Alvernia
(lat. Arvernia; franc. Auvergne)
Regione della Francia centrale, comprendente i dipartimenti del Puy-de-Dôme, Cantal e parte dell'Alta Loira. Storicamente l'antica provincia era compresa tra la Linguadoca a S, il Limosino a O, il Borbonese a N e i monti del Licnese a E.
I più antichi monumenti dell'A. medievale sono noti attraverso semplici menzioni nei testi, rare descrizioni e vestigia frammentarie: una lettera di Sidonio Apollinare (sec. 5°) descrive la proprietà che gli apparteneva ad Avitacum e che si inseriva nel solco della tradizione antica (Ep., II, 2; MGH. Auct. ant., VIII, 1887); fonti dell'epoca carolingia citano l'esistenza di un palazzo reale a Ebreuil e di numerose residenze aristocratiche; cinte murarie in terra e in pietra vennero costruite su alture nella tradizione degli antichi oppida. Così il quadro monumentale del capoluogo della diocesi, chiamato Clermont dal sec. 8° (dal sec. 18° Clermont-Ferrand), rimase quello della Tarda Antichità classica, i cui due elementi maggiori sono un acquedotto e una stretta cerchia di mura. Questa cultura della Tarda Antichità e dell'Alto Medioevo fu profondamente segnata dal cristianesimo, documentato dal sec. 4°, e, anche se poche vestigia sono rimaste dell'epoca paleocristiana, l'A. è eccezionalmente ricca di documenti scritti che ricordano e descrivono i monumenti cristiani di quell'epoca (Sidonio Apollinare; Gregorio di Tours; vite di s. Giuliano, di s. Priest, di s. Bonnet).
Ogni tipo conosciuto di edificio religioso vi era rappresentato: il complesso della cattedrale (che, nonostante alcune diverse affermazioni recenti, era sicuramente situato in un sobborgo della città, prima di essere trasferito nel sec. 5° all'interno della cinta: Gregorio di Tours, Historia Francorum, II, 16, ne dà una descrizione); chiese suburbane a carattere funerario (quartiere di Saint-Alyre a Clermont); strutture parrocchiali nelle campagne; luoghi di pellegrinaggio (Saint-Julien di Brioude, Saint-Genés di Thiers); oratori rurali nei possedimenti dell'aristocrazia, nelle fortezze, in località di campagna; monasteri dotati di vari centri di culto; romitori. Alcuni di questi edifici erano molto semplici, talvolta costruiti in legno (Thiers), mentre altri erano in muratura e più o meno articolati.Il solo corpo di fabbrica parzialmente conservato è il capocroce della chiesa di Manglieu (sec. 7°), ornato di capitelli e colonne in marmo dei Pirenei di tradizione antica. Degli altri edifici paleocristiani non restano che frammenti di capitelli dello stesso tipo e alcuni sarcofagi dei secc. 4°-7°, ricollegabili alla scuola di Arles o a quella aquitanica.
L'epoca carolingia ha lasciato poche testimonianze. L'esistenza di numerose chiese prima dell'anno Mille è documentata dai testi: una parte importante della rete parrocchiale e numerosi monasteri (Mozat, Blesle, Sauxillanges, Aurillac, Saint-Flour) risalgono alla fine dell'epoca merovingia o a quella carolingia, ma nessun monumento carolingio è pervenuto nella sua integrità e soltanto qualche elemento frammentario è sfuggito all'ondata di ricostruzione dell'età romanica o è stato ritrovato durante scavi: alcuni esempi sono a Mozat, Chamalières, Ebreuil, Ris, Brioude, Aurillac. Queste vestigia sono certamente anteriori alle chiese romaniche in cui sono state incorporate, ma la datazione della maggior parte di esse rimane tuttavia incerta.
Il monumento preromanico più importante, anche per il suo ruolo nell'elaborazione dell'architettura romanica, è la cripta ritrovata sotto il coro gotico della cattedrale di Clermont e attribuita al vescovo Stefano II (937-970 ca.). Alcuni documenti più tardi (sec. 11°) affermano che questo vescovo, già abate di Conques, avrebbe incaricato uno dei chierici, Adelelmus (Alleaume), di ricostruire la cattedrale e avrebbe consacrato il nuovo edificio e fatto eseguire una statua della Vergine da collocare nel presbiterio. Nel 1029, il re Roberto il Pio avrebbe poi assunto la cattedrale di Clermont come modello per far ricostruire Saint-Aignan di Orléans; restano tracce di questa cripta, peraltro molto danneggiata dai rimaneggiamenti posteriori: una sala a volte è circondata da uno stretto deambulatorio, sul quale si aprono quattro piccole cappelle radiali quadrangolari.
