BUSINELLO, Alvise
Nacque a Padova il 10 marzo del 1552 da Alessandro. Dopo alcune "ballottazioni" sfortunate, iniziò l'attività pubblica nel 1580 con l'elezione, per quell'anno, a membro del Consiglio del Comune.
Al supremo consesso patavino la famiglia Businello, di origine milanese, forse discendente dai Torriani, era stata aggregata solo nel 1455. Benché fossero imparentati con alcune potenti famiglie, il B. e suo padre, Alessandro, non sembrano dunque appartenere alle famiglie più rappresentative della nobiltà padovana. Partecipano, in un incessante alternarsi, alle elezioni del Consiglio e, soprattutto, al sorteggio degli "uffici", ma se il padre ricopre molte cariche, il B. ne ottiene, invece, un numero molto minore. È necessario sottolineare, però, che sia padre che figlio concorrono sempre solo a determinati "uffici" molto remunerati o, comunque, legati ad evidenti interessi economici.
Così il B., dopo essere stato eletto "secundus commilito" nel 1581, diviene, probabilmente nello stesso anno, "cavaliere del Comun"; si alterna poi col padre nelle "ballottazioni" per il Monte di Pietà: è eletto "conservatore" nel 1583 e nel 1596; "coimputator massariorum" nel 1585. Di particolare importanza per lui, sotto l'aspetto pubblico, sembra essere il 1589. Il 30 dicembre di quell'anno è, infine, nominato vicario di Teolo. Anche questa carica era già stata ricoperta da suo padre ed era molto ambita pure dalla famiglia della madre: gli Oddi. Presso Teolo Oddi e Businello (anche se questi ultimi, probabilmente, in assai minore proporzione) avevano possedimenti. È significativo che la nomina alla vicaria di Teolo fosse giunta al B. proprio allo scadere di un altro suo mandato: nel 1587 era divenuto presidente del consorzio per la bonifica di Lozzo Atestino. Il B., dunque, non è soltanto teso ad amministrare, nella maniera più lucrosa possibile, il patrimonio preesistente, ma vuole ampliarlo o valorizzarlo. La sua figura si pone quindi accanto a quella di molti gentiluomini di Terraferma, che, come numerosi patrizi veneziani sotto la tutela del governo centrale, tentavano di ottenere nuove fonti di ricchezza attraverso il rinnovamento dell'agricoltura. Anche l'ultimo ufficio importante da lui ricoperto è legato, in qualche modo, al mondo rurale e ad interessi economici; il 13 giugno del 1597 è chiamato a succedere, nella vicaria di Arquà, al padre, morto in quello stesso mese a settantatré anni. Il B. non tardò molto a seguirlo: il 3 genn. 1599 si spense, dopo "otto giorni di febre" (Archivio di Stato di Padova, Ufficio di Sanità..., vol. 464). Si concludono così, immaturamente, l'attività pubblica e la vicenda umana del B.: del suo nucleo familiare resta un solo fratello: Priamo. Questi, nel 1620, ormai più che cinquantenne, sposerà Camilla Malatesta che gli darà un unico figlio: Alessandro.
Del B. ci rimane, manoscritta, una Cronica di Padova. A questa Cronica, per sua stessa dichiarazione, il B. lavorò tutta la vita aggiungendo numerose postille a margine. La stesura, iniziata nel 1570, è, tuttavia, completa già nel 1572. Si tratta, dunque, di una opera giovanile, composta fra i diciotto e i vent'anni: quasi a conclusione degli studi. È un'opera, perciò, sotto certi aspetti illuminante, sia per meglio comprendere la formazione culturale del B., sia perché egli aggiunge con le sue "carte" un frammento alla conoscenza della cultura della Padova del suo tempo: la Padova delle polemiche fra il tradizionale metodo aristotelico pur imperante, il platonismo e il neoplatonismo; la città ove operano eruditi come il Malfatti, lo Speroni, Giovan Vincenzo Pinelli. Il B. si riconduce a un tipo di storiografia erudita. Spesso sottolinea l'attenzione portata ai documenti, alle cronache dei predecessori e dei contemporanei, il suo scrupolo della "verità" (Cronica, ms. B.P. 1462/1, c. 183v), anche se poi, frequentemente, perfino nel parlare di avvenimenti contemporanei, egli incorre in vistose inesattezze. Il desiderio, quasi completamente irrealizzato, di rigorosità e di esattezza risponde, in realtà, a un motivo politico e ideologico. Come altri scrittori padovani contemporanei, anche il B. ha parole di profonda nostalgia per la signoria carrarese, mentre Venezia resta inesorabilmente estranea: così la guerra della lega di Cambrai, ultimo tentativo di riscossa del ceto dominante padovano a cui aveva partecipato la stessa famiglia Businello, è "l'ultima rovina della nobiltà padovana" (Padova, Bibl. civica, ms. B.P. 616, c. 25r). A questi nobili, spesso impoveriti, non resta ormai che l'ostinata difesa dell'antichità dei propri natali che, sola, può permettere almeno l'accesso agli uffici. Perciò la rigida divisione che il B. pone, quasi all'inizio della sua opera, fra: "Nobili immediatamente et assolutamente" che "sono quelli... che per sei età discendono da nobili..." e "Nobili semplicemente", che "sono quelli, che per tre età discendono da cittadini" (Cronica, c. 17r); il suo disprezzo, spesso ripetuto, per l'esercizio delle "artes mechanicae" nasce soprattutto dall'esigenza, particolarmente avvertita, appunto, probabilmente, nelle città della Terraferma veneta, della difesa della nobiltà come difesa dei privilegi di casta. Indicativa sembra in questo senso, nel B., l'interpretazione del rapporto nobiltà-ricchezza, così dibattuto allora nei circoli colti. I gentiluomini "che habbino perdute le facultadi non restano che non sijno di sangue nobile, ne perderono il valor suo", anche se "dalla vil Plebe è più estimata la roba, che la Nobiltà il che aviene ne quelli che sono di animo vile" (Cronica, cc. 329rv e 183v).
