AMBOISE, Georges, cardinal d'
È chiamato generalmente dai contemporanei cardinale di Rouen (dagl'Italiani, spesso Roano). Nato nel 1460 a Chaumont-sur-Loire da Pietro d'A., di illustre famiglia francese, e da Anna Maria di Bueil, venne destinato alla vita ecclesiastica. Otteneva in breve varî benefizî e anche, grazie al favore di cui il fratello primogenito Carlo godeva, dopo il 1474, presso Luigi XI, la nomina ad elemosiniere del re. Entrato a corte, iniziava la sua carriera politica legandosi con Luigi, duca di Orléans, e schierandosi di conseguenza, dopo la morte del re, nel partito avverso ai Beaujeu; a un certo momento, anzi, per sottrarre il giovane Carlo VIII alla influenza dei Beaujeu, complottò con altri, per condurre il re in Bretagna. Scoperta la trama (gennaio 1487) A. venne arrestato, sottoposto a processo, liberato solo nel febbraio 1489 e confinato nella diocesi di Montauban, di cui era stato nominato vescovo il 17 dicembre 1484. Presto, tuttavia, rientrava nelle grazie del re e ritornava a corte, dove si adoprò per la liberazione di Luigi d'Orléans, prigioniero dal luglio 1488. Il felice esito dei suoi sforzi (giugno 1491) fece di lui il più fidato consigliere del duca ("il cuore e il consiglio di M. d'Orléans...", Francesco della Casa a Piero de' Medici, in Canestrini-Desjardins, Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, I, Parigi 1859, p. 249), nel mentre gli procurava credito e uffici: ambasciatore straordinario presso gli Svizzeri, nel maggio-giugno 1491, per rinnovare l'alleanza; arcivescovo di Narbona, il 14 marzo 1492; arcivescovo di Rouen, l'agosto 1493. Nel settembre 1494, poi, Luigi di Orléans lo nominava suo luogotenente generale in Normandia, dove il giovane prelato iniziava un'attiva opera di epurazione e di riordinamento, presto tuttavia interrotta dalla prima campagna d'Italia. A questa campagna, tanto l'A. quanto il duca di Orléans erano stati avversi; ma, quando Luigi di Orléans marciò contro Ludovico il Moro, occupando Novara (aprile-giugno 1495), il suo consigliere, accorso in Italia nell'aprile, prese parte attivissima agli avvenimenti, servendo da intermediario fra Carlo VIII e il duca, e secondando quest'ultimo nei suoi progetti contro lo Sforza. Con la pace (9 ottobre 1495), A. tornava ad amministrare la Normandia: fino a che, caduto in disgrazia in seguito ai contrasti tra Carlo VIII e il duca di Orléans, riaperti dalla campagna d'Italia, egli ne fu allontanato. Si ritirò allora a Blois (principio del 1498); ma la morte di Carlo VIII (8 aprile 1498), e l'ascesa al trono di Luigi di Orléans lo restituivano quasi subito alla vita pubblica e facevano di lui uno dei più potenti, se non il più potente personaggio della corte di Francia.
Da quel momento sino alla morte, l'A. rimase costante ispiratore e primo esecutore della politica regia; e come questa fu contrassegnata soprattutto dalle guerre d'Italia, così egli ebbe in quel periodo, e durante la preparazione e durante lo svolgimento di esse, parte assolutamente decisiva. D'accordo con Luigi XII nei progetti sul Milanese, per quanto in alcuni momenti sembrasse non totalmente avverso ai tentativi di conciliazione fatti da Ludovico il Moro (cfr. L. Pélissier, Louis XII et Ludovic Sforza, Parigi 1896, I, pp. 476-482), A. svolse tra il 1498 e il 1499 un'intensa attività diplomatica per preparare l'impresa, dirigendo personalmente le trattative con Firenze, intervenendo di continuo e in maniera decisiva in quelle con Venezia e con papa Alessandro VI. La conclusione di queste ultime, anzi, gli procurava la dignità cardinalizia, concessagli il 17 settembre 1498 col titolo di San Sisto. Iniziata e condotta rapidamente a termine da Gian Giacomo Trivulzio, nel 1499, la campagna contro Ludovico il Moro, l'A. venne in Italia, per organizzare il governo francese nel Milanese; e vi ritornò, dopo il breve periodo della restaurazione sforzesca, rimanendovi sino alla definitiva cessazione di ogni perturbamento nel ducato (8 giugno 1500).
