PUCCI, Ambrogio e Nicolao
PUCCI, Ambrogio e Nicolao. – Indicati nei documenti come lucchesi, i fratelli Ambrogio e Nicolao erano figli di un Biagio Pucci, di cui non si hanno notizie, e di sua moglie Francesca. Attivi nella prima metà del XVI secolo, si affermarono come maestri di intarsio e intaglio ligneo.
Ambrogio fu il maggiore e il più importante dei due; di lui si ignora l’anno di nascita, da collocarsi ipoteticamente nel nono decennio del Quattrocento. La sua formazione avvenne forse nella bottega di Masseo di Bertone Civitali, con il quale collaborò e del quale terminò un’opera rimasta incompiuta. Nel 1511 Ambrogio doveva essere un maestro già affermato e indipendente, dal momento che poteva prendere in bottega come allievo, per il periodo di cinque anni, Pietro di Silvestro Pieroni da Ruosina (Ferri, 2001, p. 156; e al medesimo testo, pp. 156-159, 167-172, si rimanda, ove non diversamente indicato, per le notizie su Ambrogio). Nel 1513 fu incaricato di eseguire l’ornamento dell’altare di S. Cassiano nella chiesa di S. Maria di La Spezia. Nell’aprile del 1514 Ambrogio lavorava con Masseo di Bertone Civitali all’ornamento dell’immagine della Madonna del Soccorso nella chiesa lucchese di S. Frediano.
Nel luglio dello stesso anno il pittore Michelangelo Membrini e lo stesso Masseo Civitali stimarono la cospicua somma di 50 ducati d’oro un’immagine scolpita e dipinta eseguita da Pucci per la chiesa di S. Quirico a Vergemoli, in Garfagnana. L’opera può forse essere riconosciuta in una statua lignea policroma raffigurante la Madonna con il Bambino, ivi conservata, recante la data 1514 (p. 156; Ferretti, 2004, p. 168).
Il 4 agosto 1519 Ambrogio fu incaricato di eseguire, entro un anno, una porta lignea per la facciata del Duomo di Lucca, dalla parte sinistra (del Volto Santo); nel documento si indica che doveva essere somigliante alla porta già eseguita in precedenza (in tempi non specificati, ma verosimilmente vicini) dallo stesso Ambrogio per l’ingresso del versante opposto, verso il campanile.
Le due porte sopravvivono; ispirate alla porta dell’ingresso centrale dell’edificio, realizzata nel 1497 da Iacopo da Villa e Masseo Civitali, rivelano però un deciso sviluppo cinquecentesco sia nell’elegante composizione a scomparti sia nelle finissime intagliature che alternano motivi di ghirlande vegetali a decorazioni classicheggianti e teste di putti.
Nel 1519 morì Masseo Civitali; il cronista Giuseppe Civitali, figlio del maestro, tramanda che fu Ambrogio a terminare il lavoro dell’altare della famiglia Buonvisi nella chiesa lucchese di S. Frediano, lasciato incompiuto da Masseo (Civitale, 1983, I, p. 271).
Nel 1520 Pucci fu chiamato a eseguire, entro l’anno successivo, per la Società del Corpo di Cristo e di S. Vincenzo di Camaiore, il tabernacolo ligneo per il Corpo di Cristo; si indicava come modello l’analogo tabernacolo da lui eseguito (in tempi imprecisati) per la chiesa di S. Maria dei Servi a Lucca.
Al termine di questa intensa e decennale attività che ne faceva il maestro lignario più in vista della città, Ambrogio ricevette la commissione più importante della sua carriera artistica, l’esecuzione del coro ligneo intagliato e intarsiato destinato alla cappella esistente all’interno del palazzo degli Anziani di Lucca, sede del governo locale. L’opera fu ordinata prima del 19 maggio 1523, data in cui l’intarsiatore ricevette un acconto di 25 ducati, con l’impegno di terminare il manufatto entro lo stesso anno. Ambrogio non rispettò i termini stabiliti, per motivi non noti.
