PRIULI, Alvise
PRIULI, Alvise. – Nacque intorno al 1500 a Venezia, nella parrocchia di S. Severo, da Marco di Francesco (rettore di Rettimo e di Zante e figlio del capitano da mar che nel 1489 aveva riportato a Venezia la regina di Cipro Caterina Corner) e da Maria Soranzo di Pietro di Giovanni.
Da giovane partecipò alla gestione del banco di scritta che fu aperto il 15 dicembre 1522 a Rialto dal fratello maggiore Antonio, assolto quell’anno «con denari» (I diarii di Marino Sanuto, XXXIII, 1892, col. 545) dalla condanna all’esilio per l’omicidio di Giorgio Loredan, figlio dell’allora capo del Consiglio dei dieci, Marco Antonio. Conclavista di Domenico Grimani nel 1521-22, Antonio Priuli poté contare sul sostegno finanziario di Alvise Pisani, padre di sua moglie Lucrezia e del cardinale Francesco.
All’attività del banco Priuli predilesse la frequentazione dei circoli letterari, nei quali strinse amicizia con Francesco Maria Molza (che gli dedicò un carme, Delle poesie volgari e latine di Francesco Maria Molza, 1750, pp. 167-170), nonché con Francesco Berni, Benedetto Ramberti, Pietro Bembo, Vittore Soranzo, Trifone Gabriele, Lazzaro Bonamico e Benedetto Lampridio. Soranzo e Bonamico furono suoi compagni di studi a Padova, dove si cimentò nella filosofia aristotelica sotto la guida di Marco Antonio Passeri, senza tralasciare le amate lettere greche e latine. La sua perizia in «ambe le lire» fu celebrata in due sonetti di Bernardo Tasso (1995, I, p. 38), il quale in un’altra lirica decantò la sua amicizia con il compagno di studi Antonio Brocardo (ibid., p. 99). Le competenze nelle lingue classiche gli valsero inoltre la dedica di un epigramma greco di Giano Lascaris (1537, p. 101) e furono menzionate nell’introduzione al canzoniere di Alvise Priuli di Marco, un suo più anziano omonimo a detta del quale egli conosceva anche l’aramaico.
Il 1532 segnò l’inizio del legame con Reginald Pole che, dopo il ritorno in Italia, fu spesso suo ospite nella villa di Treville. Insieme a lui Priuli frequentò l’abbazia di S. Giorgio Maggiore, presso la quale solevano convenire, oltre al suo amico di lunga data Gasparo Contarini, Marcantonio Flaminio, Antonio Brucioli, Giovanni Battista Ramusio, nonché Donato Rullo, in rapporti con Antonio Priuli «per occasione di traffichi et mercantia che facevano insieme» (Firpo - Marcatto, 1998-2000, II, 2, p. 426). All’interno della cerchia veronese del vescovo Giberti incontrò Galeazzo Florimonte e Girolamo Fracastoro, mentre tra coloro che gravitavano intorno a Bembo strinse amicizia con Ludovico Beccadelli (con il quale, dopo averlo proposto come segretario di Contarini, rimase in corrispondenza fino agli ultimi mesi di vita) e con Cosimo Gheri, conosciuto probabilmente nel corso di alcuni precedenti viaggi a Bologna per il tramite dello zio Goro.
Al periodo delle frequentazioni tra Priuli, Gheri e Pole, intorno al 1535, risale probabilmente un breve scritto di Pole (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 5966, cc. 3r-26v: De prudentia et sapientia humana et ea qua per Christum humano generi misericordia Dei sit revelata), il quale vi figura come arbitro di un’amichevole contesa tra il vescovo di Fano e il nobile veneziano. Gli echi di questo dibattito sono rintracciabili in alcune pagine del De unitate Ecclesiae, il cui manoscritto ancora incompiuto fu recato da Priuli a Roma nel febbraio del 1536 per essere sottoposto al giudizio di Contarini.
A ottobre partì nuovamente per Roma, questa volta al seguito di Pole, che accompagnò poi nella legazione in Francia e in Fiandra (1537), ai negoziati di Nizza (1538) e nella missione diplomatica in Spagna (1539), dopo la quale trascorse con lui sei mesi nel monastero francescano di Montélimar. Alla notizia dell’accordo di Ratisbona del 1541, Pole lo inviò a Roma per conferire in sua vece con i cardinali Gian Pietro Carafa, Dionisio Laurerio, Girolamo Aleandro, Federico Fregoso e Pietro Bembo, nel tentativo di promuovere un ampio consenso intorno all’articolo sulla giustificazione sottoscritto da Contarini. Priuli non incontrò tuttavia «troppa gratia» nel ruolo di «negociante», come scrisse Bernardino Maffei a Beccadelli il 29 maggio (Fragnito, 1987, p. 75).