La conquista del Milanese apriva nuovi orizzonti alla sua attività. Da una parte, per legarsi gli stati italiani, specialmente dell'Italia centrale, in vista della già progettata spedizione contro Napoli, egli induceva il re, contro il parere di altri personaggi della corte, ad aiutare Firenze nella lotta contro Pisa e a sostenere Cesare Borgia nelle guerre di Romagna; otteneva in compenso dal pontefice, il 5 aprile 1501, dapprima per un solo anno, la carica di legato a latere in Francia, rifiutatagli nel 1498. D'altro lato, per procurare a Luigi XII la regolare investitura del ducato di Milano da parte di Massimiliano imperatore, e per migliorare i rapporti con quest'ultimo, sempre assai precarî, A. iniziava trattative con la corte asburgica, recandosi personalmente a Trento presso Massimiliano a negoziarvi un trattato (13 ottobre 1501). Questo serrato armeggio diplomatico veniva reso difficile non soltanto dai contrasti con alcuni Cantoni svizzeri per il possesso di Bellinzona, ma anche e più dalla questione, ormai aperta, del Napoletano e dalle ostilità tra Francesi e Spagnoli: tanto che il cardinale doveva ritornare in Italia nel 1502, sempre come luogotenente generale, e allestire, nel 1503, una nuova spedizione per il Mezzogiorno. Senonché, ad interrompere questa sua attività, ecco, nell'agosto 1503, la morte di Alessandro VI: evento di capitale importanza per lui, che aspirava alla tiara e che cercò febbrilmente, tra il 10 e il 20 settembre, di assicurarsi i voti dei cardinali. Tentativo vano, ché veniva eletto il cardinal Piccolomini; e anche nel conclave quasi immediatamente successivo, Giorgio d'A. doveva rinunziare alle sue speranze e consentire all'elezione del cardinal della Rovere (Giulio II). Lo smacco era grave, non per lui solo, ma per tutta la politica francese, proprio mentre questa ne subiva altri nel Mezzogiorno.
Luigi XII e l'A. insistevano allora nella politica di riavvicinamento a Massimiliano e all'arciduca Filippo d'Austria; mentre invece si acuivano i dissidî con Venezia. Il 22 settembre 1504, nei trattati di Blois, si pattuivano l'investitura, non ancora concessa, del Milanese a Luigi XII; il matrimonio, che rimase però lettera morta, di Claudia di Francia con l'arciduca Carlo, figlio di Filippo d'Austria; e, in accordo segreto, una lega contro Venezia, patrocinata anche da papa Giulio II. Ma siffatto nuovo sistema di rapporti, basato soprattutto su di una combinazione matrimoniale, durava ben poco. A dispetto dei trattati di Blois, Claudia di Francia sposava Francesco di Angoulême, di guisa che si inasprivano gravemente i rapporti con Massimiliano e con Filippo d'Austria. Sordi contrasti, poi, si determinarono tra la Francia e la curia romana. Giulio II aveva riconfermato al cardinal d'A. la legazione in Francia, aggiungendovi anche Avignone e il Venosino; aveva poi, il 18 dicembre 1506, creato tre cardinali francesi (tra essi un nipote di Giorgio d'A.), a guisa di compenso per l'aiuto prestatogli da Luigi XII contro Bologna. E tuttavia egli vedeva con diffidenza questo ascendere del cardinale, già concorrente con lui alla tiara, che, ancor più potente in Francia dopo il processo e la condanna del maresciallo di Gié suo rivale (1504-1506) e potentissimo nella Chiesa, in grazia della sua legazione che gli sottometteva tutto il clero gallicano, godeva anche di molta influenza nel Collegio cardinalizio: giacché, a detta della voce pubblica, il cardinale d'A. continuava ad aspirare al pontificato. L'attrito personale fra