I secoli successivi all'età carolingia furono caratterizzati dalla formazione di numerose signorie locali nessuna delle quali però riuscì a imporre la propria autorità su tutta la provincia. Queste signorie, laiche o ecclesiastiche, organizzate sia intorno ai castelli, sia intorno ai monasteri e ai priorati, non furono soltanto le strutture fondamentali della vita economica e sociale, ma anche centri di attività artistica; mentre i poteri si andavano frammentando, la crescita demografica, comune a tutto l'Occidente, fu accompagnata da spostamenti di popolazione a vantaggio dei centri signorili laici o ecclesiastici e delle chiese. Queste circostanze resero necessaria, o almeno favorirono, la costruzione o la ricostruzione di numerosi edifici, destinati ai nobili, oppure alle collettività contadine o urbane.
Alcuni signori imposero ai villaggi e alle città, sottomesse a un castello o a un monastero, una organizzazione razionale dello spazio che si tradusse nella divisione dei terreni in lotti regolari; ciò è ben riscontrabile a Montferrand che ha conservato una pianta a scacchiera. Questa preoccupazione di organizzare lo spazio in modo razionale, pur senza essere generale, è stata tuttavia più frequente di quanto i testi conservati lascino supporre.Il territorio dell'A. fu coperto da una rete di castelli: sono edifici che appartennero a numerose generazioni successive e che rivelano la parcellizzazione del potere locale più che preoccupazioni strategiche a livello di intera regione. Estremamente variati sono i tipi di edifici militari che l'A. conserva: castelli su terrapieno (Servière, Montsalvy), donjons di pietra quadrati o circolari di cui restano numerosi ruderi, castelli senza donjon (Mauzun, Châtel-Guyon), casematte.
L'attività costruttiva e artistica fu peraltro più originale negli edifici religiosi dell'epoca romanica, che sono molto numerosi; ciò è in chiara relazione sia con la prosperità e l'influenza di alcuni grandi insediamenti ecclesiastici (come Sauxillanges, Mozat, La Chaise-Dieu, Brioude), sia con il moltiplicarsi dei priorati dipendenti e dei capitoli rurali, sia infine con il grande numero di fondatori e di donatori; in questi cantieri si diede vita a una originale interpretazione dell'arte religiosa romanica. Essa raggiunse la perfezione nelle chiese maggiori della regione di Clermont: Notre-Dame-du-Port a Clermont, Saint-Austremoine a Issoire, Saint-Nectaire, Saint-Saturnin, Notre-Dame d'Orcival, Saint-Victor e Sainte-Couronne a Ennezat. In questi edifici, le spinte esercitate dalla volta della navata centrale sono controbilanciate da volte a quarto di cerchio che coprono i matronei posti sopra le navate laterali e che salgono fino alla base della volta principale: questa efficace soluzione comportò però l'impossibilità dell'illuminazione diretta della navata centrale. La crociera del transetto sporgente è coperta da una cupola su pennacchi, a sua volta bilanciata, su due lati, da volte a quarto di cerchio; cupola e volte sono racchiuse in un corpo trasversale. Sul transetto si aprono un coro e un presbiterio, circondati da un deambulatorio con cappelle radiali. All'esterno le masse del deambulatorio, del coro e del transetto si equilibrano in forma di piramide, conclusa da un campanile ottagono; all'altra estremità, la navata termina con un nartece e una facciata occidentale molto semplice.
La decorazione scolpita delle chiese maggiori è estremamente sobria: i portali monumentali sono rarissimi e la decorazione esterna, soprattutto nella zona absidale, si riduce ai modiglioni a voluta, che sostengono le cornici, e ai cordoni a billettes, che sormontano le finestre. All'interno dell'edificio, la decorazione scolpita è concentrata sui capitelli, soprattutto quelli dell'area del presbiterio.
Se, da un lato, alcuni complessi figurativi dispiegano vasti programmi iconografici, la preferenza degli scultori andava tuttavia ai motivi decorativi (centauri, sirene, uccelli, pesci, fogliami, racemi). Numerose botteghe si distinsero in questa scultura, caratterizzata soprattutto dalle proporzioni tozze delle figure che appaiono ereditate dall'epoca gallo-romana (Swiechowski, 1973).
