Ambiente. Semplificazione e tutela: un binomio difficile
La disciplina della materia ambientale, negli ultimi tempi più che mai, è stretta tra due spinte riformatrici in parte contraddittorie: da un lato, la spinta (soprattutto di matrice comunitaria) nella direzione del completamento (attraverso diversi atti di recepimento) del quadro giuridico di riferimento e del potenziamento degli strumenti di tutela, verso obiettivi di qualità ambientale sempre più ambiziosi; dall’altro lato l’imperativo assoluto della crescita che, attraverso numerosi interventi, per lo più in sede di decretazione d’urgenza, decostruisce e rimette in discussione il sistema, mirando ad obiettivi di semplificazione. Il culmine di quest’ultima tendenza si rinviene nel recente d.l. n. 138/2011, che vorrebbe anticipare la riforma dell’art. 41 Cost. proposta dal Governo, affermando la tendenziale prevalenza del diritto di fare impresa e introducendo il principio della sopravvivenza dei soli divieti indispensabili.
La novità principale – sul fronte degli interventi organici – è costituita dal d.lgs. 29.6.2010, n. 128, recante Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell’articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69, con il quale sono state introdotte significative modifiche in tema di v.i.a., di v.a.s. e di a.i.a. (autorizzazione integrata ambientale, già disciplinata dal d.lgs. 3.4.2005, n. 59 e ora fatta rifluire nel codice ambientale, nuovo Titolo III bis della parte seconda)1. Molte delle novità su questi temi vanno nella direzione della chiarificazione normativa e, dunque, sia pur indirettamente, nella direzione della semplificazione (soprattutto in tema di coordinamento e accorpamento tra le diverse procedure, in tema di concentrazione della decisione ambientale in testa all’autorità procedente, che adotta un unico provvedimento di autorizzazione monostrutturato, che assorbe tutti gli altri atti di assenso ambientale, acquisiti mediante una conferenza istruttoria, con la sola eccezione del concerto del Ministero per i beni e le attività culturali; nonché in tema di precisazione delle ipotesi di autorizzazione di nuovi impianti e di rinnovo delle precedenti autorizzazioni e di più puntuale definizione delle ipotesi di modifica sostanziale di un progetto, opera o impianto, richiedente una nuova autorizzazione). Sulla nozione di ambiente e sui principi e sul sistema del diritto ambientale il contributo più importante è venuto dall’approfondita giurisprudenza costituzionale più recente intervenuta sul d.lgs. 3.4.2006, n. 152 (C. cost., sentenze 22.7.2009, n. 2252 e 23.7.2009, n. 2343 su v.i.a. e v.a.s., 23.7.2009, n. 2324 in tema di difesa del suolo, 23.7.2009, n. 2335 e 24.7.2009, n. 2516 in tema di inquinamento idrico, 23.7.2009, n. 2357 sul risarcimento del danno ambientale, 24.7.2009, n. 2468 sul demanio idrico e le Autorità d’ambito, 24.7.2009, n. 2479 e 24.7.2009, n. 24910 in tema di smaltimento dei rifiuti, 24.7.2009, n. 24811 in tema di sostanze pericolose e incidenti in industrie insalubri, 24.7.2009, n. 25012 in tema di inquinamento atmosferico, 30.7.3009, n. 25413 sui piani di bacino per la tutela delle acque)14. Questa giurisprudenza ha dato un contributo di grande rilievo alla sistemazione concettuale e giuridica della complessa materia, ma non può formare oggetto di trattazione nella presente sede e troverà ampi riferimenti in altre e più appropriate sedi del volume.
