CORNER, Alvise
Figlio di Giovanni di Giorgio, cavaliere e procuratore fratello della regina di Cipro, Caterina e di Adriana Pisani, sorella del cardinale Francesco, nacque, secondo la lapide composta in sua memoria, il 12 febbr. 1517 (il 13 maggio seguendo invece il Priuli). Fa parte del ramo della famiglia che abitava a San Polo e che diede alla Repubblica più di un doge e alla Chiesa numerosi cardinali, vescovi e altri prelati.
Suo padre era fratello dei cardinali Francesco e Marco. Egli stesso era primo cugino del cardinale Andrea e fratello di Federico, eletto da Sisto V; fratello inoltre di Marcantonio, padre del doge Giovanni, di Francesco cardinale di Clemente VIII e di Giorgio vescovo di Padova.
Il C. studiò diritto a Padova, dove si addottorò; in questa città alla morte di Marco Antonio Barbo fu eletto canonico ma per intervento del doge tale carica fu occupata da Bertuccio Bagarotto. Accompagnato da un gentiluomo di Fano, Rinolfa Rinalducci, suo intimo amico e uomo di fiducia, trascorse parte degli anni giovanili viaggiando, e fu al Santo Sepolcro, poi alla corte di Carlo V, quindi in Francia presso Enrico II. Entrò nell'Ordine militare dei cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme e ben presto fu nominato gran priore per l'isola di Cipro, incarico a cui poi rinunciò a favore del fratello Federico. Non è esatta invece la notizia che lo vorrebbe gran maestro della stessa religione: il suo nome infatti non ricorre nell'elenco relativo.
Nel 1550 è nella lista dei conclavisti, prima al seguito del cardinale F. de Tournon, poi di Alvise Pisani. Il 20 nov. 1551 fu promosso al cardinalato.
Vari fattori concorsero alla sua promozione. Si diceva che Giulio III si era risolto alla nomina di un nuovo gruppo di cardinali sia perché aveva bisogno a Roma di persone di fiducia e meritevoli che potessero essergli vicini come consiglieri, sia perché intendeva bilanciare l'influenza dei porporati francesi. Ma la morte del cardinale Andrea Corner, l'insistenza di molti e la raccomandazione della Repubblica di S. Marco, non mancarono di esercitare il loro peso sulla decisione del papa a favore dei patrizio veneziano.
Dapprima diacono con il titolo di S. Teodoro, alla morte di Cornelio Pisani, il 25 giugno 1554, il C. gli successe nello arcivescovado di Zara che però l'anno seguente affidò all'amministrazione del suo segretario Muzio Calini, riservandosi la metà delle entrate.
Nel 1555, in conclave, aderì con il suo voto al partito del cardinale di Santa Croce poi papa Marcello II. Ancor più determinante fu la scelta nel conclave che seguì pochi mesi più tardi, nel maggio, e che portò all'elezione di Paolo IV Carafa. Quando a questo mancavano solo tre voti per essere eletto, il C. sosteneva ancora la candidatura del Puteo. Furono le ragioni e le pressioni dello zio materno Francesco Pisani che lo convinsero ad appoggiare, insieme al Brentano e al Poggio, la proposta del Farnese.
Morto il papa, l'8 set. 1559 sottoscrisse i capitoli che impegnavano il futuro pontefice a riformare la Chiesa universale e la Curia romana, e ad estinguere le eresie attraverso la prosecuzione del concilio. Firmerà poi la bolla con la quale Pio IV proclamava la riapertura dell'assemblea generale dei vescovi. Durante l'elezione di questo papa il C. fu ancora al centro dell'attenzione quando, contro il parere della maggioranza, si unì al gruppo dei prelati che volevano eleggere al soglio pontificio il cardinale di Mantova Ercole Gonzaga "per viam adorationis". Approfittando in seguito del fatto che il Collegio cardinalizio era diviso in tre gruppi egualmente numerosi, il francese, lo spagnolo e quello che appoggiava Carlo Carafa, e che restando ognuno fermo nelle proprie posizioni non si sarebbe giunti all'elezione del nuovo papa, egli cercò, parlando personalmente con i porporati francesi e con quelli legati alla sua famiglia, di far convergere le preferenze sullo zio, riuscendo ad ottenere un certo numero di consensi; ma quando la candidatura sembrò prendere consistenza, tutti ritirarono la parola data. Egli stesso poi si comportò in modo simile allorché, per iniziativa del Carpi, sembrava certa l'elezione del cardinale Pacheco: all'ultimo momento favorì l'elezione di Pio IV.Nel 1560 Pio IV scelse il C. per l'amministrazione della diocesi di Bergamo, nel dominio veneto, suffraganea però della diocesi di Milano; ad essa il C. - rinunziò l'anno seguente, riservandosene il "frutto", a favore di Federico, suo fratello, in cambio dell'amministrazione del vescovado di Traù (1561-1567), lasciato libero dal fratello. Nel giugno del 1560 fu chiamato a far parte della commissione composta da otto cardinali che doveva intervenire agli interrogatori dei cardinali Carlo e Antonio Carafa condotti dal vescovo Girolamo Federici e Alessandro Pallantieri, nemici dichiarati degli accusati, per controllare che non venissero compiuti atti o procedimenti contrari alle forme del diritto. Non ebbe tuttavia modo di partecipare frequentemente alle riunioni di questo Collegio.
