Altre novità introdotte dal secondo correttivo al codice del processo amministrativo
Il secondo correttivo al codice del processo amministrativo, adottato con d.lgs. 14.9.2012, n. 160, ha introdotto non molte novità e non tutte di rilievo. Tra queste meritano di essere segnalate, anche perchè molto attese da una parte del foro amministrativo, quella incidente sugli artt. 15 e 16 c.p.a., e quindi sul regime della rilevabilità dell’incompetenza del Tribunale amministrativo regionale adito (v. L’eccezione di incompetenza), nonchè la modifica dell’art. 34, co. 1, c.p.a. (v. L’azione di condanna al rilascio di un provvedimento).
Il d.lgs. n.160/2012 è intervenuto anche su altre disposizioni del c.p.a. Se ne evidenziano due per tutte.
Il secondo correttivo al c.p.a. ha innanzitutto riscritto l’art. 40, aggiungendo, rispetto all’originaria formulazione, un co. 2, che prevede la sanzione dell’inammissibilità dei motivi di ricorso non specifici. In effetti non è molto chiara la necessità di una siffatta specificazione che, se poteva avere una logica in occasione della stesura del Codice, è meno comprensibile in sede di correttivo, perché presuppone che la formulazione originaria dell’art. 40 abbia dato luogo a difficoltà interpretative, contrasti giurisprudenziali o si sia comunque dimostrata non corretta. Nulla di tutto questo si è verificato, perché la giurisprudenza del giudice amministrativo, sia prima che dopo l’entrata in vigore del codice, è ferma nel ritenere che il ricorso giurisdizionale è inammissibile per genericità ogniqualvolta non sia possibile per il giudice individuare, stante la non specificità dei motivi, la norma violata o il vizio procedurale nel quale sarebbe incorsa l’Autorità emanante1.
Altra novità degna di rilievo è la modifica dei co. 1 e 2 dell’art. 129 c.p.a., che disciplina il giudizio avverso gli atti di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali. Tali modifiche sembrano prima facie recepire, almeno in parte, i principi espressi dalla Corte costituzionale con la sentenza 7.7.2010, n. 236. Prima dell’intervento del secondo correttivo l’art. 129 prevedeva, infatti, quanto all’impugnazione degli atti preparatori, la possibilità per i soli delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi di ricorrere immediatamente al giudice amministrativo, impugnando l’esclusione delle liste e dei candidati. In tutti gli altri casi ogni provvedimento relativo al procedimento, anche preparatorio, è impugnabile soltanto a conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti. Salvo detta eccezione – limitata sia dal punto di visto dell’oggetto del contenzioso che dei soggetti legittimati – era stato dunque codificato il principio di diritto affermato dalla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 24.11.2005, n. 10, secondo cui gli atti endoprocedimentali finalizzati alla proclamazione degli eletti nelle elezioni comunali non possono essere autonomamente impugnati; impugnabile è solo l’atto finale di proclamazione, nel termine di 30 giorni dal suo compimento. Peraltro, all’indomani della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del c.p.a. la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 236/2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83 undecies, d.P.R. 16.5.1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), introdotto dall’art. 2, l. 23.12.1966, n. 1147, nella parte in cui – secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, costituente diritto vivente – escluderebbe la possibilità di un’autonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorché immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti. Se nulla era stato fatto in occasione del primo correttivo, approvato con d.lgs. 15.11.2011, n. 195, il d.lgs. n. 160/2012 ha invece modificato i co. 1 e 2 dell’art. 129 prevedendo che i provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali e per il rinnovo dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia sono impugnabili innanzi al Tribunale amministrativo regionale competente nel termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati. Gli atti diversi da quelli di cui al co. 1 sono impugnati a conclusione del procedimento unitamente all’atto di proclamazione degli eletti. A dover essere immediatamente impugnati sono solo i provvedimenti lesivi della partecipazione del ricorrente alla competizione elettorale mentre i provvedimenti di ammissione di altra lista devono (e non possono) essere impugnati solo unitamente alla proclamazione degli eletti, ancorchè anch’essi siano immediatamente lesivi. La novella del 2012 ha dunque inciso soltanto sul piano soggettivo, aumentando la cerchia dei soggetti legittimati a ricorrere, essendo stato eliminato il riferimento ai soli «delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi», contenuto nella versione originaria dell’art.129, co. 1, c.p.a. Dal punto di vista oggettivo, resta, invece il riferimento ai «provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio quali atti immediatamente impugnabili» che, seppure ha sostituito il richiamo ai «provvedimenti relativi al procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali concernenti l’esclusione di liste o candidati», contenuto nella versione originaria dell’art. 129, co. 1, c.p.a., non sembra aver ampliato la cerchia degli atti immediatamente impugnabili.
1 TAR Puglia, Bari, sez. I, 14.4.2010, n. 1332; TAR Basilicata, 21.12.2009, n. 890; TAR Molise, 10.2.2001, n. 130; TAR Lombardia, Brescia, 8.8.2000, n. 669.