SAGREDO, Alvise (Luigi). – Nacque il 17 novembre 1616 a Venezia, nella parrocchia di S. Stin, dal ramo detto di S. Francesco della Vigna, dove era situato – ma in quei giorni dato in affitto – il palazzo dominicale, da Zaccaria di Nicolò che fu di Bernardo e da Paola Foscari di Alvise (Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, reg. 58, c. 276v). Tenuto al fonte dal senatore Daniele Diedo di Alvise, fu battezzato Alvise Gerardo (2 gennaio 1617, Venezia, Archivio storico del Patriarcato, Chiesa S. Stin, Battesimi, reg. 3, c. 9), essendogli da poco morto un fratello infante dallo stesso nome (12 novembre 1616)
Di primo piano la famiglia sotto diversi aspetti: poteva vantare, tra gli antenati, uno dei pochi santi veneziani, Gerardo Sagredo; padre e avo ebbero entrambi il titolo di procuratore di S. Marco ‘per merito’, la carica più alta dopo quella dogale; lo zio, Giovanni Francesco di Nicolò, fu protettore, e corrispondente, di Galileo Galilei. Infine, economicamente, si trattava di un nucleo in forte ascesa grazie, ma non solo, a un lucroso commercio di legname avviato nel Cadore. Ebbe, oltre al sopra ricordato, undici fratelli e una sorella: Nicolò Gerardo, Paolo Gerardo, Marco Gerardo, morti in tenera età, Nicolò, ambasciatore, procuratore di S. Marco de citra e doge, Paolo Barnaba e Bernardo, deceduti combattendo durante la guerra di Candia, Giovanni Francesco, Marco Gerardo, Stefano, Gerardo, tutti senatori, e Cecilia andata sposa ad Antonio Diedo di Vincenzo, senatore.
Nonostante lo scetticismo del padre verso la cultura (Gullino, 2014-2015), la sua fu un’istruzione di alto livello, tanto da essere definito, nell’iscrizione dedicatagli (1743) nella chiesa di S. Francesco della Vigna, «bonarum artium cultori» (Corpus..., 2001, I). A ostacolarne il cursus honorum nelle magistrature veneziane, oltre alla presenza in Senato e Maggior Consiglio dei fratelli, fu il comportamento del padre nella rotta di Valeggio, mentre era provveditore generale in Terraferma (25 maggio 1630), e la conseguente umiliazione, dallo stesso subita, con la privazione della procuratia di S. Marco de ultra (La copella politica..., 2012, p. 35). Si dedicò alla cura del patrimonio della fraterna: a lui si deve lo sviluppo della «mercantia di legnami» tra Cadore, Friuli e territori arciducali (p. 36). Dovette, per questo, viaggiare, procurandosi in tal modo aderenze ad alto livello finanziario e politico. Breve la prima comparsa in Maggior Consiglio: risultò eletto del Collegio di dodici (13 aprile 1648) e officiale sopra la Camera de imprestidi (29 settembre 1648). Portatosi a Trieste «per esigenze di credito di sua casa» (23 giugno 1649, Archivio di Stato di Venezia, Consiglio di Dieci, Parti Comuni, reg. 99, c. 99r), fu nominato, di ritorno a Venezia, provveditore del Cottimo di Alessandria (8 maggio 1650). Avvisato il Consiglio dei dieci (24 luglio 1651, ibid., reg. 101, c. 142r), il 22 ottobre 1651 partì con Francesco Maria Canal e il mercante Amato Riminuzzi, per il «viaggio de Francia».
Di tale viaggio ci sono rimaste note, conservate manoscritte presso la Biblioteca del Seminario patriarcale di Venezia, forse sommarie, ma con spunti di interesse, stese dal suo segretario, Lorenzo Hörin. Presa la strada del Piemonte, toccata Ginevra, proseguì per Lione e Orleans. Giunse a Parigi il 1° gennaio 1652, e visitò l’ambasciatore veneziano, Michele Morosini di Pietro (9 gennaio 1652, ibid., Senato, Dispacci Francia, f. 114, c. 196v). Si recò poi a Madrid, dove soggiornò tra il 10 marzo e il 15 aprile 1652. Ripresa la via del Nord, risalendo il Reno, fu nel luglio ad Amsterdam, in settembre a Londra e il 21 ottobre, tornato nel continente, si mise sulla via del ritorno, rimpatriando nel dicembre 1652.
