CONTARINI, Alvise
Dei Contarini da SS. Apostoli, nacque a Venezia intorno al 1477.
Per la esatta identificazione del C. e dei suoi dati biografici è necessario orientarsi in alcuni dati presumibilmente sbagliati delle genealogie del Cappellari e delle Inscrizioni Veneziane di E. A. Cicogna. Il genealogista sostiene infatti che da Alvise di Galeazzo di Pandolfo nacque un altro Galeazzo, dal quale nacque un Alvise che fu bailo a Napoli di Romania nel 1531 e che morì decapitato dai Turchi nel 1537; ora l'Alvise bailo nel 1531 è invece il nonno di quello indicato dal Cappellari, il quale però non morì affatto nel 1537, bensì vent'anni dopo. Il Cicogna del resto, descrivendo il sepolcro di Galeazzo di Pandolfo e di suo figlio Alvise, conferma pienamente questa identificazione, affermando però che Galeazzo, padre del C., era stato provveditore dell'Esercito nel 1432: quasi certamente si tratta di un errore, giacché, se così fosse, Galeazzo avrebbe generato Alvise vecchissimo e sarebbe impensabile che il nonno del C., Pandolfo, potesse essere ancora in vita, come invece era, nel 1460. È inoltre impossibile che il C., sposatosi nel 1506 per la prima volta, possa aver avuto un nipote in età da combattere contro i Turchi nel 1537.
Il C. era dunque figlio di Galeazzo di Pandolfo, morto di peste nel 1484 e di una figlia di Piero Malipiero, seconda moglie di Galeazzo; ebbe un fratello di nome Girolamo, nato molto probabilmente nel 1479.
È certo che il C. entrò nel Maggior Consiglio prima del venticinquesimo anno di età; nel 1499 fu uno dei massari all'oro e all'argento; nel 1500 fu castellano alla cittadella di Bergamo: Domenico Contarini, divenuto podestà di Bergamo, lodò in Senato il C., quantunque la rocca cui era preposto fosse "d'importantia pocho"; nel 1505 fu provveditore alla Dogana da mar; due anni dopo faceva parte della Quarantia civil nuova; il primo giugno 1508 entrava come capo della Quarantiacriminal; nel luglio fu tra i promotori della "parte" volta a creare gentiluomo di Venezia Bartolomeo d'Alviano; nello stesso mese venne eletto castellano e provveditore a Duino, con il permesso di spendere venticinque ducati in più dell'ordinario per sistemare la casa dove sarebbe andato ad abitare; lasciò Duino l'anno seguente dopo la rotta veneziana ad Agnadello. Nel 1511 fu fatto provveditore del fondaco della farina; l'anno seguente fu giudice del Proprio; nel 1514 fu nel Senato e nella cerimonia della vigilia di S. Marco lo vediamo già nel novero dei personaggi più stimati e notevoli. Nello stesso anno venne eletto castellano a Cerines nell'isola di Cipro ed in quella occasione si meritò un caldo riconoscimento da parte del luogotenente a Cipro Donato Marcello. Assai religioso, decise di cogliere l'occasione della sua permanenza a Cipro per compiere un viaggio in Terrasanta; chiese pertanto il permesso di effettuarlo alla Signoria, la quale il 5 apr. 1516 lo autorizzò a compiere il viaggio "per fornir certo voto suo" ed a lasciare un patrizio veneziano in sostituzione.
Il C. partì il 23 luglio, lasciando il governo di Cerines a Daniele Dolfin; terminò il viaggio il 19 settembre dello stesso anno, giorno in cui giunse a Nicosia, accolto dal consigliere Giovanni Dolfin. Di questo viaggio il C. ci ha lasciato un diario piuttosto diffuso, una sessantina di pagine, nel quale racconta di essere partito con la moglie Maria di Alvise Moro, che aveva sposato nel 1506, "et altri per nostra compagnia"; passa poi a narrare il pellegrinaggio vero e proprio: il movente dello scritto è prettamente religioso, l'attenzione cade solo sui luoghi della vita di Gesù ed il manoscritto non presenta grande interesse se non come documento di una certa religiosità del patriziato veneziano in quegli anni così travagliati e così densi di motivi religiosi per la Repubblica.
Dal suo ritorno a Venezia da Cipro cominciano gli anni più oscuri della vita del C.; il suo nome compare nel 1519 come giudice del Proprio; nel 1525 come provveditore sopra le Pompe (ma non è certissimo che si tratti di lui) e nel 1528, quando lo troviamo in mare al comando di una galea nel Mediterraneo occidentale.