Mentre, da un lato, procede, faticosamente, l’adeguamento del diritto interno a quello comunitario, che resta il principale motore di spinta dell’evoluzione del diritto ambientale, e si tenta di affinare e assestare il complesso organico delle norme di settore contenuto nel d.lgs. n. 152/2006, dall’altro lato si assiste a periodici e ripetuti interventi normativi decostruttivi del sistema, ispirati da contingenti e urgenti ragioni di semplificazione, ritenute idonee a dare slancio alla produzione e a liberare la crescita dal peso della burocrazia. Viene in rilievo, in primo luogo, seguendo un ordine cronologico, il d.l. 25.6.2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella l. 6.8.2008, n. 133, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. In particolare l’art. 38 di questo decreto, rubricato Impresa in un giorno, poi variamente modificato e implementato dall’art. 40 l. 18.6.2009, n. 69, dall’art. 11 ter d.l. 1.7.2009, n. 78, convertito, con modificazioni, nella l. 3.8.2009, n. 102, dall’art. 6, co. 2, lett. f bis), d.l. 13.5.2011, n. 70, convertito, con modificazioni, nella l. 12.7.2011, n. 106, inaugurando un trend poi culminato nella proposta del 2011 di modifica dell’art. 41 Cost., sulla premessa per cui al fine di garantire il diritto di iniziativa economica privata di cui all’art. 41 Cost., l’avvio di attività imprenditoriale, per il soggetto in possesso dei requisiti di legge, è tutelato sin dalla presentazione della dichiarazione di inizio attività o dalla richiesta del titolo autorizzatorio, nonché in asserito adempimento della direttiva europea così detta Bolkestein sui servizi (direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12.12.2006), ha demandato a un successivo regolamento di delegificazione (emanato con il d.P.R. 7.9.2010, n. 160) la semplificazione e il riordino della disciplina dello sportello unico per le attività produttive di cui al regolamento di cui al d.P.R. 20.10.1998, n. 447, e successive modificazioni, in base ai seguenti principi e criteri, nel rispetto di quanto previsto dagli artt. 19, co. 1, e 20, co. 4, l. 7.8.1990, n. 241: applicabilità delle disposizioni sullo sportello unico sia per l’espletamento delle procedure e delle formalità per i prestatori di servizi, sia per la realizzazione e la modifica di impianti produttivi di beni e servizi; unicità dello sportello unico quale punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva; previsione che lo Sportello unico per le attività produttive (SUAP) fornisca una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni comunque coinvolte nel procedimento, ivi comprese quelle di cui all’art. 14 quater, co. 3, l. n. 241/1990 (ivi comprese, dunque, quelle aventi competenza ambientale); collegamento tra le attività relative alla costituzione dell’impresa di cui alla comunicazione unica disciplinata dall’art. 9 d.l. 31.1.2007, n. 7, convertito, con modificazioni, nella l. 2.4.2007, n. 40 e le attività relative all’attività produttiva; possibile affidamento a soggetti privati accreditati («Agenzie per le imprese») dell’attestazione della sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa per la realizzazione, la trasformazione, il trasferimento e la cessazione dell’esercizio dell’attività di impresa (con la previsione che la dichiarazione di conformità rilasciata dall’Agenzia privata, salvo che si tratti di procedimenti che comportino attività discrezionale da parte dell’Amministrazione, costituisce titolo autorizzatorio per l’esercizio dell’attività); immediato avvio dell’attività di impresa nei casi in cui sia sufficiente la presentazione della dichiarazione di inizio attività allo sportello unico, sulla base della sola ricevuta rilasciata dallo sportello unico al momento della presentazione della dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti per la realizzazione dell’intervento. Con il d.l. 31.5.2010, n. 78, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito, con modificazioni, nella l. 30.7.2010, n. 122, si è poi inserita (art. 43) la previsione di zone a burocrazia zero, da istituirsi nel Meridione d’Italia, benvero in aree non soggette a vincolo, con d.P.C.m., su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, nelle quali i provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi di qualsiasi natura ed oggetto – dunque, anche quelli in materia ambientale – inerenti le nuove iniziative produttive – sono adottati in via esclusiva da un Commissario di Governo, con un’espressa previsione di silenzio assenso entro 30 giorni dall’avvio del procedimento. Lo stesso decreto d’urgenza n. 78/2010 ha, inoltre, con l’art. 49, riformato (per l’ennesima volta) l’istituto della conferenza di servizi e la previsione generale in tema di denuncia di inizio di attività (art. 19 l. n. 241/1990). In tema di conferenza di servizi, è da segnalare l’aggiunta, in fine del co. 4 dell’art. 14 ter, della facoltà dell’amministrazione competente al rilascio dei provvedimenti in materia ambientale di far eseguire tutte le attività tecnico-istruttorie non ancora eseguite anche da altri organi dell’amministrazione pubblica o enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero da istituti universitari, con oneri economici diretti o indiretti posti a esclusivo carico del soggetto committente il progetto. Merita un richiamo anche il nuovo co. 4 bis, che impone di non duplicare in sede di v.i.a. gli accertamenti già positivamente svolti in sede di v.a.s. Con la nuova formulazione del co. 6 bis (e con il nuovo co. 3 dell’art. 14 quater) è stata semplificata la soluzione politica, in sede di