LABERIO, Ambrogio Giuseppe
Nacque a Genova l'8 maggio 1742 da Giovanni Battista di Giovanni Bernardo e da Maria Livia, di cui non si conosce il casato. Giovanni Battista era un giureconsulto (si era laureato in utroque iure nel 1717), come lo era stato il padre. Il L. si diplomò presso il locale Collegium iurisperitorum il 26 genn. 1773; si dedicò poi all'avvocatura con successo, e almeno a partire dal 1779 le sue allegazioni forensi furono stampate (una sessantina). Caduta la Repubblica di Genova e chiusa la fase del governo provvisorio, fu eletto nel Consiglio dei sessanta (17 genn. 1798) come rappresentante del distretto dell'Entella. Intervenne su tutti i temi di maggiore rilievo: la riorganizzazione istituzionale (redasse con altri il Progetto di legge sull'organizzazione del potere giudiziario e dei corpi amministrativi…, Genova 1798), la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici, gli obblighi contributivi degli ex-nobili, il regime tributario, il porto franco.
Talvolta sembrò aderire alle tesi più innovatrici (sostenne l'affrancazione dei beni enfiteutici), con riscontri apertamente favorevoli nell'ala politica più radicale. Temette invece che venisse a definirsi un governo dotato di prerogative eccessive, intaccanti aree di irrinunciabile autonomia di comunità e istituzioni. Con l'estate del 1789 i Sessanta entrarono in conflitto con il Direttorio esecutivo ligure. Il comandante in capo dell'armata d'Italia, G.-M.-A. Brune, consultato il Direttorio francese, definì i membri delle assemblee "nemici della libertà" e "partigiani della superstizione": tra essi vi era il L., del quale il 31 agosto il Consiglio dei sessanta "accettò" le dimissioni.
Dopo la riforma universitaria del 1803 fu chiamato a insegnare nella facoltà giuridica genovese. Nel 1804 pubblicò una praelectio intitolata De praestantia studiorum iuris civilis et patriiin Athenaeo Ligustico nuper instaurato habita septimo idus ianuarii MDCCCIV (Genuae), dedicata all'arcivescovo G. Spina, inviato da Pio VII a Bonaparte per concludere il concordato del 1801.
Ne erano fulcro i problemi di metodo scientifico e didattico: per il L. le lezioni dovevano partire dallo studio del Digesto (insegnava allora diritto romano) per poi passare alle "quaestiones in foro frequentiores", al fine di armonizzare insegnamento teorico e apprendistato professionale. Quali importanti strumenti di analisi giuridica indicò i commenti agli statuti civili genovesi, i vota di giureconsulti e le decisioni dei tribunali. Una copia a stampa della praelectio (Genova, Biblioteca civica Berio, m.r. V.2.11) prosegue - in manoscritto - con i Rationalia ad statutum Ligusticum, titolo che richiama esplicitamente il Commentarius rationalis in criminalem sanctionem Carolinam del 1676 di K. Manz e i Rationalia in Pandectas composti nei primi due decenni del Seicento da A. Favre. Vi si commentano capitoli degli Statuti che sono centrali nella sistematica civilistica genovese fin dalle origini (De extrinseco intellectu prohibito e De iure reddendo, statutis observandis et iurisdictione non excedenda), richiamando gli organi giudicanti a uno stretto rispetto della legalità e a pratiche interpretative limitate: si tratta di temi adesso in prepotente rilancio.
Nel 1805, annessa Genova alla Francia, al momento di scegliere i quattro docenti della scuola di diritto dell'Università imperiale il L., ritenuto "homme de mérites qui connoit le droit romain et notre code civil", ottenne la cattedra di "Droit romain et ses rapports avec le droit français". Nel 1809 il rettore G. Serra lo indicò al grand-maître dell'Università imperiale come colui che "a la réputation d'être un des avocats les plus instruits de notre barreau", ma la sua carriera di avvocato era giunta al termine (Archives nationales, F. 17, 1568, 1686). Gli ultimi anni, con una salute sempre più malferma, il L. li dedicò soprattutto alla composizione del commento al Code civil.
