Vedi AMATUNTE dell'anno: 1958 - 1994
AMATUNTE (v. vol. I, p. 300)
Le campagne di scavo avviate nel sito della città (nel 1975 sull'acropoli da parte di una missione organizzata dalla Scuola Francese di Atene e dal Ministero per gli Affari Esteri francese, nel 1977 nella città bassa, da parte del servizio di Antichità di Cipro e nel 1984 nel porto da parte della Scuola Francese di Atene) costituiscono l'avvenimento fondamentale per la conoscenza della città stessa, nota in precedenza soltanto attraverso le necropoli.
La scoperta più interessante, in cima all'acropoli, è quella del Tempio di Afrodite Cipria. Essa era stata preannunciata dall'individuazione del luogo preciso di provenienza del grande vaso in pietra del Louvre (V sec. a.C.) e di un secondo vaso, già visto dai viaggiatori e di cui resta la base in situ, a E dell'ingresso del tempio. Delle fasi più antiche di quest'ultimo non rimangono che alcuni depositi di ceramica che vanno dal periodo cipriota geometrico a quello cipriota arcaico. Il deposito vicino al tempio (750-600) è ricco di ceramica locale e comprende anche alcune importazioni fenicie. L'interro della terrazza O, la cui cronologia scende sino al VI a.C., ha, viceversa, restituito numerose importazioni greche. Le testimonianze relative all'età classica sono costituite essenzialmente dai grandi vasi ricavati nella pietra estratta dalla vicina scogliera, da alcune figurine in terracotta e da statuette in calcare.
Due dediche del re Androkles, di cui una bilingue (in eteocipriota e in greco) rendono sicura l'identificazione del santuario, nel quale venivano adorati, nel corso del II sec., anche Iside e Serapide (è stata rinvenuta una dedica a queste divinità). Ai resti delle costruzioni ellenistiche si sovrappose, agli inizî del II sec. d.C., un tempio grandioso che sorgeva su una crepidine di tre gradini, lunga m 32,50 e larga m 15,30 e preceduta da una scalinata. Si tratta di un edificio senza peristasi, con corto pronao, cella priva di elementi di sostegno interni e forse dotata di opistodomo.
Le colonne rudentate della fronte e i pilastri d'anta erano sormontati da sottocapitelli modanati, da capitelli nabatei, da una trabeazione con fregio a due fasce e da un frontone. A Ν sorgeva una cappella o tesoro, anch'essa di età imperiale. Il complesso venne distrutto nella seconda metà del IV sec. d.C. e ricoperto, nel VII sec., da una basilica a tre navate, con nartece, esonartece, varî annessi, e dotata inoltre di un vasto cortile con serbatoio idraulico centrale. Tale costruzione non sopravvisse, come l'intero complesso, alle incursioni arabe del VII secolo. Altre due chiese sono state scoperte.
La prima, ai piedi dell'acropoli, è una piccola basilica a tre navate; la seconda, di fianco a una grotta nel cuore della necropoli orientale, sembrerebbe la cappella di un monastero, dotato di alcuni frantoi.
Scavi recenti hanno messo in luce i resti della cinta muraria della città di età ellenistica; in diversi punti essi si sovrappongono a strutture più antiche. Invece il muro mediano dell'acropoli non è più antico del VI sec. d.C.
La porta centrale venne munita, nel VII sec., di barbacane, sotto il quale si rinvenne un grande silo colmo di ceramica arcaica. Il cantiere di scavo operante a Ν di tale porta ha permesso di portare alla luce un importante edificio di epoca classica, impostato su poderosi muri di terrazzamento, il quale conteneva un vasto deposito di pìthoi.
La scoperta, a Ν di quest'ultimo, di un deposito di statuette in calcare di epoca protoclassica e, a S dell'edificio, di un grande capitello hathorico policromo, nonché di oltre diecimila frammenti di statuette ellenistiche in terracotta, probabili ex voto a una dea della fecondità, indica la vicinanza di un santuario. Infine, il fatto che il complesso sia stato distrutto da un incendio negli ultimi anni del IV sec. a.C., al momento della conquista dell'isola da parte dei Lagidi, induce a ritenere che esso fosse in rapporto con l'antico potere regale. Ricordiamo inoltre che un silo vicino ha restituito ceramica databile all'XI sec. a.C., che costituisce la più antica traccia di frequentazione del sito.
Nella città bassa sta progressivamente tornando alla luce un vasto piazzale circondato da portici con colonne dipinte di rosso, forse l'agorà. Essa comprende una costruzione quadrata nel settore orientale e un edificio a forma di tempio, addossato al suo lato Ν ma con accesso da S, che in seguito a una ristrutturazione venne dotato di un portico in antis. Il piazzale è dominato a Ν da un ninfeo a camera addossato alla collina, al quale arriva un'importante canalizzazione che senza dubbio proveniva dall'acquedotto. Oltre a un gran numero di elementi architettonici di diversi moduli, lo scavo ha restituito alcune statue di Bes e delle iscrizioni che menzionano Gordiano III (?) quale benefattore della città e un santuario con diritto di asilo. Il complesso risale all'età imperiale; sul suo consistente strato di distruzione è stato impiantato un muro difensivo sicuramente databile al VII sec. d.C.
Misurazioni della resistività elettrica hanno dimostrato che questa agorà è molto probabilmente situata ai limiti di un bacino interno del porto, attualmente interrato. Il porto vero e proprio, il cui ingresso, forse munito di un faro, è situato presso l'angolo SE, è databile all'ultimo decennio del IV sec. a.C.
Scavi sistematici di una parte della zona E hanno offerto numerose indicazioni sull'impianto umano: fattorie, santuarî, villaggi, sistemi idraulici, tombe. La cronologia si estende dall'epoca neolitica a quella bizantina a esclusione dell'Età del Bronzo.
Si è ripreso su vasta scala lo scavo delle necropoli orientale e occidentale, che ha restituito una considerevole quantità di materiale, in corso di pubblicazione. Contemporaneamente agli scavi, un'équipe di specialisti ha studiato la geografia della località e i testimonia, le iscrizioni e le diverse categorie di oggetti rinvenuti nei vecchi scavi. Un importante gruppo di testi magici su piombo, pubblicati da T. Mitford come provenienti da Kourion, potrebbe essere attribuito ad A. e il loro numero potrebbe essere accresciuto da numerosi esemplari inediti in gesso conservati al British Museum. Nonostante la scoperta di numerosi frammenti di iscrizioni sillabiche in eteocipriota, una delle quali fornisce dei nuovi caratteri, non si è potuto realizzare alcun progresso nella decifrazione di questa primitiva lingua del regno, peraltro ancora in uso agli albori dell'età ellenistica. Per quanto riguarda lo studio dei materiali di ogni genere e dell'architettura, essi attestano un'importante influenza orientale, soprattutto fenicia ed egizia, che non riesce tuttavia a mascherare l'ellenizzazione crescente a partire dall'età classica.
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