AMBA ALAGI (A. T., 116-117)
ALAGI Amba (in etiopico "monte, fortezza naturale"), la cui cima, alta 3411 m. s. m., sorge per un centinaio di metri sovra l'altissima cresta d'un'intricata serie di monti, dominanti la grande strada carovaniera dell'Abissinia orientale, presso la sua uscita dal Tigré. Ad E. vi è un valico, alto m. 3020 s. m., con posto doganale. Quivi il 7 dicembre 1895 avvenne un notevole combattimento fra le truppe italiane e quelle di Menelik.
In seguito all'occupazione del Tigrai, fra il 13 e il 16 novembre 1895 il gen. Arimondi fece occupare con una compagnia (cap. Persico) Amba Alagi, nell'intento di trarre partito dei capi d'oltre frontiera che si dichiaravano per gl'Italiani. Il 24 novembre, in seguito a nuovi ordini, partiva da Macallè una colonna comandata dal magg. Piero Toselli (IV battaglione indigeni su 3 compagnie; i batteria su due sezioni; bande dell'Acchelè Guzai e banda di ras Sebàt), non solo per rafforzare il nuovo presidio di Amba Alagi, ma per assicurare gli abitanti circa l'occupazione da parte nostra delle nuove provincie.
Il 25 la colonna giunse ad Amba Alagi e il 26 si spinse a Belago (Enda Moeni) dove cominciarono a giungere notizie sull'arrivo di truppe scioane.
Il magg. Toselli, accertatosi, mediante informazioni e numerose ricognizioni, di avere di fronte forze rilevanti, circa 30.000 armati, mentre faceva rafforzare febbrilmente la posizione di Amba Alagi, segnalava al gen. Arimondi la gravità della situazione chiedendo rinforzi.
Il gen. Arimondi nel pomeriggio del 5 dicembre scrisse al Toselli che la mattina seguente sarebbe avanzato verso Amba Alagi e ne informò il governatore; ma il gen. Baratieri, considerando che questa mossa era contraria al concetto del concentramento all'indietro, telegrafò dall'Asmara che fosse sospesa e si ordinasse al Toselli di ripiegare lentamente, mantenendo il contatto col nemico. Se non che quest'ordine, pervenuto la sera del 5 e trasmesso al Toselli il mattino del 6, non giunse a destinazione, sicché il Toselli rimase nella convinzione di essere soccorso.
La sera del 6 si trovavano ad Amba Alagi le seguenti truppe: IV battaglione indigeni (3 compagnie) magg. Toselli; 1 compagnia del III indigeni (cap. Persico); 1 centuria della 1a compagnia del VI indigeni (ten. Pagella); 1a batteria da montagna con 2 sezioni (cap. Angherà); bande di ras Sebàt e dell'Acchelè Guzai: in totale 1800 uomini. L'esercito scioano, condotto da ras Maconnen, era forte di più che 25.000 fucili.
Il magg. Toselli, come si è detto, nella convinzione di essere soccorso, si apprestò a difendere Amba Alagi emanando la sera del 6 il seguente ordine, con la raccomandazione di rafforzarsi sulle posizioni:
"Le bande di ras Sebàt e deggiac Alì (350 fucili) occupino le alture che sovrastano al difficile sentiero di Falagà (estrema sinistra). La compagnia Issel si tenga sulla destra di ras Sebàt per sostenerlo. La compagnia Canovetti si spinga innanzi con una centuria fin verso Atzalà e con due più indietro, con ordine tassativo ripiegarsi sulla destra, compagnia Issel, appena attaccato da forze preponderanti. Al centro e sullo spianato sotto l'amba, la batteria, scortata dalla compagnia Persico. A destra Scech Thala (350 fucili) tenga la fortissima posizione del colle di Togorà (ovest Amba). Il ten. Volpicelli colle bande Acchelè Guzai (300 fucili) si spinga alle propaggini dell'amba, che sovrastano il sentiero che a mezza costa si inerpica al colle per Togorà, per prevenire e trattenere un attacco da quella parte. Le compagnie Ricci, Bruzzi e la centuria Pagella stiano in riserva ad est e sotto l'amba, presso la chiesa' ove è stabilito il posto di medicazione. Il comando sta colla batteria".
Intanto, la mattina del 6, essendo giunte all'Arimondi notizie sempre più gravi da Amba Alagi, decise di affrettare la partenza prorogata nel mattino, avvertendone il governatore, che approvò, ma sempre in base al concetto di sostenere il ripiegamenlo del Toselli. Il gen. Arimondi si dispose dunque ad avanzare il 7 mattina con 6 compagnie, una sezione di artiglieria, una banda indigena, mandando di ciò avviso al Toselli. Ma anche questa comunicazione non giunse a destinazione, perché la stessa mattina del 7 gli Abissini avevano attaccato Amba Alagi.
Infatti il giorno 7, verso le 7, i piccoli posti segnalarono gruppi di fanteria e cavalleria nemica che si spingevano verso Atzalà; la centuria della compagnia Canovetti (ten. Mazzei) li respinse. Subito dopo si notò movimento al colle Bootà e gl'informatori segnalarono il movimento di una grossa colonna (ras Oliè) verso Falagà. Essa avanzò celere verso la nostra sinistra, la impegnò con attacco frontale ed avvolgente, per cui ras Sebàt, avendo avuto gravi perdite e temendo di essere aggirato, ripiegò sulla compagnia Issel. La compagnia Canovetti intanto si portò manovrando al suo posto (destra di Issel) non senza avere inflitte perdite gravissime agli Scioani, fatti segno anche al fuoco della batteria.
