AMAZZONI ('Αμαζόνες, Amazõnes)
Donne di un popolo mitico, noto già alle più antiche leggende dei Greci, che ne collocavano la patria d'origine fuori della Grecia, riguardandolo perciò come estraneo alla civiltà greca, cioè barbaro. Secondo la forma più antica e più diffusa del mito, quale ricorre in Omero e nei ciclici e prende poi aspetti e linee più complesse e definite nella poesia posteriore, esse costituivano, nella regione del fiume Termodonte, in Leucosiria (sulla costa meridionale del Mar Nero) intorno alla città di Temiscira, un popoloso stato di donne guerriere, governate da una regina. Gli uomini n'erano rigorosamente esclusi, e le A. provvedevano alla conservazione della stirpe, recandosi ogni anno, in primavera, presso un confinante popolo di uomini, a fine di commercio sessuale; o, secondo un'altra forma della leggenda, nel popolo stesso delle Amazzoni si trovavano anche gli uomini, ma tenuti in condizione di schiavi, adibiti alle faccende domestiche e storpiati nelle braccia e nelle gambe in modo da essere resi inabili all'uso delle armi. Tutte le forme superiori di attività erano invece riserbate alle donne: esse governavano lo stato, vestivano e maneggiavano le armi, combattevano valorosamente, a piedi o a cavallo, con la lancia, con l'azza, con l'arco, con la scimitarra, non solo in difesa del suolo della patria, ma anche a scopo offensivo, sia operando scorrerie nei paesi limitrofi, sia effettuando grandi spedizioni in regioni lontane; il mito conosce la loro comparsa in Tracia, in Siria, in Asia Minore, nella Grecia propriamente detta, e racconta le lotte da loro sostenute, in tali occasioni, coi più famosi eroi greci. Fa anche risalire ad esse la fondazione di numerosissime città, tra cui Cuma eolica, Mitilene, Smirne, Caulonia (nella Magna Grecia) ed Efeso, dove esse avrebbero fondato anche il celebre santuario di Artemide.
Del loro nome gli antichi indicavano varie etimologie, tutte di carattere etiologico; vedendovi, più solitamente, significato il fatto che alle fanciulle si amputava uno, o ambedue i seni, per rendere più facile il maneggio dell'arco, oppure che esse non erano allevate con l'allattamento. Gli epiteti che più di frequente accompagnavano il nome, accennavano appunto alla loro indole guerriera e odiatrice dell'altro sesso (ἀντιάνειραι, στυγάνορες, ἀνδροκτόνοι).
Sull'origine delle Amazzoni e sul significato di questo mito non erano concordi gli antichi; né si può dire che ad alcunché di sicuro abbiano approdato le indagini e le ipotesi dei moderni. I Greci facevano capostipiti delle Amazzoni il dio Ares e la ninfa Armonia, oppure dicevano esser esse un gruppo di donne scite, separatesi dal resto del loro popolo e rimaste sul Termodonte, ovvero donne che avevano ucciso o cacciato i loro uomini, dai quali venivano maltrattate. Raccontavano infine che Eracle, loro mortale nemico, le aveva distrutte o costrette a emigrare in sedi più settentrionali. In altre leggende più recenti, troviamo la patria d'origine delle Amazzoni trasportata in regioni più occidentali (Tracia, Illiria, Vindelicia) o più meridionali (Libia). Dei moderni, alcuni (Toepffer), partendo dall'osservazione che nelle regioni in cui la tradizione preferiva collocare la patria d'origine delle Amazzoni (cioè nella Scizia e in Libia), ancora in età storica vivevano popoli che si reggevano con gl'istituti del matriarcato, e che ricordi di istituti ginecocratici, ormai obliterati, si ritrovano ordinariamente nelle leggende di quelle regioni ove la tradizione fa comparire le Amazzoni, ne hanno concluso che il mito delle Amazzoni rispecchi le condizioni della popolazione che precedette, nelle isole e sulle coste del Mare Egeo, la discesa delle stirpi greche; altri (Beloch) giudica che nelle Amazzoni non sia da vedere nulla più che un popolo creato dalla fantasia dei Greci, del pari che i Làpiti e i Centauri.
