensionalità e alla frontalità come criterio di figurazione visiva. La compenetrazione di figurae astratte e geometrizzate mediante ordini determinati da dimensioni e numero, ovvero la definizione simbolica della realtà 'celata', è stata definita la "classicità dell'Alto Medioevo" (Romanini, 1976). Di fronte a tali sostanziali varianti, tanto maggiore è l'urgenza con cui si pone la questione dell'unitarietà della creazione artistica ai primordi del Medioevo, da considerare sotto l'aspetto formale, iconografico ed estetico. In effetti, per l'arte precarolingia non è possibile l'individuazione di uno 'stile' decisamente univoco. Così pure, nell'ambito della concezione animistica delle forme artistiche l'ordinamento scientifico della decorazione a stile animalistico, tipicamente germanico-nordico, deve intendersi esclusivamente come sussidio esteriore di articolazione storica (Haseloff, 1979). In questa complessa situazione è evidente che, proprio per le ricerche sull'A., sono state suggerite nuove vie. La scarsa tradizione monumentale si estende e si approfondisce grazie a un'ampia integrazione presa a prestito dalla cultura materiale in genere. L'impiego di metodi di scavo tipici dell'archeologia classica e di quella preistorica ha dato il via a una archeologia del Medioevo. Anche il collegamento con l'urbanistica è servito soprattutto ad acquisire nuove importanti conoscenze nel campo della ricerca relativa all'edilizia, consentendo così di ricollegare i numerosi singoli resti.
La storia della tecnica, l'epigrafia e la sociologia hanno offerto altre possibilità per lo studio dello sviluppo dell'arte altomedievale. In rapporto a ciò è stato riconosciuto naturalmente anche il pericolo di una alienazione, quasi di una fuga dal carattere proprio dell'opera d'arte. Intendere la storia dell'arte semplicemente come storia universale ne metterebbe a rischio gli specifici compiti e le possibilità scientifiche. Sarebbero infatti posti in discussione la conoscenza di forme e la comprensione stilistica, il riconoscimento della formazione di gruppi e scuole, la lettura iconografica, cioè l'interpretazione del messaggio espresso o simbolico, e infine anche la validità estetica. Nella prassi operativa questo pericolo si è tradotto per lo più in una impostazione quasi monografica del lavoro, in cui la singola opera viene inserita entro una serie, possibilmente convincente, di rapporti e di dipendenze. Ciò è testimoniato dal numero pressoché incalcolabile di studi singoli. Uno dei risultati sostanziali delle ricerche sull'arte altomedievale-precarolingia e carolingioottoniana si manifesta nelle nuove risposte date in diversi campi al problema della 'continuità'. In questo senso sia d'esempio il 'concetto di classico', più volte profondamente indagato per quanto riguarda l'architettura della Langobardia maior (Romanini, 1976). Secondo tali ricerche sarebbe possibile stabilire un collegamento tra l'arte precarolingia e quella carolingia proprio a partire da un ambito che era particolarmente legato all'ideale romano dei tempi di Carlo Magno; un collegamento analogo si era del resto già evidenziato nell'arte figurativa. In questo si può individuare una regolare e immanente continuità, a cominciare dal filatterio o Heilsbild (immagine salvifica) dell'età delle migrazioni dei popoli fino all'epoca carolingia. Anche in questo caso la lettura speculativa di componenti formali e figurative resta una caratteristica essenziale, anche se in un nuovo linguaggio formale di più netta marca 'antichizzante'. Per la prima fase dell'A., nelle figurae dell'arte aniconica si possono rilevare nuovi inizi sia 'stilistici' sia 'iconografici' (Elbern, 1983). È stato mostrato che anche in essa si rispecchia una certa continuità del c.d. Kunstwollen (intento artistico) della Tarda Antichità (Riegl, 1901-1923), nella misura in cui le sue creazioni significanti sono frequentemente derivate da antiche forme semplificate. Il nuovo Heilsbild di età carolingia, in cui le modalità della rappresentazione figurativa appaiono come una nuova scoperta, paradossalmente trae modelli e strumenti dalla Antichità e - perdurando nella tradizione precarolingia - se ne serve allo stesso tempo per mutare le antiche espressioni formali (Hinks, 1935).