Nel B. "l'apologia della gens" è sviluppata al punto che egli intreccia molte vicende di Padova in età ezzeliniana, e carrarese, del resto accennate piuttosto brevemente, alla storia della sua famiglia; le gesta dei suoi "antiqui" acquistano quasi maggior rilievo dei grandi avvenimenti politici. I posteri ora si gloriano, oltre che della nobiltà del sangue, della loro dottrina e virtù, nella speranza utopistica che per i Businello, ancora una volta, la fortuna dia "loco". Questi termini "virtù", "fortuna", accanto ad accenni alla potenza divina e ad una visione moralistica della vita, costituiscono un elemento d'un certo interesse nella Cronica del Businello. Se, infatti, da una parte sembra seguire la mentalità "controriformista" del tempo, altri cenni potrebbero, sia pure in modesta misura, accostare la sua opera al mondo del "libertinage" erudito. È questa, allo stato attuale degli studi, soltanto una ipotesi. La cronaca del B. dovette comunque entrare, insieme ad altre opere di questo tipo, nelle biblioteche delle famiglie nobili e dové servire ad altri autori di genealogie e storie "municipali" posteriori. Sembra dimostrarlo il fatto che l'erudito padovano secentesco Giovanni de Lazara ne modificò l'introduzione e la trascrisse: unico indizio documentato, questo, della fortuna del Businello.
Fontie Bibl.: Archivio di Stato di Padova, Archivio civico antico,Consiglio del Comune,Atti, vol. 18, (1571-1580), cc. 40v, 383r, 400v e passim (per la carriera di Alessandro); vol. 19 (1581-1590), cc. 1r, 3r, 28r, 29v, 31v, 33r, 69r, 88r, 118v, 182v, 220 v, 226rv, 273r, 276r, 324r, 378v, 381v, 388r, 423v e passim;vol. 20 (1591-1600), cc. 51v, 111v, 166r, 206rv, 258v, 259r, 260r, 273v, 375r, 305rv, 310v, 311rv, 360r, 361v, 365r, e passim; Archivio civico antico,Estimo 1518, vol. 55, pp. 82r, 98r e polizza 32, Prove di nobiltà, vol. 24, cc. n.n.; Archivio civico antico,Vicarie, vol. 2 e 9, c. 19v; Ufficio di sanità di Padova, vol.464, cc. n.n.; Padova, Biblioteca civica, A. Businello, Cronica di Padova, ms. B. P. 1/1462, cc. 362 (questo ms. va confrontato col B. P. 616 che porta all'inizio la dicitura: "Vedi nel fine della famiglia Lazara...". Questo ms. è quello che, soprattutto nell'introduzione, appare rimaneggiato da Giovanni de Lazara (anche se, probabilmente, il de Lazara è autore anche di alcune postille del B. P. 1/1462); Ibid., ms. B.P. 1626, I, cc. n.n., Spogli genealogici di famiglie padovane;L. I. Grotto Dell'Ero, Cenni storici sulle famiglie di Padova e sui monumenti dell'università..., Padova 1842, p. 158 e tavola XIII; L. Rizzoli, Manoscritti della Biblioteca civica di Padova riguardanti la storia nobiliare italiana, Roma 1906, p. 17; A. Ventura, Nobiltà e popolo nella società veneta del '400 e '500, Bari 1964, pp. 298 s., 310 ss., 327, 330 s., 357.