L'anno seguente, 1561, venne ordinato sacerdote e si adoperò presso la Repubblica perché, superate certe difficoltà interposte dal patriarca di Aquileia, si convincesse Marcantonio Da Mula, esitante, ad accettare l'abito cardinalizio. Anche in seguito il C. farà da tramite tra la Curia romana e lo Stato veneziano.
Non fu presente al concilio, ma da Trento venne costantemente informato dei lavori e degli umori delle persone ivi convenute, attraverso le lettere che monsignor Calini gli inviava: documenti che poi servirono anche allo Sforza Pallavicino per la stesura della sua storia del concilio tridentino (v. M. P. Calini, Lettere conciliari 1561-1563, a cura di A. Marani, Brescia 1963). Certo per la sua attività di mediatore tra il papa e gli interessi dello Stato veneziano, la sua figura eserciterà sempre un'impressione positiva sugli ambasciatori della Repubblica: fu elogiato da Bernardo Navagerio, Giacomo Soranzo ne mise in luce l'abilità diplomatica, altri ancora non mancheranno di parlarne.
Il 21 giugno del 1564 gli fu concesso di assumere il titolo di S. Marco, cedutogli dal cardinale Pisani suo zio a condizione che questi potesse continuare a far uso del palazzo per il resto della sua vita. Nel dicembre fu ascritto honoris causa allo stesso Collegio dei canonici di Padova che alcuni anni prima lo aveva eletto. Al conclave che seguì la morte di Pio IV, prese posizione contro il cardinale Morone, favorendo con il suo voto l'elezione del Ghislieri.
Ottenuto il titolo di S. Vitale (2 giugno 1568), fu eletto camerlengo per il periodo 14 genn. 1569-11 genn. 1570; poi alla rinuncia in suo favore del card. M. Bonelli, pronipote del papa, e con l'esborso, secondo la notizia da Roma, di 68.000 (o 70.000) scudi per la guerra contro i Turchi, svolse la funzione di camerlengo dal 10 maggio 1570 fino alla fine della vita. Per quanto sofferente di gotta, fu particolarmente attivo presso il governo della Repubblica negli anni che videro la formazione della lega contro i Turchi.
Il C., che nei primi mesi del 1570 si trovava a Venezia, divenne un punto di riferimento molto utile in questa complessa trattativa diplomatica. Fu proposto dai Veneziani come candidato alla carica di generale della flotta; ma si convenne infine che tale incarico non s'addiceva a persona ecclesiastica e che sarebbe stato più opportuno lasciare al papa la scelta dell'uomo più adatto. La candidatura di Marcantonio Colonna riuscì infatti a soddisfare tutti. Per far fronte alle necessità il papa aveva decretato di prelevare un sussidio di 400.000 scudi d'oro sui beni di alcune congregazioni. Insieme ai procuratori generali di queste venne allora incaricato il C., come camerlengo, di precisare i termini del pagamento. Così si decise che tali istituzioni rimanessero per l'avvenire esenti da ogni decima generale e particolare, e dalle contribuzioni per collegi e seminari. Il 25 maggio del 1571, presente anche il C., la Spagna, la Repubblica veneta e il papa, tramite i rispettivi rappresentanti, sottoscrissero l'accordo. Una clausola prevedeva che non si sarebbero potute avviare trattative di pace o di tregua, senza il consenso e la partecipazione di tutti gli alleati. Seguita però la pace separata di Venezia, Gregorio XIII espresse il suo malcontento con l'ambasciatore Paolo Trevisan: questi per più giorni non osò abbandonare il palazzo di S. Marco a Roma ed era sfuggito da tutti i cardinali. Il C. riuscì in questa delicata situazione ad attenuare i contrasti.