Il 1° marzo 1654 ebbe la nomina a senatore, certo non per l’esperienza di provveditore di Comun (19 gennaio 1653) appena conclusa, quanto per i risultati del fratello Nicolò nelle ambasciate di Spagna, alla Cesarea maestà e a Roma. Uscito di carica, chiese al Consiglio dei dieci di potersi recare alla «corte di Vienna», adducendo «suoi particolari interessi» (10 aprile 1656, ibid., Consiglio di Dieci, Parti Comuni, reg. 106, c. 49r). Qui, il 13 maggio, venne ricevuto dall’ambasciatore Battista Nani di Giovanni e, da questi, introdotto nella corte imperiale (ibid., Senato, Dispacci Germania, f. 107, c. 179r). Ancora assente dall’agone politico – se ne trova traccia solo come provveditore alla Giustizia nuova (6 dicembre 1659) –, il 2 maggio 1662 fu destinato ambasciatore straordinario al duca di Savoia, Carlo Emanuele II e, il 14 novembre 1662, ordinario a Luigi XIV, contando a suo favore il tanto «peregrinare nei paesi esteri», nonché un patrimonio ormai noto in città per la consistenza, risalendo a quest’epoca l’acquisto del palazzo a S. Sofia, sul Canal Grande, poi rimodernato nel Settecento dal pronipote Gerardo Sagredo di Nicolò che fu di Stefano.
Avuta la commissione il 15 luglio 1662 (ibid., Senato, Commissioni, f. 8, cc. 26r-28v), partì il 18 agosto, giungendo a Torino il 9 settembre. Dovette riprendere le fila di relazioni diplomatiche sospese da trentadue anni – erano i tempi della crisi per la successione del ducato di Mantova quando la Serenissima sostenne il duca Carlo I di Gonzaga-Nevers contro le pretese di Carlo Emanuele I di Savoia – e tentare di ottenere soccorsi per la guerra di Candia. Gli aiuti furono lesinati, potendo egli informare il Senato di soli trecento galeotti per la flotta e di una proposta, declinata dalla Repubblica, di tremila fanti e trecento cavalli spesati dai Savoia, che chiedevano, come contropartita, il consenso alla parità di trattamento dei rispettivi ambasciatori «a Roma e nell’altre corti» nonché l’uso del titolo di «Serenissimo» (ibid., Senato, Dispacci Savoia, f. 72/17).
Preso congedo dal duca il 28 novembre, il 2 dicembre 1662 si diresse a Lione, e di qui a Parigi, dove entrò il 23 gennaio 1663, raggiunto dalla commissione per l’ambasciata, decretatagli dal Senato il 6 dicembre (cc. 45r-46v). Presentatosi a Luigi XIV (13 marzo 1663), dovette destreggiarsi nella crisi da poco sorta tra questi e papa Alessandro VII, a causa del noto incidente accaduto a Roma tra i servitori dell’ambasciatore francese, il duca Charles III de Blachefort-Chréquy, e soldati corsi al soldo dello Stato pontificio.Vennero alla luce vecchi dissapori, tra i quali la mai risolta questione di Castro e Comacchio. Il compito non fu facile, dovendo da un lato sostenere la mediazione al ponte di Bonvisin, nella Savoia, di Alvise Grimani – l’ambasciatore in Francia uscente al quale era subentrato – e, nelle stesse udienze, chiedere a Luigi XIV finanziamenti e milizie da impiegare a Candia. In tale contesto, fu abile a presentare l’omaggio decretato dal Senato del dipinto Cena a casa di Simone Fariseo, di Paolo Veronese – oggi al Musée national du Cháteau de Versailles et des Trianons –, proveniente dalla chiesa veneziana dei Servi, gradito da Luigi XIV «più dei quattro dipinti del Legato Pontificio» (12 agosto 1664, ibid., Senato, Dispacci Francia, f. 134, cc. 532r-534v). Riferì al Senato delle implicazioni politiche delle attività a corte dello scultore e architetto Gianlorenzo Bernini (f. 137, cc. 130r, 167r) e, quasi ogni settimana, dei dibattiti tenuti alla Sorbona su giansenismo e gallicanesimo. Ottenuto il cavalierato, si congedò (13 ottobre 1665) e rientrò a Venezia.