Tra le leggende postomeriche che si sono svolte intorno al mito delle Amazzoni, vanno ricordate quella di Achille e Pentesilea, quella della lotta con Eracle e l'altra della tentata invasione dell'Attica. La prima si svolgeva intorno al motivo della venuta delle Amazzoni, in aiuto ai Troiani, sotto la guida della loro regina Pentesilea, e dell'uccisione di questa da parte di Achille; la seconda narrava la spedizione effettuata da Eracle nella Scizia, per impadronirsi, secondo l'incarico avuto da Euristeo, della cintura della regina delle Amazzoni (Ippolita o Melanippe), per portarla, in Argo, ad Era o alla sua sacerdotessa Admeta, figlia di Euristeo; la terza aveva per oggetto l'invasione delle Amazzoni nell'Attica, fatta allo scopo di vendicare la spedizione che Teseo aveva effettuata, o da solo o insieme con Eracle, nel loro paese, riportandone prigioniera la loro principessa Antiope: dopo aver sostenuto un difficile assedio, Atene era stata liberata, e le Amazzoni avevan dovuto rinunziare all'impresa.
Nel culto, troviamo le Amazzoni più frequentemente collegate - oltre che, com'è naturale, con Ares - con Artemide e, come Artemide stessa, con le divinità dei morti e delle tombe, perché anch'esse sono agli uomini apportatrici di morte. Il culto delle Amazzoni si limitava alle onoranze e ai sacrifizî che si tributavano alle loro supposte tombe, come si usava fare, in genere, per le sepolture degli eroi.
Bibl.: W. H. Roscher, art. Amazonen, in Lexicon der griech. und römische Mythologie, I; Toepffer, art. Amazones, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., I, coll. 1754-1771; F. G. Bergmann, Les Amazones dans l'histoire et dans la fable, Colmar 1853; W. Stricker, Die Amazonen in Sage und Geschichte, Berlino 1868.
Iconografia. - Le più antiche figure di Amazzoni compaiono su vasi a figure nere del sec. VI a. C. in rappresentazioni generiche di donne armate, a cavallo o a piedi, combattenti contro eroi greci, o anche nei gruppi esprimenti il duello fra Eracle ed un'Amazzone. Sui vasi attici l'Amazzone è armata di corazza, schinieri, galea cristata, lancia, ed è espressa in varî atteggiamenti, conformi agli schemi adottati dall'arte ceramica di quel secolo, fra i quali anche quello dell'Amazzone che monta sul cavallo facendogli piegare le zampe anteriori. Il gruppo di Eracle e dell'Amazzone, dove questa è spesso disegnata nella movenza della corsa, in ginocchio col capo rivolto indietro, si credette che rappresentasse il duello di Eracle ed Ippolita secondo una fonte poetica. L'ipotesi non pare accettabile, per il fatto che l'avversaria di Eracle su questi vasi attici a figure nere, quando reca scritto accanto il suo nome, non è denominata Ippolita, ma Andromaca od altra Amazzone. Se non che è meglio astenersi dal dare un giudizio definitivo, essendo pur vero che in queste scene di amazonomachia dei vasi a figure nere ricorrono i nomi di Telamone e Glauke, i quali farebbero ammettere la ispirazione ad una fonte poetica (dinos del Louvre, Corpus vasor., Louvre Hd, tav. 18-20). Sopra vasi calcidesi l'Amazzone combatte a piedi, armata di galea attica con chitone di pelle (Rumpf, Chalkidische Vasen, tavole CXLII, CCIII, CCXIX) o a cavallo, da arciera, volgendosi indietro (Rumpf, op. cit., tav. CIX). Il tipo della Amazzone arciera appare ben presto anche nella plastica decorativa del sec. VI a. C. come ornamento di lebeti, e si crede desunto dalla figura dell'arciere scita. L'eroina cavalca un veloce destriero, avendo il capo coperto da un berretto che finisce a punta (Minervini, Monum. di Barone, tav. A B; Monum. dell'Instit. V, 25; Röm. Mitt., II, 1887, p. 245, fig. 18). Il tipo dell'Amazzone con armatura greca ebbe fortuna nella ceramica attica a figure nere e in quella dei primi decennî della tecnica