Le fasi costruttive e la cronologia di queste chiese sono difficili da precisare. Alcuni edifici presentano, nell'equilibrio delle volte, soluzioni imperfette e maldestre che sono state interpretate come primi tentativi: si vedano in particolare gli edifici di Chamalières, Beaumont, Glaine-Montaigut, Ris. Nell'ambito delle ipotesi relative alle origini dell'architettura romanica alverniate, un ruolo particolare è attribuito alla citata cripta preromanica della cattedrale di Clermont, la cui pianta preannuncia quella dei cori romanici alverniati. Essa è occupata da zoccoli di pilastri e colonne, nonché dai basamenti delle cappelle radiali di tipo romanico che hanno dato luogo a due tipi di interpretazione: per alcuni studiosi tali resti risalirebbero a una chiesa posteriore alla cripta, costruita durante il sec. 11°, mentre altri sono propensi a considerare tutte le strutture conservate sotto la cattedrale gotica come parti di un unico edificio del 10° secolo. Evidentemente le due ipotesi comportano due ben diverse datazioni per la genesi di questo tipo di coro.
Se le grandi chiese dell'A. offrono un'incontestabile omogeneità, tale modello non è peraltro seguito in modo altrettanto uniforme.
La chiesa di Saint-Julien di Brioude è un edificio unico, costruito sulla tomba di un santo assai venerato. La costruzione, iniziata dal nartece, sembra essere stata abbastanza lenta e il coro preromanico, il cui pavimento è stato recentemente riportato alla luce, rimase in uso per molto tempo; la costruzione fu completata solo verso la fine del sec. 12°, in uno stile romanico tardo, già segnato da influenze gotiche.
Le piccole chiese rurali di stile romanico sono molto numerose: particolarmente frequenti in Limagne e nella valle dell'Allier, come nelle montagne del Brivadois e alla periferia del massiccio del Cantal, esse sono invece più rare nelle montagne settentrionali e sono tipologicamente molto varie, il che non esclude però fenomeni di imitazione e di contaminazione. Nella Bassa A. molte imitano, o almeno si ispirano alle chiese maggiori, ma tale influenza si attenua man mano che ci si allontana da esse e alcuni edifici presentano tratti originali che creano altrettante sfumature regionali. Nel Brivadois numerose chiese risentono dell'influenza di Saint-Julien di Brioude o si ricollegano a un tipo che si ritrova nel Velay e nell'Alta Alvernia. In questa ultima regione le influenze del Limosino e del Sud-Ovest interferiscono con la tradizione alverniate (Notre-Dame-des-Miracles a Mauriac, Saint-Georges di Ydes). In generale nelle regioni periferiche (Brivadois, Alta A.) la decorazione scolpita, essenzialmente ornamentale, è più ricca e varia.
A una generica derivazione alverniate, sulla base di sicuri riscontri morfologici, si sono tra l'altro voluti ricondurre alcuni caratteri del corredo scolpito nelle pievi romaniche del Casentino (Bracco, 1971).
In A. si conservano numerose rappresentazioni della Vergine in Maestà, seduta in trono e con il Bambino benedicente, attribuite all'epoca romanica, il cui prototipo potrebbe essere stato la statua della Vergine commissionata da Stefano II per la cattedrale di Clermont. Una Madonna di questo tipo è raffigurata in un manoscritto del sec. 10° (Clermont-Ferrand, Bibl. Mun., 145, c. 130v; Schrade, 1957); le più note, in legno rivestite di placche di metallo o dipinte, sono quelle di Orcival, di Marsat, di Saint-Gervazy, di Saint-Nectaire, di Saint-Victor-Montvianeix, ma molte di queste non sono databili con certezza (Forsyth, 1972). È inoltre da segnalare il busto-reliquiario di s. Beaudime, in Saint-Nectaire, rivestito di rame dorato e ornato di cabochons (fine del sec. 12°).
Solo eccezionalmente si sono conservati gli affreschi che adornavano le chiese: i frammenti più notevoli sono quelli di Ebreuil, di Saint-Julien di Brioude, del monastero di Lavaudieu, della cappella rupestre di Giona, di Saint-Géraud di Aurillac, delle cripte della cattedrale di Clermont e di Saint-Cerneuf di Billom. Molti di questi resti rivelano un'influenza più o meno diretta dell'arte bizantina.