Le letture e le meditazioni alle quali prese parte a Viterbo, insieme con il gruppo che vi si radunò dopo l’arrivo di Pole nel settembre di quell’anno, fornirono verosimilmente lo spunto per alcuni perduti commenti ai Salmi che egli compose, al pari del legato inglese, di Giovanni Morone e di Marcantonio Flaminio, come esercizio di propedeutica iniziatica. In questo periodo si intensificarono inoltre i suoi rapporti con Vittoria Colonna, che nel mese di luglio egli aveva visitato a Orvieto in compagnia dell’amico e con la quale a Viterbo intrattenne conversazioni spirituali unitamente a Flaminio e a Pietro Carnesecchi.
Dal novembre del 1542 al maggio del 1543 fu a Trento con Pole, che seguì poi a Bologna prima di fare ritorno a Roma sul finire dell’estate. Quando, due anni più tardi, si aprì il Tridentino, anch’egli, come Flaminio prima di lui, declinò la nomina a segretario del Concilio. In seguito all’allontanamento di Pole, che accompagnò a Treville nel giugno del 1546, fu inviato nuovamente a Trento per riferire agli altri due legati sulle condizioni di salute del cardinale, la cui assenza dal Concilio, secondo un’opinione di Vittoria Colonna confermata da Priuli e da Flaminio nel corso di private conversazioni con Carnesecchi, era «tornata mirabilmente a proposito del sudetto signore», che così aveva «miracolosamente» evitato di sottoscrivere il decreto «della iustificatione» (Firpo - Marcatto, 1998-2000, II, 3, p. 1232). Il successivo fallimento di Pole al conclave del 1549-50, dove fu assistito da Priuli, non impedì a quest’ultimo (a cui in quei giorni Flaminio dedicò un carme in punto di morte: Marci Antonii..., 1831, p. 178) di continuare ad avvalersi di «revelationi et constellationi per sapere il successo del papato circa il cardinale suo» (Firpo - Marcatto, 2011, p. 215) il quale, nel frattempo, lo aggiungeva agli interlocutori del suo dialogo sul sommo pontefice.
Convinto sostenitore, al pari di Pole, dell’obbligo della residenza episcopale, nel 1552 compose due elegie (Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 2020, c. 27v) per esortare Florimonte a stabilirsi nella sua nuova diocesi di Sessa. Furono edite nell’antologia poetica di Giovanni Matteo Toscano (Carmina illustrium poetarum Italorum, II, Parigi, E. Gorbin, 1577, pp. 206r-208r) insieme con altri due suoi componimenti, probabilmente giovanili: Vota Lyconis Neptuno e Ad puellam. A Florimonte, nel 1555, dedicò un altro carme (Barb. lat. 2020, c. 47v), pubblicato erroneamente fra le Opere di Giovanni Della Casa (Opere di monsignor Giovanni Della Casa, 1733, p. 28).
L’anno precedente era approdato in Inghilterra con Pole il quale, tra i numerosi italiani di cui si valeva «nei maneggi pubblici per conto della legazione» (della sua corte, fino al 1556, fece parte anche Matteo Priuli, figlio di Antonio), condivideva soprattutto con il fido Alvise «ogni suo pensiero». Il loro legame appariva «cosa maravigliosa» all’ambasciatore Giovanni Michiel, secondo cui i due amici erano «conformissimi di vita, di dottrina e di volontà» (Relazioni, 1840, p. 352). Che Priuli andasse «al pari» di Pole era anche opinione di papa Paolo IV, visceralmente avverso però alla «scola maledetta» e alla «casa apostata del cardinal d’Inghilterra» nella quale – come dichiarò ad alcuni porporati – «parlando di heresia, non vi è persona più del Priuli» (Santarelli, 2005, pp. 365, 368). A giudizio del cardinale Pedro Pacheco, Carafa aveva sancito l’abolizione degli accessi ai benefici ecclesiastici proprio per invalidare un privilegio di Giulio III del 1551 che riservava a Priuli la diocesi di Brescia alla morte del titolare Durante Duranti (sopraggiunta il 24 dicembre 1557). Quel diritto di successione gli fu risolutamente negato da Paolo IV anche di fronte alle insistenze dell’ambasciatore veneziano Bernardo Navagero e di Pole.
