GAETANO, Alvise (Luigi)
Tra i protagonisti della scuola marciana di mosaico "moderno", risulta attivo a Venezia nel cantiere decorativo della basilica di S. Marco dal 1595 al 1631.
Formatosi accanto al mosaicista Arminio Zuccato, presso la cui bottega svolse un apprendistato di oltre un anno, il G. fu ammesso nel gruppo dei maestri di mosaico della basilica di S. Marco il 25 genn. 1595, dopo aver eseguito una figura di S. Giovanni come prescritta prova d'arte. I numerosi interventi del G. nella basilica patriarcale di Venezia, documentati dai pagamenti pubblicati dal Saccardo (1886), sono attestati a partire dal 1597-99, quando tradusse in mosaico i lineamenti delicati dei volti giovanili, i timbri schiariti e gli accostamenti di colore proposti dai cartoni di Domenico Tintoretto nei Ss. Castorio, Claudio, Nicostrato e Sinforiano (firmati "Aloisi Cajetani manu"), sui sottarchi superiori della tribuna del Crocifisso. Probabilmente l'abilità dimostrata in questa prima prova ufficiale fece sì che nel 1598-99 venisse offerta al G. l'opportunità di lavorare al seguito del più anziano mosaicista G.A. Marini in uno dei luoghi cardine della cultura bizantina a Venezia: la chiesa di S. Giorgio dei Greci, dove, all'interno di un progetto di restauro complessivo dell'edificio, egli collaborò alla realizzazione del Cristo Pantocrator nella semicupola della conca absidale e dell'Annunciazione sull'arco di trionfo, traduzione in mosaico di cartoni di T. Bathas.
A partire dal 1601 il G. risulta impegnato, senza soluzione di continuità, nei lavori della basilica marciana. In questo luogo egli realizzò dapprima integrazioni a riquadri già impostati, come nel gruppo delle donne a completamento del Paradiso su cartone di A. Vassilacchi detto l'Aliense nella parete nord della navata centrale, nel compimento degli Eletti invitati da Cristo sulla volta del Paradiso su cartoni di Domenico Tintoretto (1607-09) e, nella medesima volta, nelle figure di Apostoli e Angeli su cartoni dell'Aliense (1612). All'indomani della morte di G.A. Marini (1606), il G. iniziò a condurre in modo autonomo la traduzione in mosaico dei cartoni forniti dai pittori, come nelle due scene realizzate in collaborazione con il figlio Girolamo raffiguranti S. Andrea davanti al proconsole e Crocifissione di s. Andrea, sulla volta nord della navata centrale, tratte da una composizione dell'Aliense (1607-22), e non apprezzate dal Ridolfi (1648, p. 217). Nell'Inferno (1613-19), sul lato nord della volta del Paradiso (parzialmente rifatto in epoca successiva nella figura dell'Angelo armato), alla tessitura del mosaico sarà di guida, non più un disegno su carta, ma una tela di Maffeo Verona, soluzione atta a determinare un andamento più pittorico della stessa opera lapidea (Robotti, 1973).
Nel 1615 il G. fu vittima di un episodio che costituisce una significativa testimonianza dell'atteggiamento che la procuratoria di S. Marco nutriva nei confronti del restauro dei mosaici antichi. A partire dal 1610, infatti, un decreto interno alla basilica stabiliva che nei lavori di rifacimento dovesse essere risparmiato quanto più possibile del testo degli antichi mosaici. Che ciò non riguardasse soltanto le storie ma anche il partito decorativo lo dimostra il caso del G., che avendo sostituito l'originario motivo ornamentale del rosone della volta nord della cupola della Pentecoste con uno "moderno" fu costretto d'autorità a rieseguirlo nelle forme e nelle dimensioni originali (Demus, 1984, p. 10).
Il più significativo intervento del G. in S. Marco riguarda il rifacimento delle quattro lunette esterne della fascia superiore della facciata con la Deposizione dalla Croce, la Discesa nel limbo, la Resurrezione, l'Ascensione, da cartoni di Maffeo Verona (1617-18), temi cristologici già presenti nelle lunette originarie e tramandatici dal telero di Gentile Bellini con la Processione in piazza S. Marco del ciclo della Scuola di S. Giovanni Evangelista (Venezia, Gallerie dell'Accademia). Nonostante i pesanti restauri cui le lunette del G. sono state sottoposte, esse documentano l'abilità tecnica raggiunta dal maestro. Al terzo decennio del Seicento risalgono le opere più mature del G., tutte localizzate nella navata centrale della basilica.
Si tratta della Caduta di Simon Mago, su cartone di A. Varotari detto il Padovanino nella parete nord (1619-20), del Martirio di s. Giovanni, sulla volta nord (1621), entrambe realizzate in collaborazione con il figlio Girolamo, della Predicazione e della Morte di s. Giacomo, su cartone del Tizianello sulla volta nord, in collaborazione con G. Pasterini (1622-23), della Crocifissione di s. Pietro e della Decollazione di s. Paolo, su cartone di J. Palma il Giovane nell'ordine superiore della parete nord, in collaborazione con L. Ceccato e il Pasterini (1623-24), e del Profeta Gioele, su cartone di G. Pilotti sul piedritto della volta nord.
