MOCENIGO, Alvise. –
Quarto doge di questo nome, nacque a Venezia il 19 maggio 1701, ultimogenito di Alvise (III) detto Marcantonio, del ramo a S. Stae, e di Paolina Badoer di Pietro di Sebastiano, del ramo a S. Moisè. Per distinguerlo dai numerosi fratelli, tutti di egual nome, in famiglia venne chiamato Giovanni.
A diciott’anni estrasse la balla d’oro, ma dovette attendere il 1726 per esercitare la prima carica, il saviato agli Ordini; vi fu rieletto, sempre per il secondo semestre, anche l’anno seguente, ma preferì optare per l’assai meno prestigiosa camerlengaria di Comun. Si trattò di un momentaneo ripiegamento, perché di lì a un anno, il 10 marzo 1729, risultava eletto all’ambasceria di Francia. Il M. sembrava dotato dei migliori requisiti per ben comparire nel gran mondo: non ancora trentenne, aveva un portamento signorile, capacità oratoria, cospicue ricchezze. Giunse alla corte di Francia nell’aprile 1730, dove soggiornò quasi quattro anni, poiché prese congedo dal re il 7 maggio 1733, ma solo il 18 febbraio dell’anno seguente lesse in Senato la relazione conclusiva.
Nella relazione, sintetica ma puntuale, il M. non indugia a descrivere la corte, ma si sofferma soprattutto sul fisco, oggetto di assidue attenzioni da parte del primo ministro, cardinale A.-H. de Fleury, dopo i dissesti causati dalle guerre e dal fallito tentativo di J. Law di risanare il bilancio. Assai prudente il giudizio sull’indole del sovrano: «e come il temperamento della Maestà Sua non permette fare pronostici dell’avvenire, credo [ …] che solo dopo la morte del cardinale potrà essere osservabile il momento per formar giudizio di un tal Principe» (Relazioni …, VII, p. 698).
Il M. tornò a Venezia decorato delle insegne di cavaliere e recando con sé alcune reliquie del santo doge Pietro Orseolo. Qualche mese dopo, il 12 dic. 1733, accettò la nomina a un’altra ambasceria, presso papa Clemente XII. Nell’aprile dell’anno seguente si recò a Roma, dove rimase tre anni, fino all’aprile del 1737.
La relazione relativa a questa missione si rivela alquanto severa nei riguardi della corte pontificia, dove la carriera e l’avanzamento negli onori erano ritenuti appannaggio dell’abilità e dell’astuzia, piuttosto che della preparazione e dell’onestà. Negativo pure il giudizio sul papa, cui il M. incolpava il peggioramento delle relazioni con le corti cattoliche; quanto ai rapporti con Venezia, rassicurava il Senato circa i paventati effetti della recente istituzione del porto franco ad Ancona.
Si trovava ancora a Roma quando lo raggiunse la notizia che era stato nominato procuratore di S. Marco de citra il 27 giugno 1736; una volta a Venezia, fu savio del Consiglio per il secondo semestre del 1737, ma dovette dimettersi il 24 agosto, essendo stato eletto ambasciatore straordinario presso Carlo di Borbone. Partì qualche mese dopo, nel febbraio 1738, così da poter unire alle congratulazioni per l’ascesa al trono anche quelle per le imminenti nozze con Maria Amalia di Sassonia. La missione si svolse dal 2 marzo al 28 ott. 1738.
Il M. ebbe buona accoglienza: la monarchia napoletana sollecitava un rafforzamento degli scambi commerciali tra i due paesi. Il Senato, viceversa, era riluttante a tale ipotesi per timore, mostrandosi incline alla Spagna, di dispiacere alla monarchia asburgica. È dunque alla luce di questa doppia valenza che si svolse la legazione del M., che fornisce un giudizio negativo sulla corte borbonica, poiché l’«indole dolcissima e piacevole» del giovane re è minata dalla «niuna educazione» ricevuta, e il governo si trova in mano a persone «di finezza uguale alla capacità ne’ ragiri politici» (Corrispondenze diplomatiche …, p. 177).
Nuovamente a Venezia, riprese posto fra i savi del Consiglio per il primo semestre del 1739, quindi fu provveditore alle Biave. Il 5 ottobre di quell’anno sposò Pisana Corner di Ferigo del procuratore Girolamo. Furono nozze sontuose, entrambe le famiglie erano tra le più ricche di Venezia. La coppia ebbe sei figli maschi, tutti battezzati con il nome di Alvise.