Ragioni di prudenza dovettero quindi contribuire a ritardare la partenza di Priuli dall’Inghilterra, dove si trattenne anche allo scopo di eseguire il testamento dell’amico, distribuendone i beni (di cui non volle tenere nulla, pur essendo stato designato erede) «in pias causas et inter personas […] benemeritas», come disposto dal cardinale (Epistolae Reginaldi Poli et aliorum ad ipsum, a cura di G. Quirini, I-V, 1744-1757, V, p. 183). Partito da Londra nel dicembre del 1559, trascorse alcuni mesi in Francia e giunse a Padova il 3 maggio 1560, recando con sé molti degli scritti di Pole in prospettiva di un progetto di pubblicazione che vide coinvolti altri amici e collaboratori del cardinale, del quale essi si proponevano di reintegrare il pensiero e l’operato nell’alveo dell’ortodossia per tutelarsi al contempo da ulteriori azioni inquisitoriali.
Debilitato dalle febbri quartane, che lo affliggevano dal 1556, Priuli morì a Padova il 15 luglio, quando ormai «si teneva per certo che harrebbe […] havuto il vescovato di Verona», rimasto vacante pochi giorni prima (Firpo - Marcatto, 1998-2000, II, 2, p. 832). Fu sepolto a Venezia, nella chiesa (non più esistente) di S. Severo.
Fonti e Bibl.: Oxford, Bodleian Library, Ital., C. 24, cc. 2r-126v, 239r-246v; C. 25, cc. 138r-310v; Archivio di Stato di Venezia, Misc. codd., I, St. veneta, 22: M. Barbaro, Arbori de’ patritii veneti, VI, c. 249; Le rime del magnifico messer A. P. gentilhomo veneto, Venezia, s.i.t., 1533, cc. [1r]-[7r]; A.G. Lascaris, De Romanorum militia et castrorum metatione liber utilissimus, ex Polibii historis, Basilea 1537, p. 101; Opere di monsignor Giovanni Della Casa, V, Napoli 1733, p. 28; Delle poesie volgari e latine di Francesco Maria Molza, II, Bergamo 1750, pp. 167-170; Epistolarum Reginaldi Poli S.R.E. cardinalis et aliorum ad ipsum collectio, a cura di A.M. Querini, V, Brescia 1757, pp. 181-187; Marci Antonii, Ioannis Antonii et Gabrielis Flaminiorum Forocorneliensium carmina, Prato 1831, p. 178; Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, a cura di E. Alberi, s. 1, II, Firenze 1840, pp. 289-380; I diarii di Marino Sanuto, XXXIII, a cura di F. Stefani - G. Berchet - N. Barozzi, Venezia 1892, coll. 545 s.; P. Paschini, Un amico del card. Polo: A. P., Roma 1921; Fray Bartolomé Carranza. Documentos históricos, a cura di J.I. Tellechea Idígoras, I-VI, Madrid 1962-1981, ad indices; G. Fragnito, Intervento sulla relazione di Massimo Firpo. Valdesianesimo ed evangelismo: alle origini dell’‘Ecclesia Viterbiensis’, in Libri, idee e sentimenti religiosi nel Cinquecento italiano, a cura di A. Prosperi - A. Biondi, Modena 1987, pp. 73-76; P. Bembo, Lettere, a cura di E. Travi, I-III, Bologna 1988-1992, ad indices; S. Pagano - C. Ranieri, Nuovi documenti su Vittoria Colonna e Reginald Pole, Città del Vaticano 1989, ad ind.; B. Tasso, Rime, I, I tre libri degli Amori, a cura di D. Chiodo, Torino 1995, pp. 38, 99; M. Firpo - D. Marcatto, I processi inquisitoriali di Pietro Carnesecchi (1557-1567), I-II, Città del Vaticano 1998-2000, ad indices; T.F. Mayer, Reginald Pole prince and prophet, Cambridge 2000, ad ind.; Id., The correspondence of Reginald Pole, I-IV, Aldershot 2000-2008, ad indices; D. Santarelli, Paolo IV, la Repubblica di Venezia e la persecuzione degli eretici. I casi di Bartolomeo Spadafora, A. P. e Vittore Soranzo, in Studi veneziani, XLIX (2005), pp. 311-378; M. Firpo - D. Marcatto, I processi contro don Lorenzo Davidico. Edizione critica. Il processo vescovile a Novara (1553-1555), il processo inquisitoriale a Roma (1555-1557), Città del Vaticano 2011, ad ind.; D. Santarelli, La corrispondenza di Bernardo Navagero, ambasciatore veneziano a Roma (1555-1558), I-II, Roma 2011, ad indices; M. Firpo - D. Marcatto, Il processo inquisitoriale del cardinal Giovanni Morone. Nuova edizione critica, con la collaborazione di L. Addante - G. Mongini, I-III, Roma 2011-2015, ad indices.