I Razionali sopra il Codice Napoleonegiuntivi li paratitli delle leggi romane corrispondenti ai titoli del medesimo; rapportati anco a' suoi luoghi gli articoli analoghi dei codici di procedura civile, e di commercio, le decisioni dei tribunali dell'Impero e le formole degli atti civili (Genova 1808) cominciarono a uscire, a sottoscrizione, all'inizio del 1808. Nella prefazione il L. ricorda il suo incarico di docente universitario di "gius civile e gius ligure" prima, "gius civile e gius francese" poi: da questa esperienza nacque il commento al Codice. Là dove le disposizioni corrispondevano ai titoli dei Digesta o del Codex giustinianei, se ne davano i "paratitli" (in forma di consistenti dissertazioni storico-giuridiche), sul presupposto che diritto romano e diritto francese "in moltissime cose si porgono scambievolmente una mano amica". Si passava poi al vero commento, strettamente finalizzato a "torre l'occasione d'inciampi e di equivoci" quando il testo francese si discostava dal precetto romanistico. Nei casi di piena concordanza il L. si diffondeva in esemplificazioni pratiche e nella risoluzione di eventuali fattispecie concrete; programmaticamente non trascurava l'autorità dei dottori, pur sapendo l'abuso fattone in passato con il "citarne lunghe file in cose note e comuni" e "alla rinfusa, senza giudizio e senza scelta e […] facendone dipendere la verità della proposizione dal catalogo numerico degli autori" (con ciò non si esimeva dal criticare i "moderni giureconsulti, in ispecie oltramontani" che rifiutavano le auctoritates aprioristicamente). Lo strumento principale per risolvere dubbi, difficoltà, contraddizioni era tuttavia indicato nella ragione, e due giuristi applicandola al diritto avevano segnato la strada al L.: i già ricordati Favre e Manz, "che indagarono […] la ragione di tutte le loro proposizioni e vollero renderla sensibile". Ma richiami diretti andavano anche a C. Wolff e al Leibniz della Nova methodus docendae discendaeque iurisprudentiae, cioè all'ambiente culturale della via prussiana alla codificazione. Per il L. la ratio della norma in larga parte può essere identificata con i motivi storici che l'hanno determinata e con l'obiettivo perseguito dal legislatore; assumono dunque grande rilievo interpretativo fonti scelte, motivi e discussioni preparatorie, e poi le linee applicative valutabili attraverso l'esame della giurisprudenza di Cassazione (ma anche delle corti d'appello e delle corti locali). Punto nodale era poi quello delle lacune. Il Code Napoléon - sostenne significativamente il L., riecheggiando implicitamente il Portalis del Discours préliminaire al progetto di Code civil (1801) - non poteva necessariamente prevedere ogni ipotesi. Nelle materie in cui non disponeva, e argomentando a contrario sensu rispetto alla disposizione della legge 30 ventoso anno XII che promulgava il Code, "continuano le romane leggi e le consuetudini ad avere quella forza di legge che per lo innanzi aveano e non sono derogate". Se poi il Codice trattava "della materia solo in genere", era opportuno riportare la disciplina al caso concreto attraverso l'interpretazione indicata dalle leggi romane e dalle consuetudini, non intese - dunque - "come legge precettiva, ma come ragione instruttiva". Riteneva ancora più stringente l'obbligo di utilizzare queste fonti extracodicistiche (quindi in funzione precettiva) quando il Codice nemmeno in via generale disponeva alcunché.
