FOSCARI, Alvise
Nacque a Venezia nel 1481 da Nicolò (unico nipote del doge Francesco), e da Caterina Corner del ramo detto Piscopia. La famiglia era ricca, per cui il F. venne provveduto d'una compiuta educazione, come provano i rapporti d'amicizia che intrattenne con personaggi quali Nicolò Sagundino e Pietro Bembo. Non si sposò, forse a causa di una precaria salute che gli impedì di conoscere la vecchiaia, e dunque la sua vita si divise interamente tra la cura degli interessi economici e la carriera politica, i cui esordi furono consoni al rango: divenne savio agli Ordini per il semestre ottobre 1504-marzo 1505, e poi ancora per lo stesso periodo, un anno dopo.
Gli eventi della Lega di Cambrai lo trovano lontano dalla scena politica; il suo nome compare tuttavia - sulla scorta del Sanuto, che per il F. costituisce la principale fonte - il 15 ag. 1509 tra i difensori di Padova, assistito da 12 "provisionati" a cavallo da lui stipendiati. Rimase in quella città sino a tutto settembre, poi, quando la minaccia degli Imperiali sembrò perdere consistenza, fece ritorno a Venezia, dove gli fu affidato l'incarico di auditor vecchio per l'anno 1510.
Nel 1512 tornò a Padova per occuparsi di quelle fortificazioni, e vi rimase sino al 5 dicembre "con homeni 40 a so spexe" (Sanuto). Il 26 apr. 1514 fu quindi eletto provveditore di Comun, incarico che tenne sino al 25 ag. 1515, per poi passare ai Dieci uffici. Il ritorno della pace consentì al F. di coltivare con maggior agio i suoi interessi mondani e più generalmente culturali, come prova la corrispondenza intercorsa fra il 1515 e il 1518 col Sagundino, segretario dell'ambasciatore a Londra Sebastiano Giustinian: dense lettere che sovente il Sanuto riporta nei suoi Diarii, perché "più copiose di le publiche zercha quelle ocorentie". È del giugno 1524, invece, un'epistola scritta al F. dal Bembo, sorta di elegante rimbrotto per aver dimenticato di salutarlo nel passare da Padova.
Per qualche anno, tra il 1516 e il 1520, il F. rimase lontano dalla politica, forse a causa della malferma salute, come potrebbe suggerire l'avvenuta stesura del testamento (17 ag. 1518); quindi riprese a percorrere la sua carriera nelle magistrature, ma con ben diversi presupposti e prospettive rispetto al passato. Dal maggio 1520 al novembre dell'anno successivo fu podestà a Vicenza, da dove passò a Crema, in qualità di podestà e capitano (entrò il 26 luglio 1522 e si ripresentò in Senato il 12 giugno 1524). La sua vigilanza fu soprattutto chiamata a esercitarsi in un capillare controllo dell'efficienza delle opere difensive e nella collaborazione prestata alle truppe del provveditore generale Leonardo Emo, specie nell'autunno del 1523, quando i Francesi giunsero a Lodi, nel corso della loro offensiva antispagnola.
In riconoscimento del lungo servizio prestato lontano dalla patria, al rientro il governo gli fu prodigo di onori: venne anzitutto a visitarlo il duca di Urbino, Francesco Maria Della Rovere, capitano generale delle truppe venete, quindi (31 genn. 1525) fu eletto savio sopra l'Estimo e poi del Collegio delle Acque (1° dic. 1525). Savio del Consiglio per il secondo semestre del 1526, nel marzo dell'anno successivo divenne savio alla Mercanzia, ma il 26 luglio gli toccava lasciare nuovamente la sua città per recarsi a Ravenna, appena due giorni dopo esservi stato eletto provveditore, a motivo della morte improvvisa del predecessore Bartolomeo Contarini. Anche qui il F. si trovò a far fronte a una situazione caratterizzata da forti tensioni militari, con l'aggravante di una realtà politica fluida e precaria, dove convivevano ambizioni pontificie, estensi, spagnole, francesi, e naturalmente veneziane. Il suo compito era duplice: conservare Ravenna alla Serenissima e, se possibile, realizzare ulteriori acquisti; assunto non propriamente facile da attuarsi di fronte a interlocutori quali Francesco Guicciardini e Odet de Foix visconte di Lautrec. Donde un procedere ambiguo, fatto di astuzie e spregiudicati colpi di mano: esemplare l'attacco di Cotignola, nel settembre 1527, annunciato a Venezia sotto forma di un'iniziativa dei suoi soldati.
Il F. ne ricavò il plauso del Senato, e poté rimpatriare nel dicembre 1528 per essere eletto dei savi sopra la Tassazione del clero, che le urgenze della guerra rendevano indifferibile, e il 21 sett. 1529 veniva eletto podestà a Verona.
Prese possesso della carica nel marzo 1530, dispiegandovi un vigore che sfiorò la durezza: sin dall'inizio del mandato aveva denunciato le violenze e le prevaricazioni di fuorusciti e ribelli, e non trovò di meglio che combatterli con taglie e operazioni militari che gravarono pesantemente sulla popolazione del contado, mentre la città risultò tra le prime dello Stato che nell'ottobre 1530 versarono alla Dominante l'intero sussidio richiesto. Contemporaneamente il F. chiese al Senato di poter lasciare, prima della scadenza del mandato, una sede nella quale era ormai inviso a tutti; la richiesta fu accolta e il 19 febbr. 1531 il F. si presentava in Collegio.
Morì a Venezia di lì a poco, probabilmente nei primi nove mesi del 1532.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta 19: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi veneti…, III, c. 510; Segretario alle Voci. Elez. in Maggior Consiglio, reg. I, c. 116; Notai di Venezia. Testamenti, b. 124/8; Avogaria di Comun: G. Giomo, Indice dei matrimoni patrizi per nome di donna, s.v. Corner Caterina; M. Sanuto, Diarii, Venezia 1881-1899, VI, IX-X, XV, XVII-XXII, XXIV-XXVI, XXVIII-XXIX, XXXI-XXXVII, XXXIX-LI, LIII-LIV, ad Indices; P. Bembo, Opere…, III, Venezia 1729, pp. 127 s.; Calendar of State papers… relating to English affairs existing in the archives… of Venice, a cura di R. Brown, II, London 1867, pp. 246-249, 394 s., 470 ss.