Nonostante la densità delle chiese romaniche, l'attività architettonica non conobbe pause e l'A. si aprì a poco a poco alle influenze gotiche. I due più antichi esempi noti sono quelli di Saint-Pourçain (1160-1170 ca.) e di Ebreuil (verso il 1180). Nella prima metà del sec. 13° ci furono chiese ricostruite secondo i nuovi principi ad Aigueperse, a Riom e a Ennezat: lo stile gotico si diffuse in numerossimi cantieri, in cui i lavori consistettero raramente nell'edificare una nuova chiesa, ma più spesso nell'ammodernare una chiesa precedente con particolari ornamentali o volte ogivali. Questi edifici di transizione sono particolarmente numerosi nell'A. settentrionale e nella valle dell'Allier. I Benedettini ebbero una parte decisiva nella diffusione delle nuove formule; è tuttavia da notare come quest'opera di rinnovamento, la cui grande variabilità può venire messa in relazione con il frazionamento della regione, coesistette con una permanenza delle tradizioni romaniche, avvertibile nella sistemazione dell'interno e nell'illuminazione. Ancora nel 1240 la cappella di Beaurepaire, costruita dai Francescani nei sobborghi di Clermont, conservò l'aspetto di una chiesa romanica, salvo qualche particolare ornamentale. A partire dal 1248 ca., i vescovi Hugues e Guy de la Tour intrapresero la ricostruzione della cattedrale di Clermont: l'apertura di questo cantiere segnò una nuova tappa nella diffusione dell'arte gotica. Il coro, attribuito a Jean des Champs, appare come una sintesi originale delle formule gotiche settentrionali: crociera ogivale e archi rampanti, messi in opera per elevare in altezza l'edificio e svuotare i muri, sostituiti da ampie vetrate (in parte rimaste in loco). I lavori vennero continuati nel corso del sec. 14°; il ruolo eminente riservato alle cappelle laterali rivela invece altre influenze. Frattanto erano state introdotte altre forme del Gotico, assunte dalle regioni meridionali. La tecnica dell'ogiva era stata adottata per costruire ampie navate senza pilastri, ma meno illuminate; la controspinta era assicurata sia da contrafforti, in parte integrati all'interno, fra i quali si aprivano le cappelle, sia dalle navate laterali della stessa altezza della navata centrale. Questi modi semplici di costruzione restavano vicini alla concezione romanica per lo spessore e la rilevanza dei muri e per le ridotte dimensioni delle aperture.
Gli Ordini mendicanti hanno avuto un ruolo importante nella diffusione del Gotico meridionale in A.: a Clermont, fra le realizzazioni più antiche, figurano la chiesa dei Giacobini (Domenicani), eretta dopo il 1219 nel sobborgo orientale, e la nuova chiesa dei Francescani, costruita fra il 1264 e il 1284 accanto a una porta della cinta muraria.
Le tecniche gotiche, particolarmente nelle forme meridionali, vennero frequentemente adottate soprattutto nei secc. 14° e 15° nei cantieri che si moltiplicarono a partire dalla metà del Trecento. Certo, la crisi conseguente alla guerra dei Cento anni provocò numerose distruzioni, ma nello stesso tempo la formazione dei principati e lo sviluppo delle amministrazioni reali e principesche diedero impulso all'attività artistica, i cui principali centri furono le corti dei principi, ma alla quale parteciparono anche il clero e la borghesia dei mercanti e dei funzionari delle finanze e della giustizia.
Vennero aperti nuovi cantieri e uno dei più importanti fu quello della chiesa abbaziale di La Chaise-Dieu, a opera di papa Clemente VI (m. 1352), già monaco di quella abbazia, nella quale fece anche costruire la sua tomba. Nella nuova chiesa, costruita negli anni 1344-1378, l'ampia navata, tagliata da uno jubé, è fiancheggiata da navate laterali strette e della stessa altezza e le cappelle sono inserite tra i contrafforti interni. A Saint-Flour, diventata sede vescovile nel 1317, la vecchia chiesa fu sostituita, a partire dal 1398, da una nuova cattedrale i cui lavori si protrassero per circa un secolo, fino al 1460-1480. Gli Ordini mendicanti continuarono a contribuire alla diffusione dell'arte gotica meridionale con le chiese dei Carmelitani a Clermont (1329-1400) e dei Domenicani a Saint-Flour (1362/1368-1484).
