Vedi AMATUNTE dell'anno: 1958 - 1994
AMATUNTE (᾿Αμαϑοῦς, Amăthus Cypri)
Antica città, non più esistente, sul litorale S dell'isola di Cipro (a 10o km a E di Limassol, sulla strada di Nikosia).
La sua importanza storica è dimostrata dalla tradizione letteraria (Erodoto, Strabone, Plinio, Tolomeo, Pausania) e dalle monete (le quali, però, non sembrano risalire più indietro del 450 a. C.). Della città propriamente detta, malgrado l'identificazione topografica dell'acropoli, non si conoscono tracce. L'importanza archeologica di A. è dovuta quasi unicamente alla sua necropoli, esplorata per la prima volta, tra il 1870 e il 188o, da L. Palma di Cesnola. Altri scavi seguirono a cura di una spedizione inglese, nel 1894, e altri ancora a cura della Swedish Cyprus Expedition.
Le tombe ipogee di A. sono a camerette più o meno regolari, quadrate, scavate nella roccia tufacea, o costruite a blocchi squadrati, con soffitto a doppio spiovente e trave piana centrale (cfr. le necropoli etrusche). Del centinaio di tombe scavate ad A. dal Cesnola, soltanto un paio vennero rintracciate dalla spedizione svedese.
"Scarabei" egizî rinvenuti nelle tombe (tutte a inumazione) possono essere riportati fino al periodo intorno al 1000 a. C. Le testimonianze monumentali superstiti, di un certo rilievo, scendono più in basso nel tempo. Ricordiamo la nota tazza argentea sbalzata, di arte fenicio-cipriota, del VII sec. a. C., purtroppo frammentaria, oggi nel British Museum.
La decorazione è divisa in tre fasce concentriche: quella superiore rappresenta l'assedio di una città fortificata, riecheggiando schemi figurativi propri dell'arte assira; mentre la fascia mediana ha scene di culto mutuate dall'arte egizia. Anche la decorazione del disco centrale, con figure di sfingi alate, appare influenzata dalla medesima arte. Questa associazione, anzi contaminazione e compenetrazione di elementi mesopotamici e di elementi egizî si può considerare caratteristica principale dell'arte cipriota arcaica e in genere di quella siro-palestinese.
Ricordiamo quindi il famoso sarcofago scolpito di A. (al Metropolitan Museum di New York), con le quattro facce istoriate a rilievo e coperchio a doppio spiovente, con figure di sfingi a tutto tondo come acroterî angolari.
I soggetti figurati sui lati lunghi consistono in cortei di carri occupati da personaggi di alto rango, preceduti da cavalieri e seguiti da armati a piedi, con evidente allusione al viaggio dell'oltretomba. Sulle testate del cassone vedonsi: da una parte, la figura ignuda della dea Astarte, dall'altra quella di un dio orientale, dalla lunga barba e dall'aspetto mostruoso, identificato di solito come il dio Bes (egizio): entrambe le figure sono ripetute quattro volte, a scopo sacrale e decorativo insieme. Le palmette scolpite lungo i piedritti del cassone sono quanto mai significative dell'arte cipriota o fenicio-cipriota. Pure di tipo squisitamente orientale sono i carri con ruote a dieci raggi, invece che a quattro come nei carri greci.
Lo stile fine ed evoluto delle sculture, per quanto imbevuto di elementi provinciali, permette di datare il sarcofago alla metà circa del V sec. a. C., e di riconoscere qui un prodotto di arte sostanzialmente greca, al servizio di esigenze culturali cipriote. Tanto che non a torto si potrebbe parlare, a questo proposito, di un'arte greco-cipriota.
Un terzo prezioso cimelio artistico di A. è il cosiddetto "Colosso di A.", colà rinvenuto nel 1873 e ben presto trasferito nel museo di Istanbul.
(Per la riproduzione v. la voce Cipro).
Si tratta di una mostruosa e massiccia figura barbata (alta m 4,20, larga alle spalle 2 m) scolpita in una pietra calcarea grigia, stante, in atto di reggere colle due mani, per le zampe posteriori, una leonessa, la cui testa (oggi perduta) era probabilmente in bronzo, se, come pare, aveva la funzione di mascherone per fontana. Per lungo tempo il colosso statuario venne ritenuto opera di arte cipriota arcaica. Un recente studio analitico ha però accertato trattarsi di un'opera di stile non già arcaico, ma arcaistico, e più propriamente di età imperiale romana, forse di data non anteriore ai tempi di Settimio Severo, sotto il quale imperatore l'isola ebbe a godere di una particolare floridezza. Il tipo iconografico, più che rappresentare il dio egizio Bes, sembra rappresentare l'ultima, tarda espressione del Melqart fenicio, specie di Ercole orientale: una variante del quale è, in fondo, il tipo iconografico ripetuto più volte sopra una delle testate del citato sarcofago.
Nessuna traccia finora si conosce del tempio di Afrodite venerata ivi insieme con Adone, e soprannominata espressamente ᾿Αμαϑουσία.
Bibl: Su Cipro in genere, Stanley Casson, Ancient Cyprus, Londra 1937, passim; Perrot-Chipiez, Hist. de l'art dans l'antiquité, 1882-1914, III, p. 279 s.; G. Hirschfeld, in Pauly-Wissowa, I, c. 1752, s. v. Amathus, n. 4; B. V. Head, Historia numorum, Oxford 1911, p. 737; per la necropoli di A., v.: The Swedish Cyprus Expedition, II, Stoccolma 1935, pp. 1-141 (con la bibl. preced.); per la coppa argentea: J. L. Myres, The A. Bowl, in Journ. Hell. Stud., LIII, 1933, p. 25 ss., e E. Gjerstad, Decorated Metal Bowls from Cyprus, in Acta Instituti Romani Regni Sueciae, XII, Opuscula Archaeologica, vol. IV, 1946, p. 1 ss.; per il sarcofago di A. v.: Antike Denkmäler, III, tavv. I-IV; per il Colosso, v.: A. Westholm, The Colossus from A., in Dragma, Lund 1939, p. 514 ss.