a figure rosse tanto per rappresentazioni di contenuto generico quanto per quelle pochissime, nelle quali il sussidio delle iscrizioni tracciate accanto alle figure ci riporta alla lotta di Achille e Pentesilea (Gerhard, Auserles. Vasenb., 205, 206; Wiener Vorlegeblätter, 1888, tav. VI, 2a). L'impresa delle Amazzoni contro Atene o forse anche la spedizione di Teseo contro le Amazzoni ebbero riflessi nella ceramica a figure nere, la quale trattò qualche volta il ratto di Antiope (Jahn, Beschreibung, n. 7; Röm. Mitt., XXVII, 1912, anfora da Cuma; Wiener Vorlegeblätter, D 7, coppa di Chachrylion; Monum. dell'Instit., I, 55, anfora del Louvre). A poco a poco, nei vasi a figure nere, accanto a questo tipo si andò affermando quello della amazzone arciera in veste Scita. Sul kantharos di Duride (Griech. Vasenmalerei, tav. 74), nel quale sono facilmente riconoscibili motivi della grande arte, che vediamo consacrati dalle sculture del tempio di Egina (Perrot e Chipiez, Hist. de l'Art dans l'antiq., X, p. 542 segg.), l'Amazzone è ritratta nella foggia dei guerrieri greci ed è libera nei movimenti del corpo, coperto soltanto da un leggiero chitone. Sue armi da offesa sono la spada, la lancia, l'arco, la bipenne; arma da difesa talvolta la sola galea attica, cui spesso s'aggiunge la corazza.
Nel vaso di Duride è già bell'e formato quel tipo dell'Amazzone che sarà sviluppato nel corso del sec. V e che, ripreso dal ciclo di artisti, che si aggruppa intorno al nome di Polignoto, fu tratto a modello dai ceramisti che lavorarono i grandi crateri con scene di amazonomachia (Griech. Vasenmalerei, 26-28, 58, 116-119). La leggenda dell'invasione delle Amazzoni nell'Attica e della resistenza opposta loro da Teseo aveva fornito argomento alle grandi composizioni di Micone nel Theseion e nel Pecile, le quali ebbero per gli Ateniesi un valore simbolico. Se è vero, come non è lecito di dubitare, che i decoratori dei citati crateri s'ispirarono a questi originali della grande pittura, abbiamo sott'occhio, se non proprio delle copie di detti originali, come inclinò a credere il Pellegrini per un vaso bolognese (Di alcuni vasi con rappresent. di Amazzoni, p. 20, tav. II), certamente motivi e gruppi da essi derivati. Non più le figure sono distribuite a coppie sul medesimo piano senza sfondo, ma vi è un tentativo di presentarle in prospettiva con l'aggiunta di qualche elemento paesistico, e dalla veduta di fianco si passa alle ardite movenze di scorcio e alle figure viste quasi da tergo. In questo periodo è già penetrata nelle rappresentazioni vascolari la varietà del tipo dell'Amazzone vestita di ἀναξυρίδες ed armata di ascia, col capo coperto da pelle detta ἀλωπεκίς, o addirittura vestita alla greca. L'Amazzone a cavallo, combattente contro un Greco, nelle scene figurate su questi vasi polignotei risale molto probabilmente a originali di Micone, il quale, come afferma Aristofane (Lysistrata, 678), riuscì bene nella rappresentazione di simili figure. Dalla pittura monumentale polignotea trasse, come pare, origine anche il gruppo di Teseo nudo con elmo e scudo, in duello con un'Amazzone a cavallo, che non è Antiope, gruppo che ebbe grande fortuna nella ceramica figurata della seconda metà del sec. V a. C., soppiantando il motivo dell'Eracle alle prese con l'Amazzone, così frequente sui vasi a figure nere. Parecchi di questi schemi si trovano riprodotti in una fase di arte ceramica molto progredita, come per es. sull'aryballos cumano, al quale si assegna la data del 430 a. C., e nei rilievi dello Heroon di Gölbāschī Trysa. In questi ultimi il Benndorf credette di identificare Achille e Pentesilea nel gruppo di un'Amazzone che si arrende ad un greco e getta via lo scudo, mentre il cavallo piega le zampe anteriori per farla smontare.