Ma la massa era imponente: Issel e Canovetti la fronteggiavano da oltre un'ora senza perdere un sol palmo di terreno, allorché dal colle Bootà avanzò una ingentissima colonna con le forze di ras Micael e ras Maconnèn (circa 15.000 fucili), che puntò direttamente contro il centro della posizione.
La sinistra teneva fermo, pur avendo subito perdite gravi (era morto il ten. Molinari e ferito il ten. Mazzei). Al magg. Toselli premeva mantenere quella posizione, che proteggeva la strada diretta da Amba Alagi a Macallè, donde sperava veder giungere da un momento all'altro la testa della colonna Arimondi. Alle nove, vedendo la sinistra stremata, lanciò da quella parte la compagnia Ricci, della riserva; Ricci avanzò arditamente e s'impegnò a fondo obbligando il nemico a ripiegare.
Intanto sulla fronte la batteria apriva squarci nella pesante colonna scioana, ma questa si riordinava e continuava ad avanzare lentamente. Alle 9,45 giungeva avviso dal ten. Volpicelli che un'altra colonna, con le forze di ras Alula e ras Mangascià, tendeva ad aggirare la nostra destra puntando al colle di Togorà; anche da quella parte cominciò una viva fucilata. Allora il magg. Toselli decise di restringere la difesa ritraendo le ali all'amba e mandò ordine a Ricci, Canovetti ed Issel di fare un ultimo contrattacco e ritirarsi sotto l'amba, sotto la protezione della sezione Manfredini spostata da quella parte; intanto la colonna principale scioana avanzava contro la compagnia Persico e la batteria; il maggiore vedendo che non potevano più sostenersi, ordinò di incolonnare le salmerie sulla strada di Togorà, movimento che avvenne lentamente ed in disordine per il frammischiamento di donne della compagnia Persico e conseguente affollamento sul sentiero difficile e strettissimo. A proteggere l'incolonnamento fu mandata la centuria Pagella, con ordine di sostenere dal colle le bande dell'Acchelè Guzai che si vedevano ripiegare; anche la sezione Manfredini doveva portarsi al colle. Le truppe erano sempre in mano ai comandanti, i movimenti si facevano ancora nel massimo ordine, il ripiegamento della sinistra era già effettuato. Alle 12,40 il magg. Toselli, perduta ogni speranza di soccorso, ordinò la ritirata a scaglioni, a protezione della quale fu distesa la compagnia Bruzzi ad est dell'amba. Non appena cessò il fuoco d'artiglieria gli Scioani, che avanzavano guardinghi, irruppero sulla spianata dell'amba: Bruzzi e Mulazzani caddero alla testa della loro compagnia. Il momento era grave: il sentiero strettissimo, sovrastante a un precipizio di 400 metri, era ingombro di muletti, di carichi, di feriti. Manfredini riuscì a mettersi in batteria, Pagella si distese a protezione della colonna, ma Scech Thala aveva ripiegato in disordine e le bande Volpicelli erano disfatte. Il colle era occupato dalle genti di Alula e l'altura stessa, a mezza costa della quale correva il sentiero, era invasa dal nemico, che da meno di 50 passi infliggeva perdite enormi. Invano la centuria Pagella, facendo fuoco nel ritirarsi, cercò trattenere l'onda incalzante: la compagnia Bruzzi non poté far argine e gli uomini di Maconnèn pervennero alle spalle. La ritirata cominciò a divenire disordinata; la sezione Manfredini tirava a mitraglia sulle masse compatte, ma venne sopraffatta e catturata. Il cap. Angherà e il ten. Scala, che avevano i pezzi montati, piuttosto che cederli fecero rovesciare muli e cannoni nel precipizio. Tutti si precipitarono alla strada di Togorà per tentare di raggiungere la valle profonda di Bet Mariàm, donde raggiungere la colonna Arimondi che il magg. Toselli, non avendo ricevuto nessun contrordine, riteneva ritardata da qualche colonna girata al largo. Ultimo a scendere dal colle impartendo ordini perché il disastro riuscisse minore fu il magg. Toselli, incalzato da presso e bersagliato da ogni parte. Erano rimasti con lui pochi ufficiali: i capitani Canovetti, Angherà, Persico (ferito), il ten. Pagella e l'A. M. ten. Bodrero coi più fidi soldati. Tutti erano esausti e la piccola schiera andò assottigliandosi; caddero Angherà e Persico.
Giunti presso la chiesa di Bet Mariàm il maggiore ordinò al ten. Bodrero di portarsi alla testa della colonna, cercare il gen. Arimondi e pregarlo di prendere posizione a nord della stretta, riunire gli ascari e impedire un'ulteriore avanzata. Il magg. Toselli era stremato di forze e rimase sul posto, incontrando la morte degli eroi.
La colonna dei superstiti, coi tenenti Pagella e Bodrero, sempre inseguita dalla cavalleria scioana, dopo una sosta a Mai Mesghì raggiunse alfine il gen. Arimondi che, ignaro del disastro, aveva preso posizione in Aderà dove raccolse fino a sera dispersi e feriti.
Bibl.: Documenti sul combattimento d'Amba Alagi e sulla difesa di Macallè, Roma 1896; Relazioni del ten. Bodrero e del ten. Pagella sul combattimento di Amba Alagi.