Consiglio dei ministri, del conflitto emerso in sede di conferenza di servizi, con la previsione che la rimessione può essere disposta direttamente dall’amministrazione procedente e con l’abolizione del macchinoso e inefficace sistema della Conferenza unificata, per il caso di conflitti coinvolgenti autonomie territoriali. Il nuovo co. 7 ha poi chiarito un dubbio interpretativo, nel senso di assoggettare anche le amministrazioni portatrici di interessi così detti sensibili (tra cui quello ambientale) al meccanismo del silenzio- assenso in caso di mancata definitiva espressione della volontà dell’amministrazione rappresentata, con l’espressa esclusione, però, dei provvedimenti in materia di v.i.a., v.a.s. e a.i.a. (ostandovi la disciplina comunitaria). In tema di denuncia di inizio di attività il d.l. n. 78/2010 ha sostituito l’art. 19 l. n. 241/1990, introducendo la segnalazione certificata di inizio di attività, in cui l’inizio dell’attività è immediato, senza neppure lo stand still di trenta giorni previsto dal sistema della d.i.a. Resta tuttavia ferma l’esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali. Va infine richiamato il co. 4 quater dell’art. 49 d.l. n. 78/2010, in base al quale al fine di promuovere lo sviluppo del sistema produttivo e la competitività delle imprese, anche sulla base delle attività di misurazione degli oneri amministrativi, il Governo è autorizzato ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione, per la semplificazione normativa e dello sviluppo economico, sentiti i Ministri interessati e le associazioni imprenditoriali, volti a semplificare e ridurre gli adempimenti amministrativi gravanti sulle piccole e medie imprese, nel rispetto di quanto previsto dagli artt. 20, 20 bis e 20 ter l. 15.3.1997, n. 59, e successive modificazioni, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) proporzionalità degli adempimenti amministrativi in relazione alla dimensione dell’impresa e al settore di attività, nonché alle esigenze di tutela degli interessi pubblici coinvolti;
b) eliminazione di autorizzazioni, licenze, permessi, ovvero di dichiarazioni, attestazioni, certificazioni, comunque denominati, nonché degli adempimenti amministrativi e delle procedure non necessarie rispetto alla tutela degli interessi pubblici in relazione alla dimensione dell’impresa ovvero alle attività esercitate;
c) estensione dell’utilizzo dell’autocertificazione, delle attestazioni e delle asseverazioni dei tecnici abilitati nonché delle dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese di cui all’art. 38, co. 4, d.l. n. 112/2008;
d) informatizzazione degli adempimenti e delle procedure amministrative, secondo la disciplina del d.lgs. 7.3.2005, n. 82, recante codice dell’amministrazione digitale;
e) soppressione delle autorizzazioni e dei controlli per le imprese in possesso di certificazione ISO o equivalente, per le attività oggetto di tale certificazione;
f) coordinamento delle attività di controllo al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni, assicurando la proporzionalità degli stessi in relazione alla tutela degli interessi pubblici coinvolti. Si tratta, quindi, di una delega amplissima, in base alla quale sarebbe in astratto possibile – almeno per le piccole e medie imprese – ribaltare il sistema dei controlli ambientali, da preventivi ed espressi a normalmente successivi, taciti ed eventuali. Proseguendo nella rassegna degli interventi normativi decostruttivi di liberalizzazione, viene in rilievo il d.l. 13.5.2011, n. 70, convertito, con modificazioni, nella l. 12.7.2011, n. 106, intitolato Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l’economia. A parte l’art. 5 – Costruzioni private – che ha ulteriormente derogato al sistema della pianificazione urbanistica territoriale, in combinato disposto con i piani casa votati dalle Regioni, l’art. 6 del decreto legge in esame, rubricato Ulteriori riduzione e semplificazioni degli adempimenti burocratici, al fine di ridurre gli oneri derivanti dalla normativa vigente e gravanti in particolare sulle piccole e medie imprese, oltre a fornire una definizione di onere informativo (per tale «si intende qualunque adempimento che comporta la raccolta, l’elaborazione, la trasmissione, la conservazione e la produzione di informazioni e documenti alla pubblica amministrazione»), ha introdotto modifiche normative finalizzate a escludere che le pubbliche amministrazioni, per il rilascio di provvedimenti amministrativi, possano richiedere altri atti o documenti (non previsti da norme di legge, regolamento o da atti pubblicati sulla G.U. o strettamente necessari) diversi e ulteriori rispetto a quelli indicati sul proprio sito (con la previsione che il diniego altrimenti è nullo e che, in caso di s.c.i.a., l’attività non può essere vietata per il solo fatto della mancanza del documento). Quest’ultima previsione deve salutarsi con favore perché pone fine (o, almeno, un argine) ad una prassi criticabile – e sicuramente illegittima – invalsa dinanzi a molte amministrazioni, in specie locali, aventi competenza in materia di controlli ambientali, che tendevano a procrastinare in avanti il termine di inizio del procedimento mediante una prima pronuncia interlocutoria diretta a chiedere alla parte privata numerosa e complessa documentazione sovente in assenza di una chiara base di legge ed in forza di atti organizzativi interni dell’amministrazione stessa, spesso non adeguatamente conoscibili all’esterno, con un indebito onere di comunicazione a carico del privato richiedente e un illegittimo allungamento dei tempi del procedimento.