In carica come censore, seppure assente, sin dal 2 agosto 1665, fu provveditore all’Artiglieria (12 novembre 1667), savio all’Eresia (4 agosto 1668), consigliere dei Dieci (6 agosto 1669). Pregadi ordinario (11 settembre 1670), ottenne l’accesso alle magistrature di savio alle Acque (1° novembre 1670), depositario in Zecca (14 gennaio 1671), inquisitore in Terraferma (19 maggio 1671). La buona gestione della podestaria di Padova (21 settembre 1672-10 marzo 1674) – gli fu dedicata un’iscrizione gratulatoria nel palazzo pretorio – gli valse la riconferma a senatore (29 settembre 1674), ma fu costretto, giusta l’elezione a doge del fratello Nicolò (6 febbraio 1675), per le rigide leggi in materia, ad astenersi dalla vita politica. Deceduto questi il 15 agosto 1676 (ibid., Provveditori alla Sanità, Necrologi, reg. 887, necrologio 1676, alla data 15 agosto 1676; Archivio storico del Patriarcato, Chiesa di S. Marco, Libri dei morti, reg. 4, Morti 1665-1691, 15 agosto 1676), entrò savio del Consiglio (27 agosto 1676) e, ripreso il luogo di senatore ordinario (30 agosto 1676), divenne savio alle Acque (8 luglio 1677) e del Consiglio dei dieci (1° agosto 1677).
Già prescelto quale nuovo bailo a Costantinopoli (16 aprile 1678), per dare il cambio a Giovanni Morosini di Alvise, dovette accettare la nomina decretata dai Pregadi, il 10 agosto, a patriarca di Venezia, stante la morte del senescente Giovanni Francesco Morosini, che aveva retto la diocesi veneziana dal 1644. Affittato il palazzo di S. Sofia, trasferì la famiglia nel palazzo patriarcale di S. Pietro di Castello e prese possesso del titolo l’8 novembre 1678. Pubblicata la Lettera pastorale... con le direttive al clero, si prodigò nel riordino della diocesi con frequenti visite pastorali: tra il 1679 e il 1683 se ne contano sedici, incluse le parrocchie della diocesi foranea (ibid., Fondo Scomparin, bb. 14-15). Radunò il sinodo (6-8 maggio 1686) e consacrò le chiese di S. Maria del Pianto (4 maggio 1686) e di S. Maria della Salute (9 novembre 1686), entrambe decretate con pubblico voto dal Senato.
Morì a Venezia, in S. Pietro di Castello, il 13 settembre 1688, «da febre, in giorni 12».