Nella amazonomachia dello scudo della Parthenos, che presenta i caratteri di una composizione pittorica, e la cui dipendenza dalla pittura di Micone pare accettabile, spunta fuori un motivo, al quale molto si fece ricorso in opere più tarde: quello del guerriero che acciuffa l'Amazzone per i capelli. Al tempo di Fidia l'elaborazione dei varî motivi artistici dell'amazonomachia fece notevoli progressi, e i decoratori di vasi, sempre più padroni dei mezzi loro, seppero modellare i corpi delle Amazzoni palpitanti sotto le molli e corte tuniche sbattute dal vento contro le membra, tra gli svolazzi dei mantelli fluttuanti, nelle più svariate combinazioni, nei più arditi slanci, nelle mosse più violente che si possano concepire. Questa valentia si esplica in grado eminente anche nel campo della plastica decorativa come dimostrano il fregio del tempio di Basse e quello del Mausoleo. Sullo scudo della Parthenos vediamo per la prima volta comparire la figura dell'Amazzone con un lato del petto scoperto: particolare che diventerà nell'arte posteriore la caratteristica più spiccata di queste guerriere indomite.
Dell'amazonomachia di uno dei frontoni del tempio di Asclepio ad Epidauro rimane la mutila figura di un'Amazzone, la quale si tiene in equilibrio sul cavallo impennato mentre sta per colpire con la scure il nemico; le pieghe flessuose e sottili carezzano le fresche membra del corpo slanciato ed agile. I tipi dell'Amazzone consacrati dall'arte dei sec. V e IV saranno poi presi a modello in numerose combinazioni su fregi e sarcofagi. Fin dal sec. VI a. C. gli scultori greci si erano proposti il tema dell'Amazzone isolatamente presa o rappresentata in un gruppo monumentale, la cui destinazione ci sfugge. Una statua arcaica, scoperta in Roma alla villa Ludovisi, è giudicata dal Petersen (Röm. Mitt., 1889, p. 86 segg.), quale avanzo di un'opera originale di Bupalo e Atenide che Augusto pose come acroterio sul tempio di Apollo Palatino (Plin., Nat. Hist., XXXV, 13). L'Amazzone di Vienna (Friedrichs-Wolters, n. 238) si giudica essere appartenuta ad un gruppo, di cui resterebbe traccia in un cammeo di Londra (Sacken, Sculpturen des Münz und Antiken-Kabinets zu Wien, 4, fig. 1). La prima di queste statue rappresenta un'Amazzone nuda ed accosciata nell'istante in cui si prepara a tendere l'arco, sicché non proprio nella posa dell'arciere egineta, ma in quella dell'Eracle sulle monete di Tebe. La seconda, del principio del secolo V a. C. esprime l'Amazzone nel deliquio di chi cade ferito a morte ed ha il capo abbandonato sul fianco sinistro.