Alcuni anni dopo sorgerà ancora una questione di cui ci informa anche l'ambasciatore Paolo Tiepolo, in una lettera da Roma ai capi del Consiglio dei dieci, datata 9 apr. 1575: le Congregazioni regolari, richiamandosi all'accordo che le esentava dal pagamento delle decime, ponevano difficoltà o volevano sottrarsi alle tassazioni che il pontefice aveva accordato alla Repubblica sulle rendite del clero. Dopo aver preso contatti con il C., venne proposta una soluzione i cui termini furono allegati alle lettere.
Anche il nunzio a Venezia, Giovambattista Castagna, scrivendo a Roma indica proprio nel C. la persona meglio indicata per conoscere i risvolti più delicati delle decisioni dei Consigli della città lagunare: questi infatti attraverso i parenti e gli amici poteva essere informato delle cose meglio del nunzio stesso che era visto con diffidenza dai politici.
Tornato a Roma dopo aver soggiornato a Venezia nell'estate del 1575, il C. fu incaricato dal papa di sovrintendere alle decisioni da prendere per assicurare l'igiene e la salute pubblica in città.
Si pensò, a questo proposito, di sospendere la pavimentazione delle strade con selci e procedere invece con mattoni che un consiglio di medici considerava più adatti ad assorbire la umidità; nonostante questa decisione presa da una commissione in casa Corner, il precedente metodo di pavimentazione non fu abbandonato completamente. Il C. curò inoltre per la sua famiglia l'erezione di un palazzo Corner a Roma, presso la fontana di Trevi. Architetto ne fu il siciliano Giacomo del Duca; questo palazzo in seguito fu acquistato da Olimpia Maidalchini Pamphili, cognata di Innocenzo X (cfr. S. Benedetti, Giacomo del Duca e l'architettura del Cinquecento, Roma 1973, pp. 226-40).
Morì a Roma il 10 maggio 1584, e venne sepolto a S. Maria in Trivio, vicino al suo stesso palazzo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Senato. Dispacci Roma, filza + (lett. 8 maggio 1560 e 16 nov. 1566); filza 5 (lett. 30 apr. 1570, 6, 16 e 27 maggio 1570); Venezia, Bibl. del Civ.Museo Correr, Cod. Cicogna, 3781: G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Cons., I, c. 187rv; Ibid., 2555: Annali delle cose della Repubblica di Venezia dell'anno 1578-1586, 28 apr. 1584; Ibid., Bibl. naz. Marciana, Mis. It., cl. V, 23 (= 5670): M. Calino, Lettere; Ibid., cl. VII, 926 (= 8595): M.Barbaro, Arbori de' patritii veneti, cc. 10v, 11r; Ibid., cl., VII, 15 (= 8304): G. A. Cappellari Vivaro, Il Campid. veneto, I, c. 325r; Relaz. d. ambasciatori veneti al Senato, a cura di E. Alberi, VII, Firenze 1846, p. 413; X, ibid. 1857, pp. 138 s., 186, 225, 247; I libri commemor. della Rep. di Venezia, Regesti, a cura di R. Predelli, VI, Venezia 1903, pp. 307, 321; VII, ibid. 1907, pp. 5, 7 s., 82; Nonciatures de France, a cura di R. Ancel, I, Paris 1909-11, I, p. 12; 2, pp. 582, 585; Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goerresiana, I, Friburgi Br. 1911, ad Ind.;VIII, ibid. 1919, ad Ind.; IX, ibid. 1937, ad Ind.; Nunziature di Venezia, a cura di A. Stella, Roma 1963, in Fonti per la storia d'Italia, IX, ad Ind.; La corrisp. da Madrid dell'ambasciatore Leonardo Donà (1570-1573), a cura di M. Brunetti-E. Vitale, Venezia-Roma 1963, p. XXV; S. Pallavicino, Istoria del concilio di Trento, III, Faenza 1793, p. 268; F. S. Dondi Dall'Orologio, Serie cronol.-istor. dei canonici di Padova, Padova 1805, p. 63; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, II, Venezia 1827, p. 153; VI, ibid. 1853, pp. 627, 741; G. Giuriato, Mem. venete nei monum. di Roma, in Arch. veneto, XXVII (1884), pp. 114, 116 s.; F. Bulié, L'erede del vescovo di Traù Cristoforo de Nigro, e i primi due successori di questo nel vescovato, in Bull. di archeol. e storia dalmata, XXI (1898), pp. A s.; P. G. Coleti, Accessiones et correctiones all'Illyricum Sacrum del p. D. Farlati, ibid., suppl.(1902-1909), pp. 283, 316; L. v. Pastor, Storia dei papi, VI-IX, Roma 1922-25, ad Ind.; G. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica...,III, Monasterii 1919, ad Ind.; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor. eccles., XVII, pp. 143 s.; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., XIII, col. 886.