CONTRARI, Ambrogio
Figlio di Uguccione, uno dei più influenti consiglieri del marchese di Ferrara Niccolò III, e di Camilla di Marco Pio, seconda moglie di Uguccione, nacque nel 1441, secondo quanto è dato presumere a Ferrara o in una delle residenze estive, che il padre aveva nei pressi della città. Tipico uomo di corte del tardo Quattrocento, la sua attività politica e la sua influenza nella vita pubblica non sono sempre chiaramente determinabili e valutabili, perché sia i cronisti a lui contemporanei, sia gli studiosi moderni hanno preferito focalizzare la loro attenzione sui principi, lasciando parzialmente in ombra i personaggi anche più eminenti del loro entourage.
Il 9 sett. 1453, insieme col fratello Niccolò, ottenne l'investitura del feudo di Vignola, ed assunse il titolo di conte. Nel 1461, sposò Battistina Campo Fregoso, figlia di Ludovico, che fu più volte doge di Genova. Come la maggior parte dei giovani del suo rango, aveva ricevuto una certa istruzione nell'arte militare e come uomo d'arme militò sotto Bartolomeo Colleoni nella campagna di Romagna del 1467, prendendo parte fra l'altro alla battaglia di Molinella (25 luglio), in cui venne seriamente ferito Ercole d'Este, fratello del duca Borso I. Era, già allora, un personaggio in vista; ma solo dopo la morte di Borso (19 ag. 1471) e l'avvento di Ercole I, proclamato marchese d'Este e duca di Ferrara, Modena e Reggio il 20 agosto, iniziò la prestigiosa carriera, che lo portò a raggiungere una posizione di primo piano nella vita politica e sociale di Ferrara. Strettamente legato al nuovo sovrano, fu da questi creato cavaliere nel 1472 e consigliere segreto nel 1473. Sempre in tale anno, insieme con Sigismondo d'Este, fu a capo della delegazione che si recò a Napoli per prendere ed accompagnare a Ferrara Eleonora d'Aragona, la figlia del re Ferdinando I, sposa promessa ad Ercole I.
I primi anni di governo del nuovo duca di Ferrara furono travagliati dalle gelosie e dall'opposizione di fratelli e cugini del principe, che sfociarono da ultimo nel colpo di Stato di Niccolò di Leonello d'Este. Questi, profittando dell'assenza di Ercole I, il 1°sett. 1476 si impossessò di Ferrara; fu tuttavia rovesciato dal duca, tempestivamente rientrato in città, processato e decapitato. Quale ruolo abbia svolto il C. nella repressione del moto, non ci è dato sapere; certo è che egli divenne e C, una delle personalità più autorevoli del ducato, testimone e parte di tutti i più importanti avvenimenti di corte, non appena Ercole I si fu più saldamente assicurato al potere. Il 16 ott. 1476, nella sua residenza estiva di Lagoscuro, offerse un pranzo in onore della sorella della duchessa Eleonora, Beatrice d'Aragona, in visita a Ferrara; nel febbraio del 1479 diede un ballo in onore di Giovanni Bentivoglio, signore di Bologna, che si trovava allora nella città di Ferrara. Nel 1480 fu tra i testimoni del contratto di matrimonio tra Francesco Gonzaga, figlio del marchese di Mantova, e la figlia di Ercole I, Isabella; e più tardi, sempre nello stesso anno era testimone del fidanzamento di Beatrice, altra figlia del duca, con Ludovico il Moro. Nel 1482, allo scoppio della guerra scatenata da Venezia contro il duca di Ferrara e i suoi alleati, fu nominato castellano di Ferrara, e in questa. veste svolse una parte di rilievo nell'organizzare la difesa della città assediata. Quando, il 20 novembre di quello stesso anno, la duchessa Eleonota rivolse un appello ai suoi sudditi, perché si mantenessero fedeli al loro duca, in quel momento gravemente ammalato, fu proprio il C. - così si riporta - che a nome dei Ferraresi pronunziò una solenne dichiarazione di eterna devozione. Negli anni seguenti svolse, per conto di Ercole 1, numerose ambascerie di rilievo, come quella che lo portò presso Carlo VIII, per congratularsi del suo avvento sul trono di Francia (30 ag. 1483). In questo periodo di tempo fu creato cavaliere del prestigioso Ordine di St-Michel. Nell'autunno del 1484, dopo la conclusione della guerra di Ferrara e la stipula della gravosa pace di Bagnolo (7 ag. 1484), si recò a Venezia. insieme con Alberto Cortese per avviare trattative in vista di una ripresa dei normali rapporti diplomatici con quella Repubblica; vi tornò di nuovo nel febbraio del 1485, al seguito di Ercole I, per partecipare alle cerimonie indette dalla Serenissima per celebrare la pace. Al suo rientro a Perrara fu designato tra gli oratori che si sarebbero dovuti recare a Roma per portare al card. Giovanni Battista Cibo, di recente assunto al soglio pontificio coi nome di Innocenzo VIII, le congratulazioni del duca di Ferrara. Non sembra tuttavia che egli abbia eflettivaniente partecipato a questa missione, perchè il suo nome non compare tra quelli degli inviati estensi, che furono ricevuti dal nuovo pontefice nel maggio del 1485. Nel 1486 fu ancora a Venezia per felicitarsi, a nome del suo signore, con Marco Barbarigo, che era stato eletto doge il 19 novembre dell'anno precedente.
