BECCHETTI (Bechetti, Becheto, De Bechetis), Alvise
Figlio di Giacomo, il noto umanista, si ignorano l'anno e il luogo della sua nascita: è ricordato a volte, come "mediolanensis" a volte come "papiensis". La prima notizia sicura che lo riguarda è del 1477: nell'agosto di quell'anno, per ordine della duchessa Bona, vedova di Galeazzo Maria Sforza e reggente del ducato in nome del figlio Gian Galeazzo, venne inviato a Parma col compito di ricondurre all'obbedienza i nobili parmensi ribellatisi a Milano. D'allora in poi il B. figurò come famigliare e segretario della duchessa, della quale fu in realtà il primo consigliere fino all'avvento di Ludovico il Moro.
Nel 1479 venne inviato come ambasciatore in Savoia; di questa sua missione restano alcuni dispacci contenenti interessanti notizie sulle condizioni della Savoia e sulle relazioni franco sabaude.
Particolarmente interessante il dispaccio in data 23 sett. 1479, da Vienne, nel Delfinato, in cui si riferisce sull'atteggiamento di Luigi XI, re di Francia, verso il ducato di Milano e si esprimono giudizi piuttosto allarmanti sulla situazione politica milanese. Riferendosi a Cicco Simonetta, del quale pure risulta essere stato molto amico, il B. in questo dispaccio sembra accusarlo apertamente dello strapotere di cui il Simonetta stesso godeva alla corte sforzesca, asserendo che tutto, persino i danari, le gioie della duchessa e il castello erano in suo arbitrio.
Ritornato a Milano verso la fine di ottobre il B. ebbe, per desiderio di Bona, un incontro segreto con l'abate Bonifazio Simonetta, incontro che ebbe certamente per argomento la situazione di Cicco: sull'esito di tale incontro tuttavia non si hanno notizie. Il 16 nov. 1479 il B. venne nominato segretario della Cancelleria, segreta, carica nella quale fu riconfermato il 10 ott. 1480. Quello stesso anno, l'8 gennaio, ebbe in feudo il territorio di San Giorgio, in Lomellina, che vendette poi nel maggio 1481 a Pietro Biraghi (che ne divenne però padrone di fatto solo nel 1483).
L'8 apr. 1480 il B. figura fra i tre segretari incaricati da Ludovico il Moro, reggente del ducato in nome del nipote Gian Galeazzo, della spedizione delle lettere ducali. In quel periodo era uno dei pochi "aulici" rimasti intorno alla duchessa Bona, e sembra che non fosse estraneo ai vari progetti di fuga da lei disperatamente architettati dopo la fine dei Simonetta, tant'è vero che Ludovico il Moro, con un ordine a firma Gian Galeazzo (31 ott. 1480) l'aveva "dispensato" dal servizio della duchessa; anche gli altri sette famigliari addetti alla duchessa insieme col B. vennero privati dell'incarico ed obbligati, sotto giuramento e con la minaccia "si contrafecerint capite se plectendo sciant", a non mettere più piede nel castello e a non comunicare neppure per scritto con la duchessa. Ritiratasi costei nel castello di Abbiategrasso, il B. fu l'unico a seguirla fedelmente, e in quella occasione venne da lei reintegrato nella carica di segretario: la decisione della duchessa, giunta poco dopo il perentorio divieto dell'ottobre, non dovette far troppo piacere al Moro. Così, all'inizio del 1481, il B. venne accusato di aver istigato il prete Costantino Moschioni, arrestato il 18 gennaio a Milano, ad avvelenare Ludovico il Moro e Roberto Sanseverino, e benché la confessione del Moschioni, rifugiatosi intanto a Napoli, fosse stata dallo stesso decisamente ritrattata e smentita, il B. ricevette in febbraio l'ingiunzione, di presentarsi innanzi al duca; fiutando il pericolo, egli preferì mettersi al sicuro abbandonando il territorio del ducato, onde, considerato reo confesso, la sua casa venne saccheggiata e distrutta (Cronica gestorum..., p. 95).
Nel 1483 il B. si trovava a Torino, dove sembra che facesse pratiche per rientrare a Milano, confidando sull'appoggio del duca (e di Luigi XI) e facendo causa comune con certi avversari del Moro; anzi il B. accondiscese a scrivere al comandante della fortezza di Trezzo, Vercellino Visconti, perché consentisse a Roberto Sanseverino (passato allora tra i più accesi oppositori del Moro) ed alle sue truppe il libero passaggio al confine veneto: segno questo che egli contava ancora buoni amici nel Milanese.
Il B. era già, probabilmente dallo stesso anno, al servizio del marchese Bonifacio di Monferrato, che anzi rappresentò nel luglio, a Venezia, alla firma della condotta concessa al marchese dalla Repubblica.