I palazzi della nobiltà furono oggetto di lavori di ampliamento e di abbellimento. Nel 1360, Jean de Berry, diventato duca di A., fece di Riom uno dei luoghi di sua residenza e i lavori nell'antico castello vennero affidati agli architetti Guy e André de Danmartin; vicino al donjon circolare, che venne conservato, il duca fece costruire una grande sala di ricevimento e una sainte chapelle. Resta soltanto quest'ultima, con mura quasi completamente svuotate e sostituite da ampi finestroni ornati di vetrate di cui si sono conservati soltanto alcuni frammenti. Jean de Berry commissionò importanti lavori anche in altri due castelli, Nonette e Usson, oggi distrutti, ma di cui si conservano i disegni eseguiti verso la metà del sec. 15° (Fournier, 1973, tavv. VII e XLV).
La sede principale della corte dei Borboni, che succedettero a Jean de Berry, fu Moulins, il cui castello ducale venne ricostruito da Luigi II (1356-1410) e da Giovanni II (1456-1488). Fra Moulins e Riom i conti di Montpensier, ramo cadetto dei Borboni, intrapresero nella seconda metà del sec. 15° l'ampliamento del palazzo che possedevano nella città di Aigueperse, vicina al loro castello; Luigi I di Borbone vi costruì una sainte chapelle (1474) in cui si fece seppellire. I conti di A., ripiegando su Vic-le-Comte, ampliarono dagli inizi del sec. 14° il loro castello, di cui ricostruirono la cappella agli inizi del 16° secolo.
Le città si trasformarono, antiche chiese vennero ricostruite e nuove furono messe in cantiere: il coro e le tre campate orientali della chiesa di Montferrand furono costruiti nel terzo quarto del sec. 14°; a Riom la chiesa di Marthuret fu ricostruita dall'inizio del sec. 14°, mentre nel 15° vennero aggiunte alcune cappelle alla navata romanica della chiesa di Saint-Amable; la chiesa di Saint-Jean ad Ambert data agli anni 1471-1518; a Billom si fecero importanti lavori nelle antiche chiese di Saint-Cerneuf e di Saint-Loup. Nello stesso periodo l'insicurezza impose la costruzione o la ricostruzione di cinte murarie, che divennero un elemento essenziale nella topografia delle città e assorbirono una parte delle loro ricchezze. Infine l'ascesa della borghesia mercantile e dei funzionari di giustizia e delle finanze ebbe come conseguenza la modificazione del tessuto urbano con la costruzione o il restauro di numerosi palazzi. Questo fenomeno fu particolarmente evidente nei secc. 15° e 16° a Riom e a Montferrand, sedi di amministrazioni ducali e reali, ma anche in numerose altre piccole città si può osservare uno sforzo di rinnovamento dell'ambiente urbano nel corso degli ultimi secoli del Medioevo: Besse, Salers, Billom, Thiers, Murat, Saint-Flour.
Anche al di fuori delle città si possono osservare gli effetti di questo rinnovamento architettonico. Numerosi castelli subirono lavori e rimaneggiamenti e, data la durezza dei tempi, le preoccupazioni difensive rimasero sempre presenti e la maggior parte delle costruzioni conservò un aspetto di fortezza. I vasti corpi destinati ad abitazione e a ricevimento presero sempre maggior spazio e vennero più o meno coerentemente aggiunti agli edifici puramente militari, antichi o rinnovati (Tournoël, Murol); in altri castelli, di costruzione completamente nuova, i signori dettero la preferenza alle piante rettangolari, meglio adatte alla residenza (Alleuze, Anjony, Châteaugay).
Un documento d'eccezione, l'Armorial di Guillaume Revel, composto verso la metà del sec. 15° per il duca di Borbone e che contiene una quarantina di disegni di dimore signorili, dà un'idea molto concreta di queste esperienze e ricerche (Fournier, 1973). Il castello di Villeneuve-Lembron ne può rappresentare il punto d'arrivo: Rigaud d'Aureille, cerimoniere del re (m. 1517), sostituì un'antica casa-forte, costruita nel sec. 15°, con un vasto castello, unito a una chiesa divenuta parrocchiale. Nonostante la presenza dei fossati e dei torrioni angolari, il castello non è ormai altro che un edificio residenziale. I manieri in generale si moltiplicarono per lo sviluppo della classe dei notabili e torri e fossati conferiscono loro l'aspetto di case-forti.
Alcuni insediamenti religiosi vennero fortificati e anche le comunità rurali dei villaggi dovettero provvedere alla propria difesa: la costruzione di 'forti' collettivi ha segnato durevolmente e profondamente la topografia di numerosi villaggi.
