BIRAGO, Ambrogio
Nato a Cremona da Giulio Cesare, giureconsulto di nobile famiglia, e da Antonia Ronchi il 21 nov. 1754, fu educato a Milano. Il suo nome emerse solo il 30 giugno 1797 (12 messidoro dell'anno V), quando fu nominato ministro della Guerra della Repubblica cisalpina.
Il B. infatti fu uno dei pochi civili preposti a questo ministero durante il periodo francese, ed essendo il responsabile dell'organizzazione della guardia nazionale e del mantenimento delle armate francesi stazionanti sul territorio della Repubblica, si trovò di fronte, sin dall'inizio, a uno dei problemi più scottanti del nuovo ordinamento, schierandosi sulle posizioni di quei gruppi militari più innovatori e critici di fronte agli aspetti deteriori della politica francese in Italia.
La permanenza del B. nella carica fu breve perché Bonaparte, poco prima della sua partenza da Milano, lo sostituì col Vignolle. Con decreto del 19 brumale dell'anno VI (9 nov. 1797) venne nominato membro del Consiglio degli iuniori; anche in questa carica però rimase pochissimo perché il 29 dicembre fu inviato a Roma presso la corte pontificia come ministro plenipotenziario.
Suo compito doveva essere quello di mantenere i contatti con i rappresentanti stranieri ivi accreditati e con i gruppi rivoluzionari romani, cui doveva offrire ogni aiuto da parte della Cisalpina in caso di rivoluzione. Difficile è però precisare quale parte possa avere avuto il B. negli avvenimenti romani di quei mesi e nelle vicende che portarono alla costituzione della Repubblica romana.
Successivamente al B. venne offerto un analogo incarico diplomatico a Genova, che egli rifiutò; poco dopo (16 apr. 1798) fu chiamato a reggere uno dei ministeri più delicati della Cisalpina, quello degli Esteri. In questo periodo egli tenne stretti rapporti con il Trouvé, ambasciatore francese presso la Repubblica cisalpina, trovandosi così coinvolto in problemi di politica interna, e particolarmente con il tentativo di riforma della costituzione in senso accentratore.
Non è chiaro quale ruolo vi giocasse il B.: se si trattava da parte sua di un appoggio incondizionato o di un tentativo di strumentalizzazione del progetto di riforma. Certo è che dalle lettere al Melzi, allora inviato della Cisalpina a Rastadt, emerge la sua posizione di pieno favore per una ulteriore democratizzazione in Italia e - contrariamente a molti altri ex nobili, le cui remore conservatrici si manifestavano soprattutto in materia di religione - di plauso per la proclamazione della Repubblica romana. Inoltre contro l'ipotesi di una sua stretta intesa con il Trouvé stanno i contatti, che risultano sin dall'inverno del 1798, con il gruppo antidirettoriale e giacobino del Lahoz, contatti che probabilmente influirono negativamente sul successo di una sua candidatura, pur varie volte avanzata, a membro del Direttorio.
L'interesse del B. per le questioni di politica interna lo distolse da un vero impegno nel suo dicastero, e di questo si lamentava il Marescalchi, ambasciatore a Vienna, tenuto all'oscuro di avvenimenti anche importanti, come la dichiarazione di guerra a Napoli. Prima dell'occupazione di Milano da parte delle truppe austrorusse il B. era stato già sostituito; occupata Milano, fu costretto a emigrare, rifugiandosi a Chambéry.
Durante l'esilio è forse lui il Birago che, insieme con altri, tentò di organizzare una resistenza armata a Pinerolo (v. G. Sforza,L'indennità ai giacobini piemontesi, Torino 1909, p. 62).
Rioccupata Milano dalle truppe francesi, il B. sin dal 9 giugno 1800 fece parte della municipalità e quindi, il 21 dello stesso mese, fu membro della commissione straordinaria di governo composta di nove membri; nel settembre, quando tale commissione fu sostituita dal comitato di governo composto da Visconti, Ruga e Sommariva, passò a far parte della Consulta legislativa e partecipò così di diritto ai comizi di Lione. In questa assemblea, il 26 genn. 1802, fu eletto nel collegio elettorale dei possidenti.