Nonostante le numerose missioni presso Stati esteri da lui compiute, il C. non fu un diplomatico di professione; il ruolo da lui svolto nella vita pubblica ferrarese della seconda metà del Quattrocento fu quello di un uomo politico. La sua partecipazione ad ambascerie formali inviate presso altri sovrani od altre potenze in occasione di solennità e celebrazioni ufficiali era dovuta infatti sopratutto all'importanza della posizione che ricopriva a corte, e alla stretta amicizia che lo legava al duca Ercole I.
Dato il silenzio delle fonti, non sappiamo se il C. si sia allontanato da Ferrara negli ultimi anni della sua vita, facendo esclusione per il viaggio che fu da lui compiuto a Bologna agli inizi del 1487, quando prese parte alle fastose cerimonie con cui vennero celebrate le nozze di Annibale Bentivoglio con Lucrezia d'Este, figlia naturale di Ercole I.
Il C. morì a Ferrara il 28 apr. 1493.
Al suo grandioso funerale nella chiesa di S. Domenico era presente tutto il clero cittadino; l'orazione funebre venne pronunziata dal padre domenicano Zanetto Rafanelli. Il Caleffini parla del C. come del "più ricco gentiluomo di Ferrara... viveva da Signore ed era assai amato". Possedeva allora, infatti, diciassette castelli ed aveva un reddito di 7.000 ducati all'anno. Nel suo testamento erano inclusi legati per tutti i conventi e le istituzioni religiose della città. In particolare, si ricorda qui il lascito di 1.000 lire per la chiesa di S. Spirito.
Il C. lasciava quattro figli: Uguccione, che ereditò alla corte estense la posizione paterna; Violante, che sposò Gherardo Rangone; Caterina, moglie del conte Antonio Bevilacqua, e Taddea, che sposò il conte Girolamo Roverella.
Fonti e Bibl.: Diario ferrarese dall'anno 1409sino all'anno 1502 di autori incerti, in Rerum Ital. Script., 2 ed., XXIV, 7, a cura di G. Pardi, p. 82; B. Zambotti, Diario ferrarese dall'anno 1476 sino al 1500, ibid., ad Ind.; Corpus chronicorum Bononiensium, ibid., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, pp. 49, 359; Diario di U. Caleffini (1471-1494), a cura di G. Pardi, Ferrara 1938-1940, ad Indices;A. R. Natale, Diari di Cicco Simonetta, in Arch. stor. lomb., LXXV-LXXVI (1948-1949), p. 99; C. Santoro. Un registro di doti sforzesche, ibid., LXXX (1953), p. 158; G. Sardi, Historie ferra resi, Ferrara 1556, pp. 87 ss.; Teatro geneal. dell'antiche e illustri famiglie di Ferrara Ferrara 1678-1681, p. 148; A. Frizzi, Mem. per la storia di Ferrara, IV, Ferrara 1848, pp. 90, 137, 151; P. Litta, Le famiglie celebri ital., sub voce Contrari; A. Luzio, Isabella d'Este e Francesco Gonzaga, promessi sposi, in Arch. stor. lomb., s. 4, IX (1908), p. 45.