Mancano precise notizie sulla sua attività nel periodo, anche se può essere identificato con l’Ambrogio da Lucca che nel 1525 stimava (assieme a Girolamo del Soppetta) una sedia fatta da Giovanni Battista del Cervelliera vicino alla pila del battesimo nel Duomo di Pisa (Supino, 1893, p. 168).
Nel febbraio del 1527 l’Ufficio dei sei sopra le entrate e Pucci strinsero un nuovo accordo, che prevedeva per l’intarsiatore la dimora obbligata, con un garzone, all’interno del palazzo degli Anziani fino al compimento dell’opera, previsto per il dicembre dello stesso anno.
Ambrogio però non la portò a termine. Morì fra il 1° febbraio 1527 e il 18 gennaio 1530.
In quest’ultimo giorno, infatti, Nicolao Pucci, del quale si ignorano del tutto le vicende anteriori, rilevò da Francesca, madre sua e di Ambrogio, vedova di Biagio Pucci ed erede dello stesso Ambrogio, tutti i ferri del mestiere appartenuti al fratello e si impegnò con la madre a cercare di portare a termine i lavori lasciati incompiuti, pagandole quanto a lei dovuto. Nel dicembre del 1530 l’Ufficio dei sei del Comune di Lucca incaricò Nicolao di terminare il coro per il palazzo degli Anziani entro il settembre dell’anno successivo.
Il lavoro ultimato fu definitivamente valutato nel novembre 1532 da Giovanni di Lorenzo da Pietrasanta, dal pisano Michele di Lorenzo dello Spagnolo, dal fiorentino Nanni Ungaro, che gli attribuirono il considerevole valore di 840 ducati d’oro (in gran parte già versati prima ad Ambrogio e poi a Nicolao).
Nicolao appose sull’opera, «in un riquadro verso l’altare a Cornu Evangelii» (Trenta, 1822, p. 112), la seguente iscrizione, oggi perduta: «AMBROSIO PUCCIO / LUCENSI OPERIS / HUJUS CONSUMMATIONEM / MORS INVIDIT: / NICOLAUS FRATER / PRO VIRIBUS / ABSOLVEBAT / ANN. SAL. MDXXIX» (Grammatica - Mansi, 1753, p. 37); in cui l’indicazione cronologica si riferiva verosimilmente all’anno di morte di Ambrogio e non al compimento del coro.
Non si conoscono successive notizie relative a Nicolao. Il coro fu rimosso dal luogo originario all’inizio dell’Ottocento e trasportato, con adattamenti, nella chiesa lucchese di S. Giustina. Demolita quest’ultima, i suoi resti entrarono nel 1876, come deposito dei Regi Ospedali, nella locale pinacoteca (Ridolfi, 1882). Nel 1924 passarono nelle collezioni del Museo civico di villa Guinigi e in questo (oggi Museo nazionale) sono attualmente esposti nella sala 15 (sulle vicende, Bertolini Campetti, 1968, pp. 119 s., 127 s.).
Dell’insieme rimangono due panche a quattro sedili con bassi schienali e sei frammenti di postergali piani di dimensioni diverse, contenenti complessivamente quattordici pannelli a intarsio ligneo con vedute prospettiche e due pilastrini con le figure degli evangelisti Giovanni e Luca. Del tutto perdute le parti a intaglio segnalate dalle fonti (indicate in Trenta, 1822, p. 112, che definisce Ambrogio Pucci «assai valente intagliatore»). Il complesso rimasto viene ritenuto opera prevalente di Ambrogio, attribuendo a Nicolao solo un ruolo marginale (gli sono riferite in particolare quattro tarsie derivate da unico cartone di base ripetuto; cfr. però Ferri, 2001, che vede in Nicolao il principale esecutore).