Uomo dal carattere aspro e difficile e dai modi autoritari, il B. si era fatto numerosi nemici (v., a questo proposito, l'Epistolario del Monti e il giudizio molto severo del Custodi). In questo periodo sembra che anche i suoi rapporti con il Melzi non fossero buoni: questi, che in una lettera al Marescalchi lo aveva definito "louche", nutriva verso di lui una vera e propria diffidenza. In una corrispondenza segreta del 1802 lo si dice in contatto con ambienti giacobini della seconda Cisalpina che si riunivano intorno al Ruga, e nel 1803 invece col gruppo di oppositori di tendenze moderate e napoleoniche riunito intorno al Murat; inoltre, nel Consiglio legislativo, di cui era stato chiamato a far parte, il B. fu sostenitore del progetto Compagnoni sul divorzio contro quello del Melzi, più moderato. Nonostante questi screzi egli mantenne, però, una certa influenza politica, anche se proposte del suo nome per cariche ministeriali non ebbero successo.
Particolarmente influente il B. fu nella sezione di guerra del Consiglio legislativo e nelle commissioni di cui fece parte: quella delle polveriere, di cui tentò il risanamento (1802) e quella delle prede.
La trasformazione della Repubblica italiana in Regno portò notevoli cambiamenti nell'organizzazione dello Stato: tra l'altro con decreto del 28 giugno fu istituita una direzione generale del Censo, a capo della quale fu chiamato il B., che vi rimase sino al 1811. Sotto la sua direzione, nonostante la malferma salute che gli impedì di accettare la nomina d'incaricato d'affari presso la corte di Roma offertagli nel 1806, si fecero importanti lavori come l'estimo provvisorio delle province ex venete e soprattutto il nuovo catasto.
Nel luglio 1811, in un momento di tensione tra Napoleone e il ministro delle Finanze Prina, quando sembrava che si volessero riunire sotto una sola persona i due dicasteri delle Finanze e del Tesoro, il B. tentò di ottenere quel posto: rimasta la separazione, fu nominato ministro del Tesoro. I suoi rapporti col Prina non furono mai buoni; d'altra parte la situazione finanziaria del Regno diveniva sempre più complicata, per cui le misure eccezionali che dovevano esser prese, specialmente nel 1813, d'accordo tra i due ministri portarono alla crisi. Si giudicò che il B. non solo non collaborasse abbastanza per far fronte ai pagamenti che la guerra imponeva, ma che mostrasse perfino un atteggiamento ironico; il 5 nov. 1813 il viceré gli fece chiedere, attraverso il Melzi, di dare le sue dimissioni, concedendogli di motivarle per ragioni di salute, in considerazione dei lunghi anni passati al servizio dello Stato, e lasciandogli come pensione metà dello stipendio.
Il B. morì a Milano il 2 maggio 1828. Il titolo di conte, datogli da Napoleone nel 1811, gli era stato confermato dall'Austria nel 1816.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano,Arch. Melzi, rest. 12; Ibid.,Arch. Marescalchi, 44; Ibid.,Arch. Min. Esteri, II Div., 12; Ibid.,Catasto, 575-576; Ibid.,Censo, p.m. 68; Ibid.,Araldica, p.m. 88; Ibid.,Verbali Cons. legislativo, e Consiglio di Stato; Parigi, Bibl. Nat.,Ms. Ital. 1559, f. 341r-v (nota del Custodi sul B.); Epistolario di V. Monti, a cura di A. Bertoldi, I-VI, Firenze 1928-31,passim; Assemblee della Repubblica Cisalpina, Bologna 1948, pp. 571, 593, 624, 669, 670, 672, 820; Gazzetta di Milano, 17 maggio 1828; F. Coraccini,Storia dell'Amministrazione del Regno d'Italia durante il dominio francese, Lugano 1823, pp. LXX; F. Turotti,Storia delle armi italiane dal 1796 al 1814, Milano 1855, I, pp. 277, 355; T. Casini,Fonti per la storia della Consulta di Lione, Modena 1906, pp. 115, 163; Id.,Ritratti e studi moderni, Milano 1914, p. 419; A. Pingaud,Bonaparte président de la Republique Italienne, Paris 1914, pp. 8, 9; T. Muzzi,Vita di Marescalchi, Milano 1932, pp. 65 ss.; A. Lemmi,Italia napoleonica, Milano 1938, pp. 17, 28, 147, 407; U. Da Como,I Comizi nazionali di Lione per la costituzione della Repubblica Italiana, Bologna 1940,passim; G. Compagnoni,Memorie autobiografiche, Milano 1945, pp. 289-92; M. Roberti,Milano capitale napoleonica, Milano 1946, I, pp. 226, 232, 316; II, p. 186; I carteggi di Francesco Melzi d'Eril duca di Lodi, a cura di C. Zaghi, I-VIII, Milano 1958-65,passim.