L'arte dell'epoca carolingia, come seconda fase della ripartizione dell'A., da un lato dovrebbe essere valutata come apparizione autonoma. Nel recupero dell'eredità mediterranea e trainati dall'idea di Roma propria dei re e degli imperatori franchi, i singoli sviluppi regionali, relativamente autonomi, a S e a N delle Alpi come nelle Isole Britanniche, mostrano in ogni caso come loro fondamentale linea di tendenza una programmatica ricapitolazione, intesa come renovatio, il cui effetto rimarrebbe incomprensibile senza il concorso della parte anglosassone, orientata verso Roma. Da un altro lato, l'arte carolingia riflette pur sempre un'epoca in divenire, il cui significato superiore si basa soprattutto sul fatto di "essere il più promettente dei tre ambiti culturali dell'Occidente in epoca postantica" (Valjavec, 1956). Nel moto di innovazione dei tempi di Carlo Magno una nuova unità interna sostituì una pluralità eterogenea, appellandosi alla Roma antica cristiana e alla Chiesa (Messerer, 1973). Il richiamo a quel periodo non avvenne sicuramente per amore dell'Antichità; quindi il fattore di questa continuità nell'arte carolingia si fonda piuttosto sulla componente cristiana. E così pure, anche la tipica raccolta di reliquie provenienti da Roma e dall'Italia, da Costantinopoli e da Gerusalemme, concorse certamente a fare del palatium di Aquisgrana la sede principale dell'impero, dominato dai Franchi secondo uno spirito universale cristiano. La continuità deve riconoscersi tuttavia anche nel rapporto dell'arte carolingia con quelle precarolingia-longobarda, franco-merovingia e insulare, senza intenderla però in modo tale da vedere "nel regno e nella cultura dell'epoca dei Carolingi il coronamento delle migrazioni dei popoli, senza che nello stesso tempo avesse inizio una nuova epoca" (Weidemann, 1965). Altri elementi importanti dell'arte precarolingia continuarono ad agire nel sec. 9°: "l'uso di moduli e tessiture [...], il gusto per effetti lineari [...], il senso del materiale" (Hinks, 1935); e non in ultimo anche presupposti iconografico-salvifici. È decisiva comunque, considerata sotto l'aspetto stilistico, la nuova sintesi tra i più antichi metodi di composizione ornamentale caratteristici dei popoli nordici e il linguaggio tipicamente naturalistico delle forme di matrice mediterranea. La discussione tuttora in corso, che finora non è approdata a un risultato soddisfacente, sullo 'stile' dell'arte carolingia nella sua ambiguità interpretativa, non rende possibile una definizione precisa, benché le nuove modalità di rappresentazione artistica, ricavate dal canone formale antico, ne suggeriscano la possibilità.
La relativa unitarietà nella "tensione di condensazione e rinnovata pienezza" (Messerer, 1967), "l'elementare prontezza spirituale, una vivacità generale e un'attività interiore [...] ingenua e vitale malgrado il linguaggio formale dell'Antichità" (Schade, 1954), sono tutte formulazioni che non possono essere intese come differenziazione di 'stile' nel senso con cui l'intende la storia dell'arte. È però possibile riconoscere a questo punto accenni di nuovi princìpi che regolano la creazione formale e l'impostazione concettuale. Da un lato appare quindi spiegabile come la letteratura corrente veda ancora nell'epoca carolingia l'inizio dell'arte occidentale proprio a motivo della sua inseribilità nelle nuove categorie formali, d'altro canto neppure questa concezione, per le antinomie citate, è poi del tutto soddisfacente. È bensì certo che il fondamento dell'arte occidentale del Medioevo venne posto nell'epoca carolingia; ma la sua elaborazione tendente a una unitarietà, rispetto alla contemporanea differenziazione in Europa, è un frutto dei secc. 10° e 11°, all'ombra dell'impero universale degli Ottoni e dei sovrani salici: "Nostro, nostro è l'impero romano [...]. La sua potenza riposa sull'Italia ricca di frutti, sulle popolate Gallia e Germania e sul regno dei valorosi Sciti [...]" (Gerberto di Aurillac, 997). L'arte dell'età ottoniana poté esprimere quello che erano già divenuti pensiero e spiritualità: "rigorosi, rituali, ieratici, semplici, saldi e ornamentali" (Hamann, 1933). In quest'ultima fase dell'arte altomedievale, con più evidenza di prima, la storia dell'Impero si rispecchia anche come storia della salvezza, come risulta evidente nella lettera che i vescovi, preoccupati dell'unità del Corpus Christi, indirizzarono nell'829 all'imperatore Ludovico il Pio.
La designazione dell'A. come periodo culturale-artistico relativamente chiuso in se stesso si giustifica in quanto, dall'epoca precarolingia, attraverso la renovatio carolingia fino all'arte ottoniana del sec. 11°, le sue caratteristiche sostanziali si sono mantenute. Risultato fondamentale dell'epoca è l'arte carolingia, per la quale si può parlare di una unità interna, così come si può parlare di pluralità per quanto riguarda l'arte fin dall'età delle migrazioni dei popoli, per la quale deve essere contemporaneamente considerata anche l'eredità del periodo precarolingio "con aspetti formali riscoperti e ripresi dall'Antichità e dall'Oriente" (Hauttmann, 1929). Le reali e durature caratteristiche comuni sono: la subordinazione e poi la correlazione di elementi strutturali e figurativi; l'ampia rinuncia alla creazione tridimensionale e l'accentuarsi della rappresentazione frontale; la preferenza per i formati ridotti e per i materiali preziosi. Con una relativa continuità si ritrovano nella 'figura' significante gli elementi fondamentali tanto 'stilistici' che 'iconografici'. Lo sviluppo dall'età precarolingia fino all'epoca carolingio-ottoniana può seguirsi nel passaggio da creazioni il cui segno ha un significato criptico, stereotipato, tautologico, a una penetrazione speculativa di strutture superiori; dallo Heilsbild atavico e magico-apotropaico a formulazioni teologicamente esatte e figurative. La 'sacralità' del segno (Sakrament des Zeichens) resta una delle autentiche peculiarità dell'intera epoca (Schade, 1966). Questa arte, in senso stretto carica di realismo, in parte aniconica, dal carattere ampio, sovente universale, è propria esclusivamente dell'Alto Medioevo. L'artista di quest'epoca si "costruisce il proprio mondo nell'opera d'arte come misura, modello e norma. Nel ricreare il mondo si rifà al suo signore e sovrano" (Frey, 1946). Centralità e continuità nelle dimensioni e nel numero della 'figura': è "ordine [...] non magma indeterminabile" (Romanini, 1976). Considerata sotto questo aspetto l'arte dell'A. è una premessa irrinunciabile e allo stesso tempo la vera chiave di lettura e di comprensione delle forze, delle idee e delle opere del Medioevo.
Bibliografia
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