ambasciatore
Il più importante rappresentante diplomatico di uno Stato
L'ambasciatore rappresenta il capo di Stato del proprio paese presso un altro Stato. Suoi compiti sono: proteggere gli interessi nazionali e dei suoi cittadini sul territorio straniero, negoziare con il governo ospite, inviare informazioni in patria, promuovere la collaborazione economica, culturale e scientifica.
L'ambasciatore era il rappresentante diplomatico di rango più elevato secondo la classificazione dei capi di missione diplomatica formulata nel regolamento di Vienna del 19 marzo 1815, classificazione che fu confermata negli accordi sui rapporti diplomatici siglati dalle Nazioni Unite a Vienna il 18 aprile 1961. Sono considerati di pari grado i nunzi apostolici, rappresentanti diplomatici dei pontefici. L'ambasciatore è investito ufficialmente della propria funzione attraverso l'accreditamento: questo consiste nella consegna, presso il ministro degli Affari esteri o comunque presso la massima autorità dello Stato ospite, dei documenti ‒ detti lettere credenziali ‒ che attestano la sua qualifica. La nazione ricevente è tenuta a garantire l'inviolabilità di tutti i diplomatici sia proteggendo la loro persona, la sede della loro attività (ambasciata), l'abitazione privata e i mezzi di trasporto, sia rinunciando a esercitare contro di essi qualsiasi forma di coercizione (ossia costrizione o violenza).
L'ambasciatore non è soggetto alle leggi dello Stato che lo ospita, ma rimane sottoposto all'autorità dello Stato di provenienza. Le prerogative di cui gode l'ambasciatore sono: l'immunità dalle leggi civili, penali e amministrative del paese in cui risiede (egli non può quindi essere processato per le azioni che compie sia in veste ufficiale sia come privato); l'esenzione da tributi fiscali e doganali; la libertà dei mezzi di comunicazione e l'inviolabilità della corrispondenza. Il suo compito cessa se richiamato in patria, in caso di rottura delle relazioni diplomatiche tra i due Stati o se il paese ospite lo dichiara non gradito.
Già nell'antichità i sovrani egiziani, ittiti, assiri e babilonesi inviavano in missione propri rappresentanti allo scopo di stipulare alleanze o contrarre matrimoni tra le case regnanti. Presso le città greche gli inviati godevano per consuetudine di inviolabilità. Nella Roma repubblicana il Senato gestiva la politica estera attraverso propri inviati e in epoca imperiale l'attività diplomatica era svolta da ambascerie: per queste, verso la fine dell'Impero, furono predisposti uffici a corte.
L'Impero bizantino oltre ad assicurare il semplice rispetto della vita degli ambasciatori garantì la loro immunità, a condizione che venissero concessi i medesimi privilegi ai propri inviati. Nel 9° e 10° secolo re barbari e imperatori si servirono della diplomazia pontificia per tutelare i propri interessi. Soltanto dalla metà del 15° secolo le ambasciate cessarono di essere missioni occasionali per divenire sedi diplomatiche stabili: le prime furono istituite dalla Repubblica di Venezia e dal Ducato di Milano in Italia e successivamente si diffusero in tutta Europa.
Con la pace di Vestfalia (1648) gli Stati moderni cominciarono a creare tra loro una fitta rete di relazioni mediante il reciproco invio di missioni diplomatiche permanenti; furono pertanto istituite delegazioni residenti affidate a personale specializzato e la figura dell'ambasciatore acquisì nel tempo privilegi e prerogative: l'immunità penale, dapprima riconosciuta soltanto per gli atti ufficiali, a partire dal 17° secolo fu estesa alla giurisdizione civile e amministrativa e giunse a comprendere anche gli atti privati. Tutte queste norme furono codificate dal già citato regolamento nell'atto finale del Congresso di Vienna.
Un tempo soltanto le grandi potenze si scambiavano i propri ambasciatori; a partire dal 1945, invece, essi vennero accreditati anche presso e da Stati più piccoli.
Per la conclusione di speciali accordi di carattere internazionale (come la negoziazione delle condizioni di armistizio o di pace), gli ambasciatori possono essere nominati plenipotenziari: possono, cioè, essere investiti di pieni poteri nella trattazione e nella conclusione di quei determinati accordi.