AMANTEA (A. T., 27-28-29)
Comune della provincia di Cosenza, distante 52 km. dal capoluogo, sul Mar Tirreno, lungo la ferrovia Battipaglia-Reggio. La parte antica dell'abitato non sorge tuttavia sulla spiaggia, ma sui fianchi di una collina isolata, tra il mare e la Fiumara di Amantea, al sommo della quale sono le rovine di un castello distrutto dai Francesi nel 1807; di recente, peraltro, il centro si è esteso in piano, verso mezzogiorno e verso sud-ovest, in direzione della stazione ferroviaria. Alla fine del sec. XVI Amantea aveva oltre 5000 ab., ma i gravissimi danni subiti in seguito ai terremoti del 1637-38 ridussero la popolazione a meno della metà (448 fuochi, cioè 1200-2300 ab., secondo la numerazione del 1669). Alla fine del sec. XVIII, la popolazione era presso a poco la stessa. Nel 1861 il comune aveva 4077 ab., nel 1881, 4646, nel 1901, 5381 e nel 1921 ne aveva 6297, dei quali 3299 nel capoluogo e 2998 sparsi nelle campagne, che risultano perciò assai fittamente popolate. Il terremoto del 1905 la danneggiò pure assai. Tra i suoi edifici è notevole la chiesa degli Osservanti (sec. XV) e quella dell'Immacolata, dove si conservano alcune sculture di Antonello Gagini e della sua scuola.
ll vasto territorio comunale (circa 30 kmq.) è in buona parte coltivato; ma la coltura un tempo più importante, quella del gelso, che alimentava l'allevamento del baco da seta, è decaduta. Amantea è servita dalla surricordata ferrovia tirrena della Calabria, che, mediante la diramazione Paola-Cosenza, serve anche alle comunicazioni col capoluogo della provincia; ma a questo A. è allacciata anche, attraverso la catena costiera, da una rotabile percorsa da servizio automobilistico.
Storia. - Alla sua felice situazione geografica, sul Tirreno, alle vie che la mettono in comunicazione con la valle del Crati e i paesi della Sila, Amantea deve la sua notevole importanza, soprattutto strategica, durante l'alto Medioevo. I Bizantini ne fecero una piazza forte, che fu un ostacolo insormontabile per i Longobardi di Benevento prima, di Salerno poi. Conquistata poi e tenuta per circa un secolo e mezzo dai Saraceni, Amantea, scelta a sede di un emiro, non fu soltanto un centro di rifornimento dei corsari, che durante il sec. IX, si spinsero fino a Salerno e a Napoli, ma anche un punto di collegamento di tutte le colonie saracene dell'Italia meridionale. E i Bizantini poterono riprenderla solo dopo l'884, quando in Italia venne Niceforo Foca, che da Amantea iniziò la riconquista bizantina dell'alta Calabria fino a Taranto.
Con la cacciata dei Saraceni cominciò pet Amantea un periodo di lento benessere. I Bizantini vi ricostruirono le fortificazioni, la elevarono a sede vescovile, che però, lungo il corso del sec. XI venne aggregata a Tropea. Ma, se il vescovato non fu più ripristinato, continuò tuttavia la prosperità di questa terra favorita da Normanni e Svevi, specialmente da Federico II. Legata perciò al nome ed alla memoria del grande imperatore, Amantea parteggiò per Manfredi e Corradino di Svevia, accogliendo tra le sue mura non pochi avversarî di Carlo d'Angiò in Calabria e sollevandosi violentemente contro di lui. Assediata da Pietro Ruffo, capitolò dopo due mesi di tenace resistenza (luglio-settembre 1269), seguita da feroci condanne ed esorbitanti taglie e confische.
Con la crisi che colpì il Mezzogiorno dai tempi di re Roberto in poi, Amantea decadde d'importanza e di popolazione. Alla metà del Cinquecento discese a 606 fuochi, dai 1093 dello scorcio del sec. XV, dai 1763 del 1405, dai 2050 del 1372, dai 2700 del 1282. Poté tuttavia salvarsi dalla infeudazione e conservare una forte coscienza civica ed un senso di libertà, che diede parecchie volte egregie prove. Fra l'altro, nel 1494, quando i suoi abitanti si sollevarono contro Carlo VIII, che li aveva infeudati ad un ignoto francese, tal Precy, e sostennero un assedio di più mesi. Più tardi, nel 1619, respinsero con le armi il duca di Belmonte, a cui il fisco spagnuolo aveva venduto Amantea, e sostennero per molti anni, presso i tribunali napoletani, la legittimità dei loro diritti, riconosciuti dalle stesse prammatiche vicereali. È poi del 1806 il famoso assedio che, oltre ad ispirare uno dei migliori romanzi di Nicola Misasi, è stato oggetto di accalorate rievocazioni, durante il Risorgimento, nell'Italia meridionale.
Insorta contro i Francesi di Giuseppe Bonaparte, Amantea assediata resistette valorosamente, dal luglio 1806 al gennaio 1807, per cedere soltanto quando la popolazione da 3 mila abitanti fu ridotta a soli 800, quando le case abbattute dal cannone e le terre e i paesi della contrada bruciati e saccheggiati ferocemente resero impossibile ogni difesa. Lasciò luminoso esempio di sé il De Michelis, uno dei più intrepidi difensori della cittadina, per i vibranti proclami che diresse al popolo calabrese.
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