AMBARVALI (Ambarvalia)
Antica festa romana che si celebrava verso la fine di maggio allo scopo di purificare le messi e di allontanare da esse i cattivi influssi. Come le cerimonie simili del Lustro e dell'Amburbio, faceva parte in origine del culto di Marte, al posto del quale subentrò, in progresso di tempo, come patrona della festa, Cerere; consisteva principalmente nel sacrificio di un porco, di una pecora e di un toro (suovetaurulia), i quali, prima di essere sacrificati, venivano condotti per tre volte processionalmente intorno al territorio della città, lungo una linea che segnava il confine dello stato romano. La cura della festa spettava al sodalizio sacerdotale dei Fratelli Arvali. Con l'ampliarsi del territorio dello stato, la processione, ormai praticamente ineffettuabile, fu sostituita da varî distinti sacrifizî in determinati luoghi, lungo quell'antico confine. Dopo la restaurazione religiosa di Augusto, la più solenne di queste cerimonie, vera continuazione delle Ambarvali antiche, fu quella celebrata dagli Arvali nel bosco sacro alla dea Dia (indigetazione di Cerere), a cinque miglia dalla città sulla Via Campana. La festa di Roma si ripeteva, con rituale, simile o identico in tutti i villaggi (lustratio pagi) e in tutte le fattorie (lustratio agrorum), e di queste lustrazioni locali ci dànno una rappresentazione vivace Virgilio, (Georg., I, 338 segg.), e Latone nel suo De Agri cultura (141) dove è anche conservato il testo della preghiera che si recitava, durante il sacrificio delle vittimc, dalla folla dei contadini che, inghirlandati a festa, con rami di ulivo in mano, avevano accompagnato, cantando, il giro della processione.
Bibl.: Hunzicher, art. Ambarvalia, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiq., I, p. 223; W. Warde Fowler, The Roman Festivals of the period of the Republic, Londra 1916, p. 124 segg.; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, p. 142 segg.