i due uomini aggravava pertanto il contrasto di carattere politico generale fra Giulio II e Luigi XII, già visibile nel periodo della rivolta di Genova contro il dominio francese (febbraio-aprile 1507). L'A. ricercava allora una più stretta collaborazione con Ferdinando il Cattolico. Il riavvicinamento, già sanzionato prima (1505) dal matrimonio di Germana di Foix con il Cattolico, rimasto vedovo di Isabella di Castiglia, venne riaffermato da una clamorosa manifestazione, il convegno di Savona (giugno 1507) tra il re spagnolo e Luigi XII, assistito da A., in cui i protagonisti si accordarono sullo status quo. Ciò voleva significare, nei propositi di Giorgio d'A., una risposta alle minacce di Massimiliano imperatore e un ammonimento per Giulio II.
Senonché, dopo breve tempo, la situazione tornava a mutare. Decisi ormai alla lotta contro Venezia, con cui da tempo i rapporti eran divenuti tesi, Luigi XII e il suo consigliere si riavvicinarono a Massimiliano e anche a Giulio II; e il 10 dicembre 1508, A. stesso firmava con Margherita d'Austria gli accordi di Cambrai, che conducevano alla guerra contro Venezia. Ma, dopo la vittoria di Agnadello (14 maggio 1509), il piano del cardinal d'A. veniva bruscamente spezzato, per la lentezza e le indecisioni di Massimiliano, e, più ancora, per il sopravvenire dell'accordo tra Venezia e Giulio II, ormai deciso a volgersi contro i Francesi. Insisté egli per la guerra a fondo; ma, dopo mesi di malattia, moriva il 25 maggio 1510 a Lione, a tempo per non assistere al fallimento della sua politica.
Gran signore, munifico mecenate, ammiratore dell'arte e degli artisti italiani (esaltava Mantegna come il primo pittore del mondo, e faceva costruire palazzi "al modo de Italia"), benefico verso i poveri, Giorgio d'A. è stato elogiato e vantato ottimo governatore e uomo di stato. Come amministratore, in realtà, egli fece buona prova di sé in Normandia; e anche nel lungo periodo in cui fu quasi padrone in Francia ("e, perché la maestà del re, per quello che si è visto sempre, si rimette in tutte le cose al reverendissimo cardinale di Rouen...". Istruz. della repubblica di Firenze a Francesco Soderini e Luca degli Albizzi, 31 agosto 1501, in Canestrini-Desjardins, op. cit., II, Parigi 1861, p. 68; cfr. anche pp. 74, 81, 503-504), se pur non giunse a concepire riforme organiche e radicali, riuscì tuttavia a migliorare l'amministrazione, a render meno gravoso, almeno nei primi tempi, il sistema tributario e soprattutto ad assicurare la tranquillità e l'ordine nell'interno del regno. Per quanto concerne i paesi conquistati, nel Milanese provvide effettivamente con certa equanimità e assennatezza, riuscendo a rendere meno gravosa la dominazione francese e a far chiamare "buono" il suo diretto governo dell'aprile-maggio 1500; e senza dubbio il du- cato venne riorganizzato con notevole modernità di criterî (v. per il funzionamento del Senato, Pélissier, op. cit., II, p. 330 segg. e M. Formentini, Il ducato di Milano, Milano 1877, pp. 110-111). Più soggetta a critiche (Courteault) par essere la sua condotta riguardo al Napoletano, in cui tuttavia troppo breve e troppo agitato fu il periodo di occupazione francese perché si possa addivenire a un giudizio definitivo. Nel complesso, in lui l'amministratore fu, se non di grandissime qualità e di ampia concezione, almeno di certa saggezza pratica; e del pari meritoria fu l'azione da lui svolta per riformare il clero regolare francese, riordinando monasteri, epurando i costumi, ecc.