L'ultima opera del G., Il Paradiso, su cartone del Pilotti a metà con il Pasterini (1628-31), posta sulla parete di fondo della navata laterale sinistra, rivela una grande attenzione alla fisiognomica dei personaggi raffigurati che danno vita a una galleria di possibili ritratti.
In attesa che studi capillari sulla produzione di mosaici da cavalletto fra il XVI e il XVII secolo contribuiscano a far luce sull'attività del G. in questo settore, è possibile ipotizzare un suo successo nella cerchia dei collezionisti più raffinati; costituiscono testimonianze in tal senso il mosaico da cavalletto conservato a Roma presso la Galleria Borghese (firmato e datato "opus Aloysii Caietani Veneti 1607"), raffigurante una Madonna Addolorata derivante da un dipinto di Tiziano (Della Pergola, 1971, pp. 14 s.), probabilmente frutto di una commissione del cardinale Scipione Borghese, e una lettera indirizzata dal G. al duca di Urbino Francesco Maria II Della Rovere, conservata nel fondo Della Rovere della Biblioteca pubblica Oliveriana di Pesaro (datata 1620), nella quale l'artista informa il principe di aver già spedito il ritratto in mosaico del padre Guidubaldo II e di essere pronto a far seguire in breve tempo il suo.
Il G. morì nel 1631, forse a seguito di quell'epidemia di peste di cui furono vittime altri mosaicisti marciani quali Pietro Luna e Lorenzo Ceccato.
In seguito a tali avvenimenti, il cantiere di S. Marco subì un sensibile rallentamento, tanto che nel 1634 si diede l'incarico ad Alvise Contarini, ambasciatore della Repubblica di S. Marco presso la S. Sede, di cercare a Roma un abile maestro da inviare a Venezia (Polacco, 1991). Le trattative con l'anziano M. Provenzale e con il giovane G.B. Calandra non diedero esiti positivi e pertanto si dovette attendere l'arrivo di Leopoldo Dal Pozzo per assistere a Venezia a una nuova feconda stagione del mosaico marciano.
Fonti e Bibl.: G.B. Stringa, Aggiunte alla Venezia illustrata del Sansovino, Venezia 1604, p. 48a; C. Ridolfi, Le maraviglie dell'arte (1648), a cura di D. von Hadeln, II, Berlin 1924, pp. 153, 217; M. Boschini, La carta nel navegar pitoresco (1660), a cura di A. Pallucchini, Venezia-Roma 1966, p. 490 (senza citare il nome del G. parla delle lunette di facciata a S. Marco); A.M. Zanetti, Della pittura veneziana e delle opere pubbliche di veneziani maestri, V, Venezia 1771, pp. 583 s.; G.A. Moschini, Guida per la città di Venezia all'amico delle belle arti, Venezia 1815, pp. 230, 278, 372-374; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, III, Milano 1825, p. 206; F. Zanotto, Nuovissima guida di Venezia e delle isole della sua laguna, Venezia 1856, pp. 8, 35, 99 s., 215; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane…, V, Venezia 1842, p. 637; E. Gerspach, La mosaïque, Paris s.d. (ma 1882), pp. 174-177; La basilica di S. Marco, a cura di C. Boito, Venezia 1886, p. 318, e documenti, a cura di P. Saccardo, nn. 54, 57, 59, 61, 65, 70, 73-75, 78, 347, 354 s., 377 s., 384 s., 389, 409, 427, 431; P. Saccardo, Les mosaïques de St Marc à Venise, Venise 1896, pp. 73-76; B. Geiger, Maffeo Verona und seine Werke für die Markuskirche in Venedig, Berlin 1910, pp. 75, 92 s., 107; W. Bode, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, Leipzig 1920, pp. 48 s.; P. Della Pergola, Galleria Borghese. I dipinti, I, Roma 1955, p. 111 n. 200; C. Robotti, Il cartone di Maffeo Verona per un'opera musiva, in Bollettino d'arte, LVIII (1973), pp. 214-218; P. Della Pergola, Opere in mosaico, intarsi e pietra paesina (catal.), Roma 1971, pp. 14 s.; Guide to the Museum of icons and the church of St. George, a cura di M. Manoussacas - A. Paliouras, Venice 1976, pp. 48, 58; C. Robotti, Mosaico e architettura. Disegni, sinopie, cartoni, Napoli 1983, p. 56 n. 42; O. Demus, The mosaics of S. Marco in Venice, Chicago-London 1984, I, 1, pp. 10, 12, 219; II, 1, pp. 21 s., 192; R. Polacco, S. Marco. La basilica d'oro, Milano 1991, p. 333; P. Rossi, I cartoni di Jacopo e Domenico Tintoretto per i mosaici della basilica di S. Marco, in Arte veneta, XLVIII (1996), pp. 43-55; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani, V, 1974, p. 193. Per il corredo fotografico vedi: Basilica patriarcale in Venezia: S. Marco. I mosaici. La storia. L'illuminazione, Milano 1991.