altruismo
Atteggiamento di un agente economico che ha tra i suoi obiettivi anche l’utilità e il benessere di altri agenti. Il termine a. fu introdotto da A. Comte, uno dei padri della sociologia e del positivismo, per indicare l’istinto di solidarietà che porta gli individui ad agire, avendo come punto di riferimento lo sviluppo della società umana.
Già A. Smith postulò un «interesse per la sorte degli altri», che egli fondava sulla umana capacità di ‘simpatia’. Nel contesto della teoria dell’utilitarismo, la possibilità e la necessità dell’a. venivano fatte derivare dalla massimizzazione del proprio piacere o utile, per mezzo di abitudine, educazione e norme sociali. Per J. Bentham l’a. si rivelò infatti il comportamento più efficace per i propri bisogni egoistici, per evitare rinunce, o aggressioni e ritorsioni da parte degli altri, mediante l’uso della ragione e delle sanzioni sociali. Secondo il suo pensiero l’a., quindi, deriva dall’egoismo, non è un autonomo principio di fondazione della morale o di governo sociale. James Mill diede a questa tesi un fondamento psicologico e John S. Mill arrivò a far derivare dall’utilità individuale non solo i sentimenti disinteressati e il sentimento morale, ma anche le norme e i valori (compresi quelli altruistici) che regolano il comportamento. Si può agire anche con motivazioni genuinamente altruistiche, ma in base a regole o principi formatisi per abitudine ed educazione, che in ultima analisi assicurano l’utile individuale, pur ispirandosi a quello collettivo.
Il concetto di a. è stato sviluppato soprattutto in studi e ricerche relativi all’economia della famiglia, per spiegare lo scambio di cure e attenzioni, nonché i trasferimenti di reddito e ricchezze tra i componenti di un nucleo familiare. Secondo lo stesso Smith, ognuno ritiene che, dopo sé stesso, siano i membri della propria famiglia (genitori, figli, fratelli e sorelle) a costituire gli oggetti naturali cui dedicarsi con maggiore dedizione. Nei modelli di a. il livello di utilità raggiunta dai genitori è una funzione positiva dell’utilità goduta dai figli, ovvero direttamente dell’ammontare di risorse trasferite (joy of giving). Per es. si assume che chi lascia un’eredità derivi una qualche forma di soddisfazione in base al valore delle attività immobiliari e finanziarie e a quello di altri beni trasferiti. Esistono però spiegazioni alternative: nei modelli di eredità accidentale, il testatore non riceve alcun piacere nel lasciare ricchezza, ma detiene ugualmente alcune attività in via precauzionale per assicurarsi contro l’incerta durata della vita; nei modelli di eredità di scambio, i potenziali beneficiari rendono servizi (visite, attenzioni, ecc.) in cambio della promessa di un futuro lascito. Più in generale, l’a. governa la ridistribuzione del reddito all’interno della famiglia. Per quanto riguarda i trasferimenti tra viventi (inter vivos), un famoso risultato teorico dimostrato da G.S. Becker, noto come il teorema del figlio malvagio (rotten kid theorem; 1989), sostiene che i membri di una famiglia, anche se egoisti, in presenza di un genitore altruista hanno un incentivo a comportarsi in modo benevolente verso tutti i beneficiari, perchè in questo modo massimizzano il proprio benessere.