Come è agevole rilevare dalla rapida (e incompleta) rassegna delle più recenti novità normative di semplificazione, impattanti sui controlli ambientali, ora svolta, il complesso della disciplina amministrativa di questa materia è sottoposto a un lavorio frenetico e continuo e si presenta come un cantiere continuamente aperto, in cui le ultime modifiche non fanno in tempo a essere comprese e applicate che già nuove norme le riformulano e le modificano nuovamente. La linea ispiratrice di questi interventi è però comune: ridurre e semplificare i controlli ambientali per liberare la competitività delle imprese. Questa impostazione ha trovato poi il suo culmine con il disegno di legge di riforma costituzionale ex art. 138 volto a riscrivere l’art. 41 Cost., approvato dal Governo il 9.2.2011 e presentato alla Camera in data 7.3.2011 (AC 4144), attualmente in corso di esame presso la Prima Commissione Affari costituzionali. Esso mira, come è noto, ad affermare (a rafforzare, per meglio dire) il principio secondo cui è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge ed enuncia programmaticamente l’introduzione di soli controlli successivi sull’iniziativa e l’attività economica privata. Questo disegno di riforma ha ricevuto una sua prima anticipazione a livello di legge ordinaria con il d.l. 13.8.2011, n. 138, recante Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo (art. 3), secondo cui «1. In attesa della revisione dell’art. 41 Cost., Comuni, Province, Regioni e Stato, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, adeguano i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge nei soli casi di: ... d) disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, la conservazione delle specie animali e vegetali, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale», con l’ulteriore previsione, al co. 3, che «Sono in ogni caso soppresse, alla scadenza del termine di cui al co. 1, le disposizioni normative statali incompatibili con quanto disposto nel medesimo comma, con conseguente diretta applicazione degli istituti della segnalazione di inizio di attività e dell’autocertificazione con controlli successivi. Nelle more della decorrenza del predetto termine, l’adeguamento al principio di cui al co. 1 può avvenire anche attraverso gli strumenti vigenti di semplificazione normativa». In disparte la questione del reale significato normativo di queste disposizioni (invero piuttosto oscure: non è detto, tra l’altro, quale soggetto, e con quale forma giuridica, dovrà procedere entro l’anno a distinguere i divieti ambientali «indispensabili» da quelli che tali non sono e che saranno, pertanto, per ciò solo, abrogati e sostituiti da forme di autocertificazione), si pone una domanda di fondo: è questa impostazione compatibile con i principi comunitari e interni del diritto dell’ambiente di prevenzione e di precauzione? Probabilmente occorrerebbe distinguere nell’analisi tra i diversi procedimenti di controllo ambientale, poiché, a differenza di quel che accade per la materia della tutela del patrimonio culturale, dove l’istituto del vincolo è contrario e alternativo rispetto a quello dell’autocertificazione e del controllo successivo, poiché è ex se costituito da un limite e da un divieto posti alla proprietà e alla libertà d’impresa, il diritto dell’ambiente non è di per se stesso impermeabile e incompatibile rispetto al principio del controllo successivo (trattandosi sovente di meri accertamenti tecnici relativi a dati fisici, chimici, biologici sullo stato delle matrici ambientali interferite dall’attività dell’uomo, privi di valutazione discrezionale). Quel che è certo è che queste forti spinte verso radicali misure di semplificazione destrutturano il parallelo lavoro di costruzione di un compiuto e armonico sistema giuridico di controlli ambientali (codice dell’ambiente e leggi e regolamenti connessi). Al di là della questione di fondo, se sia possibile affrontare una discussione seria sul dogma della crescita e se una strategia di lungo periodo non debba prevalere su una tattica parametrata sul breve periodo dei trimestri di misurazione del PIL, resta in definitiva affidata ai posteri «l’ardua sentenza» se i controlli ambientali siano un ostacolo alla competitività e alla crescita oppure costituiscano un fattore di maturazione e di sviluppo qualitativo del sistema produttivo (oltre che, ovviamente, di garanzia della qualità della vita dei cittadini).
1 Per un primo commento si veda Fonderico-Fanì, Rassegna normativa dell’ultimo anno, in Riv. quadr. dir. amb., 2011, 197 ss.
2 In Publica, 2009.
3 In Publica, 2009.
4 In Riv. giur. amb., 2009, 938.
5 In Publica, 2009.
6 In www.giurcost.it
7 In Publica, 2009.
8 In Riv. giur. amb., 2009, 944.
9 In Riv. giur. amb., 2009, 945.
10 In Riv. giur. amb., 2009, 947.
11 In www.giurcost.it.
12 In Foro amm. - Cons. St., 2009, 1631.
13 In www.giurcost.it.
14 Sul tema, per tutti, Maddalena, La tutela dell’ambiente nella giurisprudenza costituzionale, in Giorn. dir. amm., 2010, 307 ss.