Con il Sanseverino il B. ebbe rapporti anche in seguito: difatti nel 1486 fu inviato da lui presso Innocenzo VIII a notificare le proposte di pace fatte da Alfonso di Calabria, figlio del re Ferrante di Napoli, per porre fine alla guerra dei baroni. Tra il 1486 e il 1490 figura talora in corrispondenza con l'ambasciatore fiorentino a Roma, Pierfilippo Pandolfini e con Lorenzo de' Medici, non si sa bene a quale preciso scopo. Le tracce del B. si perdono fino al 24 febbr. 1492, data in cui egli ricevette dal duca Gian Galeazzo Sforza la donazione di alcune terre presso il Ponte di Seveso, vicino a Bruzzano, con gli annessi diritti di dazio. Ciò farebbe supporre che nel frattempo fosse avvenuto un riavvicinamento o addirittura una riconciliazione con il Moro; anche perché, poco dopo, troviamo il B. - nella veste di "collateralis" delle truppe al servizio del pontefice - svolgere alcune missioni per conto di Alessandro VI nel Milanese e, come suo rappresentante a Milano, condurre le trattative per la riconciliazione tra il cardinale Ascanio Sforza ed il pontefice, appoggiato ed incoraggiato da Ludovico il Moro (1495). Da Alessandro VI ebbe anche l'incarico di recare il cappello cardinalizio all'arcivescovo di Milano Ippolito d'Este, fratello della duchessa Beatrice, moglie di Ludovico il Moro: sull'esito di questa missione gli storici hanno fatto le più varie ipotesi, tanto più che Ippolito d'Este non pose mai piede nella sua diocesi.
Sulla parte avuta dal B. nella riconciliazione tra il cardinale Sforza ed Alessandro VI non c'è alcun dubbio: ed è altrettanto certo che fu il Moro, minacciato dal re di Francia e bisognoso dell'alleanza degli Stati italiani per poter difendere il ducato, a sollecitarne i buoni uffici presso il pontefice. Il 7 marzo 1495 il B. recava ad Ascanio Sforza un messaggio personale ed accorato del fratello: e, dopo un colloquio con lui a Nepi, se ne ripartiva per Roma portando le ultime proposte del cardinale al papa, proposte che resero possibile la definitiva riconciliazione dei due. Rassicurato sulla fedeltà del vicecancelliere e soddisfatto per la sua mediazione, Alessandro VI inviò il B. a Venezia (12 marzo 1495) con i più ampi poteri, per formare la lega degli Stati italiani contro Carlo VIII; il B. era anche fornito di una delega dei reali di Spagna per sottoscrivere a nome di quelli l'accessione alla lega. Il 19 marzo giungeva a Milano, ove ebbe un colloquio con il Moro, impaziente di concludere l'accordo: il 23 marzo era a Venezia, ove le istruzioni scritte che recava e le spiegazioni date oralmente rassicuravano finalmente i collegati sui sentimenti di Alessandro VI. Il 28 marzo i capitoli dell'accordo (che prevedeva una lega di venticinque anni tra il papa, il re dei Romani, la Repubblica di S. Marco, il duca di Milano ed il re di Spagna) erano già fissati. Prima di firmare il patto, tuttavia, il B. chiese che si attendesse l'assenso del pontefice alle clausole del trattato; ma, dietro le ferme insistenze dei rappresentanti veneti, lo sottoscrisse anch'egli in nome del papa - il cui benestare si pensò di ottenere successivamente per mezzo del cardinale Sforza all'uopo incaricato - ed in nome del sovrano di Spagna; e dopo l'apposizione dei sigilli al documento fu proprio lui ad annunciare pubblicamente a tutti gli ambasciatori accreditati a Venezia, nel corso di una festa celebrata il 12 aprile, l'avvenuta stipulazione della lega.
Rimasto a Venezia, come rappresentante del papa, il B. accettò l'8 maggio che Venezia e Milano assumessero Giovanni Borgia, duca di Gandía, ai loro comuni servigi per sei anni; ed il 25 maggio, rappresentando straordinariamente Giovanni Sforza, signore di Pesaro, firmò per lui l'atto che lo poneva ai servigi del papa, di Venezia e di Milano.
Il 17 giugno 1495, in riconoscimento dei servigi resigli negli ultimi anni, il B. venne nominato da Ludovico il Moro "consigliere segreto" del ducato di Milano: egli, però, non tornò a Milano, forse a motivo del declino politico del ducato e dello Sforza, preferendo i più sicuri e redditizi uffici della Curia romana. Nel 1497, infatti, lo troviamo a Roma, indicato come "clericus papiensis" (nel Burckard, p. 406, è indicato erroneamente come "parmensis", evidentemente per "papiensis") e con l'ufficio di "abbreviator litterarum apostolicarum" di Alessandro VI.