Certamente in quegli anni fu in Senato; era senatore sicuramente nel 1529 e con pari certezza si dovette consolidare in quegli anni la sua fama di uomo integro, stimato, ciò di cui avevamo avuto testimonianza già per gli anni precedenti, ma soprattutto pio e religioso: dall'inizio del 1529 comincia infatti a comparire, riferito a lui, il soprannome di "Millecroci", che con grande probabilità alludeva alla sua pietà cristiana. In quell'anno compare anche tra i prestatori di denaro all'erario pubblico, per la verità per cifre piuttosto modeste, il che potrebbe indicare una situazione finanziaria della famiglia non fioridissima.
Nel luglio 1531 venne eletto rettore e provveditore a Napoli di Romania; vi giunse nel gennaio 1532, constatando che la situazione di quella zona era "mal in ordine di ogni cosa". Di lì iniziò ad inviare una corrispondenza vivacissima e ricca di spunti.
Particolarmente interessante è il resoconto della caccia e della cattura di un gruppo di feroci briganti niontanari, i quali furono inseguiti fin sui loro monti ed ivi sorpresi e, afferma il C., era la prima volta che si era riusciti a colpire quella gente, impunita fino ad allora per la "acerbità di loco inaccessibile". Egualmente vivace è la descrizione del passaggio dell'armata navale turca che dette luogo da parte veneta a grandi feste e dimostrazioni di amicizia, oltre le quali è dato cogliere però un clima di sospetto e di tensione. Nel novembre 1532 il C. scrive che tutta la Morea è in agitazione: ci sono sussulti degli Albanesi e di altre popolazioni cristiane contro i Turchi; in relazione a ciò la Signoria incarica il C. di scrivere a Mustafà signore di Argos per assicurarlo che Venezia non ha nulla a che fare con queste agitazioni; nell'aprile 1533 il C. scrive a Venezia che la Morea è calma: i Turchi si compiacciono con la Serenissima per il suo atteggiamento, ma la situazione permane tesa anche per la presenza dell'armata ispano-imperiale in quelle acque.
Nel 1535 il C. sposò in seconde nozze una figlia di Giambattista Morosini, anche lei al suo secondo matrimonio. Nel 1536 venne eletto procuratore sopra gli Atti dei sopragastaldi; nel 1537 provveditore sopra le Acque del Chiampo; nel 1538 provveditore al Sale; nel 1541 governatore agli Introiti; nel 1542 (si tratta quasi sicuramente di lui) provveditore sopra le Fortezze; nel 1543 venne eletto tra i trenta tansadori istituiti da una "parte" senatoria di poco precedente.
Durante tutti questi anni il C., che visse "più alla patria che a sé stesso", era stato pressoché costantemente presente in Senato; a conferma del fatto che era entrato a far parte del ristretto novero dei massimi oligarchi della Repubblica, lo troviamo nel 1544 nel Consiglio dei dieci, di cui fu membro anche nel 1547; nel 1548 era di nuovo membro del Collegio dei trenta tansadori; nello stesso anno ricoprì probabilmente la carica di savio alla Mercanzia (ma l'identificazionetion è sicura); lo stesso dicasi per la carica di provveditore sopra l'Armar nel 1550. Nel 1551 fu consigliere per il sestiere di Dorsoduro, nella quale carica, afferma il Cicogna, diede saggio della sua integrità e giustizia. Nel 1554 fu tra gli elettori del doge Francesco Venier e fu lui che, dopo la votazione, lo presentò al popolo; nuovamente fu dei quarantuno elettori ducali per l'elezione del doge Lorenzo Priuli nel 1556; nel 1554 era stato provveditore sopra le Fabbriche di palazzo.
Morì l'11 giugno 1557 a Venezia, al termine di una vita indubbiamente austera e costellata di consensi dei contemporanei. Ebbe sepoltura nel chiostro della chiesa di S. Giobbe accanto al padre.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Segretario alle voci, Elezioni del Maggior Consiglio, regg. 1, 2; elezioni del Senato, regg. 1, 2; Testamenti, Atti Margili, 1206.81; 1218.X.19.24.25; Capi Consiglio dei Dieci, Lettere di rettori, b. 288, f. 92; Ibid., M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, II, c. 487; Venezia, Bibl. naz. Marc., Mss. Ital., cl. VII, 15 (= 8304): G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglioveneto, II. c. 311v; M. Sanuto, Diarii, Venezia 1879-1902, IV, VII-VIII, XIII, XVIII, XXII, XXVII, XLVIII-LII, LIV-LVIII, ad Ind.;E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, VI, 2, Venezia 1853, p. 651; P. Donazzolo, I viaggiatori veneti minori, Roma s. d., pp. 82 s.