Anche le numerose chiese rurali furono oggetto di lavori più o meno importanti. Alcuni edifici vennero interamente costruiti nel nuovo stile e in parecchi casi una costruzione gotica sostituì una romanica: la chiesa di Salmerange-Ravel ne è una fra le realizzazioni più perfette. Le chiese gotiche furono numerose nelle montagne orientali, dove molte sembrano ispirate a quella di La Chaise-Dieu, e nelle montagne dell'Alta A.; sono più rare invece nelle montagne occidentali.
Nella maggior parte dei casi, però, i lavori furono limitati a rimaneggiamenti parziali: ricostruzione di volte, aggiunta di cappelle, costruite da e per notabili - spesso a scopo funerario -, portali, rifacimento di cori. Nonostante gli influssi del Rinascimento che trionfano in alcuni castelli (Villemont, Messilhac), la concezione architettonica del Gotico si prolungò nel sec. 16° (Salers, Vice-le-Comte) e fino alla metà del sec. 17° (Saint-Germain-Lembron).
Resta qualche documento delle arti plastiche della fine del Medioevo. La statuaria a tutto tondo ebbe come temi principali la Vergine con il Bambino (Vièrge à l'oiseau della chiesa di Marthuret a Riom; le Madonne di Auzon e di Grandrif) e gruppi dedicati alla morte del Cristo (Vergine con Cristo morto sulle ginocchia o Deposizione: Aigueperse, Billom, Montel-de-Gelat, Salers).
La pittura è rappresentata essenzialmente da affreschi, con parecchi cicli ben conservati sia nelle chiese (Billom, Lavaudieu, Blassac, La Chaise-Dieu, la cattedrale di Clermont, Ennezat), sia nei castelli (decorazioni araldiche di Ravel, verso il 1300; Storie di Tristano e Isotta a Saint-Floret, verso gli anni 1364-1370; dipinti allegorici di Villeneuve-Lembron, inizi del sec. 16°). Accanto alle grandi scene narrative o allegoriche (Storie della Passione, Giudizio universale, Danza macabra), il ruolo dei santi diventa via via sempre più importante nell'iconografia religiosa.
Bibliografia
Clermont-Ferrand, CAF 62, 1895.
A. Chalvet-de Rochemonteix, Les églises romanes de la Haute Auvergne, Paris 1902.
Le Puy, CAF, 71, 1904; Moulins-Nevers, ivi, 80, 1913.
Clermont-Ferrand, ivi, 87, 1924; Allier, ivi, 101, 1938.
P. Balme, Eglises romanes d'Auvergne, Clermont-Ferrand 1955.
B. Craplet, Auvergne romane (La nuit des temps, 2), La Pierre-qui-Vire 1955.
A. Gybal, L'Auvergne, berceau de l'art roman, Clermont-Ferrand 1957.
H. Schrade, Zur Frühgeschichte der mittelalterlichen Monumentalplastik, Westfalen 35, 1957, pp. 33-64.
M. Vieillard-Troiekouroff, La cathédrale de Clermont du Ve au XIIe siècle, CahA 11, 1960, pp. 199-247.
M. Bracco, Architettura e scultura romanica nel Casentino, Firenze 1971, pp. 63-68.
I. H. Forsyth, The Throne of Wisdom, Wood Sculptures of the Madonna in Romanesque France, Princeton 1972.
G. Fournier, Châteaux, villages et villes d'Auvergne au XVe siècle, d'après l'Armorial de Guillaume Revel (Bibliothèque de la Société française d'Archéologie, 4), Genève 1973.
Z. Swiechowski, La sculpture romane d'Auvergne, Clermont-Ferrand 1973.
A. Courtillé, Cinq siècles d'art en Auvergne, in Histoire de l'Auvergne, a cura di A. G. Maury, Toulouse 1974, pp. 141-182 (con bibl.); Velay, CAF 133, 1975.
A. Courtillé, Peintures romanes d'Auvergne, Bulletin historique et scientifique de l'Auvergne 89, 1979, pp. 217-256.
M. T. Davis, Le Choeur de la cathédrale de Clermont-Ferrand: le commencement de la construction et l'oeuvre de Jean des Champs, ivi, 91, 1982, pp. 29-63.
A. Courtillé, Histoire de la peinture murale dans l'Auvergne du Moyen Age, Brioude 1983.
Id., L'art dans les monts d'Auvergne, in P. Bressolette, Les Monts d'Auvergne: de la montagne à l'homme, Toulouse 1983, pp. 237-288, 453.
C. Lauranson-Rosaz, L'Auvergne et ses marges (Velay, Gévaudan) du VIIIe au XIe siécle, Le Puy-en-Velay 1988.