AVEROLDI, Altobello
Nacque a Brescia attorno al 1468, appartenente ad una famiglia tra le più cospicue della città e già illustrata da alcuni suoi membri, giunti a ragguardevoli posti della gerarchia ecclesiastica durante il sec. XV, come i due Bartolomei, che furono rispettivamente vescovo di Spalato dal 1479 al 1503 e di Retino (Creta) dal 1517 al 1537. Compì i suoi studi a Pavia e a Padova e quindi passò a Roma, pare chiamatovi dal pontefice Alessandro VI, dal quale il 13 novembre 1497 venne creato vescovo di Pola. Presente al Concilio lateranense del 1512, fu nominato nel luglio 1515 abbreviatore di prima visione.
Giulio II già nel 1505 l'aveva inviato vicelegato a Bologna, essendo legato l'arcivescovo di Ragusa Giovanni Lomellini. A Bologna tornò una seconda volta nel 1513, al tempo della legazione del cardinale Giulio de' Medici, e vi rimase sino al 1516. Dopo avergli invano offerto la carica di governatore di Roma, che l'A. rifiutò, sembra, per riguardo verso il cardinale Raffaello Riario, allora in disgrazia per la sua supposta partecipazione alla congiura del Petrucci, Leone X nominò l'A. nunzio presso la Repubblica di Venezia, nel settembre 1517. La nunziatura del vescovo di Pola rivesti particolare importanza per lo sviluppo della rappresentanza stabile pontificia in Venezia. Compito dell'A. era di procurare l'indispensabile adesione veneziana ai progetti di crociata che il pontefice agitava sin dalla sua elezione e che sembravano dover entrare in una fase di concreta realizzazione appunto nel 1517. Durante la sua permanenza a Venezia, che durò sino a metà gennaio del 1523, l'A. seppe conquistarsi larghe simpatie e si vide, tra l'altro, commessa l'istruzione del processo di canonizzazione del beato Lorenzo Giustiniani, nonché importanti negozi politici e giurisdizionali. Richiamato da Venezia, fu ancora una volta inviato come vicelegato a Bologna dove soggiornò durante gli anni 1523-24.
Durante questa sua terza vicelegazione, ampliò la chiesa della Madonna del Baracano e rescaurò la chiesa di S. Michele in Bosco: opere che gli procurarono lodi fin esagerate, specialmente da Girolamo Casio, che giunse a pronosticargli l'elevazione al pontificato.
Nell'imminenza della stipulazione della lega di Cognac fu di nuovo inviato a Venezia, nel maggio 1526. Documento della sua operosità in questo turbinoso periodo resta un suo fitto carteggio con Francesco Guicciardini e con G. M. Giberti. Suo compito era quello di realizzare la più stretta collaborazione tra il papa e la Serenissima, nella rinnovata direttiva filofrancese della politica pontificia propugnata specie dal Giberti, che si imponeva quasi necessariamente dopo la battaglia di Pavia e il trattato di Madrid. L'A. visse con ansia, dal suo osservatorio veneziano, i giorni che condussero al Sacco di Roma del 1527 ed operò in collaborazione con Lodovico di Canossa, vescovo di Bayeux, che si trovava, a Venezia in rappresentanza del re di Francia. Sin dal novembre 1526 il nunzio tentò invano di sollecitare il passaggio delle truppe veneziane oltre il Po. Tra gli altri negozi trattati in questa seconda nunziatura veneziana, l'A. dovette occuparsi di complesse questioni di politica ecclesiastica concernenti specialmente la concessione di vescovati e abazie e si trovò in aspro contrasto col patriarca Antonio Contarini. Non minore che nella prima fu in questa missione il suo successo personale, nonostante che le relazioni veneto-pontificie subissero negli anni, tra il 1526 e il 1531 un raffreddamento notevole ed attraversassero più d'un momento critico. Ammalatosi nell'ottobre 1531, morì il primo novembre dello stesso anno ed alle sue esequie l'orazione funebre fu tenuta da Pier Paolo Vergerio.
Dovette essere uomo splendido, come del resto gli consentivano anche le avite ricchezze. Si diceva che avesse comperato la prima legazione veneziana per una somma di 6.000 ducati e dopo la sua morte non mancarono esplicite e velate allusioni a qualche suo illecito amministrativo e a qualche suo atteggiamento non molto zelante nell'opera di repressione antiereticale a Venezia. Le numerose ed importanti cariche ricoperte dovettero certo consentirgli un'abbastanza larga disponibilità di denaro. Tra i munifici lasciti prescritti dal suo testamento, sono da ricordare quelli per due canonicati da lui istituiti in S. Nazario di Brescia e l'assegnazione d'una splendida villa nel Padovano, presso Monteortone, ai frati del locale convento di Santa Maria.
Aveva composto dei Commentari vitae christianae e dieci libri De bono episcoporum regimine,oggi perduti. Il suo carteggio diplomatico è conservato nell'Archivio di Stato di Firenze e nell'Archivio Guicciardini.
Fonti e Bibl.: C. Guasti, I mss. Torrigiani donati al R. Arch. Centrale di Stato di Firenze, Firenze 1877, passim; F. Guicciardini, Opere inedite, IV e V, Firenze 1853, passim; Id., Carteggi, VIII-IX,Roma 1956-59, passim; M. Sanuto, Diarii, XXIV-XXXIII,XLI-LV, Venezia 1879-1903, passim; L. Cozzando, Libraria bresciana, Brescia 1694, p. 32; A. Masini, Bologna perlustrata, III, Bologna 1666, pp. 192 s., 204 s.; N. Comneno Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, I, Venetiis 1726, p. 306; F. Corner, Ecclesiae Venetae, IV,Venetiis 1749, pp. XXIX ss.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 2, Brescia 1753, pp. 1241-1243; H. Biaudet, Les nonciatures apostoliques permanentes jusqu'en 1648, Helsinki 1910, p. 26; L. v. Pastor, Storia dei Papi, IV, 1,Roma 1926, pp. 141 ss.; B. Katterbach, Referendarii utriusque Signaturae, Città del Vaticano 1931, pp. 69, 78; R. Ridolfi, Gli archivi delle famiglie fiorentine, I, Firenze 1934, passim, F. Gaeta, Origine e sviluppo della rappresentanza stabile pontificia in Venezia (1485-1533), in Annuario d. Ist. stor. per l'età moderna e contemp., IX-X, Roma 1958, pp. 40-43, 47-53; Id., Un inedito vergeriano, in Riv. di storia d. Chiesa in Italia, XIII(1959), pp. 397-406.