Nel settembre 1499, non sappiamo per quale motivo, il B. raggiunse il Moro, che era riparato a Bolzano ove attendeva di passare a Innsbruck; il 24 di quel mese, tuttavia, il B. era di ritorno in Italia. L'anno seguente risulta beneficiario della chiesa Maggiore di Cremona, con una entrata di 50 ducati.
All'elezione del successore di Alessandro VI, nel settembre del 1503, il B. appare nell'elenco dei conclavisti nella strana posizione di "clericus papiensis uxoratus", e come tale appare ancora il 1º novembre di quello stesso anno, nel conclave seguito al breve pontificato di Pio III. Nel 1504 partecipò alla spedizione di Perosa per conto del papa, in qualità di famigliare del cardinale Roberto Sanseverino; l'anno successivo fu ancora in Romagna a capo, con Giovanni Gonzaga, delle truppe pontificie inviate a recuperare i territori occupati da Venezia.
L'ultimo documento a noi noto, in cui venga ricordato il B., è un breve del 1513 di Giulio II, in cui al "dilecto filio Aloysio Becheto laico mediolanensi" - e qui il B. viene indicato dunque ancora in maniera diversa - viene attribuita per un triennio la carica di "soldano", cioè custode della carceri di Tor di Nona, le prigioni politiche della Curia e della Camera Apostolica.
Si ignora il luogo e la data di morte del Becchetti.
Fonti e Bibl.: Vari documenti sul B. sono nell'Archivio di Stato di Milano (Archivio Sforzesco, Savoia, cartt. 499, 500, 501; Carteggio interno, cart. 377; Registro ducale 114, cc. 84, 161, 202; Famiglie, Becchetti) e di Venezia (Senato, Secreta, Deliberazioni, reg. 35, cc. 64 ss.). Alcuni sono editi nelle seguenti pubblicazioni: Atti dei parlamento sabaudo, a cura di A. Tallone, I, 4, Bologna 1932, ad Indicem. Vedi inoltre: I. Simonetae Rerum gestarum Francisci Sfortiae... commentarii, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, pp. VI n. 1, XVI n. 5, XVII n. 3; Cronica gestorum in partibus Lombardiae et reliquis Italiae, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXII, 3, a cura di G. Bonazzi, pp. 14, 79, 95; J. Burckard, Liber notarum, in Rerum Italic. Script., 2 ediz., XXXII, 1, a cura di E. Celani, pp. 33, 143, 381, 406; M. Sanuto, Diarii, II, a cura di G. Berchet, Venezia 1879, col. 1361; III, a cura di R. Fulin, ibid. 1880, col. 1880; VI, a cura di G. Berchet, ibid. 1881, coll. 67, 229; Id., La spedizione di Carlo VIII in Italia, a cura di R. Fulin, Venezia 1883, pp. 279, 284; B. Corio, Storia di Milano, III, Milano 1857, passim; I libri commemoriali della repubblica di Venezia, Regesti, V, Venezia 1901, pp. 281, 332; VI, ibid. 1904, pp. 6, 7, 8, 11; I Registri dell'Ufficio degli statuti di Milano, a cura di N. Ferorelli, Milano 1920, p. 148; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1947, pp. XXIV, 26, 90, 365 n.; Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico..., a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, pp. 114, 408; Archivio Mediceo avanti il Principato, I, Roma 1951, p. 339; II, ibid. 1955, pp. 407, 430; A. Portioli, La lega contro Carlo VIII nel 1495, Milano 1876, pp. 9 ss.; C. Corvisieri, Delle Posterule tiberine, in Arch. d. R. Soc. romana di storia patria, I(1878), p. 119 e n. 2; C. Magenta, I Visconti e gli Sforza nel castello di Pavia, II, Milano 1883, pp. 427, 428; L. Beltrami, Il castello di Milano sotto il dominio dei Visconti e degli Sforza, Milano 1894, p. 416; G. Romano, Di un preteso attentato contro Lodovico il Moro e Roberto di Sanseverino, in Arch. stor. lombardo, s. 3, XXIV (1897), pp. 342 ss.; A. Segre, Ludovico Sforza e la Repubblica di Venezia, ibid., XXX (1903), pp. 79, 105, 107, 368 ss.; A. Cametti, La torre di Nona e la contrada circostante dal Medio Evo al secolo XVII, in Arch. d. R. Soc. romana di storia patria, XXXIX(1916), pp. 411 ss.; Z. Arici, Bona di Savoia, Torino 1935, p. 159; L. Ceriani, La politica italiana di Luigi XI, in Arch. stor. lombardo, LXXVII (1950), pp. 59 ss.; F. Cognasso, Novara nella sua storia, in Novara e il suo territorio, Novara 1952, p. 358; C. Santoro, L'organizz. del ducato, in Storia di Milano, VII, Milano 1956, p. 525.