Dal 1739 al 1763, il M. fu ininterrottamente savio del Consiglio per il primo semestre dell’anno e nei restanti mesi ricoprì una quantità di cariche. In particolare, il 20 ag. 1740 fu chiamato a far parte dell’ambasceria per l’elezione al pontificato di Prospero Lambertini, Benedetto XIV, ma la missione non ebbe luogo a causa della guerra di Successione austriaca; la cosa si ripetè nel luglio del 1758, quando fu eletto papa il veneziano Carlo Rezzonico (Clemente XIII), che dispensò gli eletti da un faticoso viaggio. Il M. fu più volte provveditore alle Biave (23 luglio 1740, 8 luglio 1747); savio alle Acque (7 luglio 1742, 8 luglio 1745, 14 luglio 1746, 20 luglio 1747, 20 luglio 1748, 3 luglio 1749, 9 luglio 1750, 15 luglio 1751, 7 luglio 1757, 16 luglio 1762); aggiunto alla provvision del Danaro (5 ag. 1741, 20 luglio 1743, 4 luglio 1744, 14 nov. 1754, 12 luglio 1755, 15 luglio 1756, 21 luglio 1759). Quanto alle restanti cariche, fu consigliere ducale per il sestiere di S. Croce da marzo a settembre 1751, riformatore dello Studio di Padova nei bienni 22 apr. 1752 - 23 apr. 1754, 8 maggio 1756 - 7 maggio 1758 e 9 giugno 1762 - 8 giugno 1764 (quest’ultimo non portato a termine, stante la sua elevazione al dogato); il 5 giugno 1762 fu nominato successore di Marco Foscarini quale responsabile della Libreria marciana.
Si recò nuovamente a Napoli in occasione dell’ascesa al trono di Ferdinando di Borbone. Eletto il 24 nov. 1759, giunse alla corte partenopea il 31 marzo 1760 e vi si fermò sino al 4 novembre: una permanenza insolitamente lunga, trattandosi di missione diplomatica, cui fece seguito un prolungato soggiorno a Roma nel viaggio di ritorno (15 nov. 1760 - 17 ott. 1761). Qui la rappresentanza era esercitata temporaneamente dal segretario Marino Corniani; il M., incaricato di indagare sui possibili risvolti segreti del trattato di alleanza concluso tra le corti di Napoli e Madrid e quella viennese, continuò a figurare ufficialmente come ambasciatore straordinario a Napoli e forse per tale motivo nella relazione conclusiva, letta in Senato il 10 dic. 1761, non si fa cenno della permanenza romana.
Nel resoconto, all’ammirazione per la magnificenza delle nuove costruzioni della corte corrisponde la constatazione dell’arretratezza del paese, il cui commercio gli appare «più languente e più deteriorato che mai»: un giudizio negativo, che tra le righe ribadiva l’inopportunità di allacciare nuovi legami con il Regno (Corrispondenze diplomatiche …, p. 197).
Poco più di un anno dopo il rimpatrio, il 19 apr. 1763, fu eletto doge: il settimo e ultimo della sua casata. L’avvenimento fu celebrato con feste grandiose, ma il popolo non risparmiò satire feroci sulla debolezza di una personalità incapace di dominare gli eventi con fermezza e decisione. Nel 1769 la perdita della moglie comportò per il M. il ripiegamento verso una religiosità sempre più manifesta.
Il M. morì a Venezia il 31 dic. 1778, in odore di santità.
Del Negro lo definisce «una figura senza dubbio incolore, ma anche più aperta e duttile di Foscarini» (Introduzione, p. 60); in effetti il M. rimase estraneo agli impulsi innovatori, pur senza avversarli come aveva fatto il suo predecessore. È sepolto accanto alla moglie, nel monumento Mocenigo nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. Codd., I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii …, V, cc. 174, 189; Segretario alle voci, Elezioni in Maggior Consiglio, regg. 26, c. 259; 27, c. 114; 28, cc. 3, 7; 30, c. 118; Segretario alle voci, Elezioni in Pregadi, regg. 22, cc. 7, 9-11, 16, 28, 53, 67, 72-73, 76, 136, 190; 23, cc. 1-7, 48-49, 51, 53, 57, 59, 82, 86, 137-138, 140; 24, cc. 1-4, 63-64, 67, 71, 86, 100, 137, 140; Senato, Dispacci, Roma, ff. 282-283 (missione romana del 1760-61); Relazione del cav. A. M. IV letta in Senato il 28 novembre 1737, reduce dall’ambasciata di Roma, Venezia 1864; Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, a cura di L. Firpo, V, Francia (1492-1600), Torino 1978, p. XLI; VII, Francia (1659-1792), ibid. 1975, pp. 691-712; Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli. Relazioni, a cura di M. Fassina, Roma 1992, pp. 8 s., 32, 53 s., 171-183, 185-203; P. Berti, Laudatio in funere Ser.mi Principis A. M., Venetiis 1779; R. Moscati, Il Regno di Napoli in una relazione veneziana (1760), in Rassegna storica napoletana, III (1935), pp. 129 s.; L. Cozzi, La tradizione settecentesca dei «pensieri» sarpiani, in Studi veneziani, XIII (1971), pp. 404-406; A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Firenze 1977, pp. 510-517, 595; L. Urban, Teatri in tavola. Ossia «trionfi» sulle tavole dogali, in Studi veneziani, n.s., XXV (1993), pp. 180, 183, 185, 191, 201-209; P. Del Negro, Introduzione, in Storia di Venezia, VIII, L’ultima fase della Serenissima, a cura di P. Del Negro - P. Preto, Roma 1998, pp. 34, 41, 60, 69; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Mocenigo, tav. XVIII.