Nel testamento (9 maggio 1686, Archivio di Stato di Venezia, Notarile, Testamenti, b. 1166/51), istituì un fidecommesso particolarmente ricco – stimato, dai deputati alla Provvisione del denaro, in 82.860 ducati, 40.000 dei quali in dipinti (ibid., Senato, Terra, f. 1944, 30 dic. 1741) – ceduto al Senato da Cecilia Grimani Calergi, vedova dell’ultimo erede, Gerardo Sagredo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, Libro d’Oro, Nascite, reg. 58 (=VIII), c. 276v; Capi del Consiglio di Dieci, Lettere ai Rettori, Padova, b. 96, nn. 20-21, 23-31, 40-43, 49-52, 56-59, 61-63, 65-66, 68-82; Consiglio di Dieci, Parti Comuni, regg. 99, c. 99r; 101, c. 142r; 106, c. 49r; ff. 534 (19, 23 giu. 1649); 547 (24 luglio 1651); Provveditori alla Sanità, Necrologi, reg. 896 (13 sett. 1688); Revisori e Regolatori alla Scrittura, Universorum, reg. 16, c. 35rv; 17, c. 172v; Senato, Commissioni, f. 8 (15 luglio, 6 dic. 1662); Senato, Corti, regg. 39-42, ad ind.; Senato, Dispacci Francia, ff. 114, c. 196v; 130, cc. 584r-681v; 131, cc. 1r-28v; 132-137; Senato, Dispacci Germania, f. 107, c. 179r; Senato, Dispacci Savoia, f. 72; Senato, Rettori, Deliberazioni, reg. 49, cc. 2v-3r; Senato, Terra, Deliberazioni, reg. 321, cc. 741v-742v, 769r-770v; ff. 1938 (10 ag. 1741); 1940 (4, 9 sett. 1741); 1944 (29, 30 dic. 1741); 1945 (5, 13 genn. 1742); 1957 (6 giugno, 5 luglio 1742); Venezia, Archivio storico del Patriarcato, Chiesa S. Stin, Battesimi, reg. 3, c. 9; Fondo Scomparin, b. 1: Norme e decreti, cc. 137r-138v; Archivio Segreto, Visite Pastorali, bb. 14/I-VII; 15/VIII-XVI; Biblioteca del Museo Correr, Provenienze Diverse, C, 2181/VIII, 2190/VI, 2577/XIV; Venier: Consegi..., regg. 77 (13 apr., 29 sett. 1648, 8 maggio 1650), 78 (19 genn. 1653, 1° marzo 1654), 79 (6 dic. 1659), 80 (3 maggio, 14 nov. 1662, 18 genn. 1665), 81 (11 nov. 1667, 4 ag. 1668, 6 ag. 1669, 1° nov. 1670, 14 genn. 1671), 82 (19 maggio 1671, 21 sett. 1672, 29 sett. 1674), 83 (27, 30 ag. 1676, 9 luglio, 1° ag. 1677, 18 apr., 10 ag. 1678); Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. VII, 226 (=7587): A. Sagredo, Libro di ricordi; 847 (=8926): Consegi..., c. 156v (12 nov. 1667); Biblioteca del Seminario patriarcale, Sala Monico, XIX.A.36 [copia parziale del seguente] e XIX.F.255 (=189): L. Hörin, Diario del viaggio in Francia...; A. Sagredo, Lettera pastorale al clero..., Venetia 1678; Id., Relazione di Francia..., in Relazioni di ambasciatori..., a cura di L. Firpo, VII, Torino 1975, pp. 121-164; Id., Relazione di Savoia..., ibid., XI, Torino 1983, pp. XIX, 890-924.
B. Nani, Istoria della Repubblica Veneta..., in Degl’Istorici delle cose veneziane, II, Venezia 1720, p. 475; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni delle chiese veneziane..., II, Venezia 1827, p. 137, V, 1842, pp. 167, 580, 657; G. Cappelletti, Storia della chiesa di Venezia..., I, Venezia 1849, pp. 539-541, 592; P. Donazzolo, I viaggiatori veneti minori..., in Memorie della Reale Società geografica..., XXVI, Roma s.d. [1927], pp. 229 s.; A. Niero, I patriarchi di Venezia..., Venezia 1961, pp. 131-133; Corpus delle iscrizioni di Venezia..., I-III, a cura di P. Pazzi - S. Bergamasco, Venezia 2001, I, p. 427, n. 35, II, p. 1231; La cappella Sagredo..., a cura di E. Zucchetta, Padova 2003, pp. 9, 13, 14, 23-25, 33; C. Mazza, I Sagredo committenti..., Venezia 2004, ad ind.; La copella politica..., a cura di V. Mandelli, Roma 2012, pp. 36, 61, 178; G. Gullino, Giovanni Francesco Sagredo il personaggio..., in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, cl. di scienze morali, lettere ed arti, 2014-2015, vol. 174, n. 2, p. 253.