I monumenti finora menzionati ci presentano l'Amazzone quale attrice in una azione violenta, spesso brutale, in cui era riposta la ragion d'essere della sua concezione. La plastica greca del sec. V a. C. seppe pur concepirla isolatamente sottraendola al campo della violenta azione guerresca e sollevandola ad una sfera di serena idealità. Lo sforzo della felice creazione, intorno alla quale ebbero a provarsi alcuni fra i più grandi artisti dell'antichità, quali Policleto e Fidia, ci venne tramandato sotto veste di una nobilissima gara, nella quale la palma sarebbe toccata a Policleto. Le statue a cui si accenna, si vedevano esposte nell'Artemision di Efeso (Plin., Nat. Hist., XXXIV, 19) e, ripetute in molte repliche per la giusta rinomanza che ebbero nell'antichità, parecchie di queste esistono nel repertorio delle opere d'arte giunte sino a noi. Ma l'aggiudicazione a Policleto, Fidia e Cresila è compito ancora insoluto dai critici dell'arte antica. Poiché se una sapiente selezione fra le statue di Amazzone conosciute può farci risalire a tre originali, come fece il Michaelis (Arch. Jahrbuch, I, p. 14 segg.), riesce difficile l'attribuzione ai tre artisti che li crearono, non avendo noi sufficienti termini di confronto per almeno due di questi tipi. Le copie che si raggruppano intorno all'Amazzone di Berlino è convinzione dei dotti che ci mettano sott'occhio la statua di Policleto, perché in esse, oltre alla quadratura delle spalle, i lineamenti del volto e la struttura hanno una corrispondenza con la statua del Doriforo. Il grande maestro di Taso concepì l'Amazzone che, uscita dalla mischia, è doma dal dolore della ferita riportata, e nel sollevare il braccio destro prova un senso di sollievo. Più raccolta nel suo dolore è l'Amazzone capitolina, intenta a scoprire la ferita, rimovendo con la mano sinistra il chitone. ln questa unità di confezione, che non è punto menomata dall'intenzione di mettere in evidenza la plasticità del corpo, consiste il pregio dell'invenzione dell'artista, che sarebbe di scuola attica con indirizzo mironiano e forse Cresila. Da una diversa concezione partì l'artista che modellò l'originale dell'Amazzone Mattei, la cui testa e il braccio destro sono mancanti e che, secondo l'incisione di una gemma oggi perduta, era rappresentata nel momento in cui, puntellandosi alla lancia, spicca il salto per montare a cavallo. In queste tre opere d'arte l'idea della fierezza indomita cede a una concezione più mite ed umana, conforme agl'ideali dell'arte greca del sec. V a. C. Non soltanto la valentia nell'affrontare il nemico ma principalmente la perfezione delle forme giovanili ebbe una parte rilevante nell'invenzione dei tre artisti. Così grande elevatezza di creazione non fu mai più raggiunta nei secoli successivi, e l'antichità greca e romana si limitò a riprodurre gli originali di quei grandi maestri. (v. tavv. CLXIII-CLXVI).
Bibl.: A. Corey, De Amazonum antiquissimis figuris, Berlino 1891; A. Klügmann, Die Amazonen in der Attischen Literatur u. Kunst, Stoccarda 1875. Per i vasi e la pittura: H. W. Schulz, Die Amazonen-Vase von Ruvo, Lipsia 1851; A. Furtwängler, Orpheus, Attische Vase aus Gela, in 50 Winckelmannsprogramme, Berlino 1890; F. Winter, Die jüngeren Attischen Vasen, Berlino 1885; G. Loeschcke, in Bonner Studien R. Kekule gewidmet, Berlino 1820, p. 236 segg.; A. Furtwängler e K. Reichhold, Griechische Vasenmalerei, Monaco 1900-1910 e testo relativo; A. Pellegrini, Di alcuni vasi con rappresentazioni di Amazzoni, in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per la Romagna, 3ª s., xxi, 1903; E. Gabrici, in Röm. Mitteilungen, XXXVII (1912), p. 135 segg.; id., in Monum. ant. dei Lincei, XXII (1912), p. 531 segg.; W. Klein, Geschichte d. griechischen Künstler, I, Lipsia 1909; Fränkel, in Archäol. Zeitung, 1876, p. 228; Mon. ined. dell'Istit., XI, 38. Per la plastica: Michaelis, Die sogenannten Ephesischen Amazonenstatuen, in Archäol. Jahrbuch, I, p. 14 segg.; Deonna, in Rev. d. ét. grecques, XXXIII (1920), sullo scudo della parthenos; Brunn-Bruckmann, Denkmäler, tav. 86 segg. (Phigalia e Mausoleo di Alicarnasso), tav. 20 (Epidauro); Revue Arch., 4ª s., XIII (1909), p. 237, e n. 8 (Amazzone di Epigonos); Michaelis, in Archäol. Jahrbuch, VIII, 126; Robert, Ant. Sarkophagrel., p. ii; Röm. Mitt., 1889, p. 86 seg. (Petersen); Benndorf e Niemann, Heeron v. Gjölbaschi, 1889; id., Metopen v. Selinunt, Berlino 1873.