Opere di raffinata esecuzione, cinquecentesche per il largo uso di legni chiari e per la presenza costante e a volte abbondante di legni tinti, la tarsie dei Pucci, di lontana ascendenza lendinaresca, presentano affinità di impostazione prospettica e figurativa con le tarsie eseguite fra il XV e il XVI secolo per il Duomo di Pisa da maestri quali Guido da Seravallino e Giovanni Battista del Cervelliera. Le tarsie sono state studiate, in particolare, per la raffigurazione riconoscibile di noti luoghi della città di Lucca (Lazzareschi, 1931; Bedini - Fanelli, 1998), la cui scelta potrebbe riflettere un preciso intento politico da parte della committenza pubblica (cfr. Seidel - Silva, 2007, pp. 231-233). Per le due figure degli evangelisti è stato indicato il possibile utilizzo di un cartone del pittore Zacchia il Vecchio (Ferretti, 1982, p. 472).
Fonti e Bibl.: G. Grammatica - G.D. Mansi, Diario Sagro antico, e moderno delle chiese di Lucca composto già da un religioso della Congregazione della Madre di Dio, riveduto, ed accresciuto dal Padre Gio: Domenico Mansi, Lucca 1753, p. 37; T. Trenta, Dissertazione sullo stato dell’architettura, pittura, e arti figurative in rilievo in Lucca ne’ bassi tempi, Lucca 1822; D. Finocchietti, Della scultura e tarsia in legno dagli antichi tempi ad oggi, Firenze 1873, pp. 127 s.; E. Ridolfi, L’Arte in Lucca studiata nella sua Cattedrale, Lucca 1882, pp. 269 s.; I.B. Supino, I maestri d’intaglio e di tarsia in legno nella Primaziale di Pisa, in Archivio storico dell’arte, VI (1893), pp. 153-179, 211-215; P. Campetti, Catalogo della Pinacoteca Comunale di Lucca (nel Palazzo Ducale), Lucca 1909, pp. 54 s.; E. Lazzareschi, Lucca, Bergamo 1931, pp. 116-118; I. Belli, Guida di Lucca, Lucca 1953, p. 134; L. Bertolini Campetti, nn. 91/1, 91/2, 145, in Museo di Villa Guinigi. Lucca. La villa e le collezioni, Lucca 1968, pp. 119 s., 127 s., 132-134; M. Ferretti, I maestri della prospettiva, in Storia dell’arte italiana, IV, a cura di F. Zeri, Torino 1982, pp. 457-585; G. Civitale, Historie di Lucca, a cura di M.F. Leonardi, Roma 1983, p. 271; M. Ferretti, «Casamenti seu prospective». Le città degli intarsiatori, in Imago urbis. Dalla città reale alla città ideale, Milano 1986, pp. 73-104 (in partic. pp. 84 s.); I. Belli Barsali, Lucca. Guida alla città, Lucca 1988, pp. 199-201; G. Bedini - G. Fanelli, Lucca, iconografia della città, Lucca 1998, pp. 47-51; C. Ferri, Intarsiatori e fabbri lignari a Lucca nel XV secolo, in Lucca città d’arte e i suoi archivi. Opere d’arte e testimonianze documentarie dal Medioevo al Novecento, a cura di M. Seidel - R. Silva, Venezia 2001, pp. 141-172; M. Ferretti, Tre temi da approfondire, in Matteo Civitali e il suo tempo (catal., Lucca), Cinisello Balsamo 2004, pp. 165-189; M. Seidel - R. Silva, Potere delle immagini, immagini del potere, Venezia 2007; C. Paolini, n. IX.1, in Inganni ad arte. Meraviglie del trompe-l’œil dall’antichità al contemporaneo (catal.), a cura di A. Giusti, Firenze 2009, pp. 274 s.; M. Borobia, n. 31, in Arquitecturas Pintadas del Renacimiento al siglo XVIII (catal.), a cura di D. Rodriguez - M. Borobia, Madrid 2011, pp. 177 s.