I Razionali vanno valutati per gli intenti e la collocazione cronologica. In quegli anni l'analisi del Code era appena avviata, anche in Francia; il L. pubblicò il suo commento, comunque ampiamente incompleto (si interrompe all'art. 57), in contemporanea con l'iniziatore Delvincourt. Per l'ispettore delle facoltà di diritto M.-L.-É. Sédillez, in visita a Genova, "il y a beaucoup d'érudition italienne dans ces cahiers" (1809; Archives nationales, F.17, 2012). Il L. fu costretto ad ammettere che la sua opera era "un peu long pour l'enseignement", e l'ispettore gli consigliò una nuova stesura. Una lunga dissertazione in tema di divorzio svolta all'interno dei Razionali lo trascinò in una polemica tra il giansenista F.M. Carrega e il domenicano F. Anfossi, che in un'appendice al suo veemente pamphlet a favore dell'indissolubilità del matrimonio (La ragione e la fede in collera con F. Carrega per la sua dissertazione sulla legge del divorzio, Genova 1798, pp. 56-63) minacciò di anatema anche il L., fatto oggetto poi di un ulteriore attacco (F. Poggi, Osservazioni sopra varii fatti storici nella materia del divorzio del sig. avvocato A. L. inseriti nei suoi Razionali sul Codice Napoleone, Genova 1808).
Il L. morì a Genova il 25 maggio 1812.
Fonti e Bibl.: Paris, Archives diplomatiques du Ministère des Affaires étrangères, Correspondance politique - Gênes, 174; Ibid., Archives nationales, F.17, 1568, 1686, 2102; Arch. di Stato di Genova, Notai ignoti, 233, 237; Repubblica ligure, 117, c. 75v; 156-159; Registro delle sessioni del governo provvisorio della Repubblica di Genova dal giorno della sua installazione 14 giugno 1797 (Genova 1798), I, pp. 13, 16, 34, 37-39, 118 s.; II, pp. 105, 370; Processo verbale del Consiglio dei sessanta, Genova (1798), passim; Gazzetta nazionale della Liguria, 1798, n. 34, febbraio, pp. 280-283; n. 9, agosto, p. 69; Il Censore, 1798, n. 122, agosto, p. 281; n. 126, settembre, p. 298; Raccolta de' proclami e decreti pubblicati dalla Commissione straordinaria del governo della Repubblica Ligure, Genova 1800, p. 47; Monitore della XXVIII Divisione militare dell'Impero francese, 1808, n. 21, marzo, passim; F. Gagliuffi, In funere Ambrosii Laberii iurisconsulti et antecessoris Genuensis oratio, Genuae 1812; G. Somis di Chiavrie, Dello allegare nel foro i dottori, Genova 1823, pp. 72 s.; Giornale degli studiosi, I (1869), pp. 284 s.; L. Grillo, Elogi di liguri illustri. Appendice, Genova 1873, p. 36; [G. Ansaldo], Il padrone della mia libreria, in Il Raccoglitore ligure, I (1932), 1, pp. 5-8; U. Oxilia, Il periodo napoleonico a Genova e a Chiavari (1797-1814), Genova 1938, pp. 22, 41; G. Assereto, La Repubblica Ligure. Lotte politiche e problemi finanziari (1797-1799), Torino 1975, pp. 140 s.; A. Ronco, Storia della Repubblica Ligure, 1797-1799, Genova 1988, p. 288; R. Ferrante, L'"Académie" di Genova attraverso i "rapports" degli ispettori dell'Université impériale (1809): gli studi giuridici, in Le università minori in Europa (secoli XV-XIX). Convegno internazionale di studi, Alghero… 1996, a cura di G.P. Brizzi - J. Verger, Soveria Mannelli 1998, pp. 509-531; Id., A. L. e i suoi Razionali sopra il Codice Napoleone (1808), in Giuristi liguri dell'Ottocento. Atti del Convegno… 2000, Genova 2001, pp. 161-186; Id., Dans l'ordre établi par le Code civil. La scienza del diritto al tramonto dell'Illuminismo giuridico, Milano 2002, ad ind.; Id., Università e cultura giuridica a Genova tra Rivoluzione e Impero, in Atti della Società ligure di storia patria, n.s., XLII (2002), passim.