Ben diverso è invece il giudizio che si deve pronunziare sulla sua politica estera; giacché gli errori, di direttive e di metodo, della politica francese, errori di cui egli dev'essere tenuto primo responsabile, furono molti e non piccoli. Basti accennare a quello, gravissimo e acutamente additato fin d'allora dal Machiavelli (Principe, c. III), di avere, con la lega di Cambrai e la lotta contro Venezia, fatto il gioco proprio dei nemici della potenza francese, e alla tattica assai poco abile seguita nei riguardi degli Svizzeri, che vennero scontentati, irritati a più riprese, sino a render loro possibile di abbandonare nel 1510 l'alleanza francese e di unirsi con i nemici di Luigi XII, laddove la situazione generale europea avrebbe richiesto che la Francia li tenesse costantemente legati a sé. A tutto ciò s'aggiunga l'urto con Giulio II, acuito anche dall'attrito personale fra il pontefice e il cardinale, che al riguardo finì con l'essere, proprio in grazia della sua personalità, di grave danno alla sua nazione.
Bibl.: Per le fonti v. Les sources de l'histoire de France, parte 2ª, H. Hauser, Le XVIe siècle, I, Parigi 1906. Lavori d'insieme: Des Montagnes (J. Sirmond), La vie du cardinal d'Amboise, Parigi 1631; Baudier, Histoire de l'administration du Cardinal Georges d'Amboise, Parigi 1634; Legendre, Vie du cardinal d'Amboise, Rouen 1724; L. de Bellerives, le cardinal Georges d'Amboise, ministre de Louis XII, Limoges 1854; de Montbard, Histoire de Georges d'Amboise, Limoges 1859. Cfr. pure R. de Maulde La Clavière, Histoire de Louis XII (parte 1ª: Louis d'Orléans), II e III, Parigi 1890 e 1891; Fuzet e Jouen, Comptes, devis et inventaires du manoir archiépiscopal de Rouen publiés avec une introduction historique, Parigi 1909; A. Vogt, in Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastique, Parigi 1913, s. v. Poiché tuttavia manca ancor oggi uno studio esauriente e moderno sul card. d'A., è necessario ricorrere alle varie opere, generali e particolari, che riguardano la storia di Francia in quel periodo e la politica, interna ed esterna, di Luigi XII: per le quali v. E. Fueter, Geschichte des europäischen Staatensystems von 1492 bis 1559, Monaco-Berlino 1919. Per la politica italiana di Luigi XII e del card. d'A., v. i lavori di L. G. Pélissier, in special modo Louis XII et Ludovic Sforza, voll. 2, Parigi 1896; La politique du marquis de Mantoue pendant la lutte de Louis XII et de Ludovico Sforza, 1498-1500, Le Puy 1892; Une ambassade Vénitienne au cardinal d'Amboise, in Nuovo Archivio Veneto, XVII, parte 1ª. Inoltre, G. Filippi, Il convegno di Savona tra Luigi XII e Ferdinando il Cattolico, Savona 1890; R. de Maulde Le Clavière, L'entrevue de Savone en 1507, in Revue d'hist. diplomatique, IV (1890); Courteault, Le dossier Naples des archives Nicolay. Documents pour servir à l'histoire de l'occupation française du royaume de Naples sous Louis XII, in Annuaire-Bulletin de la Société d'histoire de France, 1915. Per i rapporti col papato, L. von Pastor, Storia